giovedì 3 luglio 2008

Riaperte le indagini sulla morte della Giovane cinese nello Guizhou.

Hanno fatto il giro del mondo le immagini delle proteste di piazza nella provincia cinese dello Guizhou, connesse alle indagini sulla morte di una 17 enne che, secondo la polizia sarebbe morta suicida, mentre la famiglia ritiene essere stata uccisa a seguito di uno stupro.

Di oggi la notizia della riapertura delle indagini da parte della polizia.

Tre persone sospette sono state già fermate, tra cui anche il fidanzato della vittima, che conferma la propria versione dei fatti, secondo la quale, la giovane si sarebbe suicidata gettandosi nel fiume, dove poi è annegata, nonostante i tentativi di salvarla degli amici presenti.

La difficile relazione della ragazza con i propri genitori, sembrerebbe essere la motivazione scatenante questo gesto estremo della ragazza.

La cosa appare verosimile, anche se le indagini devono fare il proprio corso, nel senso che è noto come in Cina il 26% delle morti dei giovani, tra i 15 e i 34 anni, siano suicidi.

Questa situazione è connessa ad un preoccupante malessere sociale che colpisce le fasce più giovani della popolazione, fatto riscontrato anche in Italia, generazioni che in tempi difficili come quelli attuali, non riescono a trovare un proprio equilibrio in risposta allo stress, alla competizione e alle pressioni quotidiane, vivendo spesso in solitudine i propri problemi di inserimento nella società.

Ad aggravare in Cina questo problema, contribuisce anche spesso la questione del figlio unico, fatto che porta i genitori ad essere iperprotettivi o iperpresenti nelle scelte di vita del proprio figlio/a, interferendo spesso con le decisioni di questi ultimi, creando un “muro contro muro” che può essere vissuto da parte dell’adolescente come asfissiante, invivibile, inaccettabile.

Ma tornando ai fatti nello Guizhou, al momento nessuna delle persone coinvolte avrebbe alcuna relazione con esponenti del governo locale, come invece dichiarato su un sito web nei giorni scorsi e la convinzione della famiglia, elementi che avrebbero scatenato le successive proteste di piazza.

Per cercare di capire quanto accaduto, occorre innanzitutto ricordarsi che in Cina è vigente un sistema politico duale, chiamato “Partito – Governo”, dove la massima espressione del potere governativo centrale è il Governatore della Provincia che però, nelle diverse città e contee, è meno potente del Segretario del CPC locale (partito comunista locale).

Questa premessa è importante, per capire come mai le proteste della folla, sono state tutte indirizzate contro i vertici del locale partito e polizia.

La rabbia espressa, oltretutto nella provincia con il reddito pro capite più basso del paese, sicuramente evidenzia un problema esistente in Cina: lo strapotere e la corruzione di molti funzionari locali.

Ben diversamente da come comunemente creduto in occidente, il governo centrale spesso non riesce a penetrare i sistemi d’interesse locali, basati su connivenze politico-imprenditoriali, spesso tramandate da generazione in generazione.

Per fare un parallelismo, quanto accade in molte province cinesi, spesso non è per nulla diverso da quello che da noi chiamiamo Mafia, sistemi di potere locali, che per decenni hanno impunemente fatto il bello e cattivo tempo, decidendo il futuro dei propri cittadini, al sicuro dietro la sostanziale impunità di cui godevano.

Da tempo il governo centrale ha dichiarato guerra a questo malcostume, retaggio del passato storico ma ancora molto presente, soprattutto nelle aree rurali e in quelle più povere.

Va poi sottolineato come la stragrande maggioranza delle condanne a morte, tanto criticate in occidente, siano connesse proprio a questo stato delle cose, costringendo l’anno scorso il Governo Centrale ad introdurre la norma che ora obbliga la revisione di tutte le sentenze capitali da parte della corte di giustizia centrale.

Questa decisione, una novità nel sistema giuridico cinese, ha drasticamente ridotto il numero delle pene capitali realmente comminate negli ultimi 12 mesi.

Per questa ragione tanta gente è scesa in piazza nello Guizhou, un modo per denunciare i fatti ad un livello più alto, per essere finalmente ascoltati anche dal governo centrale, superando la barriera di reticenza ed omertà che spesso protegge gli interessi e gli affari dei poteri locali.

Ora, dopo quanto accaduto, sicuramente il Governo Centrale è stato chiamanti in causa per ristabilire l’ordine, prima di tutto morale. Il primo passo della riapertura delle indagini va in questa direzione.

In questo caso la scintilla è stata la morte di questa giovane ragazza e l’idea della famiglia che il reale colpevole fosse il figlio di uno dei potenti del partito locale, ma probabilmente già altre volte qualcosa di anomalo deve essere accaduto da queste parti, se così ciecamente, migliaia di cittadini hanno dato corpo ad una violenza così rabbiosa e distruttiva.

Ora la famiglia della vittima, con i soldi raccolti dai manifestanti, potrà perorare la propria causa nelle sedi opportune e dimostrare che la morte della propria figlia sia un omicidio ed assicurare alla giustizia i colpevoli.

Un fatto importante, significativo, di apertura, in una Cina che cambia velocemente ed insegue una propria normalizzazione sociale futura ma anche l’altra faccia della industrializzazione in corso e che accomuna anche molte delle nostre periferie, a causa di un fenomeno uguale ed opposto a quello cinese: la crescente povertà delle famiglie italiane!