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mercoledì 10 marzo 2010

Sfida tra titani a colpi d'innovazione.... (Usa - Cina - Russa)

La notizia arriva dalla Russia, viene rilanciata dai cinesi e arriva "forte e chiaro" agli Americani. (ovviamente ignorata dagli Italiani)


La sfida del futuro si giocherà sul saper Innovare realmente e come si vede le "potenze" stanno attrezzandosi in tal senso.

Dopo i Cinesi, ora anche la Russia ha lanciato la sfida a Silicon Valley, chiamando a se le "Migliori menti".

Gli Usa, che da tempo vedono tornare a casa molti dei propri geni Indiani, Cinesi e ora anche Russi, ora rischiano davvero nella supremazia di un area che è stata sicuramente il motore della ricerca e della innovazione degli Usa.

Stendiamo invece un "pietoso" velo sulla situazione italiana che a Genova intendeva sfidare addirittura il MIT centro che invece sembra che stia vivacchiando o meglio stia conformandosi alle regole del paese, in un lento ma inesorabile declino.

Triste presente e inesorabile futuro, per il paese che ha inventato tutto l'inventabile (Leonardo, Pila, Radio, Nucleare, PC .....)

Medvedev calls for Silicon-Valley-like research center
Russian President Dmitry Medvedev on Tuesday called for intensified efforts to establish a research and development center similar to the Silicon Valley in the United States.
"I do not know if we can manage to build a Silicon Valley of our own, but the idea is to set up an innovative center to do research and further commercialize its results," Medvedev was quoted by Russian news agencies as saying at a meeting on preparations for the center.
Medvedev instructed the government to choose the location of the prospective center and to define its sources of funding and functions.
"Officially, we will call it a research and development center. In fact, it will be a compound to facilitate the development of state-of-the-art technologies," he said.
Medvedev added the center would need to attract foreign experts to get the most out of it.
During an annual state-of-the-nation address last November, the president proposed setting up a research center similar to Silicon Valley in order to put Russia on the track to an innovative economy.

martedì 7 luglio 2009

La Cina pensa G13!!

Hu Jintao è arrivato in Italia alla guida di una delegazione politico – commerciale in vista del prossimo G8 a L’Aquila.

Ma cosa è venuto a fare realmente il Presidente Cinese al G8?

Beh, sicuramente qualcosa di molto diverso da quello si aspettano molti Leaders occidentali.

I Cinesi si attendono infatti di essere stati invitati a quello che loro chiamano G8 + 5, un dialogo alla pari tra nazioni sviluppate e la prima linea di quelle che, ancora per poco, si potranno considerare paesi in via di sviluppo, per affrontare i punti cardini ancora scoperti: Finanza, Ambiente, Energia, Cibo.

Sorprendentemente, diversamente da quanto dichiarato nelle scorse settimane, a l’Aquila i Cinesi non chiederanno di abbandonare il dollaro come moneta di riserva, proposta concordata di recente con la Russia e che aveva trovato l’appoggio anche dell’India, ma si concentreranno su un punto focale strategico: abbattere tutte le barriere protezionistiche negli scambi commerciali e nella tutela ambientale.

Il pragmatismo cinese infatti, concedendo agli Americani il “beneficio del dubbio” su una questione spinosa e complessa come quella della nuova valuta di riserva, intende ottenere in cambio un risultato decisamente più concreto sul breve periodo e che di riflesso impatterebbe anche su tutti i paesi in via di sviluppo: la fine dei protezionismi occidentali!

Questo sarà il punto strategico della presenza Cinese a l’Aquila, un “must” con il quale offrire anche agli altri paesi con costi della manodopera inferiori a quelli dei paesi sviluppati, un’occasione di crescita attraverso una seria applicazione dei trattati del WTO, che di fatto non prevedono barriere agli scambi commerciali tra nazioni.

Stesso discorso per quanto riguarda gli interventi in materia ambientale, dove alla richiesta di un “gioco di squadra” tra tutte le nazioni e non solo alcune, seguirà un secco “no” cinese alla carbon tax, una tassa sulla CO2 prodotta, che evidentemente penalizza maggiormente i paesi in via di sviluppo, ancora nella loro prima fase industriale, piuttosto che quelli già sviluppati.

Ecco quindi il senso del +5 di questo Summit: stabilire fin dal principio che i paesi del G8 non possono più pensare di essere i decisori unici del futuro del mondo, gestendo le regole a proprio piacimento per tutelare le proprie certezze e scarso rispetto di quelle altrui.

Soprattutto il +5 intende fare valere il proprio “peso” sulle due questioni più delicate: energia e sicurezza dell’approvvigionamento alimentare, in particolare per i paesi Africani.

Il “diritto al proprio sviluppo” è la chiave della posizione che a L’Aquila la Cina si augura non venga disattesa, un approccio a suo modo “rivoluzionario”, perché rappresenterebbe un cambiamento fondamentale delle prospettive che fino ad ora hanno guidato l’ultimo secolo industriale e post-industriale.

La Cina intende essere il portavoce di un cambiamento che vada oltre le apparenze e gli ipocriti convenevoli dei paesi occidentali che se da un lato dicono di sostenere lo sviluppo dei paesi più poveri, dall’altro poi definiscono regole o le modificano, affinché ciò risulti sostanzialmente impraticabile, per così mantenere il proprio predominio economico.

La mutua cooperazione tra paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, sintetizzata da questo G8 + 5, appare quindi essere l’unico modo per definire le nuove regole che devono guidare una crescita più equilibrata del mondo, ma che soprattutto mettano al centro “la crescita dei paesi più poveri” e rivedano il sostanziale “egoismo” dei paesi sviluppati, senza ulteriori protezionismi ideologici o commerciali, affinché a tutti, ma proprio tutti, sia data l’opportunità di un futuro migliore.

Quindi anche per il valore scaramantico che in Cina è attribuito al numero 8 (portafortuna), i cinesi, pur continuando a chiamarlo G8 + 5, pensano G13.

Gli altri leaders presenti sono “avvisati”.

venerdì 26 giugno 2009

Cina e Russia muovono guerra agli Usa: il dollaro è solo carta straccia

Da tempo si ha una “terribile” crescente sensazione: l’occidente sta naufragando, inviluppandosi su se stesso.

Per uno dei crudeli scherzi della storia, sembra proprio che stiamo vivendo una di quelle fasi di cambiamento epocale che periodicamente spostano gli equilibri del mondo, la centralità dei popoli e determinano la fine di alcuni cicli, così come la nascita di nuovi.

Ma un conto è leggerli sui libri di scuola, un conto è viverli quotidianamente.

Leggendo di come imperi o civiltà, nelle intenzioni destinate all’eternità, in un botto finiscono per poi non lasciare alcun segno dietro di sé, la domanda in questi casi che sorge spontanea è: “come è stato possibile?”.

Bene ora ci si rende conto che l’impossibile diventa possibile, perché semplicemente il mondo avanza e la storia non aspetta nessuno, nemmeno i grandi “Imperi”.

Quindi sono del tutto inutili gli appelli, le giustificazione all’attuale crisi finanziaria da parte di chi ne è stato l’artefice e il creatore del perverso meccanismo che ha portato prima l’illusione di un benessere duraturo e diffuso ma che ora sta risucchiando tutti nel baratro di una crisi senza fondo.

Dopo “scoppole” di questo tenore, è quasi scontato che il “mondo” decida di andare da un’altra parte. Ed è quello che sta succedendo in queste giornate, ma l’occidente si ostina a non pensare sia minimamente possibile.

I giornali occidentali infatti sembrano non vedere i crescenti segnali della fine del ciclo Occidentale e l’inizio di quello che possiamo definire ciclo Orientale.

La “notizia bomba” esploderà a casa nostra al prossimo G8, guarda caso ed incredibilmente organizzato in una zona terremotata quale l’Aquila, quasi fosse una rappresentazione metaforica della situazione finanziaria mondiale.

Il prossimo G8 sarà epocale perché per la prima volta, ed in sede ufficiale, l’Oriente rappresentata da Cina e Russia, chiederà all’Occidente di usare una diversa moneta quale strumento d’equilibrio finanziario del mondo, dando al Dollaro e all’Euro un semplice ruolo di comprimari per il prossimo futuro.

Dopo le sortite ufficiose dei mesi scorsi, soprattutto da parte Cinese in vista del G20 di Londra, adesso la decisione in tal senso è stata presa nell’ultimo incontro dello SCO o più noto “Gruppo di Shanghai”, sigla e gruppo di lavoro che nessun italiano ed europeo conosce ma che rappresenta l’asse che intende ora guidare il cambiamento futuro del mondo.

Russia e Cina, assieme ai propri partner, nel loro ultimo vertice di Ekaterinburg, hanno infatti deciso che sia giunto il momento di creare una nuova moneta comune, stile Euro, con un suo successivo allargamento nel Sud-est asiatico ai paesi dell’Asean.

Calcoli alla mano, stiamo parlando di qualcosa come oltre 2 miliardi di persone, ben 4 volte la popolazione della cara vecchia Europa Unita.

Ma c’è di più. A questo aspetto economico se ne è aggiunto un altro di carattere strategico militare.

Essendo venuta meno una credibile sinergia tra EU e Russia, anche a causa della direzione data da Germania, Francia e le influenza degli USA, ora Mosca, ha deciso di stravolgere il tavolo da gioco, sottoscrivendo un “asse di ferro” con la Cina, a scapito di quello ormai ritenuto “sgradito” con l’Europa.

Sotto la spinta di questo disegno strategico e il motore di Cina e Russia, ora lo SCO intende giocare la carta di diventare anche apertamente un competitore della NATO in Euroasia,

Le conseguenze di tutto ciò saranno incredibili: nonostante la Eu continuerà infatti ad avere rapporti commerciali con la Russia, dopo il vertice di ieri, subirà una perdita della propria forza contrattuale nei confronti delle macroforniture di gas (Russia) e del macrofornitore di prodotti finiti (Cina).

Tradotto, Cina e Russia hanno creato un asse preferenziale, economico e strategico / militare tra loro che porterà l’occidente ad una posizione sempre più marginale. Un esempio? Tutto ciò favorirà l’esportazione di gas russo alla Cina piuttosto che in Europa, con possibili effetti devastanti per noi.

Ma anche i recenti annunci di Obama sul suo piano economico, hanno tutto un altro “sapore” se visti da una diversa prospettiva, finendo per apparire solo il gesto disperato, l’estremo tentativo di opporsi all’intercedere dei cambiamenti della storia: la fine dell’Impero e della centralità Occidentale.

Comunque sia, questa riscrittura della pagina della storia del mondo, incredibilmente ha trovato spazi marginali sui giornali occidentali, per non parlare di quelli italiani, tutti così presi con le fondamentali questioni private e di “catreda” locale, totalmente avulsi dai cambiamenti che presto o tardi finiranno per arrivare come uno tsunami, portando così a termine il lavoro iniziato dalla crisi finanziaria da noi stessi creata.

E un giorno qualcuno, leggendo i libri di storia, si porrà la domanda: “come è stato possibile?”

Cose dell’altro mondo!!!

giovedì 2 aprile 2009

G20:Momento di ricreazione!!

sabato 7 marzo 2009

Il “Lato umano” della diplomazia Cinese

Si è appena conclusa la conferenza stampa del Ministro degli Esteri Cinese, Yang Jeichi a margine dei lavori della sessione annuale del parlamento cinese in corso a Beijing.

La prima impressione è stata quella di un autentico profondo rinnovamento del fare Diplomatico cinese, due ore di conferenza stampa dove a tutte le domande, Yang Jeichi ha risposto con grande chiarezza ed in maniera incredibilmente approfondita.

Dalle risposte del Ministro degli Esteri cinese è emerso anche un lato umano che ha sicuramente molto impressionato, così come l’evidente volontà di disvelare le ragioni cinesi, senza alcuna reticenza o ambiguità.

In questo contesto, Yang Jeichi non ha avuto quindi problemi ad affermare “di aver perso recentemente a ping pong da uno giocatore più capace di lui” e a rivelare che lui “non è tipo che ama perdere facilmente”.

Questo è stato però il pretesto per sottolineare come quando si occupa della diplomazia del suo paese, vanno anteposte alle questioni personali, le ragioni di mutuo interesse e di cooperazione, di fatto “il cavallo di battaglia” e l’approccio di tutta la diplomazia cinese, su qualsiasi questione.

Un modo diretto ed originale, per poi spiegare come nelle relazioni tra Usa e Cina, la Cina sia pronta a sedersi al tavolo per stringere accordi ancora più stretti e per coordinare le proprie azioni con gli USA, elemento fondamentale in momenti così difficili come quelli attuali.

Yang Jeichi ha anche confermato l’incontro tra Obama e Hu Jintao, durante il vertice dei G20 del 2 Aprile a Londra, così come ha annunciato che, su invito del Segretario di Stato Hillary Clinton, lui stesso sarà a breve negli USA.

Entrando nel merito delle questioni ed in particolare sulla Crisi Finanziaria, ha evidenziato come la Cina conti molto sul prossimo vertice dei G20 di Londra, confermando l’attuale impegno della Cina offerto ai paesi in via di sviluppo e gli appalti in via definizione con l’Europa nell’ordine dei 15 miliardi di dollari.

Ora la Cina si aspetta un ruolo attivo anche degli altri paesi.

Rispondendo poi ad una domanda che evidenziava come la crisi stesse aiutando un cambio di equilibrio dei poteri, avvantaggiando la Cina, Yang Jeichi ha sottolineato come “la crisi finanziaria attuale ha contribuito a razionalizzare la situazione globale e legittimato le richieste provenienti da tutti i paesi del mondo”.

Quale sia poi la ricetta cinese per il prossimo G20, Yang Jeichi non ha dubbi: “anteporre gli interessi della gente e un approccio pragmatico che aiuti lo sviluppo economico e progresso sociale generalizzato”.

Un approccio molto diverso da quello che si sente in occidente, che sembra più interessato a salvare se stesso, prima che aiutare altri paesi a crescere, in questa situazione contingente.

Ma Yang Jeichi ha sottolineato come il crescente ruolo dei paesi BRIC ( Brasile, Russia, India e Cina) e la loro crescente influenza nelle principali questioni attuali, può profondamente incidere sulla definizione delle linee d’azione future.

Per esempio, spiegando l’accordo energetico di febbraio con la Russia, dove a fronte di 25 Miliardi di dollari, la Cina riceverà per 20 anni un totale di 300 milioni di tonnellate di petrolio, Yang Jichi ha anche evidenziato come Russia e Cina, quali membri permanenti alle Nazioni Unite, hanno la possibilità di agire per una sempre migliore multi-polarità a livello mondiale.

Dobbiamo dare maggiore contributo alla promozione della pace nel mondo, alla stabilità e allo sviluppo” ha affermato Yang Jeichi, quale chiaro messaggio di quale vuole essere il ruolo della Cina sulle principali questioni Internazionali presenti e future.

Per quanto riguarda poi la questione del cambiamento climatico, Yang Jeichi si augura nel
successo della prossima conferenza di Copenaghen, sottolineando che “tutti i paesi facciano la propria parte così come la Cina sta cercando di contribuirvi, onorando i propri impegni presi”.

In particolare ha esortato tutti i paesi a seguire urgentemente la roadmap stabilite nella conferenza di Bali del 2007, in quella da lui definita essere una “responsabilità comune ma differenziata”, dove un ruolo fondamentale e di guida è comunque a carico delle nazioni già sviluppate.

Per quanto riguarda invece il ruolo cinese in Asia, Yang Jichi ha evidenziato come gli scambi commerciali tra Cina, Giappone e Korea del Sud siano superiori a quelli tra Germania, Francia ed UK.

Ciò evidenzia il livello di “vicinanza”, anche culturale ed un asse sul quale una sempre più stretta cooperazione, può essere fondamentale per rispondere all’attuale crisi finanziaria che sta mettendo in seria difficoltà sia Giappone che Korea del Sud.

Per quanto riguarda poi la questione del lancio del satellite Nord Coreano, il Ministro degli Esteri cinese ha sottolineato come la Cina stia seguendo con “grande attenzione” quanto sta accadendo.

Rimane comunque prioritario per la Cina che la penisola coreana rimanga stabilmente in pace e “ si augura che anche le altre parti si adoperino più intensamente in questa direzione”.

La strada per una soluzione, rimane comunque quella dell’applicazione degli accordi sottoscritti il 19 settembre del 2005, dove in cambio dello smantellamento degli insediamenti nucleari nord coreani siano forniti aiuti economici e di energia, equivalenti  ad un milione di tonnellate di petrolio.

Yang Jichi, ha ammesso che di recente si sono riscontrare delle difficoltà, ma le ritiene “normali” nella gestione di una questione così complessa come quella Nord Coreana e quindi superabili in futuro.

Tornando ai fatti di cronaca, non poteva mancare la domanda sul recente caso dell’asta di Christie delle due sculture in bronzo trafugate dal Palazzo d’Estate dalle forze anglo – francesi  durante la seconda guerra dell’oppio del 1860.

Il Ministro degli Esteri cinese ha ribadito l’opposizione cinese affinché tale vendita abbia luogo e si è detto rattristato che, nonostante tutti gli sforzi fatti per spiegare a Christie ed al governo Francese il valore di tale oggetti archeologici, al momento non si sia arrivati ad alcun accordo.

Connesse a questo ma anche e soprattutto alla questione del Tibet, sono state incentrate le domande relative al livello delle relazioni attuali con Francia ed Europa, dopo anche l’annullamento del summit Cina – Europa in programma lo scorso anno.

Yang Jichi ha confermato che da parte cinese non ci sono problemi affinché i rapporti tornino come prima, dicendosi sicuro che a breve si fisserà una data di un Summit Cina – Europa in sostituzione di quello annullato.

Ma sul tema Tibet e Dalai Lama, Yang Jichi è stato chiaro: “Il Dalai Lama non è una figura religiosa ma un soggetto politico che vuole l’indipendenza di quello il Dalai Lama chiama “il grande Tibet” che di fatto rappresenta un quarto dell’intero territorio cinese”.

A questo punto ha chiesto ai giornalisti presenti: “La Francia, la Germania o altri paesi accetterebbero la separazione di un quarto del proprio territorio?

Quale messaggio “storico” Yang Jichi ha anche sottolineato come la Cina si adoperò a suo tempo alla riunificazione della Germania, alla fine della guerra fredda.

Per cui le differenze tra Cina e Dalai Lama, “non hanno nulla a che fare con la religione, i diritti umani e le relazioni etniche. Da parte cinese si tratta solo di difendere l’unità del paese contro il tentativo di separare il Tibet dalla Cina”.

Per quanto poi riguarda la posizione della Cina nello scacchiere Africano, in particolare sulla questione Sahariana ad occidente e del Darfur in Oriente, Yang Jichi ha voluto ribadire che la Cina si adopera da tempo affinché il dialogo sia l’unica “arma” per arrivare ad una pacificazione in entrambe le aree.

Ha poi evidenziato come sia il Governo Cinese che le Imprese cinesi nell’area, abbiano già offerto ingenti aiuti concreti per aiutare lo sviluppo dell’area, un modo concreto per cercare di aiutare ad uscire dalla situazione di sottosviluppo in cui versano da decenni.

Per finire un’ulteriore annotazione di colore. Alla fine, fatto assolutamente inusuale per una conferenza stampa cinese, Yang Jichi ha fatto gli auguri a tutte le giornaliste in sala e a tutte le donne in generale, in vista della festa internazionale della donna di domani.

Un altro segno del lato umano che sempre più caratterizza la diplomazia cinese, ben rappresentata da Yang Jichi, che anche con le sue partite a Ping Pong dell’anno scorso con le diplomazie internazionali presenti a Beijing, continua ad aprire spazi di dialogo alternativi ed innovativi, in linea con lo sviluppo del paese e del profondo cambiamento in atto a tutti i livelli.

venerdì 29 agosto 2008

Mamma “la Russia mi si sta stringendo!”

La Russia è proprio un paese strano.

Passati i deflagranti anni ‘90, ora vuole tornare al centro del palcoscenico mondiale, non per meriti culturali od economici ma grazie ad una rinvigorita “forza fisica”.

Ma la Russia di Putin, per quanto in questi giorni stia mostrando i muscoli al mondo, soffre di un malessere patologico profondo: pur essendo il paese più vasto al mondo, con territori che vanno dall’Europa fino al Nord America, passando per l’Asia, “biologicamente” sta lentamente morendo.

La sistematica riduzione della popolazione, per i sociologi un evidente segno del decadimento di un popolo e quindi del Popolo Russo, è qualcosa di naturale e terribile al tempo stesso.

Le fiammate di questi giorni, a prima vista sorprendono, perché apparentemente la Russia non necessiterebbe di nuovi territori su cui espandere una propria crescita interna.

Al contrario, potrebbe serenamente continuare a ridursi, qualificando il proprio tenore di vita, uscito disintegrato dall’esperienza della Guerra Fredda.

Ma forse, quando detto, visto dalla parte dei Russi è tutto un altro film.

Analizzando infatti i territori “contesi” e quelli contendibili a breve nell’area caucasica, anche minuscoli, si nota come questi non soffrano della stessa “sindrome” biologica riduttiva di cui soffre la Russia.

Tanto più ci si sposta nella parte asiatica dei confini Russi, tanto più questo differenza si accentua.

E’ come dire che al di là dei confini russi la vita trionfi, mentre al di qua, la vita si stia “lentamente spegnendo”.

La sensazione che si trae è quindi che la Russia probabilmente non tema tanto l’isolamento economico o politico, ma al contrario senta la necessità di espandersi per interrompere una spirale che la porterebbe all’estinzione biologica.

Questo fatto probabilmente spiega, più di tante parole, le ragioni profonde alla base di alcune delle “strane” mosse Russe, come ad esempio l’attribuzione “a pioggia” del passaporto Russo ai Georgiani dell’Ossezia del Sud.

Atti che forse hanno ben poco di nazionalistico in senso stretto ma servono per perpetuare la propria razza.

In un mondo in continua crescita demografica, i Russi sembrano accusare il colpo e cominciano a temere questa lenta estinzione.

Ciò può aver fatto scattare la molla di un agire, a questo punto del tutto spiegabile, quasi fosse uno spaventato animale in via di estinzione, braccato nella foresta dal “ticchettio della storia” che scorre troppo velocemente.

Molti commentatori, nell’analizzare quanto accaduto in Georgia, parlano infatti non di una manifestazione di forza ma i segni evidenti di qualche profonda paura che attanagli i Russi e i suoi vertici politici e militari.

Probabilmente le questione economiche, energetiche e di supremazia tout-court contano fino ad un certo punto, non bastano a spiegare il ritorno alla necessità di “conquista” che sembra ispirare la dirigenza russa di questi giorni.

Tolto il velo superficiale, sotto sotto sembra quindi che i Russi abbiano accettato l’azzardo del ritorno ad un approccio “antico”, che consentirebbe loro di crescere e così di perpetuarsi nella storia futura dell’umanità.

Qualcosa di profondo nella storia umana, fatta di cicli e ricicli e di popolo che si estinguevano e lasciavano il posto ad altri.

Cicli naturali, apparentemente irreversibili, al quale i Russi sembra però abbiano deciso di opporsi.

C’è quindi da star certi che lo faranno con tutte le forze di cui dispongono, visto che in gioco c’è la loro sopravvivenza biologica futura.
Ora bisogna comprendere come evitare che le “paure” russe, scatenino una pericolosa escalation di livello mondiale.

Occorre comprendere quali potranno essere i prossimi passi “dell’orso russo”, che sentendo la “morte attorno a sé “, sta ribellandosi e cercare di convincerlo che ormai tutto ciò, in un mondo moderno e globalizzato come quello attuale, appare un approccio superato e retrogrado.

Un inutile tentativo di opposi alla naturale evoluzione della biologia umana che finirà per attenuare e fondere tra loro, molte delle differenze attuali e dove gli occhi a mandorla, la pelle più scura e i capelli neri, saranno un comune patrimonio di tutti noi, unica razza umana, su questa unica terra.

mercoledì 13 agosto 2008

Putin Vincitore. Occidente alle corde

Quanto accaduto in questi giorni, visto in un laboratorio di Politica Internazionale, sembra essere un preciso monito per il futuro.

Andiamo con ordine. Dopo lo sfaldamento dell’URSS, ci fu il lento ma inesorabile ritiro dell’impero Russo all’interno dei confini dell’attuale Federazione.

Questa fase, con l’avvento di Putin, sembra essere terminata.

Ormai la Russia sta lavorando ed investendo, per ricominciare a marciare e riprendersi il ruolo perduto di superpotenza.

Due le leve a favore della Russia di Putin che le possono consentire di tornare al centro dello scenario Geopolitico mondiale: la prima sono gli armamenti e l’essere il primo produttore mondiale in un mercato dai grandi guadagni economici e relazionali.

La seconda sono le immense riserve di gas e petrolio che di fatto sono la principale fonte energetica dello “zoccolo duro” dei paesi costituenti la Nato e così fondamentali per chiunque in futuro (Cina compresa).

Ma decisivo è un altro elemento di cui occorre tenere conto.

La strapotenza militare Americana, consente di gestire solo due scenari di guerra in contemporanea e Afghanistan ed Iraq quindi saturano già le attuali potenzialità belliche Americane.

Questo aspetto è ben noto a tutte le altre potenze mondiali, che sanno come l’apertura di un terzo scenario di guerra per gli americani risulti impossibile, senza l’attivo supporto di un folto gruppo di alleati.

Ecco perché fondamentale è il ruolo d’Israele nel caso dell’Iran e quello della EU, nella recente crisi Georgiana.

Quindi le “pretese” di Putin, le sfide dell’Iran o chiunque altro, qua o là nel mondo, sanno di poter beneficiare del periodo di grande criticità dello “sceriffo del mondo”, impantanato come è attualmente, alla caccia del terrorismo mondiale.

Sun Zu, nel suo “Arte della Guerra”, quale regola aurea per vincere un conflitto, suggerisce che: “prima di muoversi, bisogna essere sicuro di aver già vinto”.

Da ciò appare evidente che Saakashvili non sia stato semplicemente uno sprovveduto, ma credendo di applicare alla lettera gli insegnamenti di Sun Zu, si è ritrovato, suo malgrado, a scoprire il Bluff dei suoi “nuovi alleati” occidentali.

Infatti, una volta attaccata la Ossezia del sud, ha dovuto fare i conti con la regole del “terzo scenario”, che ha autorizzato i Russi a muoversi con una determinazione mai vista, in virtù della impossibilità di una qualsiasi reazione da parte della Nato.

Il presidente Georgiano sta vedendo, con orrore, che i Russi sono entrati nel paese ma soprattutto ha compreso che ora spetta solo a loro decidere quanto affondare il proprio coltello, o meglio continuare a testare quanto sia vera la suddetta teoria del “terzo scenario”, tallone d’Achille Americano e del mondo occidentale.

A questo si è evidenziata l’ormai cronica debolezza dimostrata dagli occidentali, fatta di tante parole e qualche telefonata a Putin, sfociata nella farsesca proposta di escludere la Russia dal G8, ritenuta da qualche analista, un buon deterrente a fermare i Russi.

Questo è però quanto di più assurdo si possa immaginare, in un momento dove Russia, Cina, India e Brasile, sarebbero solo contenti di smantellare l’attuale G8, ritenuto, a ragione, obsoleto e specchio di un passato, totalmente scollato dallo stato attuale e futuro degli equilibri mondiali.

Bene, la lezione Caucasica dovrebbe essere presa sul serio, quale segno del futuro che avanza e dove le alleanze militari attuali poco possono per sostenere le necessità primarie dei paesi occidentali.

Cosa penseremo infatti di fare quando Putin, smessa la presunta amicizia con Berlusconi, staccasse il collegamento di Gas dal quale dipendono le nostre caldaie e fornelli?

Difficilmente potranno “arrivare i nostri”, come accaduto nel caso della Georgia, occorrerà quindi fare in modo che le ragioni alla base delle diverse rivendicazioni, vengano sminate, prima che sia troppo tardi.

Quindi evitando di fare gesti avventati, occorre che anche noi ci si ricordi dei suggerimenti millenari di Sun Zu e si valuti nella partita a scacchi in corso, le reali consistenze in gioco.

Allo stato attuale appare infatti evidente che troppi sono gli elementi a favore dei nostri potenziali “nemici”, troppi per non pensare che in futuro anche noi si possa fare la fine del povero Saakashvili Georgiano.

lunedì 18 febbraio 2008

Indipendenza Kosovo: Cina “Molto preoccupata”


La dichiarazione di Indipendenza del Kosovo annunciata ieri, in Cina è stata accolta con grande preoccupazione, “per le possibile conseguenze negative che potrebbe avere nella stabilità dei Balcani”.

Così si è espresso Liu Jianchao, il portavoce del Ministero per gli Affari Esteri cinese, in quella che viene definita senza esitazione, “una dichiarazione unilaterale che non rispetta le norme Internazionali e il ruolo stesso del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”.

Liu ha affermato come questa, secondo il governo cinese, non sia la via migliore per costruire una società multietnica nell’area.

La Cina pertanto si augura che Serbia e Kosovo, possano raggiungere nel futuro, attraverso ulteriori negoziati, un piano accettabile per entrambe le parti e si auspica che la Comunità Internazionale crei le condizioni favorevoli affinché ciò succeda.

Tradotto: i riconoscimenti “troppo” rapidi di queste ore di molti paesi occidentali, a partire dagli USA e Italia compresa, non sono il modo migliore per risolvere la questione del Kosovo e soprattutto rischiano di mettere a rischio l’equilibrio stesso dell’area.

La posizione della Cina non appare isolata in seno alla UN, decisamente moderata se confrontata con quella molto negativa della Russia, che in queste ore ha addirittura annunciato il proprio supporto a Belgrado.

Dalla reazione della Russia e dalle “preoccupazioni” della Cina, appare chiaro che la questione Kosovo è tutt’altro che risolta con la dichiarazione di indipendenza di ieri, anzi rischia di alimentare uno scontro tra “blocchi” di antica memoria, di un passato che speravamo fosse solo un lontano ricordo.

martedì 7 agosto 2007