giovedì 7 giugno 2012
mercoledì 20 luglio 2011
Crisi/ Ecco perché la Cina salverà l'Italia
giovedì 9 giugno 2011
Buon giorno Italia! La Cina sotto l'acqua, che vuole mangiare meglio, unirsi a Taiwan, e sostenere le PMI in crisi!!
(Pubblicato su Affari Italiani)
per prima cosa il tempo: oggi la Cina si appresta ad entrare nella "stagione delle pioggie" (una buona notizia) ma precocemente al normale (una brutta notizia? altro effetto dei cambiamenti climatici?).
Comunque si spera sia qualcosa di salutare, visto che 1/3 del paese ed alcuni dei più grandi laghi e fiumi, non sanno più cosa sia un goccio d'acqua. I terribili effetti di una siccità che non si vedeva da decenni!
Oltre a questo, a tenere banco in queste ore sono ancora le questioni economiche globali, World bank annuncia una crescita del 9,3% del PIL Cinese ed alimentari.
Il problema della sicurezza alimentare ormai è il tormentone che dimostra come il paese sia entrato in una nuova fase di sviluppo, quella del benessere e di chi è sempre più attento alla propria salute.
A questo va aggiunto come l'impatto dell'inflazione sui prezzi, contribuisca ad alimentare la crescita del già grande mercato del "sotto costo e di scarsa qualità, ma che ora rischia di diventare una emergenza sanitaria, visti i rischi sulla salute pubblica che può provocare.
Nel paese manca completamente una cultare in grado di distinguere il salubre dall'insalubre, visto che fino ad ora nella scelta di cosa mangiare, l'unico criterio tradizionalamente utilizzato è il prezzo. Questo atteggiamento è connesso al fatto che il cinese medio considera aprioristicamnete tutti i prodotti sul mercato di pari livello, buoni e controllati.
Da qua la vera e propria battaglia che è stata ingaggiata agli additivi non a norma, ai criteri di conservazione e date di scadenza non rispettati e così via, di una lista lunghissima di irregolarità quotidiane, fatto di abitudini spesso ormai consolidate, tipiche del passato di povertà che la Cina si sta laciando alle spalle.
Altra notizia del giorno è nel campo turistico e la prossima liberalizzazione dei viaggi a Taiwan per turisti singoli in partenza da certe città (Beiing, Shanghai, Xiamen). Comunque un ulteriore passo verso una sempre più stretta relazione tra i due paesi e che nei prossimi decenni potrebbe portare alla tanto auspicata "soluzione", come è stato per esempio per Hong Kong e Macao.
Sul piano invece economico, crescente è l'attenzione alle PMI cinesi che a corto di capitali ( e spesso di clienti) ed ora anche sotto la spada di Damocle della crescente inflazione interna, fanno sempre più fatica a finanziare le proprie attività.
Da questa situazione di "crescente tensione", l'azione governativa a supporto, con alcuni interventi legislativi che intendono favorire una crescente disponibilità di liquidità per le PMI, interventi che passano attraverso una sostanziale ristrutturazione del settore del credito, con tanto di creazione di banche o branch specializzate sulle PM in tutto il paese.
"Ma i soldi non bastano" è il messaggio del Governo alle imprese : "occorre che vi innovate e concentrate i vostri capitali soprattutto per creare nuovi prodotti sempre più di alto profilo, altrimenti queste misure non basteranno!!"
Alla prossima da Shanghai!!
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Alberto Fattori
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17:20
Contesti: Agroalimentare, Cina, Economia, Food, Food Safety, Siccità, Tempo
lunedì 14 marzo 2011
Post Terremoto: a rischio l’economia del Giappone (e dell’Asia)
venerdì 18 giugno 2010
Cina e il turismo di lusso: un futuro in continua crescita
Se da un lato il turista cinese sicuramente finirà per rappresentare nel futuro quello che fino ad oggi sono stati i Giapponesi, dall'altro, si assisterà ad un radicale mutamento delle necessità connesse.
"Lusso" sembra essere la parola chiave connessa al successo futuro delle destinazioni turistiche che attireranno maggiormente il turista cinese.
E per lusso si intende una offerta caratterizzata soprattutto da una logistica d'altissimo livello e un servizio vip esclusivo, il tutto in maniera decisamente più diffusa di quanto lo sia fino ad ora.
A questo punto occorre fare una precisazione sul tema del "lusso" se visto nella prospettiva cinese.
Mentre per noi occidentali il lusso è per pochi, tanto che le destinazioni sono spesso piccole ed esclusive, per i cinesi sta diventando uno status symbol che si sta diffondendo e quindi rappresenta più una sorta di upgrade alle attuali offerte che devono possedere nuovi e più stringenti parametri e servizi.
Due gli elementi fondamentali su tutti: il livello dell'alloggio che deve essere da vera 5 stelle internazionali e la qualità dei servizi connessi che devono essere di pari livello.
Visti quindi con gli occhi cinesi, questi due parametri se calati nella situazione italiana, spesso "fanno a pugni" con il reale valore della nostra offerta turistica, che se anche circondata da paesaggi da favola o culturalmente rilevanti, spesso dispongono di logistiche e ricettività di medio / basso livello.
A questi due parametri se ne aggiunge un terzo, forse il nostro vero limite attuale: l'esiguità della nostra offerta di lusso.
L'offerta Italiana appare infatti molto esigua per poter beneficiare della sempre crescente necessità cinese di esplorare il mondo da vip in termini quantitativi.
Perchè quando il cinese si muove, sia che sia un vip vero che un semplice turista, pretende servizi analoghi a quelli di cui dispone già in madre patria, soprattutto quando il costo è decisamente superiore a quello pagabile per destinazioni asiatiche comunque di alto livello, quali Thailandia, Australia, Indonesia.
Dai risultati di un questionario preparato da My China B2B, la piattaforma B2B dell'Italian Center di Shanghai, redatto assieme ad un centinaio di operatori turistici cinesi, è emerso come la qualità della residenza / hotel pesi per il 40% nella scelta della destinazione turistica.
Ben il 20% è invece l'incidenza dell'esistenza o meno di una rotta aerea diretta ed addirittura il 10% è connesso al fatto che la destinazione non sia "pericolosa" per la incolumità personale.
Solo il 9% è invece connesso al peso "culturale" dell'offerta che addirittura scende sotto al 5% se si parla di gastronomia e percorsi enogastronomici.
Ben il 10% pesa invece la possibilità di acquistare prodotti del lusso ai prezzi migliore che in madre patria.
Per finire, addirittura il 6% è il peso connesso al poter disporre di servizi in lingua nei luoghi visitati, hotel compreso. Quest’ultimo dato è connesso al fatto che la stragrande maggioranza dei nuovi ricchi cinesi, anche se quarantenni, non parlano inglese.
Come si vede, una connotazione di lusso quindi ben diverso da quello che la parola stessa sembrerebbe evocare se pensata con menti occidentali.
Un approccio in rapida evoluzione e in forte crescita dai paesi che stanno diventando i nuovi centri motore dell'economia mondiale.
Una situazione a cui dovremo velocemente adeguarci, visto l'ormai ed inesorabile riduzione dei flussi storici dagli USA a favore dell'area asiatica, che ad oggi comunque preferisce per ben il 94% le più “sicure” mete del Far- East anche solo per la vicinanza culturale che sono in grado di offrire.
Il rischio è quello di venire esclusi sulle rotte future del lusso, di chi è pronto a pagare profumatamente ma pretende in cambio di ricevere il massimo.
Qualcosa che sul suolo Italico appare spesso ancora una chimera, visto il persistere di una visione del turismo di stampo famigliare, fatta di piccole realtà non in grado di competere con i campioni dei circuiti internazionali che invece sanno "accompagnare" con saggezza i nuovi ricchi a spendere al meglio la propria nuova ricchezza.
mercoledì 21 aprile 2010
"Capicomunismo": La Cina corre grazie al consenso!!
Di seguito l'intervista apparsa su Affari Italiani che sottoscrivo al 100%.
"Capicomunismo e, cioè, un sistema molto più flessibile del neoliberismo occidentale e grande consenso incentrato sul benessere, di cui gode il partito di Pechino".
Sono i due fattori vincenti che per l'economista Loretta Napoleoni, intervistata da Affari in occasione dell'uscita del suo ultimo libro Maonomics, hanno permesso alla Cina di "passare in soli 30 anni, dall'essere un Paese in cui si moriva di fame a una superpotenza in grado di sfidare gli Stati Uniti per il primato economico". "E' un libro - spiega la Napoleoni - che cerca di utilizzare il miracolo economico cinese come una sorta di pietra miliare per fare una comparazione con il nostro sistema economico e politico e capire cosa, da noi, non ha funzionato nell'inserimento nel processo di globalizzazione".
L'INTERVISTA
Perché questo libro? Qual è la tesi principale?
"Il mio scopo era quello di utilizzare il miracolo economico cinese come una sorta di pietra miliare per fare una comparazione con il nostro sistema economico e politico per capire cosa, da noi, non ha funzionato nell'inserimento del processo di globalizzazione. Insomma, mi sono chiesta perché Pechino ce l'ha fatta e noi no".
Allora non è un libro sulla Cina...
"Esatto, è su di noi. Anche se smitizza molti dei luoghi comuni che sono stati diffusi negli ultimi 20 anni sulla Cina".
Quali sono stati i punti forti della Cina?
"Sono riusciti a sfruttare i vantaggi della globalizzazione perché hanno creato il sistema ibrido del Capicomunismo. Non è nè un sistema capitalista nè comunista, intesi in senso classico. Hanno introdotto dei cambiamenti e delle riforme all'interno del sistema marxista, dopo Mao, perché era un sistema molto più flessibile del neoliberismo che avevamo noi. Hanno adattato il marxismo al capitalismo e alla globalizzazione".
Insomma, par di capire che Pechino ha fatto ciò che dovremo fare noi oggi e cioè attuare un sistema neoliberista regolamentato...
"Sì, anche se da noi il modello cinese non funzionerebbe, perché la Cina è ancora un Paese in via di sviluppo. La mia analisi vuole dimostrare che il nostro sistema, così com'è, non va e finisce per portarci da una crisi all'altra. Necessita di riforme, specialmente nell'economia e nella finanza. Un altro punto di forza della Cina, poi, è stato il rapporto che esite tra la popolazione e il partito che si basa sul benessere".
E cioè?
"Fin tanto che l'economia cresce e il benessere si diffonde, la popolazione sarà d'accordo con questo sistema. Cosa che non accade da noi, dove sempre meno gente vota".
Nel lungo periodo, il modello cinese sarà sostenibile e vincente?
"Sì, perché in 30 anni, la Cina è passata dall'essere un Paese in cui si moriva di fame a una superpotenza che sfida gli Stati Uniti per il primato economico. Un anno fa al G20 avevano un atteggiamento di maggiore deferenza nei confronti dell'Occidente. A Washington, nell'ultimo vertice sul nucleare, l'atteggiamento è stato completamente diverso".
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Alberto Fattori
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21:05
Contesti: Cina, Economia, Economy, Italia, Loretta Napoleoni, Politica Internazionale, Società
venerdì 9 aprile 2010
Perchè la Cina NON rivaluterà lo Yuan
Ormai tutti i commentatori e gli economisti occidentali sono alla caccia del perché i Cinesi non rivalutano lo Yuan, come se lo facessero apposta per danneggiare le economie Occidentali, Usa in testa.
Le ragioni cinesi sono evidenti e "sotto gli occhi di tutti", ma difficilmente saranno comprese nelle asettiche sale delle borse, dei giornalisti finanziari e dei guru delle economie occidentali.
Il problema vero è che la prospettiva con la quale osservano il problema, valutano, giudicano è di stampo occidentale, favorevole ad un "bilanciamento" della situazione americana attraverso questa rivalutazione.
Ma invece di affannarsi ad accusare la Cina di presunte manipolazioni della propria valuta, per comprendere le ragioni di questa sorta di dissociazione cinese dalle problematiche mondiali di questi anni, basterebbe che questi commentatori venissero in Cina e andassero fuori dalle scintillanti Shanghai e Beijing.
Il paese NON è pronto, per quanto sia ormai la seconda economia al mondo, a competere con le economie reali dei paesi sviluppati e necessita ancora di tempo e di un ambiente favorevole dove "consolidare" la propria struttura e il proprio sviluppo.
Rivalutando lo Yuan sicuramente l'America ne trarrebbe giovamento, sopratutto sul piano commerciale, visto che ora la barriera del prezzo frena le esportazioni in Cina.
Ma la priorità del governo cinese non è di salvare il "Soldato Usa", bensì di garantirsi tassi di sviluppo interni stabili per i prossimi decenni, perchè continui il processo in corso che può continuare solo se le condizioni rimangono quelle attuali.
E se la competitività sui mercati esteri si acquisisce anche attraverso un mantenimento del controllo delle oscillazioni della propria valuta, gli investimenti in titoli di stato americani sono stati il loro modo di "restituire" questo vantaggio in maniera concreta, tangibile.
Ma esiste anche un secondo aspetto che guida le decisioni cinesi: stare lontani dalla speculazione.
Ai cinesi, fino ad ora sostanzialmente rimasti fuori dai giochi che hanno guidato parecchie crisi dei decenni passati, causate spesso da speculatori senza scrupoli, tutti intenti a guadagnare spesso nel crollo del valore più che nel suo apprezzamento di una valuta nazionale, temono di essere oggetto di azioni massicce che possono minare le basi stessa della propria economia.
Per cui il rimanere di fatto "sganciati" dalle regole di mercato che stanno dando parecchi grattacapi a quasi tutto il fronte occidentale, non è una scelta di chiusura, ma di tutela per garantirsi un futuro stabile.
Quindi difficilmente il Governo Cinese accetterà di portare a termine alcuna profonda modifica dello stato attuale di cose, che di fatto prima di tutto tutela i poveri del paese e che consente al paese di non trovarsi a dovere fare i conti di uno scenario ancora molto lontano dal suo realizzarsi.
Per comprendere la cosa, basti ricordarsi cosa è successo da noi con l'introduzione dell'Euro che se da un lato ha dato al paese una moneta forte ( forse troppo) e che ha reso molto convenienti gli acquisti fuori dall'area euro, per contro ha portato alla crescita di una povertà reale interna ed un raddoppio del costo della vita reale di cui ora sono in tanti a pentirsene.
I cinesi, che hanno studiato tutte le situazioni e gli accadimenti occidentali, sanno che il rafforzamento della propria valuta rischia di trascinare nel baratro quasi un miliardo di cinesi, non ancora in grado di competere con il resto del mondo sviluppato.
Per questo e solo per questa ragione, i cinesi NON toccheranno, se non solo di facciata, il valore dello Yuan nei prossimi decenni.
Ovviamente qualche apertura agli Usa sarà anche data, sicuramente in cambio di aperture su molti dei prodotti di fatto bannati sul mercato americano, ma non seguiranno il desiderio degli Usa di equilibrare le due economie e le due valute, considerando i Cinesi una economia già sviluppata e alla pari.
Una trappola ed una sirena che i cinesi non hanno intenzione di ascoltare. La loro visione guarda molto più lontano, tanto che oggi, nonostante gli impetuosi successi economici e finanziari, ancora si definiscono "un paese in via di sviluppo".
E se gli americani saranno costretti per colpa di questo loro agire a “tirare la cinghia”, beh da queste parti, pensano che non se la passeranno troppo male lo stesso.
Per questo lo Yuan non verrà toccato!!.
venerdì 19 febbraio 2010
Detto - fatto: ora i cinesi NON sono più i primi creditori degli USA
lunedì 11 gennaio 2010
Cina: Campione d'Esportazione!!!
Più che una lunga marcia, quella che la Cina sta correndo in questi anni sembrano più delle ripetute da centometrista.
In anticipo su qualsiasi previsione e dopo essere diventato l’anno scorso il primo mercato automobilistico mondiale, superando gli USA, ora la Cina ha conquistato il primato del più grande esportatore al mondo superando questa volta la Germania.
Il balzo alla testa della classifica è stato fatto in dicembre, dove le spedizioni all’estero hanno raggiunto i 130,7 Miliardi di dollari, aumentando oltre qualsiasi stima attesa dagli economisti del 17,7% rispetto al già pregevole risultato dell’anno precedente.
Così ora la Cina, con i suoi 1,2 trilioni di dollari realizzati nel 2009, ha superato i 1,18 trilioni di dollari della Germania e sembra anche lanciare un segnale evidente: la crisi sembra essere superata.
Una risposta positiva, dopo che nello scorso anno a causa della crisi economica, il surplus di cassa generato dalle esportazioni era diminuito a 196 Miliardi di Dollari, così come le esportazioni erano diminuite del 16% .
Tra l’altro le due economie, quella cinese e tedesca, sono strettamente collegate, perché se in senso assoluto la Cina ha superato la Germania, la Germania ha ancora il predominio sulle esportazione ad alto valore aggiunto e alto livello tecnologico, mentre i risultati Cinesi sono stati realizzati esportando giocattoli, scarpe, mobili e prodotti a basso contenuto tecnologico.
Ciò dimostra l’ampio margine di crescita e di miglioramento che la Cina potrà avere nel prossimo futuro.
Per contro, i macchinari delle maggiori esportatrici cinesi hanno proprio nei tedeschi i loro maggiori fornitori, per cui la Germania può vedere positivamente il nuovo record cinese.
Infatti anche l’import cinese ha raggiunto un suo nuovo record in dicembre, raggiungendo i 112,3 Miliardi di dollari, con un balzo di ben il 55,9%.
L’impressione che se ne trae è quindi che il risultato cinese sia realmente un segnale complessivo di salute del commercio cinese e che sia strettamente connesso ai recenti piani di incentivi che sembrano abbiano favorito questo recupero.
Non solo, stesso discorso vale anche per i diversi provvedimenti a supporto degli esportatori, così come le riduzioni delle tariffe sulle esportazione che per ben 7 volte dall’agosto del 2008 hanno riguardato prodotti per un valore di 676 Miliardi di dollari e le cui imposte sono state ridotte del 16,4%.
Anche l’apertura di nuove aree di libero scambio, per ridurre le barriere commerciali e le tariffe, sembrano aver dato i loro risultati. Uteriori stimoli quindi potrebbero arrivare all'export cinese dai recenti accordi ASEAN che proprio dal 2010 interesseranno l’area asiatica con oltre 2 miliardi di abitanti e potranno fare da volano per futuri record cinesi.
Tornando ai dati dell'export cinese, si vede come l’area EU rimanga saldamente in testa, con un volume bilaterale di 364 Miliardi di dollari, seguita dagli USA e dal Giappone anche l'occidente ha subito una riduzione a doppia cifra a causa della crisi mondiale.
Ora è da vedere se tale performance cinese possa favorire l’inversione di tendenza anche per le altre economie mondiali, in una graduale e continua uscita dalle “secche” della crisi.
Anche il PIL cinese sembra comunque confermare questo recupero, visto che dopo un iniziale 6,1% su base annua del primo quarto si è avuto una prima crescita al 7,9%, per arrivare al 8,9% del terzo quarto.
Nel 2010 si attende un PIL attorno all’9%, risultato in grado di dare alla Cina nuovo slancio trainante anche alle economie mondiali.
Un risultato, quello cinese, che quindi sembra non essere indice di salute solo cinese ma anche il segno che la ripresa mondiale è qualcosa di tangibile ed è iniziata.
Una cosa l'export cinese però teme: le crescenti azioni protezionistiche di questi tempi che possono in qualche maniera minare i possibile risultati futuri.
Proprio per questo i cinesi invitano i paese sviluppati ad evitarle, per non aggravare la situazione complessiva e ridurre la speranza di ripresa, soprattutto dei paesi in via di sviluppo, Cina compresa.
Adesso la palla passa all'occidente.
venerdì 3 aprile 2009
La "rivoluzione" cinese che fa paura a Obama
faccia a faccia Hu Jintao e Obama a Londra. L’inizio di un dialogo che può aiutare gli equilibri mondiali e premessa per il discorso che Hu farà al G20, dove proporrà la “ricetta” Cinese per cercare di cambiare il corso degli eventi mondiali. La Cina si augura nel successo del G20 in corso, attribuendo grande importanza al fatto che sia giunto il momento che le grandi potenze mondiali inizino ad ascoltare veramente e comprendano a fondo i punti di vista allargati di tutta la comunità mondiale, smettendo di decidere e deliberare su particolarismi, ormai del tutto inapplicabili, vista l’interconnessione in tempo reale dell’intero sistema economico sociale. Parafrasando il famoso principio fisico, “un battere d’ali di farfalla nei paesi sviluppati, può scatenare la tempesta dall’altra parte del mondo”! E ora l’altra parte del mondo è preoccupata, perché la tempesta è nei paesi sviluppati!! (Leggi)
giovedì 2 aprile 2009
Hu Jintao- Obama: l'incontro!!
mercoledì 1 aprile 2009
La Cina avrà il suo Nasdaq
- un capitale sociale superiore ai 30 Milioni di Yuan (oltre 3 Milioni di Euro)
- avere avuto utili per due anni consecutivi e redditività combinata di almeno 10 Milioni di Yuan (oltre 1 Milione di Euro),
- fatturato di almeno 50 Milioni di Yuan (oltre 5 milioni di Euro);
- utili di almeno 5 milioni di Yuan (oltre 500.000 Euro) nell’ultimo anno fiscale,
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Alberto Fattori
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19:43
Contesti: Borsa, Cina, Crisi Finanziaria, Economia, Finanza, GEM, Growth Enterprise Market, Made in China, Made in Italy, Mercati Finanziari, NASDAQ, PMI, SME, Usa
venerdì 27 marzo 2009
No al Dollaro:una nuova moneta per il futuro del mondo!!!
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Alberto Fattori
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20:32
Contesti: Cina, Crisi Finanziaria, Economia, Fmi, G20, Usa, Wen Jiabao
lunedì 23 marzo 2009
Obama vuole fare il cinese!!
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Alberto Fattori
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21:57
Contesti: China, Cina, Crisi Finanziaria, Economia, Hu Jintao, Locke, Obama, Politica Internazionale, Usa
lunedì 2 marzo 2009
Obama Robin Hoodf o Sceriffo di Nottingham??
martedì 28 ottobre 2008
Il Ritorno del Dragone d’oro!
Premessa: "Il significato cinese di Cina è “paese di mezzo” appunto, Zhong Guo -中国."

Un interessante paradosso di questi tempi.
Comunque sia, dopo quanto sta accadendo in tutto il mondo e i rovinosi effetti causati soprattutto dal crollo del mercato immobiliare USA, i cinesi sono corsi subito ai ripari per arginare eventuali “contaminazioni”.
Mercato cresciuto nell’ultimo decennio in maniera esponenziale, negli ultimi periodi il mercato immobiliare cinese aveva iniziato a manifestare comunque pericolosi rallentamenti.
Da qui l’intervento di queste ore del governo cinese, con una serie di misure che entreranno in vigore dal 1° Novembre e che intendono favorire la stabilità del mercato della casa in Cina, che dopo il commercio estero, rappresenta il maggiore driver della crescita economica del paese.
In particolare le nuove misure introdotte interessano l’imposta di bollo sulla proprietà, passata dal 3-5 percento all’1% per le case più piccole di 90 metri quadri e il minimo da versare per l’acquisto della prima casa, che indipendentemente dalla dimensioni, scenderà al 20% dall’attuale 30%.
Quest’ultima misura autorizza quindi le banche a fornire prestiti garantiti fino all’80% sul valore dell’immobile da comprare.
Ma non solo, nel decreto governativo è stata rimossa anche l’imposta di bollo che era del 0,05% e la tassa sul valore aggiunto dei terreni, limando ulteriormente gli svantaggi fiscali per i proprietari di casa.
A queste misure si sono però aggiunti anche consistenti investimenti (1 trilione di Yuan) per sostenere la costruzioni di case a prezzi più accessibili, in grado quindi di favorire l’accesso alla prima casa anche alle fasce meno abbienti del paese.
La ragione di questo agire è evidente: 2 /3 della popolazione cinese si trova in questo periodo a dover effettuare il proprio “salto di qualità”, favorito dalla continua crescita economica del paese e la casa è il bene fondamentale a cui ogni famiglia cinese aspira.
La leva delle ricchezza dei cinesi sta proprio in questo bene primario e un mercato stabile in grado di favorire un concreto consolidamento per tutte le famiglie cinesi è, in questa fase, strategico per la Cina proiettata nel proprio futuro di potenza economica.
Le manovre di questi giorni sono comunque senza precedenti, di portata simile a quelle introdotte dall’ex primo ministro Zhou Rongji e che diede il via politica della privatizzazione delle case e la riduzione delle imposte per la edilizia abitativa.
Nel contempo, a Shanghai è stata elevata ad un quinto la quota di ipoteca massimale a carico del fondo per gli alloggi, fondo nel quale, impiegati e datori di lavoro, mensilmente versano denaro in cambio di tassi di interesse più bassi.
Questa mossa di Shanghai, intende contribuire l’accesso garantito a prestiti più grandi di quelli attuali.
Se nelle città la leva della casa è quella che ha creato le basi dell’attuale classe media cinese, ora tutto ciò si potrà ripetere anche nelle campagne, alla luce della nuova “riforma nelle campagne” che consentirà anche ai contadini di divenire proprietari dei propri appezzamenti e cedere l’uso dei terreni.
Questo aspetto produrrà un doppio beneficio: da una parte consentirà ai contadini di ottenere un profitto dalla compravendita di suddetti diritti, con il quale potersi trasferire nelle Città, dall’altra i terreni potranno venire acquistati da imprese per essere lavorate su larga scale, così da aumentarne l’attuale produttività.
Ma non solo, di contorno sono stati abbassati i tassi di interesse sui prestiti, in modo da favorire le imprese in un momento difficile come questo e nel contempo sono cresciute le detrazioni fiscali per gli esportatori su 3486 prodotti, per ridurre gli impatti della crisi commerciale nei paesi occidentali.
L’impressione finale che se ne trae è che, mentre i paesi occidentali stanno facendo i conti con il proprio “artificioso” sovradimensionato economico, la Cina abbia invece ampi margini di manovra non solo per continuare a crescere, ma per consolidare la propria attuale crescita, potendo fare da traino e salvagente alle “scoppiate” economie “ occidentali.
E’ la storia che ritorna, di quando 150 anni fa la Cina era la prima potenza economica al mondo.
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Alberto Fattori
alle
10:07
Contesti: Cina, Economia, Finanza, Riforma nelle campagne
giovedì 23 ottobre 2008
Berlusconi finalmente a Beijing!
Assenti gli Stati Uniti, paese da cui è iniziata l’attuale crisi finanziaria mondiale, 27 leaders europei. Cina, Giappone, India e altri 13 paesi asiatici, stanno discutendo su come cercare di farne fronte.
La parola d’ordine sembra essere una sola: Cooperazione.
Che si sia in una fase molto delicata degli stessi equilibri mondiali, appare evidente dal fatto che la crisi finanziaria, di una gravità senza precedenti, rischia anche di aggravare e complicare ulteriormente la soluzione dell’altra priorità mondiale che mette a repentaglio l’intera umanità: il Cambiamento climatico.
La sensazione che infatti si trae è che, di fronte al malato Usa che rischia di contagiare tutti, la priorità dei paesi asiatici, sia ora solo quella di evitare che la pandemia finanziaria possa diffondersi oltre in tutto il pianeta.
Ma non solo, nella costruzione del futuro mondiale, i paesi asiatici sembrano volere dire la propria e pretendono ora di essere co-protagonisti nella necessaria ridefinizione delle nuove regole per i mercati finanziari.
A prescindere quindi dalle frasi di circostanza che precedono i prossimi lavori dell’ASEM di Beijing, questa appare essere la vera ed unica questione centrale che sta realmente a cuore di tutti i paesi asiatici presenti a questo meeting di Beijing.
Il richiamo ad una “pragmatica collaborazione per assicurare il ritorno all’ordine sui mercati internazionali” fatto ai paesi EU da parte dal Vice Premier Cinese Xi Jiaping alla cerimonia di apertura dell’11° Asia – Europa Business Forum che anticipa l’ASEM, appare quanto mai significativo e un chiaro distinguo tra cause e causatori.
Nessuna delega in bianco sarà quindi data in futuro ai paesi occidentali che dai paesi asiatici sono considerati, direttamente o indirettamente, tutti “corresponsabili” di quanto sta succedendo a livello mondiale.

Un netto ribaltamento dell’atteggiamento Europeo di questi giorni, la sintesi del diverso approccio sulle cose tra Ovest ed Est, la fotografia degli attuali equilibri (squilibri) mondiali e dei potenziali contrasti futuri tra paesi sviluppati e in via di sviluppo.
In una battuta è come se gli asiatici, oltre a sentirsi ingiustamente addittati quali inquinatori del mondo, con le fabbriche frutto della selvaggia delocalizzazione dei paesi sviluppati che ha creato rilevanti vantaggi finanziari ad occidente, ora sentano di rischiare gli sforzi e i sacrifici fatti fino ad ora, dall’irresponsabile approccio sociale e finanziario, attuato dai paesi sviluppati negli ultimi decenni.
Detto ciò, appare quindi evidente come Berlusconi, lo stesso che ha posto in queste ore un “freno” all’atteggiamento Europeo di risolvere prima la questione ambientale e poi “incrociare le dita” su quella finanziaria, troverà a Beijing una buona sponda proprio nei paesi asiatici e la Cina in primis, per poter continuare in Europa, nella propria pragmatica azione in risposta alle emergenze mondiali di questi giorni.
Pubblicato da
Alberto Fattori
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22:26
Contesti: ASEM, Berlusconi, Cina, Economia, Finanza, Hu Jintao, Wen Jiabao
mercoledì 1 ottobre 2008
Mercati,Fiducia Sfiduciata!
Ma la vera ed unica protagonista che ha consentito ai diversi mercati di crescere in questi decenni di capitalismo, è la fiducia.
E’ stata la leva per cui si è finito per barattare tutto con tutto e qualsiasi cosa: semplici pezzi di carta, le intenzioni future, le prospettive future, le speranze future.
La “brochure della fiducia” ha così condiviso a livello planetario, l’idea che il mondo potesse essere proiettato verso una irresistibile continua “crescita”: dei PIL dei paesi, dei consumi interni, del mercato immobiliare, dei mercati finanziari, della ricchezza delle persone che si sono così trovate i portafoglio pieni di “fiducia”.
Ma in questa catena di Sant’Antonio, basata tutta sulla “fiducia”, alla fine si è arrivati a dover fare i conti con una realtà ben diversa: il payback (il saldo) .
In quel preciso momento, il valore del barattato, monetizzato, prestato, rateizzato, si è come “volatilizzato”, non essendo mai realmente esistito, sparito come la nebbia all’arrivo della prima brezza.
Tutto ciò ha scoperchiato e mostrato come aziende, banche, finanziari, imprenditori, realmente finanziassero la propria crescita, vendendo solo vuota “fiducia”, travestita d’affari e finanza: la “Crazy Economy”.
La leva della fiducia, che per molti economisti ed operatori finanziari si è trasformata in vera e propria fede, ha portato quasi tutti a confondere la realtà con un sogno, allontanandosi così definitivamente dal vecchio modo di creare valore, attraverso il baratto di beni primari con altrettanti beni primari.
La finanza ha così finito per condizionare l’economia, trasformando il debito, figlio della fiducia, in uno strumento finanziario fondamentale che ha permesso di acquisire beni basati essi stessi sulla fiducia, in un circolo vizioso che ora si scopre senza fine.
Comunque sia, la trasformazione del ruolo strategico della fiducia nelle economia è databile al 1974, il momento dello scollegamento tra valore del dollaro con quello dell’oro ed argento.
Recentemente poi la rete e la “Moneta elettronica”, dalla fine del ’90 ha dato alla “fiducia” l’infrastruttura necessaria per globalizzarsi e trasformarsi in moneta vera.
Ma ora l’economia si è accorta che di sola ”fiducia” non si mangia e quindi ha chiesto in cambio il controvalore reale, necessario per sostenere questa fase congiunturale.
Il problema è che la fiducia non ha alcun “concambio reale”, per cui ora occorre iniettare alla fonte valuta vera, per cercare di pagare il “castello di fiducia” che ora si scopre con orrore, non ha più alcun valore, essendo ora sfiduciata.
Gli USA stanno cercando di iniettare 700 Miliardi a copertura dell’eccessiva fiducia venduta fino ad ora, così come le banche mondiali continuano ad iniettare miliardi ogni giorno sui mercati finanziari.
Ma il vero problema è che ora si scopre che nessuno sappia realmente quanta “fiducia” sia stata usata nello sviluppo di molte economie occidentali.
E questo è il vero dramma, la consapevolezza di scoprire che tutta questa “economia” sia solo un “disegno finanziario”, una illusione a cui tutti hanno creduto ciecamente, abbagliati come erano da tanta circolante fiducia.
Lo stesso Bush, l’uomo più potente della terra, ha capito solo ora quanta sfiducia lo circonda, dopo aver contribuito a vendere al mondo intero vagonate di “fiducia” per un futuro migliore per tutti.
That’s reality!
martedì 23 settembre 2008
Crac Lehman Brothers: 40.000 investitori a rischio

«...A preoccupare non è solo l'esposizione diretta di banche e assicurazioni italiane che hanno acquistato azioni e obbligazioni del colosso americano - spiega l'associazione dei consumatori -, ma è soprattutto il numero dei clienti che hanno nei portafogli bond, prodotti strutturati e polizze index linked legati alla banca americana. Quarantamila cittadini che rischiano di veder bruciati oltre 1 miliardo di euro investiti...».
Ben diverso scenario dalle precedenti valutazioni di molti banchieri sul "basso (quasi nullo) impatto di questo Crac anche in Italia"....
E l'onda lunga ancora non è finita .... "fidarsi è bene, non fidarsi è meglio!"
Pubblicato da
Alberto Fattori
alle
23:35
Contesti: Economia, Finanza, lehman Brothers, Usa