Hu Jintao- Obama: l'incontro!!
A Londra, a margine del G20, si è finalmente svolto l'atteso incontro tra il presidente Cinese Hu Jintao e quello Americano Obama.
Questa è stata l'occasione per ribadire l'intenzione di entrambe le amministrazioni, di continuare a cooperare in maniera sempre più stretta, sulle principali questioni mondiali.
Obama ha anche già accettato l'invito di Hu Jintao a visitare la Cina, entro la fine di quest'anno, segnale ed impegno affinchè le relazioni tra i due paesi continuino a migliorare ecome affermato da Hu, "contribuiscano alla pace, la stabilità e alla prosperità dell'area Asiatico- Pacifico e del mondo".
I due leader si sono poi trovati d'accordo per sempre più frequenti consultazioni reciproche, anche attraverso la creazione di un "Forum China - US Strategico ed Economico" che favorisca il coordinamento tra le due nazioni, non limitandosi però solo ad un dialogo di carattere commerciale ed economico, allargandolo anche a questioni sociali, militari e tecnologiche.
Ora c'è da attendere, come del resto annunciato dal Vice Ministro degli Affari Esteri Cinese, il discorso che Hu Jintao farà durante il proseguo dei lavori del G20, discorso nel quale verranno esposte le "ricette" cinesi per risolvere la crisi in corso, crisi come sottolineato dallo stesso Obama, "è risolvibile solo attraverso un comune lavoro di tutte le nazioni, senza protezionismi e altri errori che poi portarono alla Grande Depressione".
Una apertura mentale importante, buon viatico per poter "comprendere" ed ascoltare le proposte cinesi che Hu si accinge a fare che intendono proprio "rivoluzionare" il modo fin qui seguito nella gestione degli equilibri mondiali, fino ad ora strettamente connesso con le fortune e i destini di una sola nazione: gli USA.
La posizione di Hu, appare essere molto in linea con quella fin qui tenuta da Francia e Germania, che confermano sia giunto il momento per riscrivere le regole complessive della finanza mondiale e nel contempo evitare che gli USA esportino inflazione al solo scopo di ridurre il proprio debito, scaricando sulle altre nazioni l'onere di dover sostenere le sorti della prima potenza economica mondiale, causa stessa della crisi in corso.