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mercoledì 1 gennaio 2020

BACK TO FUTURE del BLOG: fine dell'epoca social



Buongiorno Italia!
Benvenuta nel 20-20! Un saluto da Shanghai a tutti gli amici vicini e lontani!
Qua il capodanno è già bello che cotto e mangiato e si è tornati sul pezzo.
Nota di servizio: nessun botto, petardo o rumore molesto.
Qua i cani, gatti e animali domestici non hanno rischiato l'infarto.
Primo atto dell'anno? Tornare al Blog, il caro vecchio blog.
Compagno di viaggio da ben oltre 15 anni e memoria storica di molti dei passaggi della decade passata. Da oggi tornerà ad essere la mia agenda del decennio appena iniziato.
Rivestiti i panni di Yibu Yibu, step by step in cinese, con cui osservare, condividere, contribuire ad un cambiamento dell'Italia dalla Cina. Riflessioni, osservazioni e suggerimenti e perché no anche azioni.
Prima riflessione dell'anno: i social stanno perdendo colpi.
Previsione Yibu Yibu del 2020: è finita la loro epoca.
Il tema è infatti entrato nelle priorità politiche sia in USA che in EU, in quanto sono a tutti gli effetti diventati strumenti di controllo di massa e quindi soggetto di rilevanza strategica nazionale ed internazionale.
Prevedibilmente ci saranno degli spezzatini delle aziende top a causa della ormai insostenibile posizione dominante che rappresentano, andata ben oltre ad un impatto puramente commerciale. Per cui è chiaro che Facebook presto o tardi avrà lo stesso trattamento che ebbe AT&T decenni fa: verrà smembrata in diverse aziende.
Cosa simile dovrebbe accadere alla stessa Google. Così come in Cina prevedibile che Alibaba e Tencent possano subire simili trattamenti alla luce del loro strapotere attuale.
Ma tornando più specificatamente ai social, va evidenziato come questi siano di fatto invecchiati precocemente.
Divenuti ripetitivi, noiosi, banali, ora è anche sempre più diffusa l'idea che siano ormai luoghi poco raccomandabili perché veicoli di mistificazioni, falsità, false vite, falsi mondi, falsi miti, false sicurezze, false libertà, false competenze e conoscenze.
Insomma che siano un “fake world” ormai nudo.
Ma forse il vero problema è che hanno contribuito a creare quella che viene definita la società del LIKE che ha generato incredibili fenomeni ormai esondati, con parecchie polemiche, nella società civile e nelle piazze.
Fenomeni basati sulla reazione istintiva di un LIKE ma privi di contenuti o proposte concrete, realizzabili.
L'ultimo fenomeno offline nato dal Social in ordine di apparizione è quello delle Sardine. Una storia già vista con il precedente M5S che ha già dimostrato nei fatti come non basti avere il supporto del popolo dei LIKE per poter cambiare un paese.
Occorre ben altro. Occorre un diverso percorso di consenso e di gestione quotidiana nella relazione pubblico - privato, politico - elettore, società - cittadino, problema - soluzione.
I social stanno fallendo perché alla fine sono diventati “banalmente” la nuova televisione del millennio e del "lo hanno detto alla televisione".
Con l'aggravante che nessuno controlla l'autenticità di quello che viene detto e scritto sui canali social e che di fatto consentono a chiunque, senza alcuna limitazione e verifica, di avere i propri 15 minuti di celebrità per inseguire il fatidico LIKE.
Un LIKE diventato per parecchi una idea fissa, un tarlo se non addirittura una ipotesi di lavoro per il proprio futuro, un numero con cui poter pesare rapidamente il proprio successo nella società.
Qualcosa che ormai è diventato oggetto di trattati da parte di psicologi e psichiatri che considerano questa scala valoriale nata ed evolutasi nei social, qualcosa di patologico e pericoloso sia per il singolo che per la società stessa.
A questo va aggiunto che se una società finisce per essere meritocratica sulla base dei semplici LIKE compulsivi che alimentano i social attuali, questa è una società che dimostra tutta la propria povertà di proposte, valori ed identità sociale.
Ma soprattutto i social sono generatori di fenomeni dirompenti nati più di pancia che di cervello, senza mai riuscire a prevedere le reali ricadute sulla società, i rapporti tra le persone e le ripercussioni nei conflitti alcune volte addirittura a livello di nazioni.
La grande velocità con cui sono poi in grado di diffondere informazioni, da grande pregio rischia di essere il loro grande difetto, visto che impatta ormai anche su questioni che necessitano di diverse velocità per poter trovare soluzioni reali per realizzarsi, concretizzarsi.
Per esempio il consenso politico costruito usando questa dinamica, sembra aver trasformato i politici più in teatranti pirandelliani in cerca di una propria identità compatibile con i LIKE che una identità o leadership illuminata, competente da seguire.
Ma al di là dei gattini, influencers e futili azioni compulsive, i casi Facebook - Casapound o Facebook - Affari Italiani, dimostrano come si sia arrivati al capolinea.
Facebook è un servizio privato e quindi sarebbe lecito aspettarsi che sia la società a poter decidere chi può usare o meno i suoi servizi.
La causa intentata da Facebook contro una sentenza di tribunale sul caso Casapound, invece sembrerebbe attestare che sono ormai un servizio pubblico e quindi un diritto per ciascuno di poterli utilizzare.
Un problema grosso come una casa.
Il fatto che ora la giurisprudenza italiana stia per inserire il precedente di equipararli ad un servizio pubblico, genera un incredibile deadlock che necessiterà di ulteriori riflessioni.
Infatti visto l'impatto che hanno ora sulla società, i giudici fanno bene ad agire nella loro sentenza obbligando il reintegro di Casapound su Facebook.
Così come ha fatto bene Angelo Perrino di Affari Italiani a gridare alla censura dell'intervista al filosofo bannata perché conteneva riferimenti a Mussolini e il fascismo, con l’aggravante dello stop dello stesso account personale.
Due casi che dimostrano come sia inevitabile che occorra regolamentare adeguatamente il settore in merito ai diritti e doveri, essendo ad oggi una pericolosa prateria.
Internet è ormai nella sua maturità e deve quindi fare i conti con la necessità di superare la fase anarchica del suo inizio, per così diventare a tutti gli effetti asset reale ed integrato della società civile.
I social si sono già infiltrati a tutti gli effetti nella realtà di chiunque e senza dubbio rappresentano ormai un potere reale in grado di condizionare la mente, le azioni e la psicologia dei suoi utenti.
Ma se fossero equiparati ad un servizio pubblico, come fa emergere la sentenza Casapound, dovrebbero essere quindi regolamentati da una entità pubblica, sottostare a direttive di reale pubblico interesse.
Peccato però che i social non siano servizi pubblici. Sono applicazioni fatte da privati, per giunta di altri paesi, che guadagnano su quello che nello scorso decennio venivano definiti User Generated Contents: i contenuti e le informazioni generosamente offerte dai suoi utenti.
Ma non solo, a tutti gli effetti sono in grado di svolgere un’azione di censura del tutto discrezionale agli interessi, volontà della proprietà privata, usando algoritmi segreti con cui possono essere definiti la visibilità, il senso di pudore, le idee politiche, le priorità e i reali interessi della popolazione che li segue.
A cui va aggiunta la sistematica violazione della privacy del singolo e l'utilizzo spregiudicato da parte di queste aziende dei dati privati che forse con troppa leggerezza gli utenti hanno fornito.
Si fa finta di non ricordarselo, prima di essere presunti canali della libera espressione personale, sono laboratori privati nati e basati sull'utilizzo scientifico delle informazioni personali che raccolgono, sia per fini pubblicitari che per poterli trasformare in potenti strumenti con cui creare servizi vendibili a terze parti con cui condizionare i propri utenti.
Una affermazione che è la sintesi del j'accuse di uno dei fondatori stessi di Facebook che ora si dissocia dalla sua stessa creatura, ritenendola qualcosa di pericoloso per la società.
Ecco quindi le ragioni del mio ritorno al Blog. Semplicemente segno dei tempi che stanno cambiando.
I Social infatti hanno finito la fase espansiva e sono entrati in una fase regressiva tipica di un format che al di là del successo accumulato, è paradossalmente diventato vecchio e comincia a non piacere più come prima.
Qualcosa di cui si sono accorti gli stessi social tanto che il tentativo di non visualizzare il numero dei like appare infatti più una risposta disperata che un efficace rimedio.
Infatti molto del successo lo devono proprio a questo pervasivo elemento. Privati di ciò appare difficile pensare che siano utili per creare discussioni serie che non vadano oltre all’interazione schizofrenica dei pochi secondi di attenzione che caratterizza la navigazione social attuale.
Una audience, poco propensa a qualsiasi reale riflessione su ciò che vede, tanto che le analisi fanno emergere come spesso sia anche dubbia la reale comprensione di quello che viene letto da parte dell'utente (video non visti, testi non letti ....), a fronte di un sempre maggiore numero di like più di carattere compulsivo, una sorta di automatismo indotto.
I dati fanno ora emergere una crescente tendenza all'abbandono dei social.
Una tendenza interessante che suggerisce come si siano quindi riaperti i giochi per nuove forme di espressione, relazioni, interazione più sostenibili, trasparenti, credibili, rispettose della privacy e in sintesi che siano costruite attorno all'utente dall'utente stesso, in maniera autonoma e non indotta.
Il blog non è sicuramente la soluzione ma per molti sarà il ritorno ad una necessaria fase più riflessiva, più intima nei contatti e nella audience, che lontano dalla continua caccia al LIKE, sicuramente aiuterà a ridisegnare i contorni del futuro meno social centrico da realizzare, in questa ciclicità tra vecchio e nuovo che oggi è ufficialmente iniziato con l'aprirsi del nuovo decennio.

Buon anno a tutti!

venerdì 9 aprile 2010

Facebook arriverà in Cina...

Non si sono esaurite le polemiche sulla "fuga" di Google dalla Cina che già un altro campione della rete sta pensando di sbarcare in Cina: Facebook.

Il Social Network campione di navigatori al mondo, sta infatti dando segnali d'interesse per un suo fattivo ingresso sul mercato cinese, cosa che gli consentirebbe così di tornare ad visibile  sul territorio cinese.

Un'azione che evidenzia ancora una volta come neanche in America non siano più così sicuri che Google abbia agito per meri fini valoriali e di come la questione cinese non possa ogni volta venire affrontata secondo il vecchio modello dei "blocchi" contrapposti, dei buoni e dei cattivi.

Qualcosa che poteva funzionare all'epoca della guerra fredda, ma che ora, dove nel mondo digitale tutto può non essere come appare ( vedi Hackers o cybercrimini etc.), necessita di radicale cambiamento di approccio e di metodo, affinchè sia sempre preferibile un dialogo al "muro contro muro", anche perchè la rete ha tanti pregi ma un grande "difetto": annulla lo spazio e il tempo.

Sulla rete finiscono così per "toccarsi" ed entrare in contatto tra loro le diverse "velocità" dello sviluppo umano Per cui se il pregio della rete è quello di rendere immediatamente disponibile quella conoscenza che una volta necessitava di lunghi e tortuosi viaggi, per contro questo contatto diretto a prima vista solo positivo, può essere portatore di tensioni che non appartegono a quel luogo, portati dalla rete come le spore che cavalcano i diversi venti del globo.

In occidente in molti non comprendono come ciò  possa seriamente mettere sotto pressione molte aree del pianeta, tanto che la rete sta diventando lo strumento non solo per condividere la cultura, ma anche per imporre nuovi messaggi, pilotare l'opinione pubblica, favorire questa o quella idea, opinione, leadership, nazione.

Il peso che avevano prima i giornali, poi la radio ed oggi la televisione, sta diventando il vero "motore" della rete. Per cui non bisogna fare finta di nulla quando c'è chi teme che questo "canale" possa diventare  strumento di questo o quel potere.

Pensare che la rete sia "libera" era e rimane quale fatto umano una utopia, così come negare che gli Americani stiano usando questo "potere inside" della rete appare una visione miope o non comprendere che i cinesi, inzialmente sulla difensiva (vedi il grande firewall), ora stiano passando una nuova fase di una contrapposizione non più solo locale, ma globale.

Per cui se un motore di ricerca cinese o un sito made in china  avranno sempre più successo nel mondo, inevitabilmente diffonderanno anche aspetti culturali che potrebbero essere "dirompenti" nelle diverse comunità occidentali. dove attecchiranno.

E questo potrebbe essere in futuro sempre meno gradito in molte culture occidentali che si professano aperte ma che alla prove dei fatti spesso si sono dimostrate più radicali e fondamentalisti di qualsiasi professato fondamentalista.

La rete sta accelerando tutto, ma ci sono fenomeni, cambiamenti che non possono entrare nel "frullatore della rete" e che necessitano dei giusti tempi per crescere e svilupparsi al meglio.

La Cina è considerato dai suoi stessi leader un paese in via di sviluppo, uno sviluppo ancora under construction e dove solo 20% della popolazione è ad un livello di sviluppo simile al nostro.

Criticare questo stato dell'arte è altrettanto scorretto, visto che ogni anno la classe media cinese cresce del 20% e ogni anno passano dalle aree rurali alle città qualcosa come 100 milioni di cinesi (una volta e mezzo dell'Italia!!)

Quindi che Facebook stia pensando di entrare in Cina è un segnale positivo, intelligente, perchè come è detto comune "Roma non si è fatta in giorno", la Cina avrà bisogno di altri decenni per arrivare a "cambiare pelle" e diventare un paese sviluppato sotto tutti i punti di vista.

Prima di allora, pesarlo con i nostri parametri è scorretto e fuori luogo, nonostante già ora sia la seconda potenza economica mondiale, visto che le potenzialità fino ad ora espresse appratengono ancora solo alla propria prima fase dello sviluppo.

Per cui la Cina è più vicina ed aperta di quello che si vuole far credere in occidente, così come Facebook, Microsoft e tanti campioni americani hanno compreso che provocare scontri e contrapposizioni non sia la migliore strategia per un globale sviluppo in armonia. 

mercoledì 8 luglio 2009

G8: Hu Jintao preferisce rientrare in Cina!!

L’avrebbe fatto qualsiasi leader Occidentale in una situazione simile. Lo ha fatto oggi anche Hu Jintao.

Stamattina, il Presidente Cinese Hu Jintao, ha deciso di tornare in Cina, per monitorare in patria gli sviluppi della situazione nella Regione Autonoma dello Xinjiang Uygur.

La Cina sarà comunque presente agli incontri fissati per il G8 e il Presidente Hu Jintao sarà sostituito dal membro del Consiglio di Stato, Dai Bingguo.

E’ stato anche comunicato che verrà rischedulata in seguito, la prevista visita di Stato del Presidente Hu Jintao in Portogallo, programmata dopo il G8 a l’Aquila.

Per quanto riguarda il ritorno in patria del Presidente Cinese, dimostra l’attenzione che i vertici nazionali stanno ponendo sulla questione, anche perchè non appaiono del tutto convinti sul fatto che quanto accaduto, sia nato solo quale scontro etnico in seguito all’omicidio di due Uiguri nel Guandong.

Secondo i cinesi, quanto accaduto nel Guandong è infatti servito come pretesto per una mossa secessionista, preparata da tempo.

Comunque sia, il Governo locale, nei giorni scorsi non aveva mai dichiarato la etnia dei morti dei fatti di domenica scorsa.

Ma inaspettatamente, in queste ore, sarebbe in atto una sorta di contro-ribellione, questa volta della maggioranza di etnia Han, una sorta di risposta “implicita” sulla etnia a cui appartenevano i morti di domenica e che ora, sono scesi in piazza alla caccia degli Uiguri, per vendicare quanto accaduto nei giorni scorsi.

La polizia sta cercando in tutti i modi, di evitare qualsiasi tipo di contatto tra i diversi gruppi etnici e lo svolgersi di qualsiasi sommaria vendetta.

Per cercare di contenere tutto ciò, nella regione sono state quindi decretate dal Governo locale, 11 ore di coprifuoco, per consentire un ritorno alla normalità.

Ma il Governo Cinese, attraverso il portavoce degli Affari Esteri, ha sottolineato in conferenza stampa, come esistono seri elementi secondo cui, quanto accaduto nello Xinjiang, possa avere una “mente ispiratrice ed istigatrice esterna”, indicata in Rebiya Kadeer, una donna d’affari cinese di etnia Uigura, leader del World Uyghur Congress, movimento con aspirazioni separatistiche.

Rebiya Kadeer, arrestata nel 1999, era stata rilasciata nel 2005, per poter avere trattamenti medici in Usa, con la promessa di non agire contro gli interessi nazionali cinesi.

Ma in queste ore, secondo i cinesi, Rebiya Kadeer sta svolgendo un’azione di coordinamento delle attività nella regione dello Xinjiang, utilizzando Internet quale strumento per tenere i contatti sul campo.

Quale prova di questo suo coinvolgimento, il Governo locale possiede delle intercettazioni telefoniche nelle quali la Rebiya, telefonando al fratello a Urumqi, nei giorni precedenti ai fatti di domenica, quale commento a quanto accaduto nello Guangdong, affermerebbe “Qualcosa accadrà in Urumqi. Noi siamo a conoscenza che stanno accadendo molte cose!”.

Per questa ragione, nello Xinjiang, Internet è stato momentaneamente sospeso.

Una decisione che è stata comunicata attraverso una conferenza stampa, nella quale dalle autorità locali hanno spiegato le ragioni di tale azione, chiedendo la comprensione dei cittadini ed augurandosi che possa essere una misura assolutamente temporanea, comunque connessa con l’evolversi della situazione.

Connesso a questa decisione, non sorprende che in molte parti della Cina, da ieri non funzionino anche Twitter e Facebook.

La sensazione è che ai cinesi interessi evitare il perdurare degli scontri etnici, evitando soprattutto l’inizio di un’escalation, di quella che appare ormai una sorta di “occhio per occhio”, ma che viste le implicazioni religiose, connesse al fatto che gli Uiguri sono Mussulmani, possa “esporre” la Cina anche sul fronte del Terrorismo Internazionale di matrice islamica, che fino ad ora era stato abilmente tenuto lontano dai confini del paese, ma sempre temuto.

Tutto ciò sembra quindi aver consigliato il ritorno in patria di Hu Jintao, anche perché si può presumere che quanto prima, possa fare un invito pubblico televisivo, per contribuire a riportare la calma e una civile convivenza nello Xinjiang, ora fortemente compromessa dai fatti di questi giorni e che spiega anche la “durezza” con la quale i cinesi si stanno comportando nei confronti di qualsiasi “suggeritore” all’estero.

Non va infatti dimenticato che l’area dove sono scoppiati gli scontri, è una delle più povere del paese o quantomeno, non è stata del tutto toccata dal crescente benessere di cui invece vivono le aree dell’Est cinese.

Quindi l’esplosione della rabbia della maggioranza di etnia Han di queste ore, una novità, anche rispetto ai fatti accaduti in Tibet, dove la comunità Han non agì, sono una cartina di tornasole di una potenziale situazione esplosiva che va rapidamente riportata alla normalità.

Nel resto della Cina, i fatti dello Xinjiang stanno suscitando “profonda commozione”, visto che non sembra esserci alcun filtro alle notizie, immagini e video diffusi sui diversi media, ma nel contempo, nella stragrande maggioranza dei cinesi, è forte e prevalente la richiesta al Governo di riportare rapidamente l’ordine nella regione.

Una ragione di più per evitare di fornire “alibi”, soprattutto all’estero, per strumentalizzare quanto sta accadendo nello Xinjiang, sentimenti che poi finiscono per ispirare eventi altrettanto pericolosi, come quanto quello accaduto in Olanda, dove è stata presa di mira l’Ambasciata Cinese e che rischiano solo di complicare la ricomposizione della situazione nello Xinjiang o peggio di fomentare atteggiamenti xenofobi nei confronti dei cinesi.

lunedì 23 marzo 2009

Facebook (falso) mito!!

Facebook, come nel precedente post ho già fatto notare, ha creato un tale mito che le legittime azioni dei suoi gestori, compresa la possibilità di cancellare ciò che ritengono senza problemi, essendo uno spazio PRIVATO, continuano ad essere chiamate "censure" come da questo articolo su Repubblica?

Sulla base di quale diritto giuridico, viene invocata la possibilità di usare uno spazio privato a propria discrezione in totale libertà??

Che senso ha fare addirittura interrogazioni parlamentari su un tema che centra poco con le leggi che possono al più regolamentare internet, piuttosto che gli spazi che Facebook ha deciso di mettere a disposizione di chichessia?

Facebook non è Internet e quindi occorre evitare di far credere che su questo spazio privato debbano valere regole di "democrazia digitale" che poco hanno attinenza con Facebook.

Al massimo si può parlare di "caduta di stile" di Facebook ed arbitrarietà dello stesso, ma andare oltre appare del tutto fuori luogo.

venerdì 6 marzo 2009

Facebook non è Internet!!!

Leggo di molti eventi organizzati per fare promozione del digitale ed analizzare l’evoluzione dei nuovi fenomeni connessi. 

Sembra di assistere a scene già viste come lo fu nella musica con i Beatles e oggi per Internet con Facebook.

Per quanto comprensibili, le “deliranti” esaltazioni che i molti che ne parlano sembrano manifestare, sembrano essere eccessive e un pelo fuorvianti per i neofiti che così finiscono per fare una pericolosa associazione: Facebook – Internet.

Questa associazione è esattamente il contrario di quanto la stessa Internet vorrebbe essere: libera ed indipendente.

Tutto questo alla luce anche delle recenti discussioni e “rivolte” di utenti dopo la scoperta, nelle “pieghe” delle note legali di Facebook, che la proprietà dei contenuti inseriti dagli utenti diventano di proprietà di Facebook ed altre amenità che consentono in maniera arbitraria allo stesso Facebook di “spegnere o accendere” il singolo account.

Ma non solo, come al recente World Economic Forum ha dimostrato il suo fondatore, gli iscritti a Facabook rischiano di diventare protagonisti della più grande operazione di Direct Marketing della storia dell’uomo.

Tutto ciò fa apparire quindi ancora più ambiguo quando Facebook viene “trasformata” in una arena aperta alle libere discussioni, nel momento in cui è evidente che tutto, sotto gli occhi attenti del Grande Fratello Facebook, è monitorato, valutato e censurabile.

Quindi rimango molto scettico di un approccio divulgativo che fa di Facebook il suo “cavallo di battaglia”, per così poter cavalcare una “moda” del momento, ma che poi rischia effetti assolutamente inaspettati.

Caricando infatti lo stesso Facebook di qualità “terapeutiche” che non ha, si finisce per avere reazioni violente ed opposte nel momento che si “scopre” la “strumentalizzazione che c’è dietro tutto ciò.

Ne è la prova la “dismissione” di massa di molti utenti americani che hanno chiesto di esser cancellati come account, con tutti i dati ad esso connessi, proprio per evitare in futuro qualsiasi strumentalizzazione delle proprie informazioni.

Infatti è difficile comprendere come chi, di sola energia elettrica per far funzionare i server, paga al mese qualcosa come 1 Milione di dollari, possa ora essersi trasformato in un mecenate del “libero circolazione del pensiero” e della “libera socializzazione” tra le persone.

E’ evidente che qualcosa in cambio Facebook lo richiede, ed andrebbe “spiegato” che ciò è lecito che sia, essendo un’attività privata propensa al profitto, visti gli investimenti che ha attratto.

Assurde, ma connesse alle mie premesse, sono quindi le “mobilitazioni” di utenti, che pretenderebbero di fare pressione affinché, per esempio si possa continuare ad avere un Facebook libero e gratuito come ora!

Per cui arrivo al punto: sembra evidente che Facebook non sia una cosa pubblica ma un’esperienza privata di una società privata, che ha avuto il merito di emergere, divenendo icona di un passaggio storico, come lo furono APPLE, MICROSOFT, CISCO, GOOGLE e YOUTUBE. 

Ma bisogna ricordarsi che tutte queste sono aziende non sono Internet, come CISCO non è i router, o Microsoft non sono i PC, in quanto tutte loro, soprattutto le ultime, usano internet, magari in maniera più virtuosa degli altri, ma sono e rimangono SOLO imprese private.

Per cui parlare ad esempio di Politica ai tempi di Facebook, appare del tutto fuorviante, in quanto non essendo una struttura pubblica, Facebook non può in nessun modo essere messo a disposizione della Politica quale strumento per una maggiore democratizzazione ma deve rimanere SOLO uno dei tanti canali, del resto abbondantemente già usati per fare proselitismo.

Ma pensare che la politica cambierà perché Facebook rappresenta un modo nuovo di fare politica, visti i controlli e la possibilità di condizionamenti che lo strumento dispone, rischia di essere un pericoloso boomerang, perché appare chiaro che chi controllerà canali, quali quelli di Facebook, sarà in grado, meglio di altri, di condizionare le opinioni pubbliche.

Il problema, essendo soggetto privato, è che tutto ciò si potrà farlo pagando, sia spazi ad hoc, che centinaia o migliaia di “account” che abbiano l’unico scopo di far credere che l’opinione prevalente sia di un tipo od un'altra.

Tra l’altro, Facebook, essendo fatto di “sana” tecnologia, può fare tutto ciò senza dover scomodare molte persone, semplicemente programmando la piattaforma a creare decine di migliaia di “falsi utenti” e di “false discussioni” o di falsi gruppi.

Per questo occorre evitare che oggi si mitizzi ciò che domani potrebbe rivelarsi nella sua vera “faccia” o recondite ambizioni, come del resto emerso già dalle stesse dichiarazioni di Facebook, “siamo il 6° paese al mondo come numero di utenti”: un privato con interessi in questioni pubbliche!

La democrazia non può quindi passare da Facebook e nemmeno dalle tante piattaforme private che proliferano che è giusto che sia, che presenteranno sempre e solo le diverse facce delle disfide politiche.

Perché Internet non è Facebook, ma semmai Facebook è solo UNA delle molteplici facce di internet!

Bisognerebbe sempre sottolinearlo per lasciare LIBERO ARBITRIO a ciascuno di vivere la propria esperienza in rete senza condizionamenti “sopra le righe” o fuorvianti e non credere che Facebook sia la rete o peggio il “muretto” che include o esclude qualcuno.

Domani potrebbe essere troppo tardi.

venerdì 27 febbraio 2009

Brand Artificiali!

Il “passa parola”, ha trovato su Internet terreno fertile, perché attraverso i Social Network è possibile agire all’ennesima potenza, potendo così decidere il successo o l’insuccesso di un brand, di una azienda e dei suoi prodotti.

Ma esistono dei seri ma, di cui occorre tenere conto.

Quale attività umana, con in aggiunta un bel po’ di novità tecnologiche, è chiaro che se mentre avere 100.000 persone in piazza o 1.000.000 di oggetti acquistati, rappresentano di per sé un dato oggettivo, ben diverso è il “peso” di un’analisi fatta usando gli strumenti del Social Network.

Infatti, oltre all’arcinoto “lato oscuro” della rete, dove le identità sono tutt’altro che sicure e certe, appare evidente che la strumentalizzazione dei risultati, sia decisamente più semplice ed assolutamente possibile.

Quindi il servizio BuzzMetrics, che sarà lanciato dalla Nielsen, così come altre rilevazioni simili, oltre ad un’interessante spaccato dei blog e dei social network, non potranno rappresentare altro.

La ragione sta proprio nell’oggetto analizzato: i blogs.

Se si osserva a fondo il fenomeno, si comprende infatti come spesso i blog, rappresentino un mondo a parte, gruppi che sarebbe meglio definire, “branchi” che si sincronizzano e lanciano in contemporanea messaggi in modo da condizionare molti dei propri lettori che sulla rete hanno traslato l’approccio televisivo: “lo ha detto la tv”, sostituito con il moderno, “ lo hanno detto alcuni blogs”.

E’ una sorta di potenziometro, che consente anche a gruppi molto piccoli di avere grandi, enormi ritorni d’immagine, anche in presenza di risibili numeri in termini di contatti ed oggettivo interesse reale. 

Per quanto si creda che il mondo sarà sempre più interattivo, appare evidente che ora e ancora per molto tempo, la rete rappresenterà un mondo decisamene a parte, parallelo al mondo reale, ancora profondamente analogico.

Per esempio in Cina, più di un 1 miliardo di persone non usano la rete, eppure questa è già la più grande economia del mondo ed è totalmente analogica!

Ma questo non è colpa di nessuno, l’uomo è prima di tutto un “animale” analogico, fatto di sensazioni fisiche e corporee. Non stupisce quindi che sulle cose veramente importanti, la rete perda il suo “appeal”, per essere sostituita dai “tradizionali” sistemi di comunicazione: parola, vista, tatto.

Questo aspetto risulta importante, altrimenti si rischia di “credere” che il mondo sia tutto qua, quando la realtà è da tutt’altra parte o peggio si finisca per soffrire di un pericoloso “autismo da social network”, dove il proprio mondo è SOLO quello rappresentato dalla rete. Qualcosa che già molti studiosi cominciano a sottolineare essere un rischio reale.

Per quanto riguarda poi la politica, se prendiamo il caso Obama, in molti pensano che sia stata una vittoria della rete. Analizzando però a fondo quali strumenti ha realmente usato, si nota come la rete è stato solo uno strumento di controllo e coordinamento di una sterminato “passa parola” fatto di persone reali e comitati locali “analogici” di persone in carne e ossa e strette di mano.

La raccolta del denaro è stato infatti frutto del “porta a porta” di queste migliaia di formichine.

Per quanto riguarda la politica italiana la situazione non è molto diversa, tanto che le ultime elezioni o le crisi di alcuni dei partiti, come quella del PD, sono state imputate anche ad essere stati “troppo Digitali”, finendo per chiudere molte sedi sul territorio per gli incontri reali, facendo posto ad un “partito digitale” che alle ultime elezioni in Sardegna, con tanto di Soru, re del digitale italiano, ha portato a casa solo una sonora sconfitta, da un signore TV / Analogico come Berlusconi.

Il problema è che ora stanno nascendo servizi a pagamento, connessi direttamente o meno alla analisi dei contenuti dei blog e dei social network

Esiste un rischio: tanto più questa nuova economia del Social Network crescerà, tanto più i blog stessi e molto degli stessi account dei diversi Facebook, rischieranno di trasformarsi in Redazionali a Pagamento o articoli che intendono alimentare idee, prodotti, consumi, giudizi, pareri, con lo scopo di condizionare a fini commerciali chi cerca risposte ai propri problemi o necessità, usando questo o quel motore di ricerca.

Non a caso molte delle attività Social di Politici ed Aziende sono già di questo tipo, visto che usano Facebook come uno strumento di promozione, ben diversamente da quanto immaginato dal suo fondatore, quale momento d’incontro tra persone che si conoscono ( i famosi “amici”).

Questo spiega anche un fenomeno in contro tendenza, quello cinese, dove Facebook non sta conquistando il più grande mercato internet del pianeta, visto che usano ben altri strumenti di “passa parola” e di relazione diretta, soprattutto a colpi di Instant Messaging (MSN, ICQ , QQ .etc…) piuttosto che buttare la propria identità in pasto a non ben chiari spazi aperti, quali quelli di Facebook.

Quanto detto, rende evidente come sia quindi molto difficile credere alla validità di un sistema di giudizio che non è in grado di garantire l’autenticità del giudizio espresso e soprattutto la non strumentalizzazione dello stesso.

Tecnicamente poi non è difficile creare un sistema, anche importante per esempio di qualche migliaio di blog, che consenta la creazione di un sistema di “ripetitori” di contenuti ed idee, in grado di simulare e offrire uno spaccato del tutto inattendibile sui reali interessi.

Basta pagare!

Tra l’altro ci si espone ad un possibile aspetto paradossale: i ricatti da social network, dove si può scatenare la propria rete di contatti su un tema o contro qualcuno che non si è gradito.

Il sottoscritto ne sa qualcosa, quando ha avuto modo di scrivere su Grillo ed esporre contenuti non graditi alla sua comunità di migliaia di blogger.

Chi ci dice che, come oggi ci sono società che comprano domini internet per poi rivenderli ai brand che intendono utilizzarli, lucrando sul valore dell’identità digitale, domani potranno esistere blogger che “sparleranno” di questo o quel brand, confidando di ricevere un compenso (riscatto), affinché non si tocchi questo o quel marchio??

In fondo dietro ogni computer e in ogni account di social network si “nasconde” sempre un uomo in carne ed ossa, con i suoi pregi e difetti

Non è quindi da colpevolizzare la natura della rete, solamente un’artificiale estensione umana, ma solo la natura umana che può trovare sulla rete nuovi e più vasti spazi per esprimere il proprio lato buono o cattivo.

Social network compresi!