G8: Hu Jintao preferisce rientrare in Cina!!
L’avrebbe fatto qualsiasi leader Occidentale in una situazione simile. Lo ha fatto oggi anche Hu Jintao.
Stamattina, il Presidente Cinese Hu Jintao, ha deciso di tornare in Cina, per monitorare in patria gli sviluppi della situazione nella Regione Autonoma dello Xinjiang Uygur.
La Cina sarà comunque presente agli incontri fissati per il G8 e il Presidente Hu Jintao sarà sostituito dal membro del Consiglio di Stato, Dai Bingguo.
E’ stato anche comunicato che verrà rischedulata in seguito, la prevista visita di Stato del Presidente Hu Jintao in Portogallo, programmata dopo il G8 a l’Aquila.
Per quanto riguarda il ritorno in patria del Presidente Cinese, dimostra l’attenzione che i vertici nazionali stanno ponendo sulla questione, anche perchè non appaiono del tutto convinti sul fatto che quanto accaduto, sia nato solo quale scontro etnico in seguito all’omicidio di due Uiguri nel Guandong.
Secondo i cinesi, quanto accaduto nel Guandong è infatti servito come pretesto per una mossa secessionista, preparata da tempo.
Comunque sia, il Governo locale, nei giorni scorsi non aveva mai dichiarato la etnia dei morti dei fatti di domenica scorsa.
Ma inaspettatamente, in queste ore, sarebbe in atto una sorta di contro-ribellione, questa volta della maggioranza di etnia Han, una sorta di risposta “implicita” sulla etnia a cui appartenevano i morti di domenica e che ora, sono scesi in piazza alla caccia degli Uiguri, per vendicare quanto accaduto nei giorni scorsi.
La polizia sta cercando in tutti i modi, di evitare qualsiasi tipo di contatto tra i diversi gruppi etnici e lo svolgersi di qualsiasi sommaria vendetta.
Per cercare di contenere tutto ciò, nella regione sono state quindi decretate dal Governo locale, 11 ore di coprifuoco, per consentire un ritorno alla normalità.
Ma il Governo Cinese, attraverso il portavoce degli Affari Esteri, ha sottolineato in conferenza stampa, come esistono seri elementi secondo cui, quanto accaduto nello Xinjiang, possa avere una “mente ispiratrice ed istigatrice esterna”, indicata in Rebiya Kadeer, una donna d’affari cinese di etnia Uigura, leader del World Uyghur Congress, movimento con aspirazioni separatistiche.
Rebiya Kadeer, arrestata nel 1999, era stata rilasciata nel 2005, per poter avere trattamenti medici in Usa, con la promessa di non agire contro gli interessi nazionali cinesi.
Ma in queste ore, secondo i cinesi, Rebiya Kadeer sta svolgendo un’azione di coordinamento delle attività nella regione dello Xinjiang, utilizzando Internet quale strumento per tenere i contatti sul campo.
Quale prova di questo suo coinvolgimento, il Governo locale possiede delle intercettazioni telefoniche nelle quali la Rebiya, telefonando al fratello a Urumqi, nei giorni precedenti ai fatti di domenica, quale commento a quanto accaduto nello Guangdong, affermerebbe “Qualcosa accadrà in Urumqi. Noi siamo a conoscenza che stanno accadendo molte cose!”.
Per questa ragione, nello Xinjiang, Internet è stato momentaneamente sospeso.
Una decisione che è stata comunicata attraverso una conferenza stampa, nella quale dalle autorità locali hanno spiegato le ragioni di tale azione, chiedendo la comprensione dei cittadini ed augurandosi che possa essere una misura assolutamente temporanea, comunque connessa con l’evolversi della situazione.
Connesso a questa decisione, non sorprende che in molte parti della Cina, da ieri non funzionino anche Twitter e Facebook.
La sensazione è che ai cinesi interessi evitare il perdurare degli scontri etnici, evitando soprattutto l’inizio di un’escalation, di quella che appare ormai una sorta di “occhio per occhio”, ma che viste le implicazioni religiose, connesse al fatto che gli Uiguri sono Mussulmani, possa “esporre” la Cina anche sul fronte del Terrorismo Internazionale di matrice islamica, che fino ad ora era stato abilmente tenuto lontano dai confini del paese, ma sempre temuto.
Tutto ciò sembra quindi aver consigliato il ritorno in patria di Hu Jintao, anche perché si può presumere che quanto prima, possa fare un invito pubblico televisivo, per contribuire a riportare la calma e una civile convivenza nello Xinjiang, ora fortemente compromessa dai fatti di questi giorni e che spiega anche la “durezza” con la quale i cinesi si stanno comportando nei confronti di qualsiasi “suggeritore” all’estero.
Non va infatti dimenticato che l’area dove sono scoppiati gli scontri, è una delle più povere del paese o quantomeno, non è stata del tutto toccata dal crescente benessere di cui invece vivono le aree dell’Est cinese.
Quindi l’esplosione della rabbia della maggioranza di etnia Han di queste ore, una novità, anche rispetto ai fatti accaduti in Tibet, dove la comunità Han non agì, sono una cartina di tornasole di una potenziale situazione esplosiva che va rapidamente riportata alla normalità.
Nel resto della Cina, i fatti dello Xinjiang stanno suscitando “profonda commozione”, visto che non sembra esserci alcun filtro alle notizie, immagini e video diffusi sui diversi media, ma nel contempo, nella stragrande maggioranza dei cinesi, è forte e prevalente la richiesta al Governo di riportare rapidamente l’ordine nella regione.
Una ragione di più per evitare di fornire “alibi”, soprattutto all’estero, per strumentalizzare quanto sta accadendo nello Xinjiang, sentimenti che poi finiscono per ispirare eventi altrettanto pericolosi, come quanto quello accaduto in Olanda, dove è stata presa di mira l’Ambasciata Cinese e che rischiano solo di complicare la ricomposizione della situazione nello Xinjiang o peggio di fomentare atteggiamenti xenofobi nei confronti dei cinesi.