martedì 15 dicembre 2009

E ora torni la “politica delle idee”

L’attentato a Berlusconi è il punto più basso di una degenerazione che, giorno dopo giorno, sembra essere diventata la vera Pandemia nazionale.

Non credo che il gesto possa essere considerato “isolato” in senso letterale, visto che la storia insegna come gli esecutori materiali di atti anche peggiori, spesso agiscono sospinti dal convincimento di essere il braccio di una giusta causa, spesso delineata, suggerita da altri dietro le quinte.

Speriamo almeno che il gesto di questo “presunto” psicolabile, sia servito a tutti, politici e semplici cittadini, per riprendere il “senno perduto” e smetterla una volta per tutte, con i “giochi e i giochini”, così come voler inseguire presunte “trame occulte” che nei decenni hanno portato solo tante disgrazie per il paese.

Speriamo quindi che da una ritrovata ragionevolezza di tutti, sia anche la rinascita della “politica delle idee”, un agire “alto” e non becero come quello di questi mesi, fatto nel pieno e solo interesse del paese e dei suoi valori fondanti, che in una competizione e società democratica, vinti e vincitori sono tenuti a rispettare senza “se e senza ma”.

L’alternativa a tutto ciò non esiste, o meglio è un “terno all’otto” che può solo farci tornare indietro nei decenni, in una contrapposizione che vedrebbe solo nella eliminazione fisica del proprio avversario il proprio obbiettivo.

Una guerra, che trasformerebbe i pensieri, le parole, i pregiudizi in atti e fatti, che privati di alcuna riflessione, finirebbero solo per essere simili alle “clave” usate dai nostri antenati, ben lungi dallo “spessore” di un popolo come il nostro che ha insegnato a tutto il mondo le regole base per costruire una società civile.

I problemi del paese sono tanti, così come le incomprensioni, i dubbi, le incertezze e le contrapposizioni democratiche, in termini di obbiettivi sul come gestire il bene comune del paese.

Non vanno però ascoltate le “sirene” e nemmeno le cassandre, che suggeriscono possibili “scorciatoie”, così che nel pieno rispetto delle leggi e del vivere civile, si possa proseguire a navigare nella modernità che avanza, senza fare affondare la barca, perché i marinai e i passeggeri se le stanno dando di “santa ragione”.

Bisogna sempre ricordarsi come, una volta fatto il “buco nello scafo”, esiste solo il “si salvi chi può”, che stile Titanic finirebbe per essere uno scenario “senza ritorno” che va assolutamente evitato.

Bisogna anche cercare di vincere la storica indole italiana, quella che nel passato ci ha contraddistinto per i famosi “gesti isolati” ed anarchici, del tutto insufficienti di fronte alla necessità di dover essere una squadra, l’unico modo affinché il paese possa navigare sicuro nei marosi della storia.

Per cui i distinguo di qualcuno di queste ore, oltre ad esser alquanto pericolosi per i futuri “emuli”, appaiono anche del tutto inutili quali contributi per rimettere in moto la macchina della “contrapposizione sulle idee”, non più basata sui “pregiudizi”, un approccio che invece sembra di questi tempi, animare le discussioni sia tra i politici, ma ormai anche tra i semplici cittadini.

Replicare nelle questioni di Governo, il modello degli Ultras e del continuo confronto tra “tifosi”, caro al calcio quale guerra ritualizzata, non può essere il metodo con il quale sperare di trovare soluzioni valide alle problematiche che il paese necessita di risolvere.

Altrimenti, meglio sarebbe tornare al vecchio metodo degli “Orazi e Curiazi” usato dai nostri progenitori, qualcosa che però sarebbe la sconfitta dei quasi 2.000 anni di quella che ancora noi vorremmo chiamare “Società Civile”.

Detto questo, Auguri Presidente Berlusconi, spero di vederla presto di nuovo in perfetta forma con la tempra di sempre, sperando che questo “increscioso incidente”, possa presto essere solo un brutto ricordo, condiviso da tutto il paese, l’inizio del rifiorire di un nuovo contagioso “metodo italiano”, esportabile in tutto il pianeta.

domenica 6 dicembre 2009

Lotta alla Mafia (Italiana) e Berlusconi... sui canali cinesi (Come ci vedono all'estero)

Sui media cinesi la notizia dei blitz che hanno portato all'arresto di Nicchi e Fidanzati viene data anche nei titoli di testa.

Curiosamente, sempre negli stessi titoli di testa e poi in maniera estesa nel pezzo, si citano lungamente le rivelazioni sulle presunte connessioni con la Mafia di Berlusconi.

Curioso quanto successo al titolo dato al video

6 Dicembre 2009
Premier Berlusconi accusato di presunte connessioni con la Mafia, successivamente modificato nel più corretto "...arrestati 2 latitanti del secondo livello"

Il servizio parte parlando dei blitz, ma il seguito è tutto centrato sulle rivelazioni durante il processo Dell'Utri e la manifestazione No-Berlusconi di ieri.


Per un italiano fa molto "piacere" vedere tutto ciò, all'ora di cena e soprattutto quale "unica" notizia da un pò di tempo dal Belpaese!

ps. Per i cinesi o meglio sulle fonti in cinese l'origine della parola MAFIA sarebbe l'acronimo di "Morto Alla Francia, Italia Anela”

Ps.(2) per i curiosi di Mafia (anche internazionale)esiste il mitico: MAFIA NEWS

lunedì 30 novembre 2009

La Cina ai piedi dei golfisti azzurri: Molinari sul tetto del mondo

Un Remake del 2006? Tutt’altro: in Cina, vicendo la World Cup svoltasi al Mission Hills Golf Club di Shenzhen in Cina, il Golf Italiano è salito per la prima volta nella sua storia, sul tetto del mondo. Grazie ai fratelli Molinari (Francesco ed Edoardo), l’Italia ora potrà rappresentare un punto di riferimento per il movimento golfistico cinese, in quello che sta diventando lo scenario più dinamico al mondo.

Ma tornando alle “gesta” dei nostri campioni, chiudendo il torneo con uno score di 259 colpi, sotto di 29 rispetto al par, hanno preceduto di una sola lunghezza gli Irlandesi guidati da McIlory, e gli svedesi per lungo tempo in vetta al torneo, compiendo l’impresa, mai riuscita prima a nessun team italiano. Una gara all’inseguimento, iniziata nel 4° giro con una Svezia davanti a tutti e l’Italia sotto di un colpo rispetto l’Irlanda, diventati 4 dopo la settima buca.

Ma è proprio in quel momento che qualcosa è cambiato nella prestazione dei fratelli Molinari che hanno iniziato un recupero strepitoso, caratterizzato dai birdie alla nona ed undicesima buca, per finire con il decisivo putt alla dodicesima realizzato da Francesco Molinari, l’ennesimo birdie che ha portato gli Italiani in vetta alla classifica. Da quel momento i fratelli d’Italia si sono dovuti difendere dai ritorni degli Irlandesi e Svedesi, rischiando alla diciottesima buca (par4) di rovinare tutto: nel suo approccio, incredibilmente, Edoardo Molinari infatti è finito nel bunker.

molinari
Francesco Molinari ed Edoardo Molinari
Ancora una volta, un’ispirato Francesco, toglie però le “castagne dal fuoco” al Team Italiano, riuscendo ad uscire benissimo dalla sabbia, permettendo così al fratello Edoardo, di prendersi la rivincita con il putt decisivo, a cui sono seguiti i salti di gioia per l’incredulità di quanto realizzato, in questa storica giornata per il Golf Italiano. Un successo importante per il team italiano che vale loro un premio di 875.000 dollari a testa.

Sicuramente qualcosa che ci farà entrare nel “cuore” dei neofiti golfisti cinesi, trascinati dall’inusuale “danza della vittoria” che il Team italiano ha messo in scena, dopo il colpo decisivo, in un calore che ci rende così diversi dai “freddi” anglosassoni e così vicini ai cinesi, in quello che è sembrato più essere il gol decisivo ad un campionato del mondo di calcio. Quelli del 2006 che tutti gli appassionati cinesi di sport hanno vissuto nelle lunghe nottate di quei giorni e che ci ha reso così famosi che molti cinesi, orgogliosamente, sfoggiano la nostra maglia della nazionale in giro nelle principali città cinesi. Da ieri questa impresa, inaspettatamente, ci farà sicuramente entrare anche nei molto esclusivi Golf Club cinesi.

Sicuramente ci aiuterà anche ad attrarre sempre più giocatori cinesi che vorranno calcare i terreni dove i fratelli Molinari si allenano, per cercare così di carpirne i segreti, in vista della prossima edizione della World Cup. Nell’attesa di questo evento, gustatevi gli ultimi istanti vincenti degli italiani (con commento rigorosamente cinese) e dell’impresa storica del Golf Italiano. Video fasi finali

sabato 28 novembre 2009

Food in Cina: l’Italia c’è!!

Guidata sul campo da Maurizio Forte dell’ICE di Shanghai ed ispirata dallo spirito di Matteo Ricci, “l’Italiano più amato dai cinesi”, l’Italia del Food risponde alla crisi mondiale con una presenza con la P maiuscola all’FHC 2009 di Shanghai, la fiera del Food ed Hospitality. Come del resto affermato dallo stesso Forte, “il 2009 è stato un anno di sofferenza e transizione, ma dai primi segnali che riceviamo, sembra proprio che il 2010 sarà ben diverso e caratterizzato da una decisa inversione di tendenza per il prodotto agro-alimentare Made in Italy in Cina”.

Tra l’altro Forte sottolinea come, “l’EXPO di Shanghai 2010 ci vedrà protagonisti. Infatti lo stile e il gusto italiano potrà essere apprezzato non solo nel ristorante del padiglione nazionale, ma anche nei tre ristoranti che hanno vinto le rispettive gare per l’utilizzo dei 150.000 metri quadri di aree comuni e che così consentiranno alle decine di milioni di visitatori, di fare “un salto in Italia” nella loro visita tra un padiglione nazionale e l’altro”.

Ma tornando alla presenza italiana alla FHC 2009, nei circa 1000 mq. del padiglione comune, di grande rilievo da segnalare la scelta logistica, di fatto all’ingresso della fiera, elemento che così ha obbligato tutte le migliaia di visitatori a dover prima passare a far una visita alle aziende tricolori e poi entrare un contatto con il resto del mondo. Una posizione in linea con il prestigio connesso, visto che numeri alla mano, il mercato del food italiano è il 4° al mondo, ma indubbiamente il 1° per quanto riguarda l’indiscutibile apprezzamento che lo contraddistingue e il continuo tentativo di “copiarlo” all’estero.


Regione Lombardia

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Proprio per poter aiutare ad imparare come “diffidare dalla imitazioni”, l’azione del padiglione italiano è stata quindi focalizzata nell’insegnare, dimostrare e far entrare in contatto i cinesi e i professionisti in visita, con il vero gusto Italiano. Ciò attraverso una continua serie di dimostrazioni e sessioni, che anche attraverso il supporto delle diverse aziende espositrici, lasciando da parte i luoghi comuni, ha offerto in presa diretta le basi necessarie per poter apprezzare a fondo l’esperienza del “mangiare italiano”.

Il mercato cinese è comunque ancora tutto da creare, perché di fatto il gusto a tavola dei cinesi è in continua mutazione ed evoluzione. Per cui occorre, con tanta sana pazienza, far vivere loro l’emozione del mangiare italiano, affiancandoli, in quella che per molti di loro è una vera e propria “cerimonia d’iniziazione”. Quindi la presenza italiana in questi giorni, sta svolgendo la propria funzione di catechesi al gusto italiano, con un’area attrezzata più che doppia rispetto all’anno scorso.

Dietro la presenza istituzionale che fa da driver, esistono comunque le presenze Regionali e d’impresa che raccontano tutte storie di una evidente rinvigorita volontà di voler portare il Made in Italy sul più grande mercato al mondo, quale e quello della Cina. Parlando con i diversi operatori presenti, emerge la coscienza delle non poche difficoltà esistenti per conquistare il mercato cinese, soprattutto per quelle imprese che per le loro dimensioni, fanno fatica ad imporre il proprio discorso di qualità, di fronte all’agguerrita concorrenza dei gruppi alimentari Francesi ed Americani, fatti di grandi imprese e sperimentate multinazionali, che oltre tutto possono sfruttare la leva delle proprie reti distributive esistenti in Cina, come nel caso dei Francesi con la propria Carrefour.

Gli italiani non hanno nulla di tutto questo e con il “coltello tra i denti”, sono costretti come i salmoni, a dover risalire il fiume, giocando su terreni spesso impervi, dovendo per prima cosa sconfiggere l’ingenerosa, ma da queste parti normale, competizione basata sul prezzo, più che sulla qualità. Questo scenario rende tutto più difficile alla singola azienda, che sicuramente necessita di un gioco di squadra e di sistema, che consenta di mettere a fattor comune i punti di forza dei nostri prodotti e che nel contempo minimizzi il problema dei costi e della trattativa con i sistemi distributivi cinesi.

Quindi i sistemi territoriali presenti alla FHC 2009, come concentrato delle eccellenze locali dei diversi territori italiani, in un confronto diretto tra Puglia, Marche, Sicilia, Sardegna, Toscana e Lombardia, si sono trovati così gli uni vicini agli altri, “armati” dei propri prodotti, nel comune obbiettivo di trasferire l’esperienza Italiana fatta di sapori e piaceri e di una qualità a tavola, numero uno nel mondo.

Continuando il dialogo con gli espositori, emergono alcune storie esemplari e spunti interessanti. Per cui parlando con Silvia Molinas della Camera di Commercio di Firenze, emerge come la Toscana intenda “riempire” i propri prodotti anche della storia del territorio da cui provengono, concentrandosi sul trasferimento, prima di tutto, delle competenze che stanno dietro ai prodotti,  necessarie per poter comprendere il prodotto e la qualità che contiene, conoscenze che in Cina sono del tutto inesistenti. Chi meglio degli inventori della bruschetta può quindi far comprendere ai cinesi il valore dell’uso dell’olio a freddo, che non appartiene alla storia e cucina cinese, che come affermato dalla Molinas “dopo una prima diffidenza, finiscono per apprezzare moltissimo”.

Auspicandosi un sempre maggiore gioco di squadra che vada “oltre i particolarismi” ragionali è anche l’elemento caratterizzante della significativa presenza Siciliana, una terra ricca di prodotti, letteralmente sconosciuti ai cinesi. Sicilia che può diventare anche un’interessante destinazione turistica, fino ad ora lasciata fuori dalle rotte del turismo cinese, ma che meriterebbe una sua riscoperta e il suo inserimento nei pacchetti dei Tour Operators cinesi, che fino ad ora considerano solo Roma, Milano, Venezia con una puntata a sud fino a Napoli, per visitare Pompei. Guidata da Enzo Milisenna, lo stand siciliano ha inteso esaltare i colori della terra e delle tradizioni, ma si è caratterizzato anche dalla volontà di entrare in un contatto profondo, attraverso un team misto che potesse tradurre al visitatore cinese il “dietro alle quinte” dei sapori di una terra speciale come quella siciliana, intraducibili con le sole parole occidentali.


Anche la Sardegna ha avuto una presenza importante al FHC 2009, introducendo un territorio che per i cinesi appare ancora misterioso, vista la sua distanza dal classico modello italiano fatto di pasta - pizza e caratterizzato da gusti spesso ben più forti che in altre parti d’Italia. Oltrettutto l’isola sta puntando ad intercettare un turismo cinese di tipo marinaro, più che da spiaggia, qualcosa che in Cina è ancora agli inizi ma in grande crescita, visto il crescente numero delle marine nel paese, opportunità che però deve fare i conti con i retaggi culturali, tanto che ancora oggi per le donne cinesi, prendere la tintarella, è considerato segnale di povertà e basso lignaggio. Vallo a dire a quelli della Costa Smeralda!.

Ma è soprattutto da un ripensamento e riposizionamento dei marchi storici italiani, divenuti negli anni multinazionali di primissimo piano sui mercati occidentali, che può passare la conquista del gusto cinese. Per esempio, alla ormai consolidata presenza di marchi come acqua San Pellegrino che a livello mondiale è riuscita a costruirsi un “marchio di bontà”, ora altri marchi storici stanno cercando il proprio spazio sul mercato cinese.

Addirittura per la Negroni, la Cina sembra “scritta” nel proprio marchio, riportando alla mente lo storico Jingle che lo ha caratterizzato negli anno 80, che visto alla luce delle stelle presenti nella bandiera cinese, sembra quasi un segno del destino.

Ma dietro i marchi, i cinesi in questi giorni stanno anche scoprendo che gli italiani non distribuiscono ciò che madre terra offre loro, ripetendo da centinaia d’anni le medesime procedure, ma che in una continua evoluzione, hanno saputo trasformare in tecnologia la competenza accumulata. Esemplare è proprio il caso della Negroni che può spiegare il profondo Gap che ancora esiste tra l’industria alimentare cinese e la nostra, visto che ancora oggi ai loro occhi appare incredibile che un prosciutto possa avere tempi così lunghi di conservazione, senza che sia necessario aggiungere alcun surrogato chimico e che come detto da Fausto Vecchi della Negroni “sia fatto solo di carne di maiale e sale di mare”. Qualcosa che ai cinesi colpisce e li lascia increduli, un problema di tecnologie, che non consente ai prosciutti “Made in China” di essere mangiati a freddo ma devono essere prima cotti, nelle zuppe o in qualsiasi altro modo.

Per cui esiste il problema di trasmettere la competenza, affinché sappiano comprendere come la differenza tra qualcosa chiamato caffé e un “buon caffè”, non lo fa il network di negozi che te lo vende, ma una miscela sapiente di aromi che sono poi in grado di creare, se opportunamente preparati, l’esperienza comunemente nota di caffé espresso o caffé italiano. Parlando infatti con alcuni dei produttori di caffé presenti al FHC 209 come Massimo Remonti della omonima azienda lombarda, non hanno nascosto la delusione di sentirsi “pesati non per la unicità delle nostre miscele innovative ma per il prezzo, considerato troppo alto se comparato con le altre offerte sul mercato, spesso fatte però con miscele di bassa qualità”.

Per comprendere il problema che sta assillando le aziende italiane, è un po’ come stimare il prezzo di un lingotto d’oro, dove la percentuale d’oro decreta il prezzo giusto sulla base di una quotazione universalmente riconosciuta. Bene il caffé, come un lingotto d’oro subisce variazioni di prezzo a seconda della sua diversa miscela ed è evidentemente del tutto fuori luogo il confrontato con chi spesso si limita a “placcare d’oro” il proprio lingotto. L’attuale incapacità cinese di saper comprendere se si è in presenza di un lingotto realmente d’oro o di uno semplicemente placcato, crea non pochi problemi agli italiani e una difficoltà nel dialogo con i propri interlocutori cinesi, che si limitano a trattare il prodotto solo come una questione di prezzo, come se tutti i prodotti fossero tra loro gli stessi.

In questo scenario, emerge però un elemento interessante che potrebbe caratterizzare la prossima fase della presenza dell’industria agro-alimentare italiana in Cina: la produzione in loco. A questa affermazione ed idea, molti “puristi” nostrani rimangono letteralmente scandalizzati, ritenendola una ipotesi irrealizzabile, pura eresia. Bene, l’FHC 2009 sembra dimostrare proprio il contrario, come nel caso di Masciulli Domenico che ha deciso di trasferire la propria decennale competenza nel produrre formaggi all’industria cinese, affiancando una azienda del nord della Cina che produceva latte, creando una prima esperienza di industria casearia Made in Italy, direttamente in Cina. Alla domanda se ci siano differenze tra il prodotto puro italiano e quello fatto qua in Cina, Masciulli, dopo un sorriso, ammette: “sicuramente a causa dell’acqua, molto più dura della nostra e l’ambiente diverso, il gusto finale è leggermente diverso”. “Ma onestamente è una questione marginale, tanto che la caciotta o la mozzarella come gli altri nostri prodotti, quando anche i professionisti del settore gli assaggiano, stentano poi a credere che siano prodotti qua in Cina”. Ed infatti “tra i nostri clienti ci sono parecchi ristoranti italiani, così come hotel a 5 stelle internazionali” che apprezzano il fatto di avere un prodotto che mantiene tutte le caratteristiche di un prodotto artigianale italiano, disponibile secondo le regole di un mercato cinese, “molto diverso dal nostro,” continua Masciulli, “con esigenze spesso incompatibili per le strutture e le capacità industriali delle aziende italiane”.

Quanto fatto da Masciulli nel caseario, sembra essere la strada di una risposta concreta, un messaggio anche per le altre aziende italiane, ad avere il coraggio di fare scelte che consentano non solo di arrivare sul mercato cinese, ma di garantirsi di restarvi anche in futuro, per non rimanere schiacciati dalla competizione portata in Cina dalle industrie internazionali, come i francesi.

Emblematico quanto accaduto con il vino, dove anni fa i francesi hanno addirittura finito per passare la tecnologia per produrlo ad una Join Venture mista Sino – Francese, che ora di fatto fa la parte del leone sul mercato interno, scalzando anche molte delle produzioni francesi, obbligandoli così a concentrarsi sul medio alto livello.

E’ una riflessione che a voce alta ha fatto nella nostra chiacchierata anche Fausto Vecchi della Negroni, una strada ed una sfida, quella di venire a produrre in Cina, da una parte intrigante ma dall’altra piena d’incognite, visto che “nel nostro caso, necessiterebbe di “riscrivere” il futuro della nostra azienda, fatto di un passato partito dalla capacità di creare mangimi di alto livello per i nostri maiali, che poi si evoluto nel saperli macellare meglio degli altri e che solo dopo, quasi fosse stato un incidente di percorso, ci ha portato a produrre salumi”, gli stessi per cui ora è famosa in Europa e in America e che la rendono una delle eccellenze italiane.

Ma questo è un fatto ed una scelta che appare inevitabile, perché in assenza di un approccio diretto ci si ritroverà come già gli Usa ci stanno insegnando, dove solo il 20% dei prodotti “Italians Like” sono realmente provenienti dall’Italia. Ben l’80% di ciò che sulle tavole americane è venduto come italiano è infatti prodotto in America, con nuovi marchi di proprietà non italiana che magari, solo sommariamente, utilizzano le procedure e gli ingredienti italiani, offrendo prodotti che sono simili a quelli italiani solo nel nome. Un esempio palpabile già ora lo abbiamo in tutte le principali catene di Pizza presenti in Cina (e nel mondo), che di fatto non usano ingredienti italiani, a partire dalla mozzarella come da noi considerata tale. Qua in Cina quella che loro chiamano mozzarella, oltre ad essere prodotta in Nuova Zelanda, si presenta con un colore giallognolo da formaggio fuso a quadretti, ben diverso dal candido bianco e gusto della vera mozzarella che da noi tutte le pizzerie usano e che fanno l’unicità anche di una semplice margherita sia a Milano che a Napoli.

La questione è da considerare seriamente, visto che poi, quando i Cinesi arrivano in Italia e vogliono finalmente provare la vera pizza italiana, finiscono per rimanerne delusi, visto che non ha nulla in comune con l’esperienza provata in Cina, tante sono le differenze negli ingredienti e nei metodi di preparazione.

Poi arrivano i casi limite come quello Australiano, dove il Parmesan, la copia del nostro Parmigiano, in assenza di una presenza italiana, ha finito per crearsi nel tempo una solida credibilità locale, tanto che in una pubblicità televisiva era arrivata addirittura ad affermare “diffidate dalle imitazioni!!”. Paradossalmente, per gli australiani un autentico “Parmigiano Reggiano”, da noi addirittura strumento finanziario alla base della Banca del Parmigiano, è ora considerabile copia del loro Parmesan, una situazione incredibile, che però si sta rischiando su una scala ancora più ampia qua in Cina.

Gli esempi si sprecano, come nel caso del vino, dove esistono sul mercato cinesi produzioni industriali che poco hanno a spartire con il vino prodotto come tale. Ma come nel caso del caffé, anche in questo caso il prodotto è affrontato e gestito solo sulla base del prezzo e non sulle capacità di saperne riconoscere la qualità reale, che inevitabilmente si ripercuote sul prezzo e che finisce spesso per mettere fuori mercato il prodotto italiano.

Quindi al FHC 2009 il messaggio lanciato dalla presenza italiana sembra essere riassumibile in: “alfabetizzare per competere” (e vincere).Un’azione sul campo fatta con atti di persuasione, per cercare non solo di trasmettere i nostri brands e prodotti italiani, ma soprattutto la profonda conoscenza del “dietro le quinte” della storia che ogni nostro prodotto contiene e la cultura che trasmette.

Qualcosa che una volta spiegato bene ai cinesi, li appassiona, perché apre loro un mondo completamente nuovo, di quello che noi chiamiamo Slow Food, prima di tutto uno stile di vita oltretutto in grado di avere effetti positivi sulla salute di chi lo segue, qualcosa a cui gli stessi cinesi sono attentissimi, tanto che anche per i loro prodotti, prima di tutto vengono valutati gli effetti alla salute che il loro gusto.

Nella nostra dieta e nei nostri prodotti le due questioni coesistono, sta quindi a noi saperlo spiegare in maniera convincente, accettando la sfida anche di farlo direttamente in Cina. E in questo ci viene incontro proprio l’esempio di Matteo Ricci di 400 anni fa, il testimonial dello stand delle Marche e ancora oggi il portatore di quello che Augusto Bordini, il responsabile dello stand, non esita a definire “il modo corretto per entrare nei cuori dei cinesi, attraverso una profonda e rispettosa comprensione reciproca, per una reale integrazione non realizzata attraverso la presunzione di volere a tutti costi esportare i nostri desideri, con la sola smania di “conquistare”.

Un messaggio tutto Italiano, che travalica l’altrettanto famoso Marco Polo, che però si limitò a portare merci dalla Cina a Venezia, non lasciando il segno che invece Matteo Ricci lasciò dietro la sua esistenza, tanto che se ancora oggi la Cina si chiama “il paese di mezzo” lo si deve all’opera di questo singolo gesuita italiano che fece del motto “farsi cinese con i cinesi” la base della sua opera, che finì per essere tanto apprezzata dai cinesi stessi, che ancora oggi la sua tomba è tra quelle delle celebrità che hanno fatto la storia millenaria della Cina. Ora sta a noi, quali “nuovi missionari del gusto” attualizzarne gli insegnamenti e provare a costruire la nuove dimensione del gusto che convinca anche i cinesi ad adottarne i nostri secolari principi ed ingredienti, per un reciproco scambio culturale duraturo nel tempo.

mercoledì 18 novembre 2009

Stop alle vendite di Microsoft Windows in Cina


La Prima Corte del Tribunale di Beijing, ha sentenziato ieri che la Microsoft Corporation debba interrompere le vendite in Cina delle versioni cinesi dei propri sistemi operativi, inclusi Windows XP, perché coinvolta in un caso di violazione di licenza per i caratteri cinesi creati dalla società cinese Zhongyi Electronics.

Microsoft ha subito negato la violazione e ha dichiarato che presenterà ricorso contro questa sentenza che un portavoce della società americana ha affermato “appare giusta sul merito della questione, ma ci trova in disaccordo sulla copertura degli accordi sottoscritti”.

Comunque sia, la corte di del tribunale di Beijing ha sentenziato l’avvenuta violazione dei diritti di proprietà intellettuale e condannato la Microsoft, non citando però da quando tale decisione avrà effetto e se non interverranno novità, rischia di penalizzala non poco sul mercato Cinese.

Secondo la Zhongyi Electronics, la società cinese proprietaria dei diritti in questione, Microsoft aveva il diritto di utilizzare i suoi caratteri solo per Windows 95.

Incredibilmente, Microsoft ha invece utilizzato i caratteri cinesi progettati dalla Zhongyi Electronics, anche successivamente nei suoi sistemi operativi Windows, senza il permesso della società cinese.

I problemi per Microsoft non sembrano però terminati. Infatti la Zhongyi Electronics, non ha ancora deciso se citare in giudizio Microsoft per le font utilizzate in Windows 7, la sua ultima versione lanciata in Cina il mese scorso.

Nell’attesa di vedere come evolverà la questione, quanto successo alla Microsoft è però la dimostrazione che i tempi del “copiare selvaggio” siano da tempo finiti.

Anche la Cina sta seriamente cercando di modernizzarsi, attraverso la seria applicazione e la tutela della proprietà intellettuale, un valore intangibile che sta diventando parte integrante della prossima fase dello sviluppo industriale cinese sia sul mercato interno che a breve, anche sui mercati internazionali.

Obama in Cina: Firmato Accordo Quadro tra Cina e USA per il 21° secolo

Obama nella sua visita in Cina ha raggiunto parecchi obbiettivi pratici.

Il primo, quello di tranquillizzare il proprio maggiore creditore, la Cina appunto, che con i suoi oltre 800 miliardi di dollari in buoni del tesoro americano, è di fatto il finanziatore della coraggiosa politica economica che Obama intende attuare in madre patria.

Il secondo, quello di aver “recuperato” una intesa che possa cercare di salvare il prossimo vertice di Copenhagen sull’ambiente, vertice che era stato considerato virtualmente fallito fino a ieri sera.

Il terzo, di uscire dalla “nebulosità precedente” della posizione americana, esprimendo in maniera strutturata e soprattutto scritta, i punti programmatici di una alleanza alla pari con la Cina.

Gli sherpa del Presidente Americano devono avergli suggerito che la Cina,dopo le tante promesse degli ultimi mesi, con la visita di questi giorni, intendessero vedere messe “nero su bianco” le intenzioni e le aperture che negli ultimi mesi avevano caratterizzato, non solo i discorsi di Obama, ma anche quelli del Segretario di Stato Hillary Clinton.

Da qui l'accordo quadro sottoscritto oggi tra i due Presidenti che di fatto li raccoglie tutti.

Questione di Taiwan

Nell’accordo sottoscritto oggi, “gli Usa riconoscono il diritto della Cina di arrivare ad una riunificazione pacifica con Taiwan”, così come “la questione faccia parte della sovranità e territorialita' cinese”. Nel contempo “la Cina ha espresso la speranza che la parte americana onorerà i suoi impegni ad apprezzare e sostenere la posizione della parte cinese su questo tema”.

In particolare Cina e Usa sono d’accordo che “in linea di principio, non supporteranno alcun tentativo per risolvere la questione con la forza.”

Dualismo Cina - Usa

L’accordo di oggi, per quanto riguarda le questioni strategiche, sancisce di fatto il dualismo tra Usa e Cina in tema di equilibri e cooperazione per la tutela della pace, della stabilità e prosperità mondiale.

Non solo, Cina ed Usa mettono “nero su bianco” anche le affermazioni fatte da Obama nel recente vertice APEC secondo cui “gli Stati Uniti accolgono con favore un prospero e forte successo della Cina, così che possa giocare un ruolo sempre maggiore negli affari mondiali”.

Un accordo di programma Sino-Americano

Che sia un accordo di programma, lo si deduce dal fatto che nell’accordo si legge come “Cina ed Usa, per il 21 secolo, intendono prendere misure concrete per costruire una costante partnership per affrontare le sfide comuni”.

Nel contempo,“la Cina accoglie con favore gli Stati Uniti come una nazione dell’area Asia-Pacifico che contribuisce alla pace, stabilità e prosperità della regione”, un atto formale che sancisce il punto chiave che stava molto a cuore ad Obama e che ora gli consente di cercare di ridare una maggiore
centralita' agli affari americani nell’area Asia-Pacifico, una posizione “scossa” dal crescente nervosismo Giapponese, il principale alleato americano nell'area.

Questione Nord Coreana

In questo contesto sono quindi anche le affermazioni fatte nella dichiarazione congiunta rispetto al problema Nord Coreano, “con l’auspicio che il meccanismo multilaterale dei Six Party Talks possa ripartire per proseguire nel percorso di denuclearizzazione della penisola coreana”.

Uso pacifico dello Spazio

Lo spazio come “prossima frontiera” trova d’accordo Cina e Usa affinché se ne faccia un uso pacifico, con l’impegno congiunto di rafforzare la sicurezza dello spazio esterno. Tra l’altro Cina e Usa hanno confermato l’impegno sottoscritto il 27 giugno del 1998, quello che stabilisce di non tenere sotto tiro i reciprochi siti nucleari, favorendo ed anteponendo le cooperazioni attraverso i canali di consultazione già esistenti.

Collaborazione Scientifica e salute pubblica globale

Grande enfasi l’accordo lo pone anche sulla collaborazione tra Cina e Usa in materia di ricerca scientifica e trasferimento tecnologico, a cui si aggiunge l'ulteriore collaborazione congiunta sulla ricerca nel settore sanitario e nel controllo delle malattie, in particolare le pandemie.

Nell’accordo si sottolinea anche come “la ricerca comune comprenderà anche le ricerche sulle cellule staminali”.

Entrambe le parti “approfondiranno anche la cooperazione su questioni di salute pubblica globale, compresa la prevenzione, la sorveglianza, la notifica e il controllo della influenza A/H1N1, l'influenza aviaria, HIV / AIDS, la tubercolosi e la malaria”.

Diritti Umani

Per quanto riguarda i diritti umani, nell’accordo, Cina e Stati Uniti sottolineano come “ogni paese e il suo popolo abbiano il diritto di scegliere la propria via e che entrambe le parti abbiano riconosciuto come tra Cina e Stati Uniti esistano divergenze sulla questione dei diritti umani.

Proprio per affrontare queste differenze, nello spirito d’uguaglianza e rispetto reciproco, nonché la promozione e la tutela dei diritti umani in linea con le organizzazioni internazionali dei diritti umani gli strumenti, le due parti hanno convenuto di tenere a Washington DC, entro la fine di febbraio 2010, il prossimo ciclo funzionale al dialogo sui diritti umani".

Lotta al terrorismo e collaborazione investigativa

Per quanto riguarda la lotta al terrorismo, l’accordo prevede “che siano approfondite la lotta al terrorismo, la consultazione e la cooperazione tra i due paesi su un piano di parità e di reciproco beneficio, con l’impegno comune per combattere la criminalità transnazionale e le organizzazioni criminali, nonché il riciclaggio di denaro, il finanziamento del terrorismo, la contraffazione e il recupero di fondi illeciti.

L’intesa tra i due paesi si allarga anche per quanto riguarda “la cooperazione sulle indagini penali ed una crescente collaborazione nella lotta contro l'appropriazione indebita, così come una maggiore attenzione anche alla lotta al narcotraffico, il controllo delle sostanze chimiche, la lotta contro l'immigrazione illegale, contrabbando e il traffico di esseri umani”.

Su questo aspetto appare molto innovativa l’intesa sottoscritta oggi, secondo cui “i due Paesi hanno concordato di scambiarsi dati e informazioni di carattere legale, in maniera tempestiva e reciproca, così come possano essere intraprese indagini congiunte, nonché venga fornita assistenza alle indagini sui casi di reciproco interesse”.

Ambiente ed Energia

Sulla questione ambientale “Cina e Usa sono d’accordo sulla transazione verso un’economia verde a basse emissioni di carbonio, come fatto essenziale per il futuro del pianeta.

Attraverso un nuovo piano Cina-Usa per l'efficienza energetica, entrambi i paesi "lavoreranno assieme per realizzare miglioramenti dell'efficienza e del costo-efficacia energetica nell'industria, edifici e prodotti di consumo, tutto ciò mediante la cooperazione tecnica, casi concreti e dimostrativi e gli scambi politici".

Rilevando i significativi investimenti di entrambi i paesi in materia di efficienza energetica, l’accordo sottolinea “l’enorme opportunità per creare posti di lavoro e rafforzare la crescita economica attraverso una seria politica di risparmio energetico”.

L’accordo prevede inoltre di creare un centro di ricerca comune (Clean Energy Research Center) con il quale “facilitare la ricerca congiunta e lo sviluppo delle competenze in materia di energia pulita, attraverso la cooperazione di scienziati ed ingegneri provenienti da entrambi i paesi. Tale centro avrà una sede unica in ogni paese, con finanziamenti pubblici e privati per un importo di almeno 150 milioni di dollari nell'arco dei prossimi cinque anni, finanziamenti equamente divisi tra i due paesi.

Le priorità sulle quali queste ricerche si concentreranno saranno l'efficienza energetica negli edifici, il carbone pulito (inclusa la cattura e il sequestro del carbonio), e i veicoli "puliti".

L’accordo continua citando l’intesa raggiunta tra Cina e Usa al fine di potenziare le iniziative per la diffusione dei veicoli elettrici, con le quali mettere milioni di veicoli elettrici sulle strade dei due paesi nei prossimi anni.

Tra le prime iniziative verrà attivato un programma che prevede una serie di progetti congiunti e dimostrativi in più di una dozzina di città, azioni che saranno svolte parallelamente ad un’attività per sviluppare le comuni norme tecniche che possano contribuire a facilitare la rapida crescita del settore.

Cambiamenti Climatici

Per quanto riguarda gli sforzi comuni per affrontare i cambiamenti climatici, le due parti hanno accolto con favore il lancio di una Cina-USA Renewable Energy Partnership, attraverso la quale i due paesi possano tracciare un percorso di diffusione su ampia scala di energia eolica, solare, bio-combustibili avanzati e una moderna rete di energia elettrica in entrambi i paesi e collaborare nella progettazione e all'attuazione della politica e gli strumenti tecnici necessari a supporto

Energia nucleare e suo uso pacifico

Per quanto riguarda poi la promozione dell'uso pacifico dell'energia nucleare, l’accordo prevede “una reciproca consultazione al fine di esplorare approcci a garanzia degli approvvigionamento di combustibile e di gestione del combustibile nucleare, in modo che i paesi possano accedere pacificamente all'energia nucleare riducendo al minimo i rischi di proliferazione”.

Crisi e finanza mondiale

Per quanto riguarda l’economia e la finanza, Cina e Usa si sono accordati per “un riequilibrio economico e una pianificazione lungimirante che, attraverso un’azione combinata e in tandem tra i due paesi, possa riequilibrare le rispettive economie e attraverso adeguate politiche monetarie si possa promuovere una forte e duratura ripresa economica mondiale.

In particolare "la Cina continuerà ad applicare le politiche tese a modificare la propria struttura economica, attraverso un aumento dei redditi delle famiglie, l’espansione della domanda interna e l’aumento del contributo dei consumi alla crescita del PIL, alle quali si aggiungerà la riforma del suo sistema di sicurezza sociale".

In cambio, gli Stati Uniti dovranno adottare misure per aumentare il risparmio nazionale e promuovere la crescita sostenibile e non inflazionistica.

"Per raggiungere questo obiettivo, gli Stati Uniti si sono impegnati a ridurre il disavanzo del bilancio federale attraverso un percorso sostenibile e attraverso misure specifiche che possano favorire il risparmio privato".

A questo si aggiunge il fatto che “Cina e Usa hanno inoltre convenuto di accelerare i negoziati su un trattato bilaterale per gli investimenti e di lavorare attivamente per risolvere le controversie commerciali bilaterali e gli investimenti in modo costruttivo, cooperativo e reciprocamente vantaggiosa”.

No al Protezionismo commerciale

Entrambi i paesi ritengono fondamentale per i prossimi sviluppi, il proprio no al protezionismo nel commercio internazionale dove “riconoscendo l'importanza del libero commercio e degli investimenti al loro interno e le economie a livello mondiale, Cina e Usa si sono impegnati a combattere congiuntamente il protezionismo in tutte le sue manifestazioni.

G20 quale consesso decisionale per le politiche macro-economiche

L’accordo sottoscritto oggi tra Cina e Usa riscrive e sancisce l’ordine mondiale per quanto riguarda anche i luoghi decisionali in materia delle politiche macro-economiche in quanto “Cina e Usa si impegnano ad onorare tutti gli impegni assunti al primo turno del Dialogo strategico ed economico Sino-USA nel luglio scorso, lo scorso G20 e il recente APEC di Singapore”.

Ma Cina e Usa hanno deciso che sia il G20 l’assise fondamentale dove prendere le decisioni fondamentali, in quanto “entrambe le parti hanno elogiato il ruolo importante dei tre vertici per affrontare la crisi finanziaria globale e si impegneranno a lavorare con gli altri membri del G20 per migliorare l'efficacia del G20, come il più importante forum per la cooperazione economica internazionale.

Ristrutturazione dell’IFI

Tra l’altro “entrambe le parti hanno accolto con favore i recenti accordi durante il G20 per garantire che le istituzioni finanziarie internazionali (IFI) dispongano di risorse sufficienti e per riformare le loro strutture di governo”.

Ora occorre che vengano sostenuti fino in fondo gli obiettivi e si attui una riforma delle quote e dei diritti di voto nell’interno dell’IFI nel più breve tempo possibile, aumentando così la voce e la rappresentanza dei mercati emergenti e dei paesi in via di sviluppo in queste istituzioni, coerentemente con gli accordi di Pittsburgh ".

Cooperazione Militare

Per quanto riguarda le cooperazioni Militari, l’accordo prevede che i due paesi "adottino misure concrete" per promuovere " lo scambio di vari programmi di cooperazione e di accordi tra le due forze armate, anche aumentando il livello e la frequenza degli scambi".

L'obiettivo di questi sforzi, è quello di migliorare le capacità militari dei Cinesi e degli Stati Uniti per una sempre maggiore concreta cooperazione e favorire una maggiore comprensione delle reciproche intenzioni nel contesto della sicurezza internazionale.

Incentivare la Cooperazione e lo scambio culturale

Cina e Usa hanno anche sottoscritto un accordo per un sempre maggiore interscambio e promozione culturale tra le due nazioni, che prevederà tra l’altro l’invio di un maggiore numero di studenti a studiare nei rispettivi paesi.

Attualmente ci sono circa 100.000 studenti cinesi che studiano negli Stati Uniti. Comunque saranno ulteriormente favorite le procedure per l’emissioni dei visti per poterne incrementare il numero.

Per contro, in Cina ci sono circa solo 20.000 studenti americani. “Gli Usa lanceranno una nuova iniziativa per favorire l’arrivo di un numero maggiore di studenti americani, così che nei prossimi quattro anni si possa arrivare a 100.000 studenti americani in Cina

Questione Iraniana

Per quanto riguarda l'Iran, Cina e Usa sono d’accordo di richiedergli di "impegnarsi in modo costruttivo" con il P5 +1 e di "cooperare pienamente" con l'AIEA per facilitare un esito soddisfacente”.

In particolare, "le due parti hanno convenuto che l'Iran ha il diritto all’uso pacifico dell'energia nucleare nel quadro del Trattato di non proliferazione (TNP) e dovrebbe adempiere ai suoi obblighi internazionali dovuti in forza di tale Trattato".

Le due parti hanno accolto con favore i colloqui a Ginevra lo scorso 1 ottobre tra la P5 +1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu più la Germania) e l'Iran, quale "inizio promettente" ad affrontare le preoccupazioni della comunità internazionale sul programma nucleare dell'Iran.Ma occorre siano fatti tutti gli sforzi affinché l'Iran risponda positivamente alla proposta del direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA)”.

Denuclearizzazione mondiale

Collegato a questo argomento c’è anche l’accordo tra Cina e USA sul loro impegno per “la realizzazione finale di un mondo libero dalle armi nucleari”.

Ribadendo la propria opposizione alla proliferazione delle armi di distruzione di massa “le due parti congiuntamente intendono sostenere le organizzazioni internazionali per la non-proliferazione nucleare”.

Cina e Usa si sono anche impegnati “a lavorare congiuntamente per il successo della conferenza di revisione del trattato di non-proliferazione delle armi nucleari nel 2010 (Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty (CTBT))e
perseguirne la ratifica al più presto possibile
”.

Sicurezza e Terrorismo Nucleare

I due paesi sono pronti a rafforzare la comunicazione e la cooperazione in materia di sicurezza nucleare e nella lotta al terrorismo nucleare”.

A tal fine “la Cina attribuisce grande importanza all'iniziativa degli Stati Uniti di organizzare un vertice per la sicurezza nucleare fissato per l’aprile 2010 e al quale parteciperà attivamente ai preparativi”.

Pace e stabilità nell’Asia Meridionale

La Cina e Usa hanno anche espresso il comune convincimento al sostegno per la pace e la stabilità nell’Asia meridionale.

In tale contesto “entrambi sostengono l'impegno di Afghanistan e Pakistan per combattere il terrorismo, mantenere la stabilità interna e raggiungere uno sviluppo economico e sociale, così come sarà fatto un ulteriore sforzo per garantire il supporto per il miglioramento e la crescita delle relazioni tra India e Pakistan”.

Vertice di Copenhagen

Cina e gli Stati Uniti “si sono impegnati a lavorare insieme e con altri paesi per un esito positivo in occasione del vertice di Copenaghen del mese prossimo”.

Entrambe le parti riconoscono che la transizione ad una economia a basso consumo di carbonio è un'opportunità per promuovere una crescita economica e lo sviluppo sostenibile in tutti i paesi”.

"Le due parti, conformemente alle loro situazioni nazionali, esprimono la volontà di intraprendere azioni di mitigazione significative, riconoscendo l’importante ruolo svolto dai loro paesi nel promuovere un risultato sostenibile e che rafforzi la capacità del mondo per combattere i cambiamenti climatici".

Nell’accordo “Cina e Usa hanno inoltre convenuto che tra gli obbiettivi di Copenhagen si dovrebbero includere gli obiettivi di riduzione delle emissioni dei paesi sviluppati a livello nazionale e azioni di mitigazione del caso dei paesi in via di sviluppo, tenendo conto anche di prevedere un’assistenza finanziaria ai paesi in via di sviluppo, promuovendo lo sviluppo tecnologico, la diffusione e il trasferimento, con particolare attenzione alle esigenze dei paesi più poveri e più vulnerabili al necessario adattamento ai cambiamenti climatici”.

Insomma come si vede una “piattaforma” programmatica completa, un vero e proprio accordo quadro tra Cina ed Usa che d’ora in avanti sembrano avere le idee decisamente più chiare su quello che intendono fare,ma
soprattutto l’oramai consolidata consapevolezza di doverlo pensare e fare assieme.

lunedì 16 novembre 2009

Obama in Cina: “Change” con un sorriso

Stanotte sotto una pioggia torrenziale, il Presidente degli Stati Uniti Barak Obama è atterrato a Shanghai, tappa iniziale del suo primo viaggio in Cina da quando è stato eletto.

Una visita storica e nello stesso tempo iniziata in un modo del tutto originale ed inusuale.

Infatti, ben diversamente dalle consuetudini e forse per differenziarsi da alcuni illustri predecessori e storici precedenti, non c’è stata nella capitale la classica stretta di mano tra i leader sotto la scaletta dell’aereo e la conseguente parte ufficiale d’incontri che normalmente caratterizzano l’arrivo di un Leader in tutte le visite di Stato in ogni parte del mondo.

Come prima tappa in Cina l’aereo Presidenziale non è infatti atterrato a Beijing la capitale, ma bensì a Shanghai, con una modalità quasi più di un Presidente di ritorno negli Stati Uniti dopo l’intenso vertice APEC, piuttosto che alla sua prima volta in Cina in veste ufficiale.

Oltre a questa differente scelta “logistica”, si è aggiunta anche quella che da queste parti rimarrà un’immagine simbolo di questa visita: la sua ormai mitica discesa dall’aereo presidenziale di questa notte, da solo e con l’ombrello per proteggersi dalla forte pioggia, ma soprattutto sorridente.

Un sorriso che ha colpito i cinesi, ma che ha anche trasferito la netta sensazione che Obama si sentisse realmente a suo agio e sereno nel suo arrivo in Cina, quasi fosse in visita da “vecchi amici”.

Seconda innovazione in questa importante visita di Stato, è stata anche la scaletta del primo giorno di Obama tra i cinesi.

Invece di incontrare subito il Governo Cinese e i suoi Leaders, dopo un incontro con il Governo locale di Shanghai si è spostato al Museo della Scienza e della Tecnica per un incontro con gli studenti universitari della Fudan, Jiaotong e Tongji.

Dopo uno speech di 15 minuti, un question time di circa un ora con gli studenti cinesi, nel quale vi è stato un contatto diretto e senza barriere, così come una discussione franca e diretta sui principali temi del presente e del futuro su politica internazionale, ambientale e futuro dei rapporti tra Cina ed USA.

Anche in questa occasione Obama non ha mancato di fare un’affermazione a suo modo rivoluzionaria e che sembra gettare le basi per una diversa politica internazionale per gli USA.

Elogiando infatti la forza del dialogo tra le diverse culture, ha sottolineato come “per gli Stati Uniti sia importante comprendere come ciò che va bene per noi Americani, non necessariamente debba andare bene anche per gli altri”.

Per dare concretezza a questa affermazione e quale “prova vivente” del valore che deriva da una diversità interconnessa di cui non bisogna aver paura, ma che al contrario può essere una leva per la crescita di un paese, ha citato la propria storia personale, dove il padre proveniva dal Kenya, la madre dal Midwest americano e con una sorella che mezza indonesiana si sposata con un Cinese del Canada.

Per quanto riguarda poi la sicurezza internazionale, Obama ha presentato agli studenti la posizione americana, incentrata sulla “necessaria stabilizzazione dell’Afghanistan, per evitare la diffusione del terrorismo e di gruppi estremisti come Al Qaeda.”

Sull’ambiente Obama ritiene che è dal reciproco scambio delle esperienze e delle tecnologie che è possibile “imparare gli uni dagli altri”.

In un ulteriore riferimento autobiografico, ha anche spronato affinché si attivi quanto prima su queste tematiche, una diretta collaborazione tra Shanghai e Chicago, che oltre ad essere “città gemellate” dal 1985, sono in grado di implementare rapidamente progetti di energia pulita.

Grande enfasi Obama l’ha poi dedica agli scambi culturali, tanto da augurarsi che in Cina nei prossimi anni possano arrivare non meno di 100.000 studenti americani.

Ma tornando al “question time”, gran parte delle domande per Obama sono arrivate dalla rete.

Domande che hanno evidenziato quanto fosse alta la curiosità da parte degli internauti cinesi nel cercare di comprendere e carpire esattamente il punto di vista del Presidente Americano soprattutto su un punto: “cosa pensa realmente della Cina?”

E le puntuali risposte date su tutte le questioni hanno evidenziato quanto sia diverso il suo l’atteggiamento se comparato con i suoi predecessori.

A partire dal Nixon del 1972 che pur passando da Shanghai, in quella occasione si limitò a visitare le maggiori industrie e a fare una sterile conferenza stampa, evitando il confronto con gli studenti, per finire con il Clinton e successivamente Bush che non riuscirono ad entrare in “sintonia” e creare la necessaria empatia con gli studenti presenti, in quelle che sono apparse più delle “lezioni” che un reale confronto.

Quanto accaduto oggi è un momento molto importante, il vero antipasto per l’incontro formale che sta avvenendo a Beijing tra Obama e il Presidente Hu Jintao a partire da questo pomeriggio, il primo vero momento ufficiale nel quale saranno affrontate le diverse questioni che Cina e Stati Uniti si trovano, assieme, a dover fronteggiare.

E il sorriso con il quale Obama ha voluto aprire la propria presenza in Cina, sembra essere un ottimo viatico anche alle ultime affermazioni fatte al recente vertice APEC, dove ha sottolineato come “non sia un problema una Cina forte”, ma che anzi possa essere un “alleato” in grado di aiutare gli Stati Uniti e il mondo intero, a gestire al meglio le diverse problematiche e tensioni presenti ma soprattutto future.

Non sorprenderà quindi se anche durante gli incontri ufficiali, il livello di informalità da “vecchi amici” possa proseguire, in quella che sembra proprio rappresentare una concreta svolta nelle relazioni tra i due paesi.

Un’immagine ben diversa da quella dell’incontro all’aeroporto di Beijing tra Nixon e Chou En-lai che ne ha aperto la strada, una nuova fase delle relazioni tra i due popoli che stanno segnando il presente del pianeta e che intendono, in amicizia, cooperare affinché il futuro dello stesso possa essere preservato.

mercoledì 28 ottobre 2009

Cina accusa Google di censura su Google Libri (e di copiare senza autorizzazione)

Sui Diritti d’Autore e il rispetto della Proprietà Intellettuale sembra che sia in corso una vera e propria guerra 2.0 globale, un nuovo tipo di conflittualità che sempre più spesso finisce per esondare ed interessare i rapporti tra Stati, come mai prima nella storia.

 

Così accade che Google sia stata prima accusata di aver copiato e pubblicato senza permesso nella propria libreria digitale Google Libri, migliaia di testi di scrittori cinesi e poi a stretto giro, sia stata accusata di censurare la stessa libreria digitale sul mercato cinese.

 

Una diatriba che si sta consumando da giorni sulle colonne del People’s Daily, il giornale governativo cinese, dove nei giorni scorsi era stata riportata la denuncia di Zhang Hongbo, direttore generale della CWWCS (China Written Works Copyright Society), secondo cui “le infrazioni compiute da Google, in materia di diritti d’autore, sono molto gravi.”

 

E alle accuse scritte erano immediatamente seguiti anche i fatti che sotto forma di pressioni da parte dei dipartimenti governativi cinesi sul governo Usa, tra cui il National Copyright  Administration, hanno portato alla ufficiale richiesta cinese di gestire adeguatamente la situazione che si era venuta a creare.

 

La questione apparentemente sembra ruotare attorno a qualcosa come 18.000 libri ed oltre 570 autori cinesi e la violazione dei diritti d’autore connessi con tali opere.

 

Ma per i cinesi il problema non sembra essere solo questo.

 

Infatti sono fortemente irritati dal comportamento fin qui tenuto da Google, di totale silenzio, in quella che sembra essere una precisa strategia che intende attendere la conclusione dell’accordo stragiudiziale in via di definizione tra Google e due organizzazioni americane per la tutele dei Copyright.

 

L’accordo è collegato ad una causa collettiva in discussione in un tribunale statunitense, proprio per violazione del copyright da parte di Google Libri.

 

A preoccupare i cinesi sembra essere proprio questo accordo che Google starebbe per sottoscrivere e che nella sostanza prevede che gli autori che accetteranno la scannerizzazione potrebbero ricevere 60 dollari per singolo titolo, quale compensazione, a cui si aggiungerebbe anche il 63% sugli introiti che saranno ricavati dai lettori che pagheranno per leggere questi testi, in un accesso a pagamento gestito da Google.

 

Il punto focale dell’accordo è che gli autori che non intenderanno dare a Google il diritto alla digitalizzazione dei propri libri, potranno fare appello entro il 5 gennaio 2010, mentre tutte le autorizzazioni a Google dovranno essere fornite dagli autori stessi entro il 5 giugno 2010.

 

Bene, quest’accordo, che nell’idea di Google di fatto consentirebbe anche agli scrittori cinesi di potersi associare, richiedendo così un risarcimento per le eventuali violazioni da loro subite, secondo Zhang della CWWCS, “non è assolutamente accettabile”.

 

"Prima di tutto perché Google ha violato il copyright degli scrittori cinesi. Così come non ha alcun senso fissare un termine per gli  scrittori cinesi entro il quale poter  proteggere i propri  interessi.”

 

"In secondo luogo, Google dovrebbe mostrare un atteggiamento più costruttivo ed oltre ad ammettere la violazione,  negoziare con gli autori cinesi in maniera più trasparente”.

 

Tutto ciò sembra assumere rilevanza anche nei rapporti tra Usa e Cina, visto che Zhang ha continuato affermando come “gli Stati Uniti spesso criticano l'inefficienza della Cina sul tema della tutela della proprietà intellettuale  Ma gli Stati Uniti vedono cosa sta facendo la loro azienda in Cina? Molti dei nostri scrittori sono infuriati",           

 

La protesta degli autori cinesi contro l’uso indiscriminato dei contenuti pubblicati su Google Libri sta quindi montando.

 

Anche Zhang Kangkang, un’importante scrittore ma soprattutto il vice-presidente dell'Associazione degli scrittori cinesi ed uno degli autori pubblicati da Google, si è infatti detto "sorpreso" ed "arrabbiato" per la violazione dei copyright da parte di Google..

 

"Quello che si sta definendo è un accordo a senso unico, per tentare di acquisire i diritti connessi, senza anche il permesso dell’autore. E’ infatti da considerarsi illegale che qualcuno possa sfruttare il lavoro degli scrittori, in nome della condivisione delle conoscenze", ha sottolineato Zhang.

 

Sulla eventuale proposta di “compensazione” che Google sta predisponendo con l’accordo in discussione negli Stati Uniti, Chen Cun, un altro noto scrittore cinese che vive a Shanghai, ha le idee chiare: "Google sogna ad occhi aperti se realmente intende comprare i miei diritti d'autore per 60 dollari”.

 

"Il prezzo dovrebbe essere fissato attraverso una negoziazione tra le parti. Non è possibile pensare che sia una trattativa seria se possano acquistare un oggetto dove esiste di fatto solo la loro offerta."

 

Quale ciliegina sulla torta della contestazione nei giorni scorsi è successo qualcosa che ha ulteriormente scaldato gli animi cinesi, in quella che è stata interpretata come una vera e propria deliberata provocazione da parte di Google.

 

Cercando infatti di fare ricerche su Google Libri, in Cina per tre giorni i risultati portavano tutti ad una pagina che avvisava gli utenti che il sito poteva contenere software dannoso. Le stesse ricerche effettuate con altri motori di ricerca, tra cui il notissimo Baidu, non arrivavano alle stesse “conclusioni”.

 

A stretto giro e sempre attraverso il Giornale Governativo People’s Daily è quindi arrivata l’accusa a Google, quella di averne “maliziosamente” bloccato l’accesso, attivando così una sorta di censura ai danni degli utenti cinesi, quale evidente ritorsione alle proteste sulla Proprietà intellettuali violate nei confronti degli autori cinesi pubblicati su Google Libri.

 

Google in questo caso ha immediatamente replicato, con una nota ufficiale nella quale ha dichiarato come “tutto ciò è  connesso ad una segnalazione automatica di un software che non prevede alcun intervento specifico da parte di Google.”

 

Sarà, comunque i cinesi, non sembrano proprio fidarsi di Google e temono al contrario di trovarsi con i giochi fatti dopo che la società americana avrà firmato l’accordo stragiudiziale che rischia di lasciare fuori i cinesi ma anche tutti gli autori in giro per il mondo che non rispetteranno gli stretti tempi previsti.

 

Una cosa è certa: Google rischia ora di aver trovato nei cinesi un ulteriore “nemico” che va ad aggiungersi agli agguerriti editori Europei, ed Americani, fatto che potrebbe complicare non poco la missione che si è prefissata di creare la “Biblioteca Mondiale Digitale”, progetto che al contrario, rischia in futuro di portarla sempre più  spesso a doversi difendere dai continui attacchi sulle diverse violazioni commesse nei diversi tribunali in giro per il mondo. 

 

Anche questo è Web 2.0.

martedì 20 ottobre 2009

FIAT accusata di sottrazione di segreti commerciali in Cina.

In Cina si prospetta per la FIAT una dura battaglia legale.

E’ il secondo round di un contenzioso iniziato nel 2007, quando fu invece la FIAT a citare in giudizio la società cinese Great Wall Motors, per aver copiato una della sue vetture di punta: la Panda.

Ora la situazione sembra essersi capovolta.

Il portavoce della Great Wall, Shang Yugui, ha infatti dichiarato ieri di come la casa automobilistica cinese abbia presentato presso il tribunale di Shijiazhuang, una causa contro la FIAT.

La Great Wall, con sede a Shijiazhuang nello Hebei, intende citare in giudizio la FIAT, per “sottrazione di segreti commerciali”.

Secondo i cinesi, l’azienda italiana avrebbe infatti inviato al suo centro di ingegneria, delle spie, che avrebbero sottratto in maniera illegale le immagini della PERI, l’utilitaria che era ancora in fase di sviluppo e comunque prima della sua uscita avvenuta nel 2007.

La querelle ha inizio due anni fa, quando un tribunale Italiano stabilì che la PERI della Great Wall, “assomigliasse” alla Fiat Panda, vietandone così la vendita in Europa.

La FIAT cercò l’anno successivo di presentare uguale istanza anche al tribunale cinese di Shijiazhuang, ma in questo caso tale richiesta fu respinta.

Ora per la FIAT la questione rischia di ingrossarsi, visto che uno degli avvocati della Great Wall, Liu Hongkai, ha affermato come nella denuncia ci siano anche le prove che dimostrano come “la Fiat abbia illegalmente visitato il centro di ingegneria della Great Wall nel 2007 e sottratto informazioni riservate sulla PERI.”

I legali della Great Wall si spingono oltre, affermando come "possono essere stati sottratti anche altre importanti ricerche e sviluppi segreti",facendo così balenare possibili ulteriori sviluppi della questione.

Fin d’ora la causa intentata appare del tutto originale, visto che Great Wall si accinge a richiedere dalla FIAT le “pubbliche scuse” oltre ad una simbolica richiesta danni di 100.000 yuan (US $ 14,649).

Nel frattempo la Fiat, in una dichiarazione ufficiale, ha ieri negato le accuse addebitate.

Ora si tratta di vedere come si svilupperà questa causa che comunque dimostra il cambiamento dell’approccio industriale cinese, oltre evidenziare l’esistenza di una crescente “guerra commerciale” tra i produttori automobilistici cinesi ed occidentali sui mercati internazionali.

La novità vera è che il nocciolo di questa nuova guerra commerciale non ruoterà sui dazi antidumping, come per alti mercati, ma bensì attorno al rispetto dei diritti di proprietà intellettuali.

Fino ad ora erano stati solo alcuni costruttori cinesi ad essere stati accusati per tutta una serie di violazioni, come l’ormai mitico caso della Shuanghuan Automobile Co, rea di aver creato il “clone” della BMW X5 SUV.

In questo caso e per la prima volta, è un’azienda occidentale che viene pubblicamente accusata dai cinesi di plagio ed appropriazione di segreti industriali.

La questione che si troverà ad affrontare il tribunale di Shijiazhuang non è quindi solo il torto subito dalla Great Wall, ma anche la volontà cinese, Great Wall in testa, di dimostrare come sia finita l’epoca della Cina quale nazione produttrice per conto terzi, mentre sia iniziata l’era della Cina che produce ed esporta proprie produzioni originali e che le protegge.

In questo mutato scenario, la causa intentata dalla Great Wall alla FIAT ha quindi un valore enorme e rischia di fare scuola.

I cinesi hanno infatti l’impressione che attraverso la questione dei diritti di proprietà intellettuale, i produttori occidentali cerchino di impedire l’ingresso dei modelli cinesi nei loro mercati interni, modelli caratterizzati tra l’altro dai prezzi fortemente competitivi.

Il caso della PERI e della sua invendibilità a livello Europeo ne sarebbe la prova lampante.

Quindi potrà far sorridere, ma la richiesta di “scuse pubbliche” richiesta dalla Great Wall ha un valore ben superiore a qualsiasi compensazione che si possa richiedere.

Una sentenza positiva per la Great Wall, potrebbe infatti essere l’anticamera per una successiva richiesta, in sede europea, di revisione del procedimento che ha impedito alla Great Wall di “attaccare” il mercato delle utilitarie europee, una fascia di mercato dalle potenzialità enormi, ma per contro, anche l’ancora di salvezza per molte case automobilistiche europee, FIAT in testa.

Comunque sia, è il segno evidente di come i tempi siano profondamente cambiati e di come d’ora in avanti il “Made in China” automobilistico intenda conquistarsi, anche attraverso le aule dei tribunali, nuove consistenti quote sui mercati occidentali.

giovedì 1 ottobre 2009

Happy Birthday Cina!!! (60 anni!)

Oggi la Cina si è fermata per assistere alla Grande Parata e festeggiare i 60 anni di quello che loro chiamano la “Nascita della Nuova Cina”, la nascita della la Repubblica Popolare Cinese il 1 Ottobre 1949.

Un evento nell’evento, che ha sancito, ricordato, ripercorso, evidenziato i passaggi fondamentali della storia recente di una nazione fortemente multietnica, che non bisogna dimenticarsi, caso unico sul pianeta, affonda le proprie origini direttamente e in maniera ininterrotta, in ben 4.000 anni di storia dell’uomo.

Un miliardo e 300 milioni di persone che come dei viaggiatori del tempo, sulla nave chiamata “motherland” hanno saputo attraversare il mare della storia ed affrontare tutte le tempeste: guerre, carestie, dolori, sofferenze ed ora, tutti assieme, si sono ritrovati per farsi questi auguri speciali, quali compagni di un’avventura che sembra essere solo all’inizio.

Il “racconto” di questa festa non a caso è partito da una parata militare, che solo uno stolto può pensare che sia solo una prova di “forza” che la Cina ha voluto dare al mondo.

Per i cinesi oggi è stato il momento che ha evidenziato la raggiunta maturità del paese.

Infatti tutte le tecnologie usate, carri armati, aerei, missili, veicoli, sono tutte rigorosamente Made in China.

Ciò significa che per la prima volta nella sua storia, la Cina potrà difendersi da sola, senza il bisogno di alcun aiuto esterno.

E’ un punto importante, decisivo, che sottolinea l’avvenuta realizzazione delle due priorità che assillavano tutti i cinesi: dare da mangiare a tutti, potersi difendere da chiunque.

Infatti la “Nascita della Nuova Cina” il 1° Ottobre 1949 avvenne dopo quasi 100 anni turbolenti, dove si sono succedute invasioni, conquiste, divisioni, spaccature, guerre civili, senza che i cinesi potessero realmente autodeterminare il proprio destino.

In particolare l’inizio del ‘900 era culminato con i massacri di Nanchino e il vero e proprio genocidio e riduzione in schiavitù di un intero popolo dopo l’invasione dei Giapponesi, che addirittura assoldarono l’Ultimo Imperatore Cinese ai propri voleri.

Immagini e ricordi che ancora toccano nel profondo il cuore e le menti di qualsiasi cinese.

Bene, oggi veder sfilare, per la prima volta in pubblico, l’ultima generazione di carri armati come il mitico Type 99, vedere sorvolare la piazza dagli aerei d’ultima generazione come il caccia multiruolo J-10 o veder sfilare le diverse generazioni di missili compresi gli ultimi missili nucleari tattici intercontinentali, è stato soprattutto un segnale di serenità per l’intero popolo: “in futuro non dovremo più temere le sofferenze del passato”.

Non solo, la presenza massiccia delle donne nei reparti, come le ormai celeberrime donne pilota dei caccia cinesi, un vanto per le forze armate cinesi, ha evidenziato come tutti, ma proprio tutti, siano coinvolti nelle nuova organizzazione militare del paese, che non va dimenticato, a differenza che da noi, hanno anche il ruolo di protezione civile in caso di calamità naturale..

In una Cina proiettata nel 3° millennio ma fortemente radicata sul proprio passato, questa cerimonia è stata lungamente attesa e preparata in tutti i suoi dettagli.

Da mesi i plotoni delle diverse armi si preparavano in maniera certosina, per quei pochi minuti di sfilata, preparazione che doveva portarli a sfilare “come fossero un corpo unico”.

Da giorni sulle televisioni cinesi veniva mostrato il percorso di formazione di questi privilegiati che per arrivare ad oggi si sono sottoposti ad un massacrante training fatto di marce infinite ed esercizi durissimi.

Basti pensare che, per sfilare poche centinaia di metri in piazza Tienanmen, ogni componente di questi plotoni ha fatto qualcosa come 10.000 Km. di marce, indossando spesso pesi alle gambe per fortificarne i muscoli o sottoponendosi a test con macchine speciali per misurare il sollevamento della gamba nel passo marziale che doveva ed è stato oggi perfetto.

La Cina si è quindi appassionata attorno a questi racconti e ai dettagli del “dietro le quinte” di una parata di questa importanza e portata storica. Così ora tutti sanno per esempio che un plotone in marcia, le linee che devono essere perfette non sono solo 2, frontale e laterale, ma anche la diagonale deve essere perfetta.

Una perfezione che fa parte del profondo della Cina millenaria. Qualcosa che in Cina è comunque cosa nota fin dalla elementari, visto che più o meno tutti hanno partecipato alle manifestazioni pubbliche dove tutti assieme sanno comporre immagini, parole, attraverso l’uso di diversi pannelli colorati che opportunamente mossi, consentono a centinaia di migliaia di persone di poter scrivere, disegnare qualsiasi cosa.

Quindi un vera arte, tutta cinese, che anche oggi ne hanno fatto sfoggio, così che centinaia di migliaia di persone hanno alternato scritte, messaggi ed immagini per tutte le 2 ore e mezza della parata, il tutto con il sottofondo della banda dell’esercito cinese composta da circa 2000 componenti.

A questi si sono poi aggiunte le voci di decine di migliaia di coristi, in un’atmosfera, dove praticamente tutti i presenti nella piazza, anche gli invitati sugli spalti, avevano un ruolo o comunque la volontà di partecipare, lasciare il segno in una giornata così memorabile.

Ed oggi è accaduto qualcosa segno dei tempi: durante la sfilata, alcuni degli ospiti sulla terrazza da dove Hu Jintao e i massimi esponenti del governo cinese assistevano alla cerimonia, una volta vistesi sui maxischermi che erano in piazza, si sono lasciati prendere e hanno lanciato qualche saluto alla telecamera.

Un gesto che chiarisce il senso di una festa di piazza, dove tutti erano protagonisti ovunque fossero e che potranno dire negli anni a venire: io c’ero.

E infatti in tanti hanno voluto esserci, visto che dopo la parte marziale in piazza è stato come se fosse arrivato il carnevale, tanto erano colorati, festanti i carri delle diverse città, province e gruppi di giovani che hanno monopolizzato la seconda parte della parata.

Quella dove, senza troppa nostalgia ma sincera lealtà storica, è arrivato in piazza anche un enorme ritratto di Mao, al quale è poi seguita la registrazione dello storico annuncio fatto dalla stessa piazza, quello che sanciva la nascita della Repubblica Popolare Cinese, oggi, 60 anni fa.

Così come fatto anche per DengXiaoPing, eroi del passato, a cui oggi è stato dato il tributo di piazza di una Cina che però va avanti e non si ferma radicalizzandosi nel loro ricordo, ma che non si scorda di come la Cina di oggi è comunque figlia di un proprio passato, fatto si di 4.000 anni ma che nel ‘900 e soprattutto negli ultimi 30 anni, ha incominciato a correre ad una velocità fino ad allora inimmaginabile.

Se volessimo quindi cercare una sintesi o meglio il significato di tutto ciò che si è visto oggi, questo lo si ritrova nella oramai tradizionale cerimonia della rivista delle truppe, fatta dal Presidente cinese in piedi su una macchina, così da percorrere in pochi minuti gli oltre 3 chilometri dove le truppe sono schierate pronte a sfilare.

La frase di rito usata prima da Deng Xiao Ping e poi da Jiang Zemin e oggi da Hu Jintao pronunciata ogni volta che si arrivava all’altezza di uno dei plotoni pronti a sfilare è: “Salve Compagni!. Compagni, si lavora duro!”.

In risposta ogni plotone risponde “Salve Leader! Noi serviamo il popolo”.

Un rito ripetuto oggi per ben 44 volte, quanti erano i plotoni in rappresentanza delle diverse armi e gruppi speciali presenti alla sfilata.

Una frase che da queste parti non è affatto retorica del passato ma ancora oggi è l’essenza del pensiero che ogni cinese condivide e che potremmo riassumere con il più occidentale: “Together is better!”

Si perché la Cina è e sarà sempre una squadra, un corpo che si muove all’unisono. Un valore di cui i cinesi vanno fieri e che oggi la “Grande Parata” ha ancora dimostrato essere il valore fondante anche della Cina contemporanea e futura.

Quindi non possiamo anche noi che fare i nostri e sentiti: “Tanti Auguri Cina!!”

giovedì 20 agosto 2009

Facciamo la Storia e pensiamo al futuro dell’Italia!

In queste giornate ferragostane, non posso che rimanere basito sui toni della polemica nata attorno all’organizzazione del 150° della Unità d’Italia.

Ovviamente, in una situazione economica difficile come quella attuale, ben vengano i risparmi suggeriti dalla Lega, ma appare eccessivo allargare la questione, finendo per addirittura mettere l’Unità d’Italia sul banco degli imputati, quale un vergognoso passato del paese.

Che l’Unità d’Italia sia stata vinta sui cambi di battaglia, lo sappiamo tutti, tra l’altro nato a Bergamo, sono della città del nord da cui partirono i famosi Mille che conquistarono / liberarono la Sicilia e larga parte del Sud, per poi “consegnarle” a Re Vittorio Emanuele II, nel famoso incontro di Teano.

Per capire quali fossero i tempi e le aspirazioni di allora, basti un’affermazione di Mazzini che scriveva: “non si tratta più di repubblica o monarchia: si tratta dell'unità nazionale ... d'essere o non essere”.

Parole, non va dimenticato, dette quando a governare la sua Genova c’erano i Francesi, a Milano gli Austriaci e a Napoli gli Spagnoli, momenti dove il “sogno” di una Italia Unita mosse le menti e le braccia di intere generazioni che tentarono a più riprese di realizzarlo, anche a sprezzo della propria vita.

Qualcosa di cui non dobbiamo superficialmente dimenticarcene oggi.

Per capirci, è come se ora gli Stati Uniti d’America, mettessero in dubbio il percorso che portò all’Unione dei 50 stati che la compongono e che passò prima dalla sanguinosa guerra di secessione americana, poi al massacro degli Indiani del periodo delle Guerre Indiane, passando dall’annessione armata delle terre Messicane che costituiscono il Sud del paese.

Tra l’altro, l’accusa che viene fatta all’Unità d’Italia, quello di aver creato un multiculturalismo forzato, come fosse qualcosa di negativo, sembra non tenere conto di quanto sta per esempio accadendo ancora negli Usa, il paese con la maggiore diversità etnica e multiculturalità al mondo, dove un “figlio” degli schiavi “importati forzosamente” negli anni della Unificazione, ora è diventato il leader mondiale e portatore di un messaggio di cambiamento per l’intero pianeta.

Ovvio, visto con gli occhi dei simpatizzanti del Ku Klux Klan, questa rappresenta la prova del “fallimento” del processo di crescita della società Americana e del “peccato originale” di quello che ancora molti da quelle parti pensano sia stato il “Pazzo Lincoln”, l’uomo che finì per aprire la strada affinché un Obama potesse arrivare alla Casa Bianca, un centinaio d’anni dopo.

Ma la storia ha insegnato che chi ha vissuto dei se e dei ma, ha sempre fatto una brutta fine (Roma compresa), perché da quando l’uomo si è alzato in piedi e ha cominciato a camminare, poi non ha più smesso di correre e cambiare, tanto che gli scienziati ora sono tutti concordi nell’affermare come nel futuro i capelli biondi saranno una rarità, i capelli rossi quasi introvabili, la pelle sarà più scura e gli occhi saranno sempre più a mandorla.

Detto questo appare quindi incredibile che ci sia qualcuno che pensi che l’Unità d’Italia sia il “problema” e l’origine di tutti i mali di cui è afflitta l’Italia di oggi, un paese che il Mondo intero ci invidia e che noi Italiani sembra ora non sappiamo più cosa farcene.

Forse il problema sta tutto qua: a non crederci siamo prima di tutto noi, troppo presi a cercare di regolare “beghe” di potere locale o di questo o quel campanile, dimenticandoci che per diventare un paese guida per se e per gli altri, occorre prima di tutto avere l’orgoglio di appartenere ad un progetto che vada oltre i nostri “piccole” ed egoistiche aspirazioni.

Semplicisticamente ci si scorda che per secoli l’Italia, quella post Roma per intenderci, è stata divisa tra città e comuni in costante guerra tra loro per pochi metri di terra o per semplici antipatie che tutelavano si le singole identità ma che finirono poi per essere troppo fragili di fronte alle potenze di allora, Francesi, Spagnole, Austriache che finirono per dominarci a lungo.

Solo attraverso il vituperato “progetto” dell’Unità d’Italia si riuscì a tornare a decidere del nostro passato e tornare a farci rispettare nel mondo.

Ora il problema non è fare le “pulci” alla storia dei nostri nonni che fecero l’Impresa, ma rimboccarci le maniche per costruire il nostro futuro, lasciando da parte presunti errori di “gioventù” di un paese ancora tutto da costruire e cercare di diventare protagonisti di un cambiamento che prima di tutto guardi al futuro, l’unico modo che oggi ci è consentito, per poter sopravvivere e non essere spazzati via dalla storia che verrà.

Le cose che non funzionano sono molte anche e soprattutto per un altro errore nella nostra storia recente, di cui non vedo mai fare cenno: la NON-autodeterminazione di cui abbiamo goduto nel dopoguerra, a causa del “controllo” Americano che ha voluto che le cose andassero come poi sono andate, tanto che ora la nostra pessima classe politica è figlia di quelle scelte dei vincitori di allora.

La storia si può fare, basta avere un’idea chiara di quello che si vuole e non solo una lunga lista di lamentele che affondano nella notte dei tempi dei se e dei ma di una storia che, da quando mondo è mondo, la scrivono solo i vincitori.

Lasciamo stare quindi l’Unità d’Italia e guardiamo al futuro, affinché invece di tornare indietro, si riesca a riconquistare una vera centralità della nostra cultura a livello mondiale e dove oltre ai dialetti ci sia anche una profonda conoscenza dell’Inglese e del Cinese, le due lingue che segneranno i prossimi decenni del pianeta.

Ma soprattutto, in futuro, dobbiamo cercare che sempre più stranieri parlino la nostra lingua, l’Italiano, il messaggero, il tramite attraverso il quale la nostra cultura ha ancora ampi spazi per vivere anche nel futuro e non finire per diventare “lingua (cultura) morta” alla stregua del latino che fu.

Occorre quindi tornare a combattere una “guerra” e “sgomitare” per farci valere come Italiani, tutti assieme, per dare a quelli che verranno nuovi spazi per esprimersi e poter vivere meglio del nostro presente, non scegliendo invece il facile asserragliarsi nei nostri “castelli”, sperando che i barbari ci risparmino nel futuro.

Ricordiamocelo: la storia la scriveranno solo i vincitori, non i vinti!

mercoledì 29 luglio 2009

Obama “Yes you can!” Gli Usa, diano l’esempio!

Ieri, in occasione dell’apertura del 1° vertice Economico Strategico tra Cina e Usa, Obama ha lanciato un messaggio di cooperazione tra Cina ed Usa, affinché siano un “responsabile traino” per l’intera sviluppo mondiale.

Tutto ciò all’apertura del vertice tra il più grande paese in via di sviluppo e il più grande paese già sviluppato, un momento storico per un confronto diretto tra le “due facce del pianeta”, dove non si stanno semplicemente confrontando la 1° e la 3° economia mondiali, ma il passato e il futuro del mondo

Divertente lo scambio di citazioni tra i diversi leader presenti per “sciogliere il ghiaccio”, iniziato da Obama con quello che tutti i media occidentali, hanno subito definito “la diplomazia del Basket”, quando ha citato Yao Ming dal quale avrebbe imparato come “non importa se sei un giocatore esperto o sei agli inizi. Comunque hai bisogno di adattarti al gioco di squadra!”

Ma non solo, Obama, ha citato anche un altro grande della filosofia cinese Mencio, affermando “ Un percorso tra le montagne, se utilizzato, diventa un percorso veloce, ma se non viene utilizzato, verrà bloccato dall’erba in altrettanto breve tempo”.

Obama ha poi aggiunto: "Il nostro compito è quello di creare un percorso per il futuro che vogliamo per i nostri bambini - per evitare che le inevitabili diffidenze o differenze del momento, possano bloccare per sempre il percorso con l’erba, in un consapevole viaggio fatto insieme”.

Ma non solo Obama ha parlato per citazioni, visto che anche Hillary Clinton e Timothy Geithner, il Segretario del Tesoro degli Stati Uniti, si sono esibiti in un altro aforisma cinese "quando ci si trova in una barca comune, è necessario attraversare il fiume pacificamente insieme“. A questo hanno poi aggiunto come “intendiamo unirci alla nostra controparte cinese, afferrando un remo ciascuno ed iniziare a remare".

In risposta a questa “cinesizzazione dei testi ufficiali americani”, il Segretario del Consiglio di Stato Cinese, Dai Bingguo, lo stesso che ha sostituito Hu Jintao al recente G8, ha risposto con un Obamiano : “Yes, We can”!

Ma a parte questo “divertente” gioco di citazioni in apertura dei lavori, appaiono evidenti le distanze tra Usa e Cina, così come le differenze di base. L’esempio è stato il “teatrale” appello di Obama alla Cina, per invitarla ad una collaborazione sul clima, quasi come se l’adesione della Cina sul tema fosse il problema.

Ma evidentemente Obama sembra “dimenticarsi” di come invece gli Usa, non solo non abbiano mai ratificato gli accordi di Kyoto, ma rispetto alla Cina che sta attuando da tempo un piano nazionale per un radicale abbassando del proprio impatto ambientale, gli Usa continuano a mantenersi recordman per emissioni procapite, con valori quasi 4 volte superiori a quelle della Cina o addirittura quasi 9 volte se paragonati all’India o Brasile.

A partire da questo scenario, la Cina si è da tempo fatta portatrice di un messaggio condiviso dai paesi in via di sviluppo, che ritengono ingiusta la politica energetica vista come un “semplice” confronto tra i diversi paesi, tutto ciò per due ordini di motivi.

Il primo demografico, visto che i paesi sviluppati, Usa in testa, con le regole fino ad ora proposte, continuerebbero ad avere il diritto di avere un “potere inquinante” procapite, decisamente superiore a quello dei paesi emergenti, decisamente più popolosi.

Il secondo economico, visto che il cambiamento delle regole del “gioco”, finirebbe per “penalizzare” gli ultimi arrivati, tra cui appunto Cina, India e Brasile, che si trovano in una fase delicata nel proprio sviluppo.

Non solo, l’idea di tassare le emissioni di CO2, così come la possibilità di poter pagare per acquistare i “diritti ad inquinare” da altri paesi meno inquinanti, risulta per i cinesi, un approccio sbagliato per risolvere il problema, perché è evidente che i paesi ricchi potranno avere maggiori benefici, proprio grazie alla maggiore ricchezza di cui già dispongono.

Quindi l’invito di Obama ad un accordo per una crescita sostenibile, finisce per apparire più “fumo negli occhi”, visto che fino ad ora gli Usa si sono guardati bene dal firmare qualsiasi tipo di accordo vincolate.

Tanto che anche quello sottoscritto nel 2006, denominato “Partnership Asia Pacific – Sviluppo Pulito e Clima”, a cui hanno aderito anche Australia, Cina, India, Canada, Giappone, Sud Corea, è stato definito dall’Economist, più la “foglia di fico” per giustificare il rifiuto di Usa ed Australia a non firmare gli accordi di Kyoto, che un reale impegno a trovare una soluzione.

Quindi le parole di Obama, assomigliano più ad una “teatralità delle intenzioni” che la definizione di un concreto percorso in grado di risolvere davvero i problemi del mondo.

Ben vengano le intenzioni, ma per favore lasciamo stare le “lezioni”, servono solo ad irrigidire l’altra parte del mondo che da troppo tempo se l’è sentita raccontare, non vedendo altro che il crescere del divario tra paesi ricchi e quelli poveri.

Paesi ricchi, Usa in testa, che invece di fare “ammenda”, ora intendono definire le nuove regole, le stesse che rischiano solo di “tarpare” le ali allo sviluppo di oltre 2 miliardi e mezzo di persone.

Da tempo, non usando alcun aforismo ma parole dirette e chiare, i Cinesi stanno oltrettutto cercando di ricordare agli Americani come il problema della loro cooperazione sia un falso problema, visto che di fatto sono il primo “azionista” degli Usa e quindi i primi ad essere interessati ad un finale positivo.

Ora ci si augura che le distanze trovino una qualche soluzione, altrimenti al G20 di Pittsburg in programma a settembre, così come la conferenza di Copenhagen sul clima, si assisterà ancora ad un prevedibile fallimento.

Quel giorno non si cerchi la soluzione nelle “citazioni di circostanza” o la solita “romanzina” ai paesi in via di sviluppo, Cina in testa, non comprendendo che è solo l’esempio che può portare a dei risultati concreti.

Esempio che la Cina e i paesi in via di sviluppo, si aspettano da tempo siano proprio gli USA a dare per primi, sintetizzabile dallObamiano: “Yes we Can”!

Ora si passi ai fatti, il mondo sta aspettando!

lunedì 27 luglio 2009

L’agroalimentare italiano “punta” sulla Cina.

Se chiedete ad un cinese, una parola che descriva l’Italia, la risposta banale ma sincera sarà: pasta!!

Per quanto Fiat, Generali o altri marchi industriali, anche quelli dei fashion, possano cercare di fare, nell’immaginario dei cinesi la pasta, sarà sempre al primo posto.

E c’è da credere che il Presidente cinese Hu Jintao non l’abbia fatto solo per “cortesia”, quando, una volta atterrato a Roma, dopo un bel giro al Colosseo, nel Forum Italia – Cina abbia lanciato un messaggio chiaro agli imprenditori presente: “I vostri prodotti ai cinesi piacciono!!”

Che non fosse poi una semplice cortesia, ma il segnale dell’inizio dei lavori, quelli serie, se ne sono accorti molti dei presenti al Forum che si sono trovati di fronte tra l’altro alla più grande missione agrolimentare cinese ma arrivata in Italia.

Un gruppo di lavoro composto dalla prima linea delle imprese cinesi del settore tra cui COFCO (conglomerata con un giro d’affari di circa 160 Miliardi di Euro), ZJCOF rappresentata dal Chairman of the Board, Tianjin Food Imp.& Exp. Co.Ltd., EEI Universe dello Zhejiang, Dalian Xinnuo dal Liaoning, Yi Xing Leather dal Guangdong che nei giorni precedenti al forum ha gettato le basi per creare una connessione diretta Italia – Cina per i prodotti agro-alimentari Italiani attraverso tutta una serie di accordi commerciali.

Guidata da Mr. Mr.Huo, della Camera di Commercio di Pechino e per l’Italia, dal Presidente della Agenza per la Cina, Armando Tschang, questa delegazione ha avuto una serie d’incontri con aziende italiane dell’alimentare lombarde ed emiliane.

Rientrata a Roma si è passati alla firma dell’intesa strategica sull’agroalimentare tra i due paesi, uno tra i 38 accordi sottoscritti alla presenza del Ministro per il commercio cinese Ministro Cinese Mr. Gao Huichen e del Vice Ministro Cinese Mme Qiu Hong, dal valore complessivo di 2 Miliardi di Dollari.

L’accordo sottoscritto tra la China Chamber of Commerce of Import & Export of Foodstuff, Native Produce and Animal by Products e l’Agenzia per la Cina, come sottolineato dal Presidente dell’Agenzia per la Cina Armando Tschang, “è un memorandum d’intesa con l’obiettivo di sviluppare la collaborazione, tra l’Italia e la Cina , nel settore Agro-alimentare e per sostenere investimenti e promozione dei prodotti tipici Italiani in Cina”.

“L’intesa sottoscritta oggi”, continua poi Armando Tschang, “ è un accordo importante, che getta le basi ad operazioni concrete, come il sostegno ad aziende italiane che vogliono entrare o crescere in Cina.”

Ai margini della cerimonia ufficiale, Mr. Hu e Armando Tschang, hanno anche annunciato come il primo appuntamento collegato all’accordo firmato, sarà quello di un Forum Economico che avrà luogo nel 2010 a Beijing e nel quale i Cinesi potranno entrare in contatto diretto con il patrimonio agro-alimentare Italiano, anche attraverso iniziative mirate, tutte per sostenere e caratterizzare le “eccellenze” del Made in Italy.

Quindi oltre agli accordi industriali più noti e pubblicizzati sui media, come quello di Fiat, Ansaldo – Breda, Generali e Mediobanca, a Roma sono state gettate le basi affinché l’Italia, in accordo con il Governo cinese, possa costruire una piattaforma per l’agro-alimentare che consenta di incrementare gli interscambi commerciali tra i due paesi.

Una sfida riassunta dallo stesso Presidente del Consiglio Italiano, Silvio Berlusconi, che ha chiesto alle aziende Italiane di credere nella Cina e nella possibilità di diventare, “entro tre anni”, il terzo paese per investimenti in Cina.

Ma nel frattempo, si permetta ai cinesi di poter finalmente avere in presa diretta, il meglio della produzione italiana, che il mondo intero ci invidia e che i cinesi, dalle parole del loro Presidente, sono in trepidante attesa di avere sulle proprie tavole.