Facciamo la Storia e pensiamo al futuro dell’Italia!
In queste giornate ferragostane, non posso che rimanere basito sui toni della polemica nata attorno all’organizzazione del 150° della Unità d’Italia.
Ovviamente, in una situazione economica difficile come quella attuale, ben vengano i risparmi suggeriti dalla Lega, ma appare eccessivo allargare la questione, finendo per addirittura mettere l’Unità d’Italia sul banco degli imputati, quale un vergognoso passato del paese.
Che l’Unità d’Italia sia stata vinta sui cambi di battaglia, lo sappiamo tutti, tra l’altro nato a Bergamo, sono della città del nord da cui partirono i famosi Mille che conquistarono / liberarono la Sicilia e larga parte del Sud, per poi “consegnarle” a Re Vittorio Emanuele II, nel famoso incontro di Teano.
Per capire quali fossero i tempi e le aspirazioni di allora, basti un’affermazione di Mazzini che scriveva: “non si tratta più di repubblica o monarchia: si tratta dell'unità nazionale ... d'essere o non essere”.
Parole, non va dimenticato, dette quando a governare la sua Genova c’erano i Francesi, a Milano gli Austriaci e a Napoli gli Spagnoli, momenti dove il “sogno” di una Italia Unita mosse le menti e le braccia di intere generazioni che tentarono a più riprese di realizzarlo, anche a sprezzo della propria vita.
Qualcosa di cui non dobbiamo superficialmente dimenticarcene oggi.
Per capirci, è come se ora gli Stati Uniti d’America, mettessero in dubbio il percorso che portò all’Unione dei 50 stati che la compongono e che passò prima dalla sanguinosa guerra di secessione americana, poi al massacro degli Indiani del periodo delle Guerre Indiane, passando dall’annessione armata delle terre Messicane che costituiscono il Sud del paese.
Tra l’altro, l’accusa che viene fatta all’Unità d’Italia, quello di aver creato un multiculturalismo forzato, come fosse qualcosa di negativo, sembra non tenere conto di quanto sta per esempio accadendo ancora negli Usa, il paese con la maggiore diversità etnica e multiculturalità al mondo, dove un “figlio” degli schiavi “importati forzosamente” negli anni della Unificazione, ora è diventato il leader mondiale e portatore di un messaggio di cambiamento per l’intero pianeta.
Ovvio, visto con gli occhi dei simpatizzanti del Ku Klux Klan, questa rappresenta la prova del “fallimento” del processo di crescita della società Americana e del “peccato originale” di quello che ancora molti da quelle parti pensano sia stato il “Pazzo Lincoln”, l’uomo che finì per aprire la strada affinché un Obama potesse arrivare alla Casa Bianca, un centinaio d’anni dopo.
Ma la storia ha insegnato che chi ha vissuto dei se e dei ma, ha sempre fatto una brutta fine (Roma compresa), perché da quando l’uomo si è alzato in piedi e ha cominciato a camminare, poi non ha più smesso di correre e cambiare, tanto che gli scienziati ora sono tutti concordi nell’affermare come nel futuro i capelli biondi saranno una rarità, i capelli rossi quasi introvabili, la pelle sarà più scura e gli occhi saranno sempre più a mandorla.
Detto questo appare quindi incredibile che ci sia qualcuno che pensi che l’Unità d’Italia sia il “problema” e l’origine di tutti i mali di cui è afflitta l’Italia di oggi, un paese che il Mondo intero ci invidia e che noi Italiani sembra ora non sappiamo più cosa farcene.
Forse il problema sta tutto qua: a non crederci siamo prima di tutto noi, troppo presi a cercare di regolare “beghe” di potere locale o di questo o quel campanile, dimenticandoci che per diventare un paese guida per se e per gli altri, occorre prima di tutto avere l’orgoglio di appartenere ad un progetto che vada oltre i nostri “piccole” ed egoistiche aspirazioni.
Semplicisticamente ci si scorda che per secoli l’Italia, quella post Roma per intenderci, è stata divisa tra città e comuni in costante guerra tra loro per pochi metri di terra o per semplici antipatie che tutelavano si le singole identità ma che finirono poi per essere troppo fragili di fronte alle potenze di allora, Francesi, Spagnole, Austriache che finirono per dominarci a lungo.
Solo attraverso il vituperato “progetto” dell’Unità d’Italia si riuscì a tornare a decidere del nostro passato e tornare a farci rispettare nel mondo.
Ora il problema non è fare le “pulci” alla storia dei nostri nonni che fecero l’Impresa, ma rimboccarci le maniche per costruire il nostro futuro, lasciando da parte presunti errori di “gioventù” di un paese ancora tutto da costruire e cercare di diventare protagonisti di un cambiamento che prima di tutto guardi al futuro, l’unico modo che oggi ci è consentito, per poter sopravvivere e non essere spazzati via dalla storia che verrà.
Le cose che non funzionano sono molte anche e soprattutto per un altro errore nella nostra storia recente, di cui non vedo mai fare cenno: la NON-autodeterminazione di cui abbiamo goduto nel dopoguerra, a causa del “controllo” Americano che ha voluto che le cose andassero come poi sono andate, tanto che ora la nostra pessima classe politica è figlia di quelle scelte dei vincitori di allora.
La storia si può fare, basta avere un’idea chiara di quello che si vuole e non solo una lunga lista di lamentele che affondano nella notte dei tempi dei se e dei ma di una storia che, da quando mondo è mondo, la scrivono solo i vincitori.
Lasciamo stare quindi l’Unità d’Italia e guardiamo al futuro, affinché invece di tornare indietro, si riesca a riconquistare una vera centralità della nostra cultura a livello mondiale e dove oltre ai dialetti ci sia anche una profonda conoscenza dell’Inglese e del Cinese, le due lingue che segneranno i prossimi decenni del pianeta.
Ma soprattutto, in futuro, dobbiamo cercare che sempre più stranieri parlino la nostra lingua, l’Italiano, il messaggero, il tramite attraverso il quale la nostra cultura ha ancora ampi spazi per vivere anche nel futuro e non finire per diventare “lingua (cultura) morta” alla stregua del latino che fu.
Occorre quindi tornare a combattere una “guerra” e “sgomitare” per farci valere come Italiani, tutti assieme, per dare a quelli che verranno nuovi spazi per esprimersi e poter vivere meglio del nostro presente, non scegliendo invece il facile asserragliarsi nei nostri “castelli”, sperando che i barbari ci risparmino nel futuro.
Ricordiamocelo: la storia la scriveranno solo i vincitori, non i vinti!