Hu Jintao Presidente Cinese versione Cantante! (Canzone d'Amore Russa)
Anche Hu Jintao Presidente della Repubblica Popolare Cinese, alle prese con una famosa canzone d'amore russa! Berlusconi è avvisato!!
Link: Hu Jintao versione cantante!
Step by step (yi bu yi bu appunto)osservare da Shanghai come la Cina cambia e il mondo con essa. Ma soprattutto, quali spazi l'Italia potrà ritagliarsi per recuperare una sua nuova identità nel nuovo mondo "cinesizzato", per un secondo rinascimento?
Anche Hu Jintao Presidente della Repubblica Popolare Cinese, alle prese con una famosa canzone d'amore russa! Berlusconi è avvisato!!
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Contesti: Berlusconi, Cantante, Cina, Hu Jintao
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Contesti: Andrea Bocelli, Carla Bruni, Cina, Expo 2010, Hu Jintao, Sarkozy, shanghai
L’avrebbe fatto qualsiasi leader Occidentale in una situazione simile. Lo ha fatto oggi anche Hu Jintao.
Stamattina, il Presidente Cinese Hu Jintao, ha deciso di tornare in Cina, per monitorare in patria gli sviluppi della situazione nella Regione Autonoma dello Xinjiang Uygur.
La Cina sarà comunque presente agli incontri fissati per il G8 e il Presidente Hu Jintao sarà sostituito dal membro del Consiglio di Stato, Dai Bingguo.
E’ stato anche comunicato che verrà rischedulata in seguito, la prevista visita di Stato del Presidente Hu Jintao in Portogallo, programmata dopo il G8 a l’Aquila.
Per quanto riguarda il ritorno in patria del Presidente Cinese, dimostra l’attenzione che i vertici nazionali stanno ponendo sulla questione, anche perchè non appaiono del tutto convinti sul fatto che quanto accaduto, sia nato solo quale scontro etnico in seguito all’omicidio di due Uiguri nel Guandong.
Secondo i cinesi, quanto accaduto nel Guandong è infatti servito come pretesto per una mossa secessionista, preparata da tempo.
Comunque sia, il Governo locale, nei giorni scorsi non aveva mai dichiarato la etnia dei morti dei fatti di domenica scorsa.
Ma inaspettatamente, in queste ore, sarebbe in atto una sorta di contro-ribellione, questa volta della maggioranza di etnia Han, una sorta di risposta “implicita” sulla etnia a cui appartenevano i morti di domenica e che ora, sono scesi in piazza alla caccia degli Uiguri, per vendicare quanto accaduto nei giorni scorsi.
La polizia sta cercando in tutti i modi, di evitare qualsiasi tipo di contatto tra i diversi gruppi etnici e lo svolgersi di qualsiasi sommaria vendetta.
Per cercare di contenere tutto ciò, nella regione sono state quindi decretate dal Governo locale, 11 ore di coprifuoco, per consentire un ritorno alla normalità.
Ma il Governo Cinese, attraverso il portavoce degli Affari Esteri, ha sottolineato in conferenza stampa, come esistono seri elementi secondo cui, quanto accaduto nello Xinjiang, possa avere una “mente ispiratrice ed istigatrice esterna”, indicata in Rebiya Kadeer, una donna d’affari cinese di etnia Uigura, leader del World Uyghur Congress, movimento con aspirazioni separatistiche.
Rebiya Kadeer, arrestata nel 1999, era stata rilasciata nel 2005, per poter avere trattamenti medici in Usa, con la promessa di non agire contro gli interessi nazionali cinesi.
Ma in queste ore, secondo i cinesi, Rebiya Kadeer sta svolgendo un’azione di coordinamento delle attività nella regione dello Xinjiang, utilizzando Internet quale strumento per tenere i contatti sul campo.
Quale prova di questo suo coinvolgimento, il Governo locale possiede delle intercettazioni telefoniche nelle quali la Rebiya, telefonando al fratello a Urumqi, nei giorni precedenti ai fatti di domenica, quale commento a quanto accaduto nello Guangdong, affermerebbe “Qualcosa accadrà in Urumqi. Noi siamo a conoscenza che stanno accadendo molte cose!”.
Per questa ragione, nello Xinjiang, Internet è stato momentaneamente sospeso.
Una decisione che è stata comunicata attraverso una conferenza stampa, nella quale dalle autorità locali hanno spiegato le ragioni di tale azione, chiedendo la comprensione dei cittadini ed augurandosi che possa essere una misura assolutamente temporanea, comunque connessa con l’evolversi della situazione.
Connesso a questa decisione, non sorprende che in molte parti della Cina, da ieri non funzionino anche Twitter e Facebook.
La sensazione è che ai cinesi interessi evitare il perdurare degli scontri etnici, evitando soprattutto l’inizio di un’escalation, di quella che appare ormai una sorta di “occhio per occhio”, ma che viste le implicazioni religiose, connesse al fatto che gli Uiguri sono Mussulmani, possa “esporre” la Cina anche sul fronte del Terrorismo Internazionale di matrice islamica, che fino ad ora era stato abilmente tenuto lontano dai confini del paese, ma sempre temuto.
Tutto ciò sembra quindi aver consigliato il ritorno in patria di Hu Jintao, anche perché si può presumere che quanto prima, possa fare un invito pubblico televisivo, per contribuire a riportare la calma e una civile convivenza nello Xinjiang, ora fortemente compromessa dai fatti di questi giorni e che spiega anche la “durezza” con la quale i cinesi si stanno comportando nei confronti di qualsiasi “suggeritore” all’estero.
Non va infatti dimenticato che l’area dove sono scoppiati gli scontri, è una delle più povere del paese o quantomeno, non è stata del tutto toccata dal crescente benessere di cui invece vivono le aree dell’Est cinese.
Quindi l’esplosione della rabbia della maggioranza di etnia Han di queste ore, una novità, anche rispetto ai fatti accaduti in Tibet, dove la comunità Han non agì, sono una cartina di tornasole di una potenziale situazione esplosiva che va rapidamente riportata alla normalità.
Nel resto della Cina, i fatti dello Xinjiang stanno suscitando “profonda commozione”, visto che non sembra esserci alcun filtro alle notizie, immagini e video diffusi sui diversi media, ma nel contempo, nella stragrande maggioranza dei cinesi, è forte e prevalente la richiesta al Governo di riportare rapidamente l’ordine nella regione.
Una ragione di più per evitare di fornire “alibi”, soprattutto all’estero, per strumentalizzare quanto sta accadendo nello Xinjiang, sentimenti che poi finiscono per ispirare eventi altrettanto pericolosi, come quanto quello accaduto in Olanda, dove è stata presa di mira l’Ambasciata Cinese e che rischiano solo di complicare la ricomposizione della situazione nello Xinjiang o peggio di fomentare atteggiamenti xenofobi nei confronti dei cinesi.
Hu Jintao è arrivato in Italia alla guida di una delegazione politico – commerciale in vista del prossimo G8 a L’Aquila.
Ma cosa è venuto a fare realmente il Presidente Cinese al G8?
Beh, sicuramente qualcosa di molto diverso da quello si aspettano molti Leaders occidentali.
I Cinesi si attendono infatti di essere stati invitati a quello che loro chiamano G8 + 5, un dialogo alla pari tra nazioni sviluppate e la prima linea di quelle che, ancora per poco, si potranno considerare paesi in via di sviluppo, per affrontare i punti cardini ancora scoperti: Finanza, Ambiente, Energia, Cibo.
Sorprendentemente, diversamente da quanto dichiarato nelle scorse settimane, a l’Aquila i Cinesi non chiederanno di abbandonare il dollaro come moneta di riserva, proposta concordata di recente con la Russia e che aveva trovato l’appoggio anche dell’India, ma si concentreranno su un punto focale strategico: abbattere tutte le barriere protezionistiche negli scambi commerciali e nella tutela ambientale.
Il pragmatismo cinese infatti, concedendo agli Americani il “beneficio del dubbio” su una questione spinosa e complessa come quella della nuova valuta di riserva, intende ottenere in cambio un risultato decisamente più concreto sul breve periodo e che di riflesso impatterebbe anche su tutti i paesi in via di sviluppo: la fine dei protezionismi occidentali!
Questo sarà il punto strategico della presenza Cinese a l’Aquila, un “must” con il quale offrire anche agli altri paesi con costi della manodopera inferiori a quelli dei paesi sviluppati, un’occasione di crescita attraverso una seria applicazione dei trattati del WTO, che di fatto non prevedono barriere agli scambi commerciali tra nazioni.
Stesso discorso per quanto riguarda gli interventi in materia ambientale, dove alla richiesta di un “gioco di squadra” tra tutte le nazioni e non solo alcune, seguirà un secco “no” cinese alla carbon tax, una tassa sulla CO2 prodotta, che evidentemente penalizza maggiormente i paesi in via di sviluppo, ancora nella loro prima fase industriale, piuttosto che quelli già sviluppati.
Ecco quindi il senso del +5 di questo Summit: stabilire fin dal principio che i paesi del G8 non possono più pensare di essere i decisori unici del futuro del mondo, gestendo le regole a proprio piacimento per tutelare le proprie certezze e scarso rispetto di quelle altrui.
Soprattutto il +5 intende fare valere il proprio “peso” sulle due questioni più delicate: energia e sicurezza dell’approvvigionamento alimentare, in particolare per i paesi Africani.
Il “diritto al proprio sviluppo” è la chiave della posizione che a L’Aquila la Cina si augura non venga disattesa, un approccio a suo modo “rivoluzionario”, perché rappresenterebbe un cambiamento fondamentale delle prospettive che fino ad ora hanno guidato l’ultimo secolo industriale e post-industriale.
La Cina intende essere il portavoce di un cambiamento che vada oltre le apparenze e gli ipocriti convenevoli dei paesi occidentali che se da un lato dicono di sostenere lo sviluppo dei paesi più poveri, dall’altro poi definiscono regole o le modificano, affinché ciò risulti sostanzialmente impraticabile, per così mantenere il proprio predominio economico.
La mutua cooperazione tra paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, sintetizzata da questo G8 + 5, appare quindi essere l’unico modo per definire le nuove regole che devono guidare una crescita più equilibrata del mondo, ma che soprattutto mettano al centro “la crescita dei paesi più poveri” e rivedano il sostanziale “egoismo” dei paesi sviluppati, senza ulteriori protezionismi ideologici o commerciali, affinché a tutti, ma proprio tutti, sia data l’opportunità di un futuro migliore.
Quindi anche per il valore scaramantico che in Cina è attribuito al numero 8 (portafortuna), i cinesi, pur continuando a chiamarlo G8 + 5, pensano G13.
Gli altri leaders presenti sono “avvisati”.
faccia a faccia Hu Jintao e Obama a Londra. L’inizio di un dialogo che può aiutare gli equilibri mondiali e premessa per il discorso che Hu farà al G20, dove proporrà la “ricetta” Cinese per cercare di cambiare il corso degli eventi mondiali. La Cina si augura nel successo del G20 in corso, attribuendo grande importanza al fatto che sia giunto il momento che le grandi potenze mondiali inizino ad ascoltare veramente e comprendano a fondo i punti di vista allargati di tutta la comunità mondiale, smettendo di decidere e deliberare su particolarismi, ormai del tutto inapplicabili, vista l’interconnessione in tempo reale dell’intero sistema economico sociale. Parafrasando il famoso principio fisico, “un battere d’ali di farfalla nei paesi sviluppati, può scatenare la tempesta dall’altra parte del mondo”! E ora l’altra parte del mondo è preoccupata, perché la tempesta è nei paesi sviluppati!! (Leggi)
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Alberto Fattori
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21:57
Contesti: China, Cina, Crisi Finanziaria, Economia, Hu Jintao, Locke, Obama, Politica Internazionale, Usa
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Alberto Fattori
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21:40
Contesti: Cina, Crisi Finanziaria, Hu Jintao, Li Keqiang, NPC, Xi Jinping
La prima nel nuovo incarico di Segretario di Stato dell’epoca Obama.
La “faccia” presentata è stata quella delle grandi occasioni, molto pragmatica e priva di retorica che ha voluto andare dritta al nocciolo del problema: gli USA e la Cina non possono fare a meno l’uno dell’altro.
Questo matrimonio d’interesse e il pensiero americano, con un’abilità da scafato diplomatico, è stato oltretutto svelato ben prima dell’arrivo dalla stessa Hillary Clinton sull’aereo che la portava a Beijing.
Infatti la “battuta” relativa al fatto che “i diritti umani non possono prevaricare gli aspetti di una fattiva relazione finanziaria e commerciale tra i due paesi” e che ha scatenato le ire di Amnesty, a Beijing è stato interpretata come un concreto segnale che ha dato al Governo Cinese il senso della visita del nuovo Segretario di Stato Americano.
Questa visita di fatto prepara il prossimo incontro al vertice, quello tra lo stesso Obama e il Presidente Cinese Hu a Londra, in occasione del prossimo G20 di aprile.
Sul tavolo sono state quindi messe le questione fondamentali attorno alle quali ruota il futuro dei rapporti tra i due paesi: livello di cambio Yuan / Dollaro e quote di import / export tra i due paesi.
Entrambe le questioni sono strettamente collegate a filo doppio ed entrambi i paese sanno che una guerra commerciale adesso, alzando difensivi muri protezionistici, non rappresenta una soluzione.
Il debito americano in mano ai cinesi da un lato, obbliga infatti gli americani a non cercare un confronto troppo duro, visto che di fatto sta finanziando buona parte delle “stampelle” che non hanno già portato gli USA al baratro.
Per contro la Cina, non può cercare di mettere all’angolo gli USA, in una condizione complessiva ad oggi decisamente favorevole, perché necessita delle esportazioni verso gli Stati Uniti e degli scambi tecnologici, commerciali ed investimenti delle multinazionali americane, per continuare la propria impetuosa crescita iniziata 30 anni fa.
Quindi dalla Clinton sono stati dismessi i toni da “guerra fredda” che qualche volta si sono sentiti da Bush, che vedeva comunque con “sospetto” la crescente influenza Cinese nel mondo ed in particolare in aree delicate per gli USA quali Africa, Venezuela e Brasile ma che soprattutto sembrava non gradire il ruolo di “guida” dei paesi in via di sviluppo assunto dalla Cina, paesi che non nascondono di mettere gli USA in cima della lista dei responsabile di quanto accaduto a loro nel passato e per quanto sta accadendo ora nel mondo.
Gli USA sanno anche che sulla questione Nord Coreana, la Cina è in grado di contribuire ad evitare che qualsiasi escalation nella zona possa precipitare in qualcosa di molto pericoloso, visto il probabile effetto domino che produrrebbe.
La Hillary Clinton apparsa a Beijing, per i suoi toni e i modi coerenti, è piaciuta ai cinesi che da troppo tempo sono abituati a dover fare con leaders occidentali che a casa loro dicono una cosa e una volta atterrati a Beijing, dicono l’esatto contrario.
Speriamo questo sia il primo positivo passo per una sostanziale normalizzazione e definizione di comuni regole di cooperazione tra la nuova amministrazione americana e il governo cinese.
Sarebbe un passo importante per cercare di contribuire anche ad una pacifica soluzione delle questioni finanziarie e politiche che stanno tormentando il mondo intero.
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Alberto Fattori
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22:26
Contesti: ASEM, Berlusconi, Cina, Economia, Finanza, Hu Jintao, Wen Jiabao
E' stato creato dal giornale di partito People's Daily, il Fan Club del Presidente e del Primo Ministro Cinese.
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Alberto Fattori
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00:53
Contesti: Cina, Hu Jintao, Intermet Media, Wen Jiabao
Stamattina, in occasione della sua visita al giornale nel 60° anniversario della sua nascita, il presidente cinese Hu Jintao è entrato in contatto con il “popolo della rete” cinese, attraverso una BBS del People’s Daily,
Una esperienza nuova ed inaspettata che ha rivelato un aspetto poco conosciuto del Presidente cinese che ha confessato di essere anche lui un navigatore in rete, raccontando di preferire la lettura delle news on line sia interne che internazionali.
Il Presidente cinese ha inoltre sottolineato come il suo governo sia molto attento al mondo virtuale quale spazio chiave dove le idee delle persone possono essere raccolte e confrontarsi.
Riguardo alla funzione della rete, interessante è notare abbia enfatizzato come essa sia lo spazio dove è possibile entrare in contatto con le “necessità” del popolo della rete, informazioni molto importanti anche per il suo governo per poter prendere le migliori decisioni.
Detto questo il Presidente cinese ha anche rivelato che la Chat da lui utilizzata oggi, specializzata sulle tematiche politiche, sia tra quelle da lui abitualmente frequentate nella sue navigazioni sulla rete.
Oggi è una giornata storica nel processo di normalizzazione e di definizione di possibili azioni future tra Cina e Taiwan.
L'incontro è ufficiale tra i vertici dei due partiti politici al governo, rappresenta una decisa apertura dopo le ultime elezioni presidenziali che, nel codice cinese ( e Taiwanese) intende offrire pubblicamente un segnale di reciproca apertura sul quale lavorare in futuro.
Ne seguiremo gli sviluppi, ma c'è da star sicuri di una cosa: i cinesi, anche e soprattutto dopo le ultime disgrazie, si sentono, giorno dopo giorno, più uniti, anche a Taiwan.
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Alberto Fattori
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19:49
Contesti: China, Hu Jintao, Olympic games, Taiwan, Uman Rights, Usa, Wen Jiabao
Di seguito l'intervista pubblicata su Neolib
D: E’ in corso il Congresso del Partito Comunista Cinese molto particolare dove il tandem Hu Jintao-Wen Jiabao vuole dare la svolta definitiva al riformismo. Sarà vero riformismo o un semplice cambio di vestito esteriore in prospettiva dei futuri appuntamenti?
FATTORI: Il congresso in corso sta dimostrando che i tempi per l’applicazione di profonde riforme saranno lunghi. Troppi i nodi da risolvere come ad esempio la riduzione del gap tra aree rurali e grandi metropoli. La Cina non è pronta per applicare le regole democratiche di stampo occidentale che visto il divario economico esistente, favorirebbero solo la parte più ricca, rischiando di privare la parte più povera di una adeguata rappresentatività.
Facendo un parallelismo con l’Italia, è come il nostro problema del rapporto Nord- Sud e l’emergenza del mezzogiorno, mai realmente risolta.
Il rischio in Cina è 100 volte più vasto e rischia di rappresentare anche una pericolosa scintilla per eventuali “rigurgiti” rivoluzionari, non così rari nella storia cinese.
Non è infatti casuale che le migliaia proteste di piazza siano tutte in queste aree, spesso poverissime, quasi sempre per ragioni e motivazioni di giustizia economica, la più gettonata delle quali è il pagamento del giusto prezzo per l’esproprio della propria casa.
Oggettivamente quindi i cinesi non desiderano veramente una democrazia alla occidentale ma desiderano una gestione più efficiente della cosa pubblica che ridistribuisca meglio la ricchezza che adesso appare paurosamente sbilanciata a favore della nuova classe media, la vera novità nello scenario cinese.
Per cui il riformismo proposto è necessario per dare il senso di un qualche cambiamento in corso, ma potrà essere solo il primo passi sulla lunga marcia verso la democrazia che forse solo il successore del successore di Hu Jintao dal 2022, potrà iniziare realmente a realizzare.
D: Pechino 2008 e l’Expo di Shanghai 2010. Che impronta potranno dare questi due appuntamenti alla Cina, al di là del mero discorso economico, sui diversi piani (lavorativo, politico, sui diritti umani e religiosi)?
FATTORI: I due appuntamenti sono importantissimi per una parte della Cina, quella già nella modernità. Consentirà infatti di portare a termine infrastrutture che consentiranno alle due città di primeggiare e livello mondiale e diventare esempi da imitare.
Va sottolineato che questi due famosi eventi, stanno generando tutta una serie di momenti collaterali, tipo gli Special Olympic Game di Shanghai che di fatto, oltre ad essere le prove generali degli eventi principali, sono già dei risultati tangibili del vero obbiettivo cinese: consolidare il livello attuale di apertura internazionale della Cina.
Questa strategia internazionalizzante del Made in China, potrebbe sfociare nella richiesta di organizzare anche i prossimi campionati del mondo di Calcio, in un naturale collegamento con i due eventi suddetti.
La ricaduta fondamentale sul piano sociale, sarà invece quella di consentire ai cinesi di comprendere che ora sono cittadini del mondo, dopo i decennali periodi di isolamento.
Conseguentemente, molti cinesi hanno acquisito il senso di nuove ambizioni e il rinnovato desiderio di confrontarsi con nuove sfide, da qui è il boom dei cinesi nel volere imparare le lingue straniere e iniziare a viaggiare per il mondo.
Per quanto riguarda gli altri piani, non ci saranno grandi modifiche alla situazione attuale, nel senso che la Cina ha ben tracciato il proprio percorso e i governi occidentali quali gli USA e UE ad esempio, non vorranno certo rovinare la “festa” che comunque portarà ulteriori vantaggi economici futuri anche a loro.
D: La Cina sta diventando il paese conquistatore, eppure lo Yuan resta
ancorato al dollaro, l’inflazione c’è e si sente, le condizioni lavorative sono discutibili ed il volume di esportazioni preoccupa per quantità e qualità. Quali le prospettive nel rapporto Cina-mondo?
FATTORI: Lo Yuan è già ago della bilancia mondiale e condiziona il dollaro come uno sprinter pronto alla volata. La sua influenza è quindi formalmente superiore di quanto appaia, in quanto il suo basso potere di acquisto, ha obbligato molti paesi occidentali a modificare radicalmente il proprio tessuto produttivo e finanziario.
Stesso discorso per la crescente inflazione cinese, che si riverserà inevitabilmente sull’aumento dei prezzi dei prodotti sui mercati occidentali, rischiando di generare una perversa spirale, visto che poi l’inflazione cinese è proprio causata principalmente dalle proprie importazioni strategiche.
La qualità del Made in China è diventata una sfida che i cinesi sanno di dover vincere per non rischiare di essere stoppati nella loro costante crescita. Per far capire che hanno capito, adesso sono loro che creano i parametri, alcune volte più restrittivi di quelli occidentali, anche per cercare nel contempo, di mettere pressione sulle produzioni occidentali, nella competizione commerciale. Quindi ad esempio, ora paradossalmente Beijing ha stabilito che rischiano molti dei grandi brand del Made in Italy perché, secondo le nuove regole cinesi, non sembrano rispettare i nuovi parametri cinesi. Business is Businss! In una guerra commerciale come quella attuale, tutte le armi sono buone per cercare di mantenere importanti quote di mercato o cercare di creare spazi per nuovi operatori e creare ricchezza che, fondamentale per loro, però rimanga in Cina.
Per cui il rapporto Cina-mondo è si di mutuo interesse, fortemente condizionato però dalla diffusa povertà delle aree rurali cinesi che obbliga i cinesi a continuare ad avere tassi di sviluppo alti, sul piano del GDP, ma nel contempo preservare la propria economia dentro “la bolla dello Yuan” e l’attuale discreto equilibrio, nel passaggio dal medio evo all’epoca moderna.
D: C’è Cina e Cina. La Cina delle multinazionali, di Pechino, di Shanghai e quella più interna, più nascosta che ancora vive in uno stato di sottosviluppo. Cosa si prospetta sugli squilibri di questo “gigante”?
FATTORI: Esistono molte più Cine, visto che è formata da molte etnie, molto diverse tra loro, che alcune volte, fanno molta fatica ad integrarsi. Comunque gli squilibri sono legati a retaggi storici di lungo corso e necessiteranno tanti anni, decenni, prima di essere in qualche modo corretti.
Impossibile che un giorno siano sullo stesso piano le Shanghai e le attuali aree rurali, ma quello che stanno cercando di fare i cinesi, è quello di mettere l’una al servizio dell’altra, nel senso che le aree di sviluppo hanno come funzione, proprio quella di fare da “traino” per le aree sottosviluppate.
Il metodo seguito è quello di continuare a spostare la popolazione dalle aree rurali a quelle cittadine, fino a che il 60% della popolazione cinese sarà nelle città più sviluppate.
D: La Cina vicina e lontana. Il mondo della comunicazione, del web e culturale in generale inizia a rapportarsi con il mondo, ma viene frenato e filtrato ancora dal governo centrale. Quanto potrà resistere questa pressione culturale centralizzata in tale processo di globalizzazione
FATTORI: Il governo centrale non distingue tra media tradizionali ed internet, quindi applica lo stesso comportamento e gli stessi severi controlli, senza troppe remore.
Di questi giorni è il blocco di Youtube, che in concomitanza del Congresso poteva rappresentare un potenziale problema allo svolgersi sereno dell’attuale dibattito. Il governo centrale sente la responsabilità di preparare i propri cittadini e quindi si preoccupa di valutare ciò che è giusto vedere e quello che non lo è. Il problema non è quanto possa resistere, ma come mai i cinesi stessi non protestano in presenza di queste evidenti censure, l’ultima delle quale è stata quella di impedire i reality show e i programmi di personaggi in cerca di fama e successo in prima serata. La ragione di questa apparente abulia è semplicemente che non è tale, ma la convinzione che sia giusto limitare i contenuti, per non arrivare ai livelli di eccesso, che loro considerano tali, di molti costumi occidentali, in particolare americani.
Quindi sembra assurdo, ma nel rapporto padre – figlio che caratterizza la relazione tra i cinesi con la propria nazione, si stupirebbero del contrario.
Resisterà, perché il modello cinese, a breve, sarà applicato anche a livello di UE, ufficialmente per combattere il terrorismo, solo che noi non gradiremo con la stessa serenità, un modo di agire analogo.
D: Chiudo chiedendola della Cina nelle sue connotazioni unicamente positive, di costume, di cultura. Cosa rappresenta la Cina e cosa deve essere esportato del modello cinese?
FATTORI: La Cina è un mondo interiore, prima di tutte le grandiose cifre economiche di cui si parla di questi tempi. Un mondo molto diverso dal nostro che può offrirci una prospettiva molto diversa al nostro concepire gli obbiettivi e il come realizzarli.
L’umanità di molti di questi poveri “fuori”, è una lezione di vita, da mostrare agli “schizzati” della vita a 300 all’ora, che poi rischia di non portarli da nessuna parte o peggio “contro il muro” dello sfrenato individualismo.
Alberto Fattori è General Manager Consortium DITE (Digital Interactive Television Experiences), responsabile Innovation & Development Agenzia per la Cina - Palazzo Lombardia Shanghai (China) e coordinatore CHINA MEDIA LAB, gestisce il blog su Cina ed Estremo Oriente http://yibuyibu.wordpress.com/.
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La Cina, prima di essere la nazione più popolata al mondo, è la più grande “macchina del tempo” esistente sul pianeta.
Nello stesso paese convivono infatti sia la futura modernità delle metropoli del ricco Est che il passato della povertà rurale delle altre aree. Per muoversi “attraverso il tempo”, basta prendere un semplice autobus in direzione di qualsiasi provincia o villaggio, anche a soli 20 Km dalle grandi città.
In questo contesto, oggi a Beijing, si apre il 17° congresso dell’Assemblea del Popolo (il parlamento cinese) che dovrà definire le linee guida per i prossimi 5 anni, oltre che sancire ufficialmente gli equilibri di potere, all’interno dell’apparato di partito.
Il compito che aspetta le 38 delegazioni composte da 2213 delegati, provenienti da tutte la nazione, non sarà dei più semplici, visto che dovranno cercare di sincronizzare tra loro le spirali contrapposte connesse alla costante crescita economica, dinamiche che hanno creato una profonda e pericolosa frattura spazio – temporale, sul piano sociale, nel paese.
Le emergenze e le sfide che la Cina attuale e futura deve affrontare sono infatti enormi, sfide che impattano non solo sul futuro economico ma anche direttamente sull’aspetto più caro agli occidentali, la reale democratizzazione del paese.
Su questo aspetto, non c’è da aspettarsi alcuna novità o apertura eclatante in occasione dei Giochi Olimpici.
Infatti, il profondo scollamento all’interno della società cinese, rende tuttora inapplicabile alcuna trasformazione realmente democratica, basata su libere elezioni su scala nazionale, in quanto finirebbero per beneficiare sola la parte ricca del paese, a scapito della maggioranza povera.
E’ evidente che la disparità dei mezzi di cui dispongono le due parti, finerebbe per creare una “classe politica” che potrebbe diventare una “nuova casta” cinese, strettamente legata solo alla nuova borghesia del paese, finendo per fare perdere qualsiasi rappresentatività alle classi rurali, oggi garantita dagli statuti vigenti.
Che il rischio sia reale, lo si può dedurre leggendo le liste dei cinesi più ricchi nel paese, passati dai 15 supermiliardari dell’anno scorso, a qualche centinaio di quest’anno, con il paradosso, che il più ricco in Cina, con un patrimonio di 17 miliardi di dollari, è una ragazza di soli 26 anni, che ha ereditato la fortuna del padre, oggettivamente uno sconosciuto venuto dal nulla.
Questo dimostra che certe ricchezze, non possono essere frutto solo del “libero mercato”, a cui ha aderito la Cina dal 2001, ma spesso si sono invece create attraverso una co-azione e commistioni, tra imprenditori e parti degli apparati governativi, questi ultimi, gli unici in grado di creare le condizioni favorevoli affinchè, pochi oligarchi, potessero arricchirsi oltre misura, così rapidamente .
Per questo, la vera emergenza Cinese è ancora quella di combattere la corruzione degli esponenti degli apparati governativi che finisce per incidere profondamente, rallentando una sempre più equa distribuzione della ricchezza nel paese.
L’ultimo fatto e il più eclatante, è stato quello che ha portato in galera Chen Liangyu, ex presidente del partito a Shanghai, in predicato per diventare il futuro capo del governo cinese, che assieme ad altri imprenditori e funzionari del governo, avevano dirottato in maniera impropria, gli investimenti dei fondi pensioni.
Comunque sia, con un approccio tutto alla cinese, sono già in corso alcune “sperimentazione di democratizzazione” a livello locale ed in alcune città, quali Shanghai, dove i membri delle diverse circoscrizioni, nell’ultima tornata, sono stati eletti direttamente, attraverso consultazione pubblica.
Ma i cinesi, su questo aspetto, ci stanno andando veramente con i piedi di piombo.
Non va dimenticato infatti che la Cina confina con l’India, la più grande democrazia del mondo, paese caratterizzato però anche da una profonda disparità sociale che sembrerebbe dimostrare come invece di rendere il paese migliore, la svolta democratica, potrebbe al contrario, favorire la ricreazione in Cina di quella divisione tra classi, che combattuta col sangue nel secolo scorso, è forse l’unico elemento che che ancora oggi vede tutti i cinesi d’accordo tra loro.
I cinesi nel loro agire sembrano quindi parafrasare il motto del “rischioso è abbandonare la strada certa per quella incerta” delle riforme democratiche, cambiando la “ricetta” che oggettivamente, pur con gli scompensi suddetti, ha già dimostrato, senza possibilità di smentita, una incredibile concretezza e un successo economico che sta sotto gli occhi di tutti.
Il 17° congresso che si apre oggi, oltre a definire in maniera formale le prossime priorità, dovrà soprattutto cercare di spiegare al mondo che non sono ancora maturi i tempi per ulteriori aperture, possibili solo in un prossimo futuro, dopo che le aree rurali saranno entrate anche loro nella modernità, dalla quale sono ancora escluse e potranno competere, ad armi pari, nella costruzione degli equilibri politici e sociali della Cina futura.
E visti gli ultimi accadimenti di casa nostra, in tema di “Caste”, difficile dargli torto.