17th Congresso CPC: per sincronizzare la “macchina del tempo” cinese
La Cina, prima di essere la nazione più popolata al mondo, è la più grande “macchina del tempo” esistente sul pianeta.
Nello stesso paese convivono infatti sia la futura modernità delle metropoli del ricco Est che il passato della povertà rurale delle altre aree. Per muoversi “attraverso il tempo”, basta prendere un semplice autobus in direzione di qualsiasi provincia o villaggio, anche a soli 20 Km dalle grandi città.
In questo contesto, oggi a Beijing, si apre il 17° congresso dell’Assemblea del Popolo (il parlamento cinese) che dovrà definire le linee guida per i prossimi 5 anni, oltre che sancire ufficialmente gli equilibri di potere, all’interno dell’apparato di partito.
Il compito che aspetta le 38 delegazioni composte da 2213 delegati, provenienti da tutte la nazione, non sarà dei più semplici, visto che dovranno cercare di sincronizzare tra loro le spirali contrapposte connesse alla costante crescita economica, dinamiche che hanno creato una profonda e pericolosa frattura spazio – temporale, sul piano sociale, nel paese.
Le emergenze e le sfide che la Cina attuale e futura deve affrontare sono infatti enormi, sfide che impattano non solo sul futuro economico ma anche direttamente sull’aspetto più caro agli occidentali, la reale democratizzazione del paese.
Su questo aspetto, non c’è da aspettarsi alcuna novità o apertura eclatante in occasione dei Giochi Olimpici.
Infatti, il profondo scollamento all’interno della società cinese, rende tuttora inapplicabile alcuna trasformazione realmente democratica, basata su libere elezioni su scala nazionale, in quanto finirebbero per beneficiare sola la parte ricca del paese, a scapito della maggioranza povera.
E’ evidente che la disparità dei mezzi di cui dispongono le due parti, finerebbe per creare una “classe politica” che potrebbe diventare una “nuova casta” cinese, strettamente legata solo alla nuova borghesia del paese, finendo per fare perdere qualsiasi rappresentatività alle classi rurali, oggi garantita dagli statuti vigenti.
Che il rischio sia reale, lo si può dedurre leggendo le liste dei cinesi più ricchi nel paese, passati dai 15 supermiliardari dell’anno scorso, a qualche centinaio di quest’anno, con il paradosso, che il più ricco in Cina, con un patrimonio di 17 miliardi di dollari, è una ragazza di soli 26 anni, che ha ereditato la fortuna del padre, oggettivamente uno sconosciuto venuto dal nulla.
Questo dimostra che certe ricchezze, non possono essere frutto solo del “libero mercato”, a cui ha aderito la Cina dal 2001, ma spesso si sono invece create attraverso una co-azione e commistioni, tra imprenditori e parti degli apparati governativi, questi ultimi, gli unici in grado di creare le condizioni favorevoli affinchè, pochi oligarchi, potessero arricchirsi oltre misura, così rapidamente .
Per questo, la vera emergenza Cinese è ancora quella di combattere la corruzione degli esponenti degli apparati governativi che finisce per incidere profondamente, rallentando una sempre più equa distribuzione della ricchezza nel paese.
L’ultimo fatto e il più eclatante, è stato quello che ha portato in galera Chen Liangyu, ex presidente del partito a Shanghai, in predicato per diventare il futuro capo del governo cinese, che assieme ad altri imprenditori e funzionari del governo, avevano dirottato in maniera impropria, gli investimenti dei fondi pensioni.
Comunque sia, con un approccio tutto alla cinese, sono già in corso alcune “sperimentazione di democratizzazione” a livello locale ed in alcune città, quali Shanghai, dove i membri delle diverse circoscrizioni, nell’ultima tornata, sono stati eletti direttamente, attraverso consultazione pubblica.
Ma i cinesi, su questo aspetto, ci stanno andando veramente con i piedi di piombo.
Non va dimenticato infatti che la Cina confina con l’India, la più grande democrazia del mondo, paese caratterizzato però anche da una profonda disparità sociale che sembrerebbe dimostrare come invece di rendere il paese migliore, la svolta democratica, potrebbe al contrario, favorire la ricreazione in Cina di quella divisione tra classi, che combattuta col sangue nel secolo scorso, è forse l’unico elemento che che ancora oggi vede tutti i cinesi d’accordo tra loro.
I cinesi nel loro agire sembrano quindi parafrasare il motto del “rischioso è abbandonare la strada certa per quella incerta” delle riforme democratiche, cambiando la “ricetta” che oggettivamente, pur con gli scompensi suddetti, ha già dimostrato, senza possibilità di smentita, una incredibile concretezza e un successo economico che sta sotto gli occhi di tutti.
Il 17° congresso che si apre oggi, oltre a definire in maniera formale le prossime priorità, dovrà soprattutto cercare di spiegare al mondo che non sono ancora maturi i tempi per ulteriori aperture, possibili solo in un prossimo futuro, dopo che le aree rurali saranno entrate anche loro nella modernità, dalla quale sono ancora escluse e potranno competere, ad armi pari, nella costruzione degli equilibri politici e sociali della Cina futura.
E visti gli ultimi accadimenti di casa nostra, in tema di “Caste”, difficile dargli torto.