Era ora!
Ieri negli USA è stato pubblicato il rapporto del Dipartimento di Stato Americano , relativamente alla lista “nera” dei paesi che violano i diritti umani nel mondo.
La notizia è che la Cina non è più inserita in questa lista, mentre sono stati aggiunti Siria, Sudan ed Eritrea.
In questo rapporto la Cina è stata invece inserita nella lista di quelli che gli americani definiscono “Paesi autoritari in piena riforma economica che hanno vissuto cambiamenti sociali rapidi ma non hanno avviato ancora riforme politiche e continuano a negare ai propri cittadini i diritti dell’Uomo e le libertà fondamentali».
Il messaggio di Washington alla Cina arriva con un tempismo perfetto, visto che in questi giorni si sono aperti i lavori del NPC e CPPCC, il parlamento cinese, con all’ordine del giorno proprio le “riforme politiche” citate dagli americani.
Ma per capire cosa sia successo, occorre fare un passo indietro a qualche giorno fa.
Mai come in questo periodo esistono i rischi che una delle molte crisi locali (Iran, Kosovo, Nord Corea, Taiwan ..) si trasformi nella “scintilla” di un pericoloso effetto domino a livello mondiale, dalle conseguenze difficilmente prevedibili.
Il continuo dialogo tra le parti, risulta quindi essere l’unico modo per cercare di mantenere “sotto controllo” tali pericolose situazioni e cercare con ostinazione soluzioni solo diplomatiche.
Su questa lunghezza d’onda si erano quindi svolti gli incontri di fine febbraio tra il Segretario di Stato Americano, Condoleezza Rice, il presidente cinese Hu Jintao e il premier cinese Wen Jiabao.
Andando oltre le frasi di circostanza e quale esempio di “pratica” diplomazia costruttiva, le due potenze hanno potuto “verificare” faccia a faccia, il rispettivo punto vista sulle diverse emergenze in corso nel mondo.
Ma due questioni in particolare sono state al centro di questi incontri: Corea del Nord e referendum di Taiwan.
Il Segretario di Stato Americano, che nei giorni precedenti aveva chiesto ai cinesi di esercitare sulla Corea del Nord, la “propria capacità di persuasione” affinché il piano di smantellamento degli impianti di arricchimento per l’uranio seguisse date certe e rapide, è andata di persona a Beijing a portare il proprio messaggio.
Contemporaneamente i cinesi hanno anche “incassato” l’appoggio Usa sulla spinosa questione di Taiwan, visto che il suo Segretario di Stato ha dichiarato di essere “fortemente contraria” al referendum di ammissione di Taiwan all’ONU, in programma il 20 marzo prossimo, preferendo ad esso una pacifica soluzione diplomatica.
Coerentemente e naturale seguito di questa concreta reciproca apertura tra le due super potenze, il rapporto pubblicato ieri, mette “ordine” dal punto vista ufficiale, sulla posizione del Governo USA relativamente alle spinose questioni dei diritti umani, riducendo quella “ambiguità di fondo” sottolineata dai leaders cinesi alla Rice nei loro incontri di Beijing.
Questo passo contribuirà non poco ad una sempre crescente normalizzazione dei rapporti tra i due paesi.
Ma non solo. E’ un atto importante, utile anche a “stemperare” la crescente, strumentale tensione che sta aumentando in questi giorni e connessa alla vetrina offerta dalle Olimpiadi in programma per questa estate.
Non va infatti dimenticato che è di questi giorni la scoperta da parte dei cinesi, di un piano terroristico per sabotare i giochi, organizzato da alcuni gruppi separatisti del nord della Cina di estrazione islamica, con relazioni con i gruppi terroristici internazionali.
Continuare quindi a fornire l’“alibi” di colpire la Cina, in “nome dei diritti umani violati”, non rappresenta un atteggiamento saggio, in momenti critici come quelli odierni, soprattutto per un'altra ragione: in Cina il dibattito sul tema di una “democrazia cinese” ha già iniziato da tempo il suo corso.
Apertamente i leaders e i gruppi dirigenti stessi, si stanno mettendo in gioco ed agendo proprio nella direzione di un continuo, profondo cambiamento della società Cinese.
Forse noi non ci rendiamo conto di quanto profonde siano state le riforme già realizzate e quelle man mano verranno introdotte, atti che necessitano però di tempo e serenità per poter maturare in pace.
Gli americani sembra abbiano compreso questo punto fondamentale.
Spero ora che anche i “ben pensanti” occidentali, dopo questo rapporto del Governo Americano, comprendano che la Cina va “aiutata” e sostenuta nella costruzione del proprio futuro.
In gioco non ci sono i soli diritti fondamentali dei cittadini cinesi, che il governo cinese sta già cercando realmente di salvaguardare, ma gli equilibri e la pace stessa dell’intero pianeta.
La notizia è che la Cina non è più inserita in questa lista, mentre sono stati aggiunti Siria, Sudan ed Eritrea.
In questo rapporto la Cina è stata invece inserita nella lista di quelli che gli americani definiscono “Paesi autoritari in piena riforma economica che hanno vissuto cambiamenti sociali rapidi ma non hanno avviato ancora riforme politiche e continuano a negare ai propri cittadini i diritti dell’Uomo e le libertà fondamentali».
Il messaggio di Washington alla Cina arriva con un tempismo perfetto, visto che in questi giorni si sono aperti i lavori del NPC e CPPCC, il parlamento cinese, con all’ordine del giorno proprio le “riforme politiche” citate dagli americani.
Ma per capire cosa sia successo, occorre fare un passo indietro a qualche giorno fa.
Mai come in questo periodo esistono i rischi che una delle molte crisi locali (Iran, Kosovo, Nord Corea, Taiwan ..) si trasformi nella “scintilla” di un pericoloso effetto domino a livello mondiale, dalle conseguenze difficilmente prevedibili.
Il continuo dialogo tra le parti, risulta quindi essere l’unico modo per cercare di mantenere “sotto controllo” tali pericolose situazioni e cercare con ostinazione soluzioni solo diplomatiche.
Su questa lunghezza d’onda si erano quindi svolti gli incontri di fine febbraio tra il Segretario di Stato Americano, Condoleezza Rice, il presidente cinese Hu Jintao e il premier cinese Wen Jiabao.
Andando oltre le frasi di circostanza e quale esempio di “pratica” diplomazia costruttiva, le due potenze hanno potuto “verificare” faccia a faccia, il rispettivo punto vista sulle diverse emergenze in corso nel mondo.
Ma due questioni in particolare sono state al centro di questi incontri: Corea del Nord e referendum di Taiwan.
Il Segretario di Stato Americano, che nei giorni precedenti aveva chiesto ai cinesi di esercitare sulla Corea del Nord, la “propria capacità di persuasione” affinché il piano di smantellamento degli impianti di arricchimento per l’uranio seguisse date certe e rapide, è andata di persona a Beijing a portare il proprio messaggio.
Contemporaneamente i cinesi hanno anche “incassato” l’appoggio Usa sulla spinosa questione di Taiwan, visto che il suo Segretario di Stato ha dichiarato di essere “fortemente contraria” al referendum di ammissione di Taiwan all’ONU, in programma il 20 marzo prossimo, preferendo ad esso una pacifica soluzione diplomatica.
Coerentemente e naturale seguito di questa concreta reciproca apertura tra le due super potenze, il rapporto pubblicato ieri, mette “ordine” dal punto vista ufficiale, sulla posizione del Governo USA relativamente alle spinose questioni dei diritti umani, riducendo quella “ambiguità di fondo” sottolineata dai leaders cinesi alla Rice nei loro incontri di Beijing.
Questo passo contribuirà non poco ad una sempre crescente normalizzazione dei rapporti tra i due paesi.
Ma non solo. E’ un atto importante, utile anche a “stemperare” la crescente, strumentale tensione che sta aumentando in questi giorni e connessa alla vetrina offerta dalle Olimpiadi in programma per questa estate.
Non va infatti dimenticato che è di questi giorni la scoperta da parte dei cinesi, di un piano terroristico per sabotare i giochi, organizzato da alcuni gruppi separatisti del nord della Cina di estrazione islamica, con relazioni con i gruppi terroristici internazionali.
Continuare quindi a fornire l’“alibi” di colpire la Cina, in “nome dei diritti umani violati”, non rappresenta un atteggiamento saggio, in momenti critici come quelli odierni, soprattutto per un'altra ragione: in Cina il dibattito sul tema di una “democrazia cinese” ha già iniziato da tempo il suo corso.
Apertamente i leaders e i gruppi dirigenti stessi, si stanno mettendo in gioco ed agendo proprio nella direzione di un continuo, profondo cambiamento della società Cinese.
Forse noi non ci rendiamo conto di quanto profonde siano state le riforme già realizzate e quelle man mano verranno introdotte, atti che necessitano però di tempo e serenità per poter maturare in pace.
Gli americani sembra abbiano compreso questo punto fondamentale.
Spero ora che anche i “ben pensanti” occidentali, dopo questo rapporto del Governo Americano, comprendano che la Cina va “aiutata” e sostenuta nella costruzione del proprio futuro.
In gioco non ci sono i soli diritti fondamentali dei cittadini cinesi, che il governo cinese sta già cercando realmente di salvaguardare, ma gli equilibri e la pace stessa dell’intero pianeta.