venerdì 19 febbraio 2010

Detto - fatto: ora i cinesi NON sono più i primi creditori degli USA

Nelle scorse settimane si è assistito ad un "botta e risposta" tra Usa e Cina che in qualche maniera ha intaccato lo spirito di grande sinergia ( e fiducia) che esisteva tra i due paesi e che aveva portato la Cina a divenire il primo creditore dei Titoli di Stato Usa.

Dopo quelle che i cinesi hanno ritenuto essere state autentiche "provocazioni" gratuite, come la fornitura di armi a Taiwan o il prossimo incontro tra Obama e il Dalai Lama ma soprattutto dopo non aver ricevuto le richieste garanzie a tutela del proprio imponente credito con gli Usa, sembra ora essere prevalsa a Beijing l'idea che l'America possa divenire un potenziale futuro problema, prima di tutto finanziario.

Per cui, detto - fatto, i cinesi nel dicembre 2009, hanno tagliato ben 34,2 Miliardi delle proprie partecipazioni sul debito Usa, lasciandosi così "superare" dal Giappone, che ora è diventato ufficialmente il primo creditore assoluto degli Stati Uniti.

Infatti nello stesso periodo, il Giappone ha aumentato la propria partecipazione di titoli del tesoro Usa di 11,5 Miliardi, arrivando alla quota di 768,8 Miliardi di dollari, superando la Cina ora attestata a 755,4 Miliardi di dollari. 

Una sorta di compensazione all'alleggerimento Cinese sembrano poi essere state le azioni di copertura della Gran Bretagna, che ha incrementato la propria quota di titoli Usa da 277,6 Miliardi di dollari di Novembre, a 302.5 Miliardi di dollari a Dicembre e del Brasile che ha aumentato da 157,1 a 160.6 miliardi di dollari la propria partecipazione al debito Usa.

Tra l'altro va segnalato come il Giappone, ora primo creditore degli Usa, esso stesso stia attraversando una fase di profonda crisi strutturale che potrebbe in futuro aggravarsi, tanto da rischiare un possibile Default paese.

Attorno al debito Usa si stanno giocando in queste settimane alcune partite prima di tutto di politica – internazionale, piuttosto che azioni puramente finanziarie ed economiche.

La prova sta nel fatto che mentre alcuni governi nazionali “amici degli Usa”, hanno aumentato la propria quota, nel frattempo gli investitori privati abbiano iniziato a ridurre la propria partecipazione al debito Usa (700 Milioni di dollari).

Va ricordato come nel 2008 gli investitori stranieri aumentarono le proprie partecipazioni sul debito americano di ben 456 Miliardi di dollari. 

Poi arrivò la crisi finanziaria e dopo una prima stagnazione, ora si sta profilando una "ritirata" di massa degli investitori stranieri, molto preoccupati anche dal fatto che il Governo Usa rischia ora di dover alzare i tassi di interesse per evitare l'emorragia dei propri investitori, a partire dalla Cina, ma questo però finirebbe per pesare in maniera significativa sul deficit federale,

Tra l'altro le ultime mosse del governo americano non tranquillizzano, visto che il primo febbraio è stato annunciato un deficit per l'anno 2010 che toccherà i 1,56 trilioni di dollari.

L'analisi cinese che sta dietro l'alleggerimento di dicembre, posizione del resto condivisa da molti analisti, sembra quindi essere di una generale sfiducia in questo piano che invece di risolvere, rischia di rinnescare una spirale simile a quella che portò alla precedente crisi finanziaria.

Per cui, di fronte alle "sterili" promesse di Obama che intende iniziare a risolvere il problema dell'enorme disavanzo attraverso la costituzione di una commissione che dovrà definirne le modalità di taglio, i cinesi, quale atto di sfiducia anche all’azione proposta da Obama, hanno preferito portarsi avanti, iniziando una sorta di disimpegno che potrebbe continuare nei prossimi mesi.

Qualcosa che potrebbe anche subire un’accelerata se le iniziative del governo americano, invece di attaccare il problema finanziario di cui soffrono e che potrebbe contagiare il mondo intero, continueranno a metter al centro della propria agenda "litigiosità" del tutto fuori luogo, in momenti delicati come quelli odierni e la non remota possibilità dell'aprirsi di nuovi fronti internazionali, quale per esempio quello medio orientale, che potrebbero portare gli Usa diritti alla bancarotta.

Qualcosa che preoccupa i Cinesi, per cui il disimpegno sul debito è stato sicuramente anche un "forte" messaggio inviato a Washington affinché si torni a discutere presto sulle priorità reali.

I cinesi infatti non sono più così sicuri che a Washington abbiano le idee chiare su come uscire dalla situazione attuale.