sabato 6 febbraio 2010

Italiani: Cornuti e razziati

Montezemolo è forse il “fratello gemello” che nel famoso paradosso della fisica è appena atterrato in Italia dopo un decennale viaggio spaziale alla velocità della luce?
Che la FIAT non abbia MAI e come sottolineato da lui stesso, MAI ricevuto supporti o soldi governativi, appare una incredibile, quanto irriverente battuta di cattivo gusto.

Per cercare di giustificare l’agire imprenditoriale che oggi li obbliga a licenziare, chiudere in Italia in nome della globalizzazione e delle nuove priorità americane che stanno guidando la futura crescita della società, Montezemolo sta di fatto cercando di cancellare tutta la storia di quella che fu per lungo tempo “l’azienda degli Italiani”.

Difficile ruolo quello dello “smemorato di Torino” che vuole far passare un’idea, che cerchi di salvargli la faccia in una situazione che anch’egli ha contribuito a creare. Dove era nei decenni passati??

Dispiace poi che una persona degnissima con Marchionne, per cercare di dimostrare l’indimostrabile e non sentirsi “sulle spalle degli Italiani”, continui a dire che la FIAT di oggi sia un successo manageriale e non invece sia anche il frutto di aiuti ben più vasti che l’anno ripetutamente salvata dal baratro.

Che Marchionne veda poi le cose SOLO nello spazio temporale di quando è diventato Amministratore Delegato appare del tutto scorretto, perché ora, forte di questa sua convinzione, ritiene che la FIAT debba avere un futuro altrove, mentre molti lavoratori che ne fanno parte no.

Che la FIAT abbia sicuramente ricevuto nei decenni corposi aiuti, supporti e garanzie finanziarie, economie ed ambientali dai diversi governi che si sono succeduti, è qualcosa che è stato sotto gli occhi di tutti e fa parte della storia di questo paese.

Non va infatti dimenticato che la ricchezza della FIAT passa prima dalla fornitura d’armi allo Stato, così come nelle molte fasi di difficoltà che ha attraversato ha sempre trovato nello Stato la sponda per salvare a più riprese il salvabile, o raggiungere risultati altrimenti impossibili.

Emblematico il caso ALFA, un esempio da manuale di come la concorrenza di allora, la FORD, si trovò sbarrata la strada dal muro Fiat - Governo che rese possibile una fusione che fece di fatto sparire o quanto meno, ridimensionò pesantemente una delle marche storiche di questo paese.

Qualcuno si ricorda che fine ha fatto Arese e la sua area industriale? Una cittadina che come Torino nacque dove esisteva una delle migliori case automobilistiche del mondo, ma che, come accadde anche a molte Repubbliche marinare del passato, ebbe poi la sfortuna di passare sotto il controllo del “concorrente” Italiano!

Che recentemente la FIAT stia percorrendo o stia cercando di percorrere una strada diversa rispetto il passato, si può solo vedere positivamente, ma prima di affermare che la libera impresa e FIAT siano la stessa cosa, ce ne corre.

I vertici della società torinese dovrebbero infatti avere in queste ore meno disprezzo delle speranze e fiducia che milioni di italiani riposero allora e anche oggi, affinché la FIAT potesse fare da traino all’Italia tutta.

Produrre ricchezza per il proprio paese dovrebbe essere infatti l’ABC degli imprenditori nostrani, troppo spesso invece campioni nel gioco del “Cornuto e razziato”, nel quale gli utili e i benefici sono della proprietà, mentre gli oneri e i debiti troppo spesso sono finiti a carico della collettività.

Fregarsene ora con questo “colpo di spugna” sulla storia, appare di cattivo gusto e molto offensivo per la stessa Italianità che Montezemolo, Ambasciatore del Made in Italy nel mondo per incarico di Berlusconi, dovrebbe rappresentare.

Ci auguriamo che si ammetta l’evidente e si cerchi di tornare a parlare sul come si riesca a creare una reale alternativa alla nostra industria che pezzo dopo pezzo sta sparendo per ragioni “finanziarie” o pessime gestioni passate.

Il paese senza Industrie non potrà vivere di solo terziario avanzato. Montezemolo e Marchionne facciano quindi bene i propri calcoli prima di ergersi a paladini ed esempio di Italiani nel mondo.

Forse saranno dei bravi amministratori, ma se la ricchezza che sono in grado di produrre rimarrà nelle mani dei soliti noti, non rappresenterà un modo corretto di impostare l’uscita da una crisi che sta mietendo vittime soprattutto nella classe media e quella più povera.

Proprio quella che ha bisogno di fabbriche per sopravvivere ed avere e dare un futuro ai propri figli.

E visto che l’Italia sta attraversando la difficile fase dei Dossier che spesso intendono riscrivere la storia passata della politica e della economia, sarebbe ora auspicabile che il Governo ne pubblicasse uno che faccia il punto sul come e quanto la FIAT e la famiglia Agnelli abbiano ricevuto dagli Italiani in tutti questi anni.

Questo affinché la famiglia e Montezemolo possano riflettere su quanta arroganza ora stiano manifestando, sputando nel “piatto” che ha contribuito, in maniera determinante, alle loro fortune.

Anche perché Montezemolo dovrebbe ricordarsi che molti italiani stanno ancora cercando di capire perché negli anni, sia sempre stato giusto aiutare il settore auto e non quello per esempio delle telecomunicazioni o del turismo che oltretutto è più importante anche del settore “auto motive”.

Così come è un fatto che ancora oggi solo 1 macchina su 33 a livello mondiale sia a marchio FIAT, con una presenza Asiatica ed Americana ancora ad oggi ridicola, il frutto di un approccio “lungimirante” di una managerialità negli anni, forse ben più capace nella gestione degli interessi e vantaggi nazionali, ma assolutamente incapace di competere dove veramente era necessario saperlo fare.

Per cui le lezioni di “Moralismo Imprenditoriale” di queste ore, lasciamole per favore da parte.