mercoledì 3 settembre 2008

Stagflazione del Figaro Italiano

“..Ah, che bel vivere, che bel piacere (che bel piacere)per un barbiere di qualita! (di qualita!) … …Tutti mi chiedono, tutti mi vogliono,donne, ragazzi, vecchi, fanciulle… …Figaro qua, Figaro la, Figaro qua, Figaro la,Figaro su, Figaro giù, Figaro su, Figaro giù….

Bene Figaro, eroe di altri tempi, sta “chiudendo bottega”, così come troppi negozianti, operatori del turismo etc… tutti impotenti davanti all’avanzare della “nuova peste” che sta colpendo l’Italia: la Stagflazione.

Arrivata in Europa dall’America agli inizi del ’70 con la crisi petrolifera, nella stessa maniera si è rifatta viva di questi tempi, più arzilla che mai.

Figlia del PIL in costante crescita che però non corrisponde al miglioramento della qualità della vita, è ora come “un nodo arrivato al pettine”: l’utopia di una società a salari alti e prezzi bassi ha presentato il conto.

E ahimè il “Made in Italy” sembra una perfetta futura vittima dei suoi temibili effetti, per il suo essere “superfluo” e di lusso.

Stesso discorso per molte delle nuove tecnologie, come la telefonia mobile che gestita in Oligopolio come ora, rischia di diventare un autentico lusso per molti cittadini, che potrebbero doverne fare a meno, mentre Internet, “bene primario” di una società proiettata verso il futuro, rischierà di essere messa ai margini dalla famiglia “taglia costi”, figlia della Stagflazione.

Come debellarla?

Contenerla non è sufficiente. Per combatterla sono necessari radicali e profondi interventi nella nostra società, un cambio delle priorità di tutti noi e che hanno determinato le principali scelte politiche ed economiche dei governi passati.

Soprattutto ora occorre essere innovativi, non solo guardando i numeri economici ma realizzando un cambiamento sociale che torni a dare centralità ai veri beni primari, non continuando a spingere l’acceleratore sui consumi a tutti i costi, ritenendoli il termometro della salute di una economia e di una società proiettata al futuro.

La Stagflazione sta “sradicando” parti intere della economia italiana fino a poco tempo fa sane, oltre ad essere la causa del crollo dei consumi interni, provocando “l’imballata” attuale.

Questo potrebbe continuare ad essere il prossimo futuro Italiano, sempre che finalmente non si decida seriamente a rivedere l’architettura fondante l’attuale sviluppo, pensandolo “meno global” e tornando alle nostre origini di prodotti a “chilometro zero” e “rottamare non è saggio”.

Approcci carichi di sano buon senso, di un passato probabilmente troppo frettolosamente, messo in soffitta.