Ri-Privatizzare la FIbra: un diritto costituzionale per tutti gli italiani
Il futuro di tutto il pianeta si giocherà su poche ma chiare priorità: Acqua, Cibo, Energia ed Internet.
La questione fondamentale è quindi quella di garantire a tutti i cittadini, come diritto costituzionale, l’accesso alla rete internet, esattamente come gli altri beni primari.
La carta costituzionale dovrebbe pertanto essere aggiornata al futuro che è già arrivato: “tutti i cittadini devono avere pari opportunità di accesso alla rete”.
Il digital divide che colpisce qualcosa come l’11% della popolazione italiana sarebbe quindi un fatto inaccettabile, a questo punto incostituzionale,
Ma non solo. Molti analisti sono concordi nell’affermare che in futuro, attorno alle 4 priorità citate, si scateneranno conflitti e anche guerre tra i popoli.
Già oggi, i conflitti attivi sul pianeta sono aumentati e strettamente collegati alla conquista di questa o quella priorità fondamentale.
Sulla rete il controllo è diventato un quotidiano problema, tanto che gli operatori possono a loro piacimento decidere cosa far vedere o no ai propri clienti, semplicemente rallentando o velocizzando l’accesso a questo e quel sito.
Quindi essendo le comunicazioni un aspetto fondamentale per migliorare la qualità della vita di una persona ( o controllarla), alla stregua del parlare e sentire, quale estensione dei sensi fisici offertici da madre natura, la rete deve essere realmente garantita come una risorsa Pubblica a tutti.
Alla stregua dell’aria e della citata acqua, la rete non può essere pertanto proprietà di nessuno e per la sua natura interconnessa e transnazionale, necessita di una chiara connotazione pubblica, per evitare abusi o peggio, discriminazioni tra cittadini ricchi o poveri.
Nel futuro sempre più povero, è evidente che occorre attrezzarsi affinché chi non possa più permettersi i beni superflui o un’auto o altro, possa sempre avere accesso alla rete, potendo da una parte mantenere un contatto con la conoscenza condivisa disponibile e dall’altra poter sperare di “cambiare” il proprio futuro usando la rete anche come strumento di lavoro.
La rete è come una grande piazza pubblica, di dimensione planetaria, con le sue viuzze e locali.
Impedirne l’accesso a qualcuno, equivale a non permettere loro, alla ricerca di nuove opportunità, di poter incontrare altre persone od aziende, in questo pubblico spazio.
Oggi tutti i cittadini italiani non hanno pari opportunità di fronte all’accesso alla rete. Questo sia a livello nazionale che locale.
L’idea diffusa che la rete sia un servizio e non una infrastruttura, quale fogne e le linee elettriche, ha portato a scaricare sui privati una questione che invece è di tipo pubblico.
Il privato, per definizione, agisce nella direzione che gli permette di massimizzare il proprio profitto.
Il pubblico dovrebbe invece agire nella direzione della tutela degli interessi sociali, senza differenze ovunque essi siano.
Appare quindi evidente il paradosso attuale italiano, dove l’azione di tipo pubblico è stata delegata, dopo le sciagurate privatizzazioni nel settore delle telecomunicazioni, ad un’azienda totalmente privata.
Impossibile quindi, che per quanta buona volontà gli amministratori di Telecom Italia possano dimostrare, che questa azienda possa rappresentare gli interessi di tutti gli italiani.
Ora rappresenta e tutela gli interessi solo dei propri azionisti, per giunta oramai connessi con la concorrente Telefonica, finendo per generare un paradosso nel paradosso.
Negli anni precedenti, si è richiesto il rispetto del suo ruolo “pubblico” al servizio dei cittadini, cercando di denunciare lo sviluppo a macchia di leopardo della rete Internet italiana.
Stesso discorso dopo quanto successo a Milano con la cessione della fibra pubblica del comune ad entità private, secondo il principio del profitto, piuttosto che quello del servizio pubblico.
Da queste premesse la proposta: Nazionalizzare la Fibra.
Questa azione avrebbe un duplice effetto:
Il primo annullare il conflitto di interessi attuale per cui l’attuale monopolista Telecom Italia, venda servizi utilizzando la stessa rete di cui dovrebbe essere un semplice custode, situazione che naturalmente favorisce azioni di concorrenza sleale nei confronti degli altri operatori sul mercato.
Il secondo, consentirebbe di preservare, proteggere l’accesso alla rete, che offerta alle stesse condizioni a tutti, consentirebbe di generare un flusso di cassa che potrebbe essere rinvestito negli investimenti di aggiornamento.
Il concetto da sviluppare è quello dove i concessionari accedono ad una rete totalmente pubblica, secondo condizioni veramente paritetiche.
Se poi qualche privato sente l’esigenza di creare delle proprie reti, occorre definire un principio di Concessione che lo Stato offre all’investitore di turno, ma che visto l’aspetto strategico delle infrastrutture, possa dare al partner pubblico, obbligatoriamente per legge, il diritto di poter offrirne una quota ai propri cittadini, come parte della rete nazionale d’accesso.
La proposta solo nell’apparenza appare inaccettabile, ma visti i successi di esempi simili, quali quelli nel caso dell’ENI e dell’ENEL che hanno già dimostrato che anche lo statale può essere competitivo, tanto che ENI è una delle Top 500 aziende di fortune con una presenza internazionale di primissimo piano in ogni parte del mondo.
Non va poi dimenticato che sulla rete viaggiano dati sensibili ed andando verso un mondo sempre più instabile, diverrà terreno per un nuovo tipo di guerre e terrorismi, fino ad ora sconosciuti, totalmente telematici.
Lo stato ha quindi il dovere di difendere e proteggere i propri cittadini direttamente con le proprie “forze armate digitali” per evitare che in futuro emergano azioni illegali da parte di privati o governi nemici che possano mettere a repentaglio la sicurezza dei singoli o della stessa nazione.
Per contro, nel caso di Alitalia, questo approccio non può essere valido, nel senso che Alitalia vende un servizio, in un sistema dei trasporti, dove le infrastrutture sono gli aeroporti.
Quindi nella gestione della crisi attuale, è giusto che questo tipo di compagnia riesca a trovare un equilibrio competitivo e non protezionistico, anche se ovviamente ci si auspica che l’Italia non dipenda in futuro da compagnie straniere per la mobilità personale e delle merci.
Tornando alla rete, occorre ora avere il coraggio di portare all’attenzione della politica una priorità nazionale, prima che diventati un’emergenza nazionale.
Come nel caso delle altre priorità fondamentali quali Acqua, Cibo ed Energia, sarà la cartina di tornasole per evitare che l’Italia del futuro, sparisca dalla lista dei paesi sviluppati, per ritrovarsi in quella del terzo mondo, ripercorrendo il percorso del gambero già fatto al periodo della grande Roma, ora per molti turisti solo un ammasso di “pietre rotte!”, ma una volta l’ombelico del mondo conosciuto.
La questione fondamentale è quindi quella di garantire a tutti i cittadini, come diritto costituzionale, l’accesso alla rete internet, esattamente come gli altri beni primari.
La carta costituzionale dovrebbe pertanto essere aggiornata al futuro che è già arrivato: “tutti i cittadini devono avere pari opportunità di accesso alla rete”.
Il digital divide che colpisce qualcosa come l’11% della popolazione italiana sarebbe quindi un fatto inaccettabile, a questo punto incostituzionale,
Ma non solo. Molti analisti sono concordi nell’affermare che in futuro, attorno alle 4 priorità citate, si scateneranno conflitti e anche guerre tra i popoli.
Già oggi, i conflitti attivi sul pianeta sono aumentati e strettamente collegati alla conquista di questa o quella priorità fondamentale.
Sulla rete il controllo è diventato un quotidiano problema, tanto che gli operatori possono a loro piacimento decidere cosa far vedere o no ai propri clienti, semplicemente rallentando o velocizzando l’accesso a questo e quel sito.
Quindi essendo le comunicazioni un aspetto fondamentale per migliorare la qualità della vita di una persona ( o controllarla), alla stregua del parlare e sentire, quale estensione dei sensi fisici offertici da madre natura, la rete deve essere realmente garantita come una risorsa Pubblica a tutti.
Alla stregua dell’aria e della citata acqua, la rete non può essere pertanto proprietà di nessuno e per la sua natura interconnessa e transnazionale, necessita di una chiara connotazione pubblica, per evitare abusi o peggio, discriminazioni tra cittadini ricchi o poveri.
Nel futuro sempre più povero, è evidente che occorre attrezzarsi affinché chi non possa più permettersi i beni superflui o un’auto o altro, possa sempre avere accesso alla rete, potendo da una parte mantenere un contatto con la conoscenza condivisa disponibile e dall’altra poter sperare di “cambiare” il proprio futuro usando la rete anche come strumento di lavoro.
La rete è come una grande piazza pubblica, di dimensione planetaria, con le sue viuzze e locali.
Impedirne l’accesso a qualcuno, equivale a non permettere loro, alla ricerca di nuove opportunità, di poter incontrare altre persone od aziende, in questo pubblico spazio.
Oggi tutti i cittadini italiani non hanno pari opportunità di fronte all’accesso alla rete. Questo sia a livello nazionale che locale.
L’idea diffusa che la rete sia un servizio e non una infrastruttura, quale fogne e le linee elettriche, ha portato a scaricare sui privati una questione che invece è di tipo pubblico.
Il privato, per definizione, agisce nella direzione che gli permette di massimizzare il proprio profitto.
Il pubblico dovrebbe invece agire nella direzione della tutela degli interessi sociali, senza differenze ovunque essi siano.
Appare quindi evidente il paradosso attuale italiano, dove l’azione di tipo pubblico è stata delegata, dopo le sciagurate privatizzazioni nel settore delle telecomunicazioni, ad un’azienda totalmente privata.
Impossibile quindi, che per quanta buona volontà gli amministratori di Telecom Italia possano dimostrare, che questa azienda possa rappresentare gli interessi di tutti gli italiani.
Ora rappresenta e tutela gli interessi solo dei propri azionisti, per giunta oramai connessi con la concorrente Telefonica, finendo per generare un paradosso nel paradosso.
Negli anni precedenti, si è richiesto il rispetto del suo ruolo “pubblico” al servizio dei cittadini, cercando di denunciare lo sviluppo a macchia di leopardo della rete Internet italiana.
Stesso discorso dopo quanto successo a Milano con la cessione della fibra pubblica del comune ad entità private, secondo il principio del profitto, piuttosto che quello del servizio pubblico.
Da queste premesse la proposta: Nazionalizzare la Fibra.
Questa azione avrebbe un duplice effetto:
Il primo annullare il conflitto di interessi attuale per cui l’attuale monopolista Telecom Italia, venda servizi utilizzando la stessa rete di cui dovrebbe essere un semplice custode, situazione che naturalmente favorisce azioni di concorrenza sleale nei confronti degli altri operatori sul mercato.
Il secondo, consentirebbe di preservare, proteggere l’accesso alla rete, che offerta alle stesse condizioni a tutti, consentirebbe di generare un flusso di cassa che potrebbe essere rinvestito negli investimenti di aggiornamento.
Il concetto da sviluppare è quello dove i concessionari accedono ad una rete totalmente pubblica, secondo condizioni veramente paritetiche.
Se poi qualche privato sente l’esigenza di creare delle proprie reti, occorre definire un principio di Concessione che lo Stato offre all’investitore di turno, ma che visto l’aspetto strategico delle infrastrutture, possa dare al partner pubblico, obbligatoriamente per legge, il diritto di poter offrirne una quota ai propri cittadini, come parte della rete nazionale d’accesso.
La proposta solo nell’apparenza appare inaccettabile, ma visti i successi di esempi simili, quali quelli nel caso dell’ENI e dell’ENEL che hanno già dimostrato che anche lo statale può essere competitivo, tanto che ENI è una delle Top 500 aziende di fortune con una presenza internazionale di primissimo piano in ogni parte del mondo.
Non va poi dimenticato che sulla rete viaggiano dati sensibili ed andando verso un mondo sempre più instabile, diverrà terreno per un nuovo tipo di guerre e terrorismi, fino ad ora sconosciuti, totalmente telematici.
Lo stato ha quindi il dovere di difendere e proteggere i propri cittadini direttamente con le proprie “forze armate digitali” per evitare che in futuro emergano azioni illegali da parte di privati o governi nemici che possano mettere a repentaglio la sicurezza dei singoli o della stessa nazione.
Per contro, nel caso di Alitalia, questo approccio non può essere valido, nel senso che Alitalia vende un servizio, in un sistema dei trasporti, dove le infrastrutture sono gli aeroporti.
Quindi nella gestione della crisi attuale, è giusto che questo tipo di compagnia riesca a trovare un equilibrio competitivo e non protezionistico, anche se ovviamente ci si auspica che l’Italia non dipenda in futuro da compagnie straniere per la mobilità personale e delle merci.
Tornando alla rete, occorre ora avere il coraggio di portare all’attenzione della politica una priorità nazionale, prima che diventati un’emergenza nazionale.
Come nel caso delle altre priorità fondamentali quali Acqua, Cibo ed Energia, sarà la cartina di tornasole per evitare che l’Italia del futuro, sparisca dalla lista dei paesi sviluppati, per ritrovarsi in quella del terzo mondo, ripercorrendo il percorso del gambero già fatto al periodo della grande Roma, ora per molti turisti solo un ammasso di “pietre rotte!”, ma una volta l’ombelico del mondo conosciuto.