Ping Pong USA – CINA sui modelli di sviluppo futuri
Lehman Brothers fallisce e i suoi impiegati in tutto il mondo hanno fatto “armi e bagagli” in una notte.
In Cina, nello stesso momento, China Merchants Bank Co. ha visto volatilizzare i 60 milioni “senior debt” e 10 milioni di “subordinated debt” di Lehman: 70 Milioni di euro in una notte!
Ieri AIG ha ricevuto un prestito ponte dal governo di 85 Miliardi di dollari ed è diventa società di Stato (79,9% del capitale del Governo USA)
Dal 2003 AIG è azionista della People’s Insurance Company of China (PICC), avendone acquisito il 9,9% delle quote al momento della IPO, dopo che con PICC aveva creato una Join Venture (AIA) al 50% ed essere stata la prima assicurazione occidentale ad entrare sul mercato cinese.
La Cina possiede circa il 30% dei buoni del tesoro americano, di fatto la cassa con la quale gli USA stanno cercando, in queste ore, di tappare le enormi falle nel proprio sistema finanziario ed economico (Freddie Mac, Fannie Mae, AIG …).
Da queste semplici valutazioni, appare evidente come la crisi finanziaria di questi giorni, abbia già “coinvolto” anche la Cina, viste le profonde relazioni che esistono tra le due economie, ma soprattutto si stanno confrontando sul campo, due diversi modelli di sviluppo.
Per quanto la crescita economica e finanziaria cinese sia stata infatti sostenuta pesantemente anche da investimenti diretti in Cina di molte delle multinazionali americane, tanto che l’appena fallita Lehman, era stata da poco insignita del premio “Best M&A House in China”, il sistema cinese non dipende totalmente da esse, anzi, sta creando un vero e proprio originale ibrido
Dopo la crisi dei mercati asiatici del ’97, la Cina aveva costruito il proprio modello di sviluppo seguendo molte delle linee guida alla base di quello americano, con alcune modifiche sostanziali, che alla luce dei fatti di questi giorni, appaiono molto significative.
La scelta liberistica fatta dalla Cina nel 2001 con il suo ingresso nel WTO, non è stata infatti aprioristica, ma al contrario sono state introdotte varianti che di fatto hanno creato quello che potremmo definire “Liberismo alla Cinese”.
Il mix pubblico e privato che caratterizza lo sviluppo Cinese e che fa storcere fuori luogo molti “miopi” economisti occidentali, dove il pubblico da la direzione al mercato, definendo a priori gli interessi nazionali, per poi definire le regole del gioco e i paletti, spesso anche molto limitanti, ha proprio lo scopo di evitare situazioni quali quelle che si stanno vivendo in USA.
Per il modello cinese, la ricchezza creata dalle imprese deve rimanere un fatto sociale che crea ricchezza e lavoro localmente e non trasformarsi in un fatto meramente finanziario.
Ma non solo, nel suo sviluppo internazionale la Cina con i paesi con cui entra in contatto, privilegia il mutuo scambio di beni e risorse primarie ed infrastrutturali alle azioni strettaemente finanziarie.
Il “crescere e consolidare”, è il motto di base che anima i programmi di sviluppo cinesi dei prossimi decenni.
Per contro, l’America, vive tutto con orizzonti temporali strettissimi, immediati con un liberismo sfrenato poco o per nulla regolamentato ed una quotidianità scandita dai risultati di borsa delle proprie aziende.
Questo fatto ha finito per “stressare” la propria crescita, giunta già tempo fa al limite di rottura, ma che invece di essere consolidata, ha decretato il successo del “debito”, quale nuova via per un benessere diffuso.
Così non è stato, anzi creditore e debitore, ora sono legati a doppio giro da un cappio che rischia di “ammazzare” entrambi.
Quale controprova, basti vedere quanto successo nel Vietnam, ora nel bel mezzo di una crisi economica senza precedenti, caso che dimostra come il liberismo applicato senza regole chiare, diciamo alla americana, rischi di provocare un effetto boomerang ben peggiore delle stesse condizioni di partenza.
Altra particolarità che distingue la strada cinese è che l’intervento di Stato non è visto come un fatto negativo, anzi, viene considerato doveroso, dato il rapporto che l’economia deve avere nello sviluppo del paese e non trasformarsi semplicemente in ricchezza per i “pochi” azionisti di borsa.
Per cui da tempo, le aziende cinesi sono accompagnate dallo stato in graduali e crescenti privatizzazioni e che poi ha il dovere di aiutarle a crescere forti e sane, dando loro modo di essere “protette”, quando necessario.
Questo approccio è per molti economisti ed intellettuali occidentali “fumo negli occhi”, ma alla luce di quanto accaduto in America si è dimostrato essere l’unico modo sensato di agire per far si che il valore sociale delle imprese venisse salvato, a scapito di quello meramente finanziario.
Ora occorre gettare le basi per uno sviluppo diverso da quello seguito fino ad ora, tracciando linee di uno “sviluppo sostenibile”, combattendo i falsi miti finanziari del liberismo senza regole e spregiudicato degli ultimi decenni, favorendo invece l’emergere di un nuova ricchezza diffusa, patrimonio della società e non proprietà delle imprese alla ricerca di rapidi arricchimenti per i propri pochi azionisti.
Questa esigenza accomuna profondamente occidente ed oriente, un’innovazione che deve essere condivisa di un nuovo modello, attorno al quale concentrare le energie di tutti.