domenica 21 settembre 2008

Blogsfera Italiana: il “vecchio” che avanza

Sono tornato recentemente in Italia dopo circa 2 anni e mezzo di Cina. Cosa più lontana dalla quotidianità italiana non potevo fare.

Appena tornato, sono stato però assalito da una strana sensazione: tutto uguale!.

Tutte le stesse problematiche politiche (e politici), stessi o peggiorati problemi sociali, stesse facce in tutti i diversi posti e poltrone, tutti che si lamentano di questo o quello, tutto incredibilmente “frizzato”.

Ma quello che mi ha più lasciato di stucco è stata l’Immobilità della “rete”.

Dall’altra parte del globo le cose avanzano alla velocità della luce e ogni cosa oggi è nuova, un mese dopo è storia.

La rete è lo spazio che “anticipa” ciò che sta arrivando, lo profetizza, lo descrive, anche nella “censurata” Cina, dove i Blog riescono a raccontare spaccati di vita, di sfide, di conquiste incredibili, utilizzando la rete per sincronizzarsi nell’agire.
Quindi nei blog cinesi si parla di lavoro, di novità, di soluzioni, di ricerca, di cooperazioni … di soldi, di nuova ricchezza, di come aiutare questa o quella situazione ( vedi terremoti, tifoni) !

Il blog cinese è un sistema di persone interconnesse che come un’onda sincronizzata sui fatti, reagisce decidendo “azioni concrete”.

Qua invece leggo interminabili discussioni su cose che si dovrebbero fare, che nel resto del mondo sono GIA’ state fatte e rimango esterrefatto o si parla di gossip e classifiche di “bassa lega”: sembrano tanti “vecchi bacucchi” che se la raccontano al bar della bocciofila.

Passi la politica, passi la grande impresa, ma nei luoghi dove l’innovazione dovrebbe essere la regola, lo stantio che ho “ritrovato”, rafforza l’idea che l’intero sistema è ingessato, spiralizzato su se stesso.

Ci sono cari amici che stimo moltissimo, che però finiscono troppo spesso per citare propri vecchi riferimenti di cose dette a suo tempo, datate anni indietro, la prova che ormai da tempo abbiamo “abdicato”, perso il coraggio di fronte alla richiesta di un cambiamento vero, reale, come negli altri paesi.

Nel “meta mondo” dei blog Italiani le discussioni sono terribilmente provinciali, prive di reali concrete provocazioni o peggio proposte, solo una interminabile “passa parola” e scambio di opinioni provenienti da questo o quel giornale on line, video. (O cattiverie su questo o quello!)

La sindrome del “guardone” sembra essersi appropriata della Blogsfera italiana, più attenta a “marcarsi” a vicenda, piuttosto che collaborare per definire proposte, divenire spazi d’azione e reazione, in grado di fare cambiare le cose.

In altri paesi i blogger (e giornalisti) finiscono in galera perché non solo hanno cercato di dire cose fuori dal coro, ma perché queste cose possono incidere in qualche maniera, provocare cambiamenti reali e quindi sono percepite come “pericolose”.

Da queste parti invece si sente il timore di dire qualcosa fuori dal coro, visto che il “circolo” è ristretto, controllato, copia perfetta del mondo politico e sociale che si vorrebbe abbattere.

Per molti scrivere sembra più un esercizio per “contare” ( anche nel senso numerico) piuttosto che cercare di offrire vere riflessioni, spunti agli altri o raccontarsela nel ristretto gruppo di amici che si legge e commenta senza pausa.

Non solo, molti blog sono spesso più attività promozionali, commercializzazioni della propria professionalità, dove le “perle offerte” sono solo estratti dalle brochure o preview d’aggancio dei potenziali clienti.

Una bella differenza con i blog americani e cinesi, dove questi si sono ritagliati uno spazio, una economia, un nuovo ruolo determinante nella società, tanto che nelle elezioni presidenziali americane sono spazi di lotta politica all’ultimo sangue, dove le bugie sono sbugiardate, dove chi scrive non fa sconti a nessuno e la Tv segue a ruota!

Ma soprattutto i blog sono passa parola culturali, momenti di discussione per cercare di trasmettere sogni, pensieri proiettati al futuro, costruttivi.

Il politichese o le banalità dei diari italiani (faccio, vado, torno …), l’idea che rendere pubblici anche gli “sbadigli” siano stati confusi quale segno d’innovazione e modernità, quando invece nascondono il fatto che non si ha il coraggio di esprimere veramente le proprie idee, quelle vere, cercando invece di propinare un “identità costruita”, quale strumento di PR, mostrando agli altri solo ciò che vogliamo che gli altri devono vedere.

In Italia il vecchio avanza, puzza, tanto che in un paese come il nostro, non esiste una seria opposizione al governo in carica, un serio confronto sulle priorità del paese, un serio piano che descriva il futuro di tutti noi, quasi avessimo abdicato all’idea di un’identità nazionale.

Si aspetta che l’Europa, gli USA, il mondo decida per noi!

Non è quindi casuale la continua crescita di movimenti politici quali quello della Lega Nord, che esprimono in maniera diretta pensieri, azioni e fatti concreti.

La Cina e la Lega sono paradossalmente vicini: voglio i fatti e vivono di fatti. Non accettano discussioni attorno ai fatti!

Se solo la Blogosfera “Made in Italy” si svegliasse smentendo il detto “paese che vai blogosfera che trovi”!

giovedì 18 settembre 2008

New Deal FIBRA!

Fa piacere vedere come alla fine, personaggi fini e validi come Bernabè, oltretutto con una regolare frequentazione con la Cina, definiscano necessario un New Deal per creare l'infrastuttura della Società dell'Informazione futura (Ngn).

Diciamo che per attivare tutto ciò occorrebbe una sorta di "stimolino", nel senso che occorre "ripassare dal via" dei governi ed in particolare nel caso italiano, si deve prima "rimettere a posto" i danni creati dalla "sciagurata" privatizzazione di Telecom.

Nessuno allora sapeva realmente come le cose si sarebbero evolute veramente.

Preso atto di quanto è accaduto, buon senso suggerirebbe di "ritornare al futuro", passando prima da una fase governativa e poi ri-privatizzando.

Tutto cio secondo però una logica di sistema, un gioco di squadra sotto la regia degli interessi nazionali e non condizionabile dai soli conti (interessi) aziendali.

New Deal è sinonimo di Rinazionalizzazione degli assets strategici e regia da parte dei governi.

Ergo, per evitare che il discorso rimanga confinato a pochi saggi, data l'importanza della questione, chiariamo che il Governo Italiano deve mettere nella propria prossima finanziaria il capitolo Ngn.

Un piano, nero su bianco, occorre che esista, al di là delle intenzioni e delle parole di alcuni decision makers.

L'uomo della strada deve sapere che è suo diritto avere pane, acqua, energia e CONNESSIONE ALLA RETE!

CAI CAI ... Paese di serie B!

Leggendo le cronache sugli ultimi fatti è ormai conclamato la retrocessione in serie B.

Nella attesa della Ufficializzazione, un consiglio imperdibile per i possessori di Mille Miglia: "iniziate a girare il mondo GRATIS, tanto è garantito che quando Alitalia resterà a terra vi è garantito il ritorno su compagnia alleata (disponibilità di posti permettendo!)"


Ps. E adesso Airone chi la salverà?

No alla “Blogger Casta”

Il mondo è fatto di dentro e fuori, amici e parenti….
Appartenere, sentirsi parte di qualcosa è importante, gratificante, da l’energia e il senso a molte cose, azioni, pensieri.

La rete ha il pregio di connettere in “tempo zero” tutti coloro che sono online, dando il senso di uno spazio, idee, azioni condivise praticamente infinito.

Molte amicizie sulla rete diventano matrimoni e fanno figli. Quindi sono sempre una cosa seria.

Ma recentemente seguendo varie discussioni ed eventi connessi alla rete, mi accorgo che il vecchio essere utenti o meno sta diventando il nuovo muro di Berlino da abbattere (o alzare) per tenere a dovuta distanza qualcun altro.

Lo stesso accadde quando agli albori della rete, “gli altri”, guardavano “questi ragazzi” con sospetto, timorosi da una parte di fare la figura dei fessi, ma soprattutto temendo il cambiamento che intuivano si portavano dietro.

Dopo anni e anni di comune proselitismo, in molti per fortuna hanno fatto il “salto della quaglia” e si professano “fedeli innovatori ed utilizzatori”, ma ora il contrasto si è spostato da un piano tecnologico della prima fase (cosa è?) a quello dei contenuti (come lo uso e cosa metto dentro?) .

Metafora del mondo reale, la rete è complessa quanto la vita che conosciamo, solo che è alla centesima potenza, visto che è capace di connettere, quasi fosse contemporaneamente una macchina del tempo e di trasporto, ogni dove con ogni dove, una mente con un’altra mente a migliaia di chilometri di distanza, in tempo zero.

Dalla linea basica iniziale, adesso stanno emergendo una marea di declinazioni (d’usi).

C’è ancora tanto da fare, ma se oggi le telecomunicazioni (45 mld) rappresentano solo in Italia già 5, 6 volte il mercato della Televisione (8 Miliardi), questo risultato spiega più di tante parole, quanto la rete sia già qualcosa di profondo, visto che l’assioma Telefonia – Internet - Tv è destinato a sparire in un unico TIT di uso immediato, fruibile come accendere un odierno forno a micronde.

Ma se sul piano ambientale l’entusiasmo è palpabile, altro sta prendendo una piega poco edificante.

Dopo tutto il lavoro fatto e le basi stesse della rete, molti dei nuovi internauti stanno troppe volte classificando (cercando) i diversi usi, sottolineando il senso di appartenenza a questo a quello, come fu la diatriba tra Mac e Windows che ha popolato le nottate di tutti noi negli anni ’90 ( mai finita e spostatasi ora sugli IPOD e i fratelli minori).

Essere Blogger è un “no sense”, visto che assomiglia alla classificazione data ai siti aziendali divisi per settori merceologici ed industriali.

Quindi nessuno è blogger, tutti sono blogger, senza escludere o includere nessuno.

Altrimenti molte discussioni recenti che vedo popolare la rete, finiscono ad assomigliare a discussioni “condominiali” che hanno solo uno scopo, quello di continuare a tirare una linea tra chi è dentro da chi è fuori, creando una sorta di “branco”.

Tutto ciò è un “no sense” in quanto la rete per definizione è anarchica così come lo sono i suoi ospiti, quindi non accetta alcuna classificazione che la incanali.

Essere Blogger sembra, oltre ad una moda del momento, più utile a qualcuno per essere accettato che una reale posizione in uno spazio del tutto inesistente, se non nella mente di chi crede esista.

Giornalismo, media, blog, siti web, si muovono come il Blob (non Blog) e importante è solo il contenuto, le emozioni che il singolo, gruppi di singoli o l’impresa o i gruppi di imprese, le associazioni di imprese e persone intendono condividere.

I modi per farlo si sono moltiplicati, stratificandosi attraverso connessioni di sinapsi ora Web, ora telefonica (SMS), ora in periodici incontri tra persone reali.

Lo stare bene con gli altri è la ragione che motiva una cena, un incontro, una discussione.

Farlo diventare un senso di appartenenza a qualcosa di astratto, pensando così di innovare la società esistente è alquanto fuori luogo, in quanto qualcosa di innovativo oggi diventa d’uso comune domani.

Oggi siamo in una fase di cambiamento ed abilitante di nuove forme di comunicazione. Domani sempre più persone finiranno per usarle senza per questo classificarsi o distinguersi per l’uso o meno di quelle che sono semplicemente tecnologie di comunicazione.

L’emersione invece di un uso “improprio” o di appartenenza a quelle cominciano ad assomigliare a delle vere e proprie “caste di eletti”, mi pare personalmente del tutto fuori luogo, visto che proprio per allargare la base di utenti e “cittadini” di questa “Società dell’Informazione”, occorre che ciascun nuovo “abitante” debba sentirsi come a casa propria.

Un dubbio: non è che tutto ciò sia funzionale ad un’economia degli eventi che cerca di trarre ritorni commerciali da questa “artificiosa classificazione”?

CAI CAI ... Ritira l'offerta!


Ping Pong USA – CINA sui modelli di sviluppo futuri

Lehman Brothers fallisce e i suoi impiegati in tutto il mondo hanno fatto “armi e bagagli” in una notte.

In Cina, nello stesso momento, China Merchants Bank Co. ha visto volatilizzare i 60 milioni “senior debt” e 10 milioni di “subordinated debt” di Lehman: 70 Milioni di euro in una notte!

Ieri AIG ha ricevuto un prestito ponte dal governo di 85 Miliardi di dollari ed è diventa società di Stato (79,9% del capitale del Governo USA)

Dal 2003 AIG è azionista della People’s Insurance Company of China (PICC), avendone acquisito il 9,9% delle quote al momento della IPO, dopo che con PICC aveva creato una Join Venture (AIA) al 50% ed essere stata la prima assicurazione occidentale ad entrare sul mercato cinese.

La Cina possiede circa il 30% dei buoni del tesoro americano, di fatto la cassa con la quale gli USA stanno cercando, in queste ore, di tappare le enormi falle nel proprio sistema finanziario ed economico (Freddie Mac, Fannie Mae, AIG …).

Da queste semplici valutazioni, appare evidente come la crisi finanziaria di questi giorni, abbia già “coinvolto” anche la Cina, viste le profonde relazioni che esistono tra le due economie, ma soprattutto si stanno confrontando sul campo, due diversi modelli di sviluppo.

Per quanto la crescita economica e finanziaria cinese sia stata infatti sostenuta pesantemente anche da investimenti diretti in Cina di molte delle multinazionali americane, tanto che l’appena fallita Lehman, era stata da poco insignita del premio “Best M&A House in China”, il sistema cinese non dipende totalmente da esse, anzi, sta creando un vero e proprio originale ibrido

Dopo la crisi dei mercati asiatici del ’97, la Cina aveva costruito il proprio modello di sviluppo seguendo molte delle linee guida alla base di quello americano, con alcune modifiche sostanziali, che alla luce dei fatti di questi giorni, appaiono molto significative.

La scelta liberistica fatta dalla Cina nel 2001 con il suo ingresso nel WTO, non è stata infatti aprioristica, ma al contrario sono state introdotte varianti che di fatto hanno creato quello che potremmo definire “Liberismo alla Cinese”.

Il mix pubblico e privato che caratterizza lo sviluppo Cinese e che fa storcere fuori luogo molti “miopi” economisti occidentali, dove il pubblico da la direzione al mercato, definendo a priori gli interessi nazionali, per poi definire le regole del gioco e i paletti, spesso anche molto limitanti, ha proprio lo scopo di evitare situazioni quali quelle che si stanno vivendo in USA.

Per il modello cinese, la ricchezza creata dalle imprese deve rimanere un fatto sociale che crea ricchezza e lavoro localmente e non trasformarsi in un fatto meramente finanziario.

Ma non solo, nel suo sviluppo internazionale la Cina con i paesi con cui entra in contatto, privilegia il mutuo scambio di beni e risorse primarie ed infrastrutturali alle azioni strettaemente finanziarie.

Il “crescere e consolidare”, è il motto di base che anima i programmi di sviluppo cinesi dei prossimi decenni.

Per contro, l’America, vive tutto con orizzonti temporali strettissimi, immediati con un liberismo sfrenato poco o per nulla regolamentato ed una quotidianità scandita dai risultati di borsa delle proprie aziende.

Questo fatto ha finito per “stressare” la propria crescita, giunta già tempo fa al limite di rottura, ma che invece di essere consolidata, ha decretato il successo del “debito”, quale nuova via per un benessere diffuso.

Così non è stato, anzi creditore e debitore, ora sono legati a doppio giro da un cappio che rischia di “ammazzare” entrambi.

Quale controprova, basti vedere quanto successo nel Vietnam, ora nel bel mezzo di una crisi economica senza precedenti, caso che dimostra come il liberismo applicato senza regole chiare, diciamo alla americana, rischi di provocare un effetto boomerang ben peggiore delle stesse condizioni di partenza.

Altra particolarità che distingue la strada cinese è che l’intervento di Stato non è visto come un fatto negativo, anzi, viene considerato doveroso, dato il rapporto che l’economia deve avere nello sviluppo del paese e non trasformarsi semplicemente in ricchezza per i “pochi” azionisti di borsa.

Per cui da tempo, le aziende cinesi sono accompagnate dallo stato in graduali e crescenti privatizzazioni e che poi ha il dovere di aiutarle a crescere forti e sane, dando loro modo di essere “protette”, quando necessario.

Questo approccio è per molti economisti ed intellettuali occidentali “fumo negli occhi”, ma alla luce di quanto accaduto in America si è dimostrato essere l’unico modo sensato di agire per far si che il valore sociale delle imprese venisse salvato, a scapito di quello meramente finanziario.

Ora occorre gettare le basi per uno sviluppo diverso da quello seguito fino ad ora, tracciando linee di uno “sviluppo sostenibile”, combattendo i falsi miti finanziari del liberismo senza regole e spregiudicato degli ultimi decenni, favorendo invece l’emergere di un nuova ricchezza diffusa, patrimonio della società e non proprietà delle imprese alla ricerca di rapidi arricchimenti per i propri pochi azionisti.

Questa esigenza accomuna profondamente occidente ed oriente, un’innovazione che deve essere condivisa di un nuovo modello, attorno al quale concentrare le energie di tutti.

Onore a Giorgio Bettinelli: il "Vespatourist"....

Il suo modo di "scoprire" mi ha sempre sorpreso, anche quando passò di recente da Shanghai, una città fatta di grattacieli, altissimi e lui, li in giro, con il suo "vespino" ... d'altri tempi.


Dopo la moglie, la vespa era sicuramente l'altra sua grande inseparabile parte, estensione di sè, così come la Cina, dove poi aveva deciso di vivere.

Onore a lui e al suo modo di "entrare" dentro la realtà con naturalezza e profonda "superficialità", un modo reale di capire le cose, di viverle e di raccontarle.

Guardando il suo sorriso, mi viene subito di associarlo ad un altro "grande" Tiziano Terzani.

Due esempi di come, prima di descrivere e scrivere di qualsiasi cosa, bisogna viverla a fondo, lentamente, giorno dopo giorno, lasciando che ciò plasmi i tuoi pensieri le tue emozioni: ti cambi dentro.

mercoledì 17 settembre 2008

Ri-Privatizzare la FIbra: un diritto costituzionale per tutti gli italiani

Il futuro di tutto il pianeta si giocherà su poche ma chiare priorità: Acqua, Cibo, Energia ed Internet.

La questione fondamentale è quindi quella di garantire a tutti i cittadini, come diritto costituzionale, l’accesso alla rete internet, esattamente come gli altri beni primari.

La carta costituzionale dovrebbe pertanto essere aggiornata al futuro che è già arrivato: “tutti i cittadini devono avere pari opportunità di accesso alla rete”.

Il digital divide che colpisce qualcosa come l’11% della popolazione italiana sarebbe quindi un fatto inaccettabile, a questo punto incostituzionale,

Ma non solo. Molti analisti sono concordi nell’affermare che in futuro, attorno alle 4 priorità citate, si scateneranno conflitti e anche guerre tra i popoli.

Già oggi, i conflitti attivi sul pianeta sono aumentati e strettamente collegati alla conquista di questa o quella priorità fondamentale.

Sulla rete il controllo è diventato un quotidiano problema, tanto che gli operatori possono a loro piacimento decidere cosa far vedere o no ai propri clienti, semplicemente rallentando o velocizzando l’accesso a questo e quel sito.

Quindi essendo le comunicazioni un aspetto fondamentale per migliorare la qualità della vita di una persona ( o controllarla), alla stregua del parlare e sentire, quale estensione dei sensi fisici offertici da madre natura, la rete deve essere realmente garantita come una risorsa Pubblica a tutti.

Alla stregua dell’aria e della citata acqua, la rete non può essere pertanto proprietà di nessuno e per la sua natura interconnessa e transnazionale, necessita di una chiara connotazione pubblica, per evitare abusi o peggio, discriminazioni tra cittadini ricchi o poveri.

Nel futuro sempre più povero, è evidente che occorre attrezzarsi affinché chi non possa più permettersi i beni superflui o un’auto o altro, possa sempre avere accesso alla rete, potendo da una parte mantenere un contatto con la conoscenza condivisa disponibile e dall’altra poter sperare di “cambiare” il proprio futuro usando la rete anche come strumento di lavoro.

La rete è come una grande piazza pubblica, di dimensione planetaria, con le sue viuzze e locali.

Impedirne l’accesso a qualcuno, equivale a non permettere loro, alla ricerca di nuove opportunità, di poter incontrare altre persone od aziende, in questo pubblico spazio.

Oggi tutti i cittadini italiani non hanno pari opportunità di fronte all’accesso alla rete. Questo sia a livello nazionale che locale.

L’idea diffusa che la rete sia un servizio e non una infrastruttura, quale fogne e le linee elettriche, ha portato a scaricare sui privati una questione che invece è di tipo pubblico.

Il privato, per definizione, agisce nella direzione che gli permette di massimizzare il proprio profitto.
Il pubblico dovrebbe invece agire nella direzione della tutela degli interessi sociali, senza differenze ovunque essi siano.

Appare quindi evidente il paradosso attuale italiano, dove l’azione di tipo pubblico è stata delegata, dopo le sciagurate privatizzazioni nel settore delle telecomunicazioni, ad un’azienda totalmente privata.

Impossibile quindi, che per quanta buona volontà gli amministratori di Telecom Italia possano dimostrare, che questa azienda possa rappresentare gli interessi di tutti gli italiani.

Ora rappresenta e tutela gli interessi solo dei propri azionisti, per giunta oramai connessi con la concorrente Telefonica, finendo per generare un paradosso nel paradosso.

Negli anni precedenti, si è richiesto il rispetto del suo ruolo “pubblico” al servizio dei cittadini, cercando di denunciare lo sviluppo a macchia di leopardo della rete Internet italiana.

Stesso discorso dopo quanto successo a Milano con la cessione della fibra pubblica del comune ad entità private, secondo il principio del profitto, piuttosto che quello del servizio pubblico.

Da queste premesse la proposta: Nazionalizzare la Fibra.

Questa azione avrebbe un duplice effetto:

Il primo annullare il conflitto di interessi attuale per cui l’attuale monopolista Telecom Italia, venda servizi utilizzando la stessa rete di cui dovrebbe essere un semplice custode, situazione che naturalmente favorisce azioni di concorrenza sleale nei confronti degli altri operatori sul mercato.

Il secondo, consentirebbe di preservare, proteggere l’accesso alla rete, che offerta alle stesse condizioni a tutti, consentirebbe di generare un flusso di cassa che potrebbe essere rinvestito negli investimenti di aggiornamento.

Il concetto da sviluppare è quello dove i concessionari accedono ad una rete totalmente pubblica, secondo condizioni veramente paritetiche.

Se poi qualche privato sente l’esigenza di creare delle proprie reti, occorre definire un principio di Concessione che lo Stato offre all’investitore di turno, ma che visto l’aspetto strategico delle infrastrutture, possa dare al partner pubblico, obbligatoriamente per legge, il diritto di poter offrirne una quota ai propri cittadini, come parte della rete nazionale d’accesso.

La proposta solo nell’apparenza appare inaccettabile, ma visti i successi di esempi simili, quali quelli nel caso dell’ENI e dell’ENEL che hanno già dimostrato che anche lo statale può essere competitivo, tanto che ENI è una delle Top 500 aziende di fortune con una presenza internazionale di primissimo piano in ogni parte del mondo.

Non va poi dimenticato che sulla rete viaggiano dati sensibili ed andando verso un mondo sempre più instabile, diverrà terreno per un nuovo tipo di guerre e terrorismi, fino ad ora sconosciuti, totalmente telematici.

Lo stato ha quindi il dovere di difendere e proteggere i propri cittadini direttamente con le proprie “forze armate digitali” per evitare che in futuro emergano azioni illegali da parte di privati o governi nemici che possano mettere a repentaglio la sicurezza dei singoli o della stessa nazione.

Per contro, nel caso di Alitalia, questo approccio non può essere valido, nel senso che Alitalia vende un servizio, in un sistema dei trasporti, dove le infrastrutture sono gli aeroporti.

Quindi nella gestione della crisi attuale, è giusto che questo tipo di compagnia riesca a trovare un equilibrio competitivo e non protezionistico, anche se ovviamente ci si auspica che l’Italia non dipenda in futuro da compagnie straniere per la mobilità personale e delle merci.

Tornando alla rete, occorre ora avere il coraggio di portare all’attenzione della politica una priorità nazionale, prima che diventati un’emergenza nazionale.

Come nel caso delle altre priorità fondamentali quali Acqua, Cibo ed Energia, sarà la cartina di tornasole per evitare che l’Italia del futuro, sparisca dalla lista dei paesi sviluppati, per ritrovarsi in quella del terzo mondo, ripercorrendo il percorso del gambero già fatto al periodo della grande Roma, ora per molti turisti solo un ammasso di “pietre rotte!”, ma una volta l’ombelico del mondo conosciuto.

lunedì 15 settembre 2008

ITV and ... Berlusconi???


Come gli inglesi vedono la questione e i suoi (reali) protagonisti...

ASIA-USA : That's Reality!!

Oggi sul Corriere una fotografia, uno spaccato sui 2/3 del mondo che "vuole crescere". (Video)

Per contraltare, 1/3 del mondo continua ad essere colpito dallo "Tsunami finanziario" che una dopo l'altra, sta "distruggendo" i monunumenti storici (altari) del mondo che fu ... e che non tornerà più. (Video)








Paesi Ricchi e paesi Poveri sono veramente sulla stessa "barca"!

Ora occorre imparare a "remare" tutti assieme!

Le nuvole all'orizzonte sono nere, nere, nerissime!

domenica 14 settembre 2008

Oggi Moon Cake Festival .... Auguri!

Oggi in Cina, si festeggia il Moon Cake o Mid - Autumn Festival ... il momento di riunificazione ed incontro delle famiglie e del "panettone cinese"....


Auguri! ....

mercoledì 10 settembre 2008

Limiti di LEGGE-NET: "IO" Clandestino ...

Un paese è tanto più evoluto tanto più lo è il suo sistema legislativo.

La comparazione tra paesi, avviene proprio attraverso il confronto dei rispettivi sistemi legislativi.

L’Italia sembra da tempo però aver perso la bussola e dimenticato la “regola aurea” che caratterizza un valido sistema legislativo: essere capace di rispondere alle esigenze e problematiche della società contemporanea.

Su molte tematiche attuali ed in particolare per quanto riguarda le nuove tecnologie, il legislatore deve ancora di fatto rifarsi a leggi del 1948 (Legge 47/48), quella che disciplina la stampa cartacea, utilizzata per valutare la “legalità” dei Blog e i siti Web.

Che un paese moderno, alle prese con il 2008 (tecnologico ed internettiano) possa competere adeguatamente utilizzando regole del 1948, appare alquanto difficile immaginarlo.

Spontaneo allora sarebbe un moto quale: “aggiorniamo le regole”.

Malauguratamente, gli aggiornamenti successivi (legge 62/2001) non hanno tracciato ed accolto nessuna delle nuove dinamiche e relazioni sociali “contenute” nei nuovi prodotti telematici, ma al contrario hanno di fatto provato a ricondurli ad una naturale evoluzione dei precedenti cartacei e quindi normativamente riconducibili alla vecchia legge del ’48.

Insomma sia tornati daccapo, come se fossimo ancora al 1948!.

La “rattoppata” del 2001 (Legge 7/2001), invece di chiarire la situazione, ha finito per complicarla enormemente, senza che i legislatori italiani si potessero rendere conto delle profonde implicazioni che di fatto avrebbero potuto avere tali atti.

E i segni evidenti dello stato confusionale del nostro sistema legislativo in materia, non hanno tardato a manifestarsi.

Infatti sono arrivati a creare il paradosso del caso dell’oscuramente del sito Accaddeinsicilia.net, dello storico siciliano Carlo Ruta, che è stato accusato di Stampa Clandestina.

A parte la “brutalità” di un’accusa assurda nel 2008, è evidente che questa sentenza, figlia della confusione della legislazione vigente e discrezionalità lasciata al giudice nell’applicarla, di fatto crea un precedente estendibile, in qualsiasi momento, a tutti i Blog e siti Web, che di fatto rende tutta la società italiana dei Blogs attuali, una società di Clandestini e Carbonari.

Il cavillo che ha condannato il sito di Carlo Ruta è legato all’interpretazione restrittiva che il giudice ha dato alla legge 62 / 2001 e D.Lgs 70/2003 e che obbliga le testate alla registrazione al tribunale, cosa che ovviamente Ruta non aveva fatto, in quanto detto obbligo si riferirebbe solo a coloro che intendono avvalersi delle provvidenze previste dalla legge 62/2001.

In pratica, l’interpretazione data dal giudice del Tribunale di Mantica, obbligherebbe ora tutti i Blog ad una registrazione, negando l’interpretazione spergiurata a suo tempo, confermando comunque tutti i dubbi sulla sostanziale “ambiguità” della normativa vigente, altrimenti i politici che hanno legiferato, ci spieghino perché il sito di Carlo Ruta è stato oscurato..

Occorre fare qualcosa, vista la crescente importanza e centralità del digitale interattivo nella società contemporanea, pensando a riscrivere dalle basi, le regole che lo dovranno regolamentare.

Nessun “rattoppo” però o evoluzione di un passato che deve rimanere tale, visto che l’invenzione di Gutenberg, per quanto abbia cambiato la storia di tutti noi, non possiede molte delle caratteristiche e dinamiche che sono il motore di una socialità interattiva e globalizzata come quella in cui viviamo già oggi.

Questa nuova legislazione, necessita però di un lavoro di squadra e cooperazione generazionale.

Non rappresenta infatti solo una questione di contenuti e distribuzione degli stessi, ma deve regolamentare come l’identità di ciascuno di noi e i nostri pensieri, possano trovare spazio legale nella Società dell’Informazione futura, oggi totalmente disconosciuta dalla nostra attuale legislazione, come se internet non fosse mai stato inventato.

martedì 9 settembre 2008

Italia(nata) Telecom:anello debole dello sviluppo nazionale

Nel cercare di “capire” le faccende Italiane nell’ottica del mondo che cambia, corre, avanza, si fa molta fatica a comprendere molte scelte, spesso più simili a dei Harakiri.

Telecom non fa eccezione.

Dopo una sciagurata privatizzazione e repentini passaggi di mano che l’hanno caricata di debiti miliardari (42 Miliardi), adesso rappresenta l’anello debole dello sviluppo Italiano.

L’empasse nel quale l’azienda è precipitata da qualche tempo, necessita non semplicemente di una ristrutturazione aziendale ma di una vera e propria “ristrutturazione paese”.

Infatti, appare decisamente insufficiente la soluzione proposta di recente da Telecom, che su sollecitazione dell’Antitrust ha creato Open Access, non altro che una divisione interna che di fatto non cambia i termini del problema.

Delle due una: o il paese intende provare a competere sull’innovazione tecnologica, seriamente e con convinzione o è meglio “alzare bandiera” bianca ed arrenderci definitivamente al futuro che incombe.

In particolare va evidenziato come Telecom sia decisamente più strategica di Alitalia, fatto dimostrato dal comportamento di altri Partner Europei (Germania e Spagna) che se da un lato hanno aperto le proprie compagnie aeree a partnership incrociate, per quanto riguarda le ICT, stiano agendo per tutelare prima di tutto gli interessi nazionali, ponendo in subordine quelli internazionali.

Impossibile fare diversamente, perché le infrastrutture per le telecomunicazioni sono da considerarsi alla stregua di “autostrade su concessione”, piuttosto che spazi di semplice e libera iniziativa privata.

Occorre quindi separare rete (infrastrutture) dai servizi, ridando i primi in gestione al pubblico, con la partecipazione di partner Privati e non come ora, dove lo stato è totalmente tagliato fuori da qualsiasi scelta in tale campo.

Solo dopo le imprese potranno realmente competere, utilizzando a pari condizioni l’infrastruttura esistente e non come ora, dove il concorrente è il gestore della rete stessa.

La politica italiana, che ha compreso gli errori del passato, ora sembra non sappia come tornare indietro senza “perdere la faccia”, perché molti dei protagonisti di allora sono ancora in prima linea.

A questo si aggiunge il problema Europeo e le sue regolamentazioni in merito.

Onestamente però, l’idea di Europa non ha alcun diritto di mettere fuori gioco l’intero paese su questa questione nei decenni a venire, visto che la rete non può essere considerata un prodotto ma una infrastruttura esattamente come lo sono le scuole, gli ospedali, le autostrade.

Esiste un motto cinese che dice “è stupido colui che non sa seguire il “vento” del cambiamento, preferendo “spezzarsi” sulle proprie certezze” che parafrasato, è come dire che occorre prendere decisioni storiche e popolari, anche se sgradite a livello di qualche concorrente a caccia della preda facile (Telefonica) e qualche banca impegnata sulla questione, a fini speculativi.

Aggiungiamo poi, che non bisogna vergognarsi a chiamare con il nome giusto tutto ciò: “nazionalizzazione” della fibra italiana.

Gli americani lo hanno fatto in questi giorni, senza mezzi termini, per quanto riguarda i mutui, gli inglesi nel sistema bancario.

Non si capisce quindi il perché l’Italia non possa farlo con le TLC, visto che in gioco c’è l’alfabetizzazione dell’intero paese, il futuro “intelligente” di tutti noi.

La ragione per cui occorre prendere questa decisione, non continuando a perdere altro tempo prezioso, l’ha spiegata il Presidente della Commissione Trasporti della Camera, Mario Valducci: “per creare un network adeguato, il paese necessita di 15 miliardi e Telecom Italia, nelle condizioni in cui versa non li ha”.

Siccome è stato dimostrato un nesso tra investimenti nelle nuove tecnologie ICT e la crescita del PIL nazionale, non investire ora sulla Fibra Italiana, equivale a non voler investire sulla crescita reale futura del paese e sulla crescita del livello culturale dei suoi cittadini, relegandoli all’Analfabetismo Digitale.

Per fare un parallelo è come se nel dopo guerra il governo Italiano avesse deciso di affidare la formazione (scuola) ai privati fin da subito, vendendo ad essi le scuole esistenti. Quale lingua, quale storia, quali contenuti sarebbero ora insegnati?

Occorre quindi avere il coraggio di considerare lo scorporo della rete e il suo ritorno sotto il “cappello” statale, un atto dovuto e necessario, dopo il quale, ricominciare a “pianificare” meglio i prossimi passi ma in una forma più virtuosa di quella attuale, che ad oggi appare essere solo una discutibile “Italianata”.

lunedì 8 settembre 2008

CAI CAI ... Il grande BLUFF? (2)

Oggi leggo sul Sole 24 un'approfondita analisi sulla questione Alitalia che conferma i miei dubbi su un’operazione, che "dice" una cosa, ma sembra in realtà "farne" un altra.

Oligopolio e mistificazione, rischiano di continuare a penalizzare il paese e nel frattempo permettono di "regalare" ex "gioielli di famiglia" in maniera incomprensibile (vedi il valore degli slots "svenduti" nella presente offerta!)

Oggi la compagnia va male (o è stata portata ad andare male?), ma ora "prendere la palla al balzo" per scambiarsi fraterni favori, appare decisamente insopportabile e sempre più incomprensibile.

Per esempio perchè l'area CARGO, logistica fondamentale per muovere le merci in un’economia globale come quella attuale e futura è stata accantonata come "no core?".

Spostare le persone a fini turistici non basterà per rilanciare il paese.

E’ sulle merci che il paese potrà cercare di competere, creandosi nuovi spazi sui mercati attraverso un sistema integrato "NAVE - AEREO - TRENO" che sia "vendibile" a possibili partner alla “affamata” ricerca, come ad esempio Cinesi ed Asiatici, che necessitano di HUB attraverso i quali far transitare le proprie merci, da e per il continente Europeo.

Questo approccio nella soluzione, è la dimostrazione di come fino ad oggi, chi ha gestito la compagnia, abbia “visto poco” come va il mondo e “tutelato molto” gli interessi di bottega al di qua delle Alpi.

Dico questo perchè "o questa soluzione o fallimento" mi ricorda molto come fu deciso di smembrare BLU, 4° operatore mobile, che ebbe una "gestione controversa" e che fini per trovarsi nella stessa situazione.

Ma come nel caso di Alitalia, non solo si impedì "a terzi", esterni all'Oligopolio esistente, di trovare una soluzione che permettesse la continuità, ma soprattutto si agì affinché gli stessi azionisti e gli altri operatori dell’Oligopolio, potessero "girarsi" le infrastrutture (Antenne) ad un valore enormemente inferiore a quello che avrebbero dovuto pagare normalmente.

Questo modo di fare “Sistema ed Industria” in Italia, non mi piacque allora e non mi piace ancora adesso e mi continua a lasciare quell'amaro in bocca che riconosco, una ferita che gli sviluppi del caso Alitalia, riaprono dolorosamente

sabato 6 settembre 2008

Hu Jintao, Wen Jabao FAN CLUB ....

E' stato creato dal giornale di partito People's Daily, il Fan Club del Presidente e del Primo Ministro Cinese.

Un punto di vista, una chiave di lettura diversa per gli oltre 100.000 iscritti, con un sacco di immagini, contenuti sulle storie personali dei Leaders cinesi.

venerdì 5 settembre 2008

Internet Italiano: “Anatra zoppa” dello sviluppo

Ieri è partita l’iniziativa Codice Internet – “Divulgare Internet in Italia!”

“Buona la prima” anche se va sottolineato con forza, come occorra velocemente fare molto di più, sul piano strutturale, culturale e soprattutto politico.

Internet in Italia, dovrebbe essere già da tempo un reale asset strategico per tutto il paese, il “netbrain” sul quale costruire la nuova fase di crescita del paese e soprattutto, dovrebbe esistere un’infrastruttura nazionale adeguata (Fibra), sulla quale possa realmente svilupparsi una nuova società digitale ed industriale.

Ora invece disponiamo di una bella “anatra zoppa”, folkloristica perché anatra, ma non strategica perché zoppa!.

Occorrerebbe invece uno sforzo collettivo, simile a quello del periodo postbellico, quando si dichiarò guerra all’analfabetismo, in questo caso Digitale.

Fa però riflettere come Codice Internet parta “nel silenzio tombale” delle istituzioni italiane nazionali, quasi fosse una “sagra comunale”, dimostrazione di come in Italia, la questione Internet soffra di una sorta di ormai patologica “Schizofrenia”.

A parte infatti i discorsi di circostanza, la Politica italiana sta di fatto sottovalutando e minimizzando l’analfabetismo digitale del paese, oltre che continuare a “fiancheggiare” le ultime campagne mediatiche “contro”.

Il comportamento sociale che si sta infatti pericolosamente diffondendo, attraverso gli opinion makers e molti quotidiani nazionali, assomiglia troppo a quello utilizzato nella campagna contro il fumo e dove sul pacchetto di sigarette, si è finito per scrivere “nuoce gravemente alla salute”.

Al contrario, invece di terrorizzare, occorrerebbe lanciare un messaggio che sottolinei come Internet sia per tutte le età, per tutte le tasche e per tutte le culture, cercando al contrario di favorirne un uso comune in oltre il 95% della popolazione, esattamente come il telefono e la TV attuali (infrastruttura permettendo!)

Per realizzare ciò occorre quindi che Internet faccia parte integrante dei programmi di governo e non venga semplicemente relegato alla voce” iniziative di marketing”, attivandosi con lo stesso dinamismo dimostrato per risolvere l’emergenza rifiuti nel napoletano.

Lasciare che “l’alfabetizzazione digitale” si autoalimenti su base volontaria o peggio casuale, senza alcuna pianificazione a livello nazionale, mette il paese in una pericolosa posizione che rischia di farlo affondare, sotto i colpi delle tempeste dei cambiamenti sociali in corso.

Andate a farvi raccontare come la “piccola” Finlandia ha programmato a livello statale il suo passaggio ad una società digitale, base stessa dell’innovazione dell’intero sistema industriale del paese, ora di livello mondiale.

Fatevi raccontare di Corea del Sud, Giappone o Cina e di come Internet sia parte integrante dello sviluppo sociale ed economico che sta rivoluzionando l’Asia e il mondo intero.

La parola d’ordine che accomuna tutti loro è: “pianificazione”.

Da noi la parola è ritenuta inutile, superflua, oltre che continuare a pensare Internet come una nicchia, una moda, secondaria, atteggiamento che evidenzia il vero problema: è questione oscura per i nostri Decision Makers.

Occorre invece chiamare con il proprio nome quella che è una vera e propria patologia nazionale, ponendo così fine ai “deprimenti outing” di intere schiere d’intellettuali che si sono precipitati a dire che internet deve essere una scelta, esattamente come il ragazzo per preferisce lavorare piuttosto che andare a scuola, rimanendo così analfabeta.

Leggere, scrivere, far di conto e sapere usare internet sono le basi necessarie per il futuro di tutti, non solo di qualcuno come ora.

Non solo, Internet non va considerata miopicamente solo come la semplice evoluzione della stampa o della TV, ma una vera e propria infrastruttura industriale che consente al sistema paese di crescere, grazie ad una virtuosa integrazione tra tecnologia e produzione

Lo stato dell’arte è invece che l’Italia sembra non temere l’Analfabetismo Digitale e conseguentemente la classe politica non lo considera una patologia sociale da dover curare, alla stregua della sicurezza, immigrazione, spazzatura, Alitalia …, finendo per perpetuare il diffondersi di una cultura retrograda e perdente.

Detto questo BLOGGANDO e EMAILANDO, ELEGGENDO, occorre far si che qualcosa cambi, non accontentandosi delle parvenze e delle “parole”.

Occorre inserite nelle finanziarie del Governo Italiano, seri investimenti alle voci “FIBRA PUBBLICA”, “SERVIZI INTERATTIVI”, “ALFABETIZZAZIONE DIGITALE”, “INDUSTRIALIZZAZIONE DIGITALE”, affidati ad un ministero CON Portafoglio, in grado di essere parte attiva del futuro del paese.

Oggi infatti il Ministro per l’Innovazione o facente funzione, fa sempre la parte “dell’ultimo della classe” nel Consiglio dei Ministri e non integrato nel processo produttivo del paese.

Agli “architetti” dell’Italia un messaggio: presi come siete da spazzatura, sicurezza, costo della vita, non dimenticatevi di inserire, nello sviluppo industriale del paese, anche “il cervello”, altrimenti a forza di, correggi qua, cambia là, rischieremo di assomigliare sempre più ad un nuovo terribile, ma elegante, Frankenstein.

giovedì 4 settembre 2008

CAI CAI ... il grande BLUFF?

Su Le Tribune viene descritto quello che probabilmente sarà il presumibile scenario futuro di Alitalia e la Exit Strategy degli imprenditori italiani coinvolti.

In sintesi seguirebbe, pari pari, la soluzione data a Telecom Italia, con l'ingresso degli spagnoli di Telefonica, vista la "promessa" da parte dell'Avisor di una ascesa al controllo della Compagnia da Parte di Air France dal 2013

Il 2013 appare lontano, ma non troppo, dipende dalle diverse "motivazioni" dei suoi protagonisti.

L'impressione oltretutto, c'era da aspettarselo, sembra un gioco di ruolo e che ora si stia facendo ciò che in fondo chiese la stessa Air France nella precedente trattativa: ridimensionare la compagnia, ridurre i debiti a suo carico.
Particolare rivelatorio è anche la soluzione di cessione dell'area cargo, non ritenuta strategica, decisione incredibile, quando nel futuro, proprio sulla logistica si giocheranno le partite future del commercio internazionale. Ma ciò era esattamente quanto richiesto da AIR FRANCE.

Di sicuro ora il dubbio che "dietro" Alitalia si stessero giocando molte partite e diverse "cordate" tra loro in "sinergia", diviene una certezza.

Mentre iniziano le trattative con i sindacati, tutto ciò lascia molto amaro in bocca, sia per il modo che per lo spirito di fondo "reale" di molti protagonisti, sia per lo "strombazzare" di valori nazionali, del tutto funzionali ad interessi particolari di molti dei suoi protagonisti.

Questa è l'Italia di oggi! Triste... e sempre più povera di proprie idee!

mercoledì 3 settembre 2008

Stagflazione del Figaro Italiano

“..Ah, che bel vivere, che bel piacere (che bel piacere)per un barbiere di qualita! (di qualita!) … …Tutti mi chiedono, tutti mi vogliono,donne, ragazzi, vecchi, fanciulle… …Figaro qua, Figaro la, Figaro qua, Figaro la,Figaro su, Figaro giù, Figaro su, Figaro giù….

Bene Figaro, eroe di altri tempi, sta “chiudendo bottega”, così come troppi negozianti, operatori del turismo etc… tutti impotenti davanti all’avanzare della “nuova peste” che sta colpendo l’Italia: la Stagflazione.

Arrivata in Europa dall’America agli inizi del ’70 con la crisi petrolifera, nella stessa maniera si è rifatta viva di questi tempi, più arzilla che mai.

Figlia del PIL in costante crescita che però non corrisponde al miglioramento della qualità della vita, è ora come “un nodo arrivato al pettine”: l’utopia di una società a salari alti e prezzi bassi ha presentato il conto.

E ahimè il “Made in Italy” sembra una perfetta futura vittima dei suoi temibili effetti, per il suo essere “superfluo” e di lusso.

Stesso discorso per molte delle nuove tecnologie, come la telefonia mobile che gestita in Oligopolio come ora, rischia di diventare un autentico lusso per molti cittadini, che potrebbero doverne fare a meno, mentre Internet, “bene primario” di una società proiettata verso il futuro, rischierà di essere messa ai margini dalla famiglia “taglia costi”, figlia della Stagflazione.

Come debellarla?

Contenerla non è sufficiente. Per combatterla sono necessari radicali e profondi interventi nella nostra società, un cambio delle priorità di tutti noi e che hanno determinato le principali scelte politiche ed economiche dei governi passati.

Soprattutto ora occorre essere innovativi, non solo guardando i numeri economici ma realizzando un cambiamento sociale che torni a dare centralità ai veri beni primari, non continuando a spingere l’acceleratore sui consumi a tutti i costi, ritenendoli il termometro della salute di una economia e di una società proiettata al futuro.

La Stagflazione sta “sradicando” parti intere della economia italiana fino a poco tempo fa sane, oltre ad essere la causa del crollo dei consumi interni, provocando “l’imballata” attuale.

Questo potrebbe continuare ad essere il prossimo futuro Italiano, sempre che finalmente non si decida seriamente a rivedere l’architettura fondante l’attuale sviluppo, pensandolo “meno global” e tornando alle nostre origini di prodotti a “chilometro zero” e “rottamare non è saggio”.

Approcci carichi di sano buon senso, di un passato probabilmente troppo frettolosamente, messo in soffitta.

martedì 2 settembre 2008

10 settembre 2008 è la Fine del Mondo?

Il 10 Settembre potrebbe essere la fine del mondo! ... Il tutto in Eurovisione...
E' un film? Una favola? ....

Nulla di tutto questo è la data dell'esperimento che cerca di "emulare" il Big Bang.

Il problema è che i favorevoli all'esperimento e che lo ritengono NON pericoloso, dicono testuale "ci sono scarse possibilità che l'acceleratore formi un buco nero capace di porre una minaccia concreta al pianeta"...

OPSSS ..ho letto bene, SCARSE??? Leggere qua per .. iniziare il conto alla rovescia...

lunedì 1 settembre 2008

Killer 2.0 in Offerta!

In un rapporto di PeaceReport viene denunciato l'uso della rete come spazio di compra-vendita di sicari e killer a basso costo. E' il mondo in rete, il web 2.0 che avanza, cresce, da tutti i punti di vista, che si trasforma in nuova realta.
Ora sorge spontanea una osservazione: è giusto "controllare" e reprimere, come sta facendo la polizia Messicana, per cercare di tutelare il navigatore, oppure è giusto lasciare al "buon senso" del navigatore?
Dove sono e chi li decide i confini tra il cyber-giusto e il cyber-sbagliato? O tra il Cyber-scherzo e la Cyber-verità?