Bolt for President!
Durante le ultime Olimpiadi le parole più inutili sentite in questi 16 giorni, sono state quelle del presidente del CIO Rogge, quelle che definirono Bolt, un ragazzo immaturo.
Lasciando da parte le ipocrisie di un comitato, che da una parte ha accolto solo nel 1956 l’idea di non far sfilare alla cerimonia di chiusura gli atleti dietro una bandiera, accogliendo la “sollecitazione” di una lettera di un sedicenne australiana, mentre dall’altra bacchetta la naturale, coinvolgente felicità di un 21enne, diventato il più veloce nella storia dell’uomo, il suo presidente è apparso del tutto inadeguato.
La notizia per il “vecchio” Rogge è che Bolt, dimostratosi invece una persona con la testa sulle spalle, ha subito fatto capire di che pasta è fatto e invece di tornare a casa a godersi la meritata gloria che lo attende, quale nuovo eroe nazionale Giamaicano, ha pensato a ben altro.
Infatti ha donato 50.000 dollari ai bambini colpiti dal recente terremoto nello Sichuan e ne ha invitati 6 di loro a visitare la Giamaica.
Ma non solo, ha dedicato la sua vittoria a loro, sperando che i suoi record possano aiutarli ad alleviare un poco le sofferenze che li hanno colpito sia nello spirito che nel corpo.
Un gran gesto, di una sensibilità sincera, non calcolata, come quella che esprime nei suoi balletti post gara, qualcosa di raro che va preservato e semmai pubblicizzato, alla faccia dei Rogge di turno, loro si, pessimi esempi di cosa lo sport dovrebbe realmente essere.
Quello che infatti stride tra i balli di Bolt e la “mummificata” faccia di Sammarach e Rogge, è che Bolt rappresenta l’inno alla vita, cosa che Rogge e Sammaranch non riescono minimamente a rappresentare.
Gesti quali quelli di Bolt, da parte del “freddo calcolatore” Rogge non se ne sono visti. Sempre intento ad incontrare i “potenti” del mondo, fatto che probabilmente lo porta a pensare di essere esso stesso uno dei potenti della terra.
Questo personaggio, invece di ringraziare pubblicamente personaggi quali Bolt e gli altri atleti che hanno onorato lo sport a Beijing ed agire per colpire le giurie corrotte, che paragonabili al Doping, annientano il senso stesso di fare sport, ha preferito ergersi a paladino del “bon ton” formale.
A Beijing è sembrato più volte che la realtà e il CIO fossero su due coordinate spazio-temporali agli antipodi. Addirittura le regole del Comitato Olimpico sono apparse più rigide di quelle, già molto formali, tipiche dei paesi dell’Asia e in Cina.
Rifiutare agli spagnoli di onorare i propri morti, è apparso infatti un’assenza di tatto ed umanità di chi evidentemente vive distante da quanto accade nel mondo reale, pensando che la realtà sia sintetizzata solo dal CIO, apparato di regime, questo si, del tutto fuori luogo per la missione che dovrebbe avere, a favore di tutta l’umanità.
Quindi speriamo che Beijing lasci il segno, contribuendo a considerare seriamente un cambiamento nei vertici e nelle regole stesse del CIO, ormai totalmente inadeguate e “scialbe”, per tutelare un patrimonio dell’umanità che deve essere esempio positivo per il futuro e non invece continuare a preservare “muffe” del passato o peggio agire verso una politicizzazione dello sport e strumentalizzazione dei sacrifici di miliardi di atleti.
Bolt piace perché ha rappresentato perfettamente lo “Spirito Olimpico”, quello solo citato da Rogge, annichilendo con i propri mezzi chiunque avrebbe preferito fermarlo, con questo o quel cavillo, arrivando al punto di cercare di screditarne la persona, confidando su un’autorità ed autorevolezza che, visti i risultati e i commenti, è totalmente inesistente.
Lasciando da parte le ipocrisie di un comitato, che da una parte ha accolto solo nel 1956 l’idea di non far sfilare alla cerimonia di chiusura gli atleti dietro una bandiera, accogliendo la “sollecitazione” di una lettera di un sedicenne australiana, mentre dall’altra bacchetta la naturale, coinvolgente felicità di un 21enne, diventato il più veloce nella storia dell’uomo, il suo presidente è apparso del tutto inadeguato.
La notizia per il “vecchio” Rogge è che Bolt, dimostratosi invece una persona con la testa sulle spalle, ha subito fatto capire di che pasta è fatto e invece di tornare a casa a godersi la meritata gloria che lo attende, quale nuovo eroe nazionale Giamaicano, ha pensato a ben altro.
Infatti ha donato 50.000 dollari ai bambini colpiti dal recente terremoto nello Sichuan e ne ha invitati 6 di loro a visitare la Giamaica.
Ma non solo, ha dedicato la sua vittoria a loro, sperando che i suoi record possano aiutarli ad alleviare un poco le sofferenze che li hanno colpito sia nello spirito che nel corpo.
Un gran gesto, di una sensibilità sincera, non calcolata, come quella che esprime nei suoi balletti post gara, qualcosa di raro che va preservato e semmai pubblicizzato, alla faccia dei Rogge di turno, loro si, pessimi esempi di cosa lo sport dovrebbe realmente essere.
Quello che infatti stride tra i balli di Bolt e la “mummificata” faccia di Sammarach e Rogge, è che Bolt rappresenta l’inno alla vita, cosa che Rogge e Sammaranch non riescono minimamente a rappresentare.
Gesti quali quelli di Bolt, da parte del “freddo calcolatore” Rogge non se ne sono visti. Sempre intento ad incontrare i “potenti” del mondo, fatto che probabilmente lo porta a pensare di essere esso stesso uno dei potenti della terra.
Questo personaggio, invece di ringraziare pubblicamente personaggi quali Bolt e gli altri atleti che hanno onorato lo sport a Beijing ed agire per colpire le giurie corrotte, che paragonabili al Doping, annientano il senso stesso di fare sport, ha preferito ergersi a paladino del “bon ton” formale.
A Beijing è sembrato più volte che la realtà e il CIO fossero su due coordinate spazio-temporali agli antipodi. Addirittura le regole del Comitato Olimpico sono apparse più rigide di quelle, già molto formali, tipiche dei paesi dell’Asia e in Cina.
Rifiutare agli spagnoli di onorare i propri morti, è apparso infatti un’assenza di tatto ed umanità di chi evidentemente vive distante da quanto accade nel mondo reale, pensando che la realtà sia sintetizzata solo dal CIO, apparato di regime, questo si, del tutto fuori luogo per la missione che dovrebbe avere, a favore di tutta l’umanità.
Quindi speriamo che Beijing lasci il segno, contribuendo a considerare seriamente un cambiamento nei vertici e nelle regole stesse del CIO, ormai totalmente inadeguate e “scialbe”, per tutelare un patrimonio dell’umanità che deve essere esempio positivo per il futuro e non invece continuare a preservare “muffe” del passato o peggio agire verso una politicizzazione dello sport e strumentalizzazione dei sacrifici di miliardi di atleti.
Bolt piace perché ha rappresentato perfettamente lo “Spirito Olimpico”, quello solo citato da Rogge, annichilendo con i propri mezzi chiunque avrebbe preferito fermarlo, con questo o quel cavillo, arrivando al punto di cercare di screditarne la persona, confidando su un’autorità ed autorevolezza che, visti i risultati e i commenti, è totalmente inesistente.