lunedì 18 dicembre 2006

Cina/ L'esercito dei disoccupati per scelta

(pubblicato su Affari Italiani il 17 Novembre 2006)
La Cina è un incredibile macchina del tempo, un treno capace di attraversare in pochi anni fasi sociali ed economiche che nel resto del mondo hanno richiesto decenni, tutto come in un laboratorio a cielo aperto.

In questo percorso, in una sorta di ritorno al futuro, è possibile imbattersi improvvisamente in una generazione di “disoccupati per scelta”!!! Quella dei neo laureati cinesi.

Ogni anno la Cina sforna qualcosa come 4,13 milioni di laureati, cosa che, a prima vista, rappresenta una ottimo risultato, un costante incremento delle competenze a supporto della crescita economica e sociale cinese.

Oggi però Tian Chengping, Ministro del lavoro e sicurezza sociale, ha annunciato che 1,24 Milioni di questi neo laureati nel prossimo anno rimarranno senza lavoro, dato il brusco rallentamento della domanda di neo laureati, quantificato in -22%.

Superficialmente questa analisi appare credibile anche se probabilmente la vera ragione di questo fenomeno va cercata altrove: questo esercito di disoccupati ha deciso di esserlo.

Questa estate, ad esempio, il governo cinese, a fronte di questa crescente emergenza giovanile, aveva lanciato una campagna per lo stanziamento di sussidi ai neo laureati disoccupati, ma nonostante la promozione fatta a tappeto in tutte le università nazionali, di fatto questa opportunità non è stata colta, tanto che a livello governativo ci si è chieste le ragioni di questo “rifiuto”, totalmente in contro tendenza se comparato alle precedenti esperienze nei paesi occidentali.

I giovani neo laureati, senza troppi giri di parole, hanno risposto che preferiscono rimanere disoccupati, piuttosto che essere sostenuti da un sussidio.

Questo ha sconcertato molto il governo cinese, dato che lo stato di disoccupazione può durare anche degli anni e sta coinvolgendo proprio tutti, anche i talenti che terminato il proprio percorso di studi all’estero, hanno deciso di rientrare in Cina.

La ragione è semplice quanto incredibile: oggi un teenager cinese rifiuta qualunque soluzione di contingenza (salario nell’ordine dei 100 / 200 € mensili) perché convinto che, come gli insegna io il suo Tao e la sua tradizione aspettando arriverà una occasione migliore (circa 500€); basta sapere attendere che le condizioni migliori maturino.

Il benessere sempre più diffuso porta quindi tutta una generazione ad un sostanziale attendismo, in attesa che arrivino tempi migliori.

Questo approccio è connesso anche al manifestarsi di un secondo fenomeno storico: la regola del figlio unico, vigente in Cina fino a poco tempo fa.

Risultato; i figli, spesso unici, sono al centro degli interessi e degli affetti dei propri genitori, che anche involontariamente finiscono con il viziarli.

Per cui, i genitori del nuovo benessere cinese, anche se raggiunto dopo decenni di privazioni e sudati risparmi, finiscono per sostenere la scelta di disoccupazione dei figli, essi stessi convinti della imponderabilità di un futuro migliore, dato per certo.

Il cinese medio oggi pensa SOLO positivo e sostenuto dalla propria cultura e filosofia tradizionale, assomiglia più ad un passeggero di un treno in viaggio verso una nuova stazione, che il macchinista dello stesso.

I giovani cinesi quindi sono come partiti per un viaggio; poco interessati alla contingenza quotidiana e nella sola attesa che la stazione desiderata arrivi.

Se a tutto questo aggiungiamo il fascino che il modello occidentale sta esercitando sulle nuove generazioni cinesi, il risultato è sotto gli occhi di tutti: le nuove generazioni cinesi non sono più propense ai sacrifici che hanno caratterizzato i loro predecessori.

Questo sta creando quindi un pericoloso attrito tra le varie generazioni cinesi.

Parlando con i trentenni ci si rende conto della poca stima e fiducia che ripongono nelle generazioni a venire, viste come dei veri e propri parassiti, poco propensi a vivere per il bene comune, la Cina, intrisi di un crescente individualismo che fa molta paura.

Si, perché questo tarlo terrorizza il cinese medio attuale.

Non sono gli europei o gli americani a preoccuparli davvero, ma il diffuso timore che il benessere fin qui faticosamente costruito, rischi di non perpetuare a causa dell’incapacità delle generazioni future a continuare il lavoro fin qui svolto.

E le prime avvisaglie non sembrano contraddire questi timori, visto che sembra crescere un esercito di Peter Pan poco interessati a faticare per costruire, ben intenzionati a consumare quello che c’è, come voraci cavallette.

Forse questa rappresenta la nuova e vera sfida cinese per il futuro.

Occorrerebbe pertanto spiegare ai giovani cinesi come il modello di vita che stanno cercando di emulare, quello occidentale, non rappresenti la perfezione ma anzi forse il primo sintomo del NOSTRO decadimento, esattamente come quello che storicamente portò la grande Roma a scomparire dal centro della storia mondiale.

La Cina ancora forse non è arrivata a rischiare tanto, ma in un mondo globalizzato come quello attuale, visto che la fame e le necessità concrete dei popoli poveri saranno i veri drivers degli sviluppi futuri, non aver il desiderio di costruire e guidare il proprio benessere futuro, rappresenta di per sé una pericolosa spia di allarme, di cui la Cina dovrà tenere conto, per evitare di diventare nel futuro una eterna ed incompiuta Peter Pan.