lunedì 18 dicembre 2006

Cina, guerra alla corruzione

(pubblicato su Affari Italini il 3 Novembre 2006)
Quando si parla di Cina, il primo e più diffuso luogo comune è che sia un paese dove la corruzione imperi ovunque.

Arrivi e pensi di doverti preparare al peggio, gabelle e dazi fin dal tuo ingresso in aeroporto e rassegnarti a qualunque tipo di sovratassa compiacente per qualsiasi operazione.

Quindi non ci si stupisce, quando entrando per la prima volta in un ufficio governativo, si attenda l’arrivo della fatidica richiesta in grado di “aiutare” la procedura in corso.

Sorpresa!! Entrare in un ufficio statale in Cina, a Shanghai, è come entrare in una banca.

Tutte le procedure, sono corredate da una chiara lista dei documenti necessari, di un listino prezzi chiaro ed univoco, professionalità stile banca.

Sicuramente Shanghai non è tutta la Cina, ma è evidente fin nei dettagli delle singole procedure, lo sforzo governativo affinché questa piaga venga sanata al più presto.

Un esempio? In tutte le procedure e per ogni singolo passaggio, sono stabiliti l’ufficio responsabile e i tempi entro cui la pratica presentata sarà evasa o otterrà una risposta. Il rispetto dei tempi risulta essere elemento tassativo per l’ufficio governativo, oltre ad essere un evidente metodo di auto-verifica dell’operato dei funzionari coinvolti.

Un altro esempio? In tutti gli uffici in Cina, (compresi i guidatori d’autobus!!), hai sempre chiaro con chi stai parlando, in quanto è presente una targhetta di identificazione personale, con tanto di foto.

Quindi, nel caso qualcosa non vada per il verso giusto, tu puoi sempre fare nome e cognome del funzionario con il quale sei entrato in contatto, senza alcun problema o reticenza.

La lotta alla corruzione in Cina è quindi diventata una emergenza nazionale, tanto che leggendo i giornali e guardando la televisione, ogni giorno viene dato conto dei funzionari governativi finiti in prigione accusati di atti di corruzione.

L’ultimo evento rilevante è stato quello che ha riguardato proprio Shanghai, dove senza pensarci due volte, è stata rimossa la massima carica della città e adesso anche altri funzionari sono sotto inchiesta.

Dati alla mano dal 2003 ad oggi, in Cina 67.500 ufficiali governativi sono stati giudicati per atti di corruzione, così come annunciato da Wang Zhenchau, procuratore generale della Suprema Procura del Popolo. In Cina per reati del genere si rischia di passare il resto della vita in prigione.

Interessante è osservare inoltre che la polizia stima che i reati economici più gravi commessi da soli 500 di questi funzionari, hanno contribuito a sottrarre qualcosa come 70 Miliardi di Yuan (8,75 Miliardi di Dollari).

La cosa per quanto stupefacente, sembra confermare la premessa: la Cina è la patria della corruzione a livello mondiale.

Poi si riflette un attimo sui recenti casi di corruzione accaduti in Ungheria, Taiwan e Thailandia dove hanno fatto seguito manifestazioni di piazza e un colpo di stato.

Si legge delle recenti condanne ai manager Enron in USA, di quello che sta accadendo in Russia e le accuse al premier Putin fatte dalla giornalista finita ammazzata, per finire a fare mente locale su un passato che ci riguarda; la questione connessa all’omicidio di Ilaria Alpi e della nostra cooperazione in Somalia.

Da questi e altri casi, si capisce che il problema della corruzione è un problema non circoscrivibile a zone specifiche ma risulta un problema su scala planetaria, ora confermato dalla nascita di un organismo internazionale preposto a combatterla, l’Associazione Internazionale delle Autorità anti-corruzione (IAACA) che raccoglie 137 paesi e 12 organizzazioni internazionali.

La IAACA è nata come strumento operativo nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC) che dovrebbe trovare la sua attuazione dal prossimo 14 dicembre, proprio per combattere la corruzione nel mondo.

A questo punto una paio di domande. Dove si è riunita la prima sessione di questa associazione mondiale contro la corruzione? Manco a farlo apposta a XIANGHE, HEBEI (Cina) il 23 Ottobre u.s.

A chi è stata affidata la presidenza di questa associazione da parte di tutti e 137 gli stati aderenti? Sarà una coincidenza ma proprio alla Cina, nella persona di Jia Chunwang Capo della Suprema Procura del Popolo.

Cosa significa tutto ciò? Semplicemente che mentre gli Americani pubblicizzano ogni giorno che il male del mondo si annida nelle pieghe del terrorismo, i cinesi affermano invece che per vedere un crescente benessere generalizzato, occorre sconfiggere la corruzione in ogni dove essa si annidi.

Questo approccio appare molto credibile quando si provano ad analizzare le cause principali che mantengono all’attuale livello di povertà ad esempio le popolazioni dell’Africa e del Sud America.

La corruzione governativa in quei paesi impedisce che la ricchezza presente, spesso sotto forma di materie prime e risorse naturali, rappresenti realmente un bene comune.

Detto questo, la corruzione ha quindi sicuramente un impatto quotidiano ben superiore a quello legato al terrorismo mondiale, quando ogni 5 secondi una persona muore di fame e quando più di 1 miliardo di persone non hanno accesso diretto all’acqua.

Quindi forse è giunto il momento di soffermarsi a riflettere sulla pragmatica proposta contenuta nel messaggio cinese di lotta alla corruzione senza oltranza.

Evidentemente nasce dalla esperienza che ha consentito alla Cina (ricordiamoci di 1 miliardo e 300 milioni di persone!!) di passare da una situazione di indigenza alla ben diversa situazione attuale, dove ad ogni cinese è garantito acqua e cibo.

Inoltre il governo cinese da questa azione pensa di risparmiare qualcosa come 9 Miliardi di dollari.

E noi, quanti Miliardi di Euro risparmieremmo se affrontassimo seriamente la questione della corruzione, trasformandola in una vera e propria emergenza nazionale con la stessa determinazione dimostrata fin qui dai Cinesi?

Sicuramente un diverso approccio sulla questione sarebbe un forte segnale, in grado di dare al paese quella scossa di cui ha tanto bisogno, per tornare a competere sui mercati internazionali.

A conferma della necessità di una azione, basti ricordare che la Cina è il paese che raccoglie il più grande volume di investimenti stranieri, mentre noi sul tema degli investimenti internazionali in Italia siamo tra gli ultimi, vista la sostanziale sfiducia degli investitori stranieri verso le nostre procedure interne.

La lezione e il monito cinese è sotto gli occhi di tutti, per comprenderla basterebbe smettere di indossare gli occhiali da sole dei pregiudizi e dei luoghi comuni, visto che per prima cosa dobbiamo sfatare i nostri, senza se e senza ma, prima che la confusione attuale diventi ingovernabile.