Microsoft – Yahoo: segni dello “slowdown” della economia Americana
L’economia americana, prossima alla peggiore recessione delle propria storia e comunque in una fase di deciso Slow-Down, come ammesso dallo stesso Bush nel proprio discorso all’Unione, sta offrendo molti interessanti spunti.
Microsoft, leader incontrastato della Digital Economy mondiale, “fiutato” il cambio di aria in corso, ha deciso di buttare “il cuore” oltre la staccionata, lanciandosi alla conquista di Yahoo.
Molti commentatori si sono subito affrettati a vedere questa come una mossa contro Google. In realtà è una mossa che sta cercando di salvare la stessa Microsoft, oltre che Yahoo, “prima” dell’inizio della recessione, la ricerca di un riposizionamento del colosso di Redmond nella competizione mondiale.
I veri “avversari”di Microsoft infatti si chiamano Open – Source e Web 2.0: proprio il contrario di come è nata e si è sviluppata la storia vincente della società di Bill Gates.
L’uscita di scena del suo fondatore, dedicatosi alla propria “Fondazione no Profit”, obbligava inevitabilmente i vertici di Microsoft nel doversi riposizionare il prima possibile e prepararsi allo Tsunami che l’economia mondiale si appresta a ricevere.
Per cui la “virata” fatta in questi giorni da parte di Microsoft, oltretutto realizzata con sospetta e curiosa frenesia, sta cercando di sfruttare (aiutare) la profonda debolezza di Yahoo, tale da obbligarla ad annunciare tagli considerevoli di personale a livello mondiale.
In Cina ad esempio, in poco meno di un anno, si è assistito al “triste” riassorbimento da parte di Alibaba, socio di Yahoo in tale mercato, di buona parte delle eccedenze di personale che Yahoo dichiarava su tale mercato: una Caporetto in piena regola.
Questa notizia e la crisi di Yahoo, vanno quindi lette con maggiore attenzione. Segnano infatti la fine del predominio e della fase di espansione dei colossi Americani della Società dell’Informazione.
Google stesso, nonostante la incredibile crescita attuale, fatica infatti a conquistare realmente nuovi mercati al di fuori del “perimetro occidentale”.
Diciamo che sta cannibalizzando le aziende occidentali del settore, ma ha parecchie difficoltà con le altre “nuove nate” dell’area asiatica.
Non convincono nemmeno le prospettive relative alla Pubblicità Digitale, visto che in termini assoluti, gli investimenti delle imprese stanno precipitando.
Quello che sta succedendo è solo la crescente cannibalizzazione della parte digitale a svantaggio della pubblicità tradizionale, ma in termini assoluti non si è creato un nuovo mercato che si è SOLO spostato a livelli assoluti inferiori a quelli precedenti.
Quindi i dati sulla pubblicità digitale, letti recentemente con grande enfasi da IAB come la prova della crescita futura, sono invece da leggere come i dati che dimostrano la crisi di sistema in corso che sta colpendo anche il mercato della pubblicità, strettamente legato alla implosione delle imprese.
La nuova economia digitale occidentale NON sta creando valore aggiunto, ma semplicemente facendo da “paracadute” per quella tradizionale allo sbando.
Le ragioni di tutto ciò sono le diverse “basi economiche” che i due blocchi, quello occidentale ed asiatico, esprimono in senso assoluto.
Gli operatori occidentali, bisognosi di nuovi mercati per non crollare, sommersi spesso da montagne di debiti, nell’espandersi sui mercati asiatici, a parità d’investimento in valuta occidentale, finiscono per ottenere rendimenti bassissimi, perché realizzati in valuta locale.
Questo aspetto economico ha quindi rappresentato un falso vantaggio a favore delle “ricche” (in valuta) imprese occidentali, che hanno così iniziato ad investire massicciamente nelle economie Asiatiche, credendo di poter investire proporzionalmente alle economie in cui stavano entrando.
Invece si stanno accorgendo che tutto ciò sta paradossalmente facendo la fortuna dei “soggetti locali”, che nascendo in tali economie e partendo dal basso, possono permettersi il lusso di scalzare i “giganti di argilla” stranieri, anche con tutta una serie di “colpi bassi”, molto ben assestati, spesso mortali, vedi il caso di Yahoo in Cina.
L’insuccesso in Cina del nuovo Vista di Microsoft, venduto in poche “centinaia” di esemplari, ha quindi sicuramente fatto da spia di allarme per i vertici di Redmond, che hanno capito come fosse “finita la propria epoca” e che dovevano trovare un business nuovo su cui investire il proprio futuro.
Se a questo aggiungiamo la richiesta dei “codici sorgente” da parte dei Governi Europei e la multa inflitta, sempre a livello Europeo, per la posizione dominante sul mercato assunta da Microsoft negli anni, appare chiaro che l’attuale azione non sia altro che una razionale azione di uscita dal mercato del software di sistema e l’ingresso in quello futuro dell’Open Source Informations o meglio conosciuta Web 2.0.
Molte le incognite che ciò riesca. Sicuramente una azione di grande respiro per gli anni a venire.
Comunque vada, questa operazione è la prova che il prossimo futuro possa essere un momento particolarmente interessante, nonostante la crisi.
Si aprono infatti gli spazi per poter sviluppare nuove idee, trasversali e globali, cercando però nella loro definizione, di non continuare a investire nella ormai “antica” supremazia occidentale nella Società dell’Informazione futura.
Microsoft, leader incontrastato della Digital Economy mondiale, “fiutato” il cambio di aria in corso, ha deciso di buttare “il cuore” oltre la staccionata, lanciandosi alla conquista di Yahoo.
Molti commentatori si sono subito affrettati a vedere questa come una mossa contro Google. In realtà è una mossa che sta cercando di salvare la stessa Microsoft, oltre che Yahoo, “prima” dell’inizio della recessione, la ricerca di un riposizionamento del colosso di Redmond nella competizione mondiale.
I veri “avversari”di Microsoft infatti si chiamano Open – Source e Web 2.0: proprio il contrario di come è nata e si è sviluppata la storia vincente della società di Bill Gates.
L’uscita di scena del suo fondatore, dedicatosi alla propria “Fondazione no Profit”, obbligava inevitabilmente i vertici di Microsoft nel doversi riposizionare il prima possibile e prepararsi allo Tsunami che l’economia mondiale si appresta a ricevere.
Per cui la “virata” fatta in questi giorni da parte di Microsoft, oltretutto realizzata con sospetta e curiosa frenesia, sta cercando di sfruttare (aiutare) la profonda debolezza di Yahoo, tale da obbligarla ad annunciare tagli considerevoli di personale a livello mondiale.
In Cina ad esempio, in poco meno di un anno, si è assistito al “triste” riassorbimento da parte di Alibaba, socio di Yahoo in tale mercato, di buona parte delle eccedenze di personale che Yahoo dichiarava su tale mercato: una Caporetto in piena regola.
Questa notizia e la crisi di Yahoo, vanno quindi lette con maggiore attenzione. Segnano infatti la fine del predominio e della fase di espansione dei colossi Americani della Società dell’Informazione.
Google stesso, nonostante la incredibile crescita attuale, fatica infatti a conquistare realmente nuovi mercati al di fuori del “perimetro occidentale”.
Diciamo che sta cannibalizzando le aziende occidentali del settore, ma ha parecchie difficoltà con le altre “nuove nate” dell’area asiatica.
Non convincono nemmeno le prospettive relative alla Pubblicità Digitale, visto che in termini assoluti, gli investimenti delle imprese stanno precipitando.
Quello che sta succedendo è solo la crescente cannibalizzazione della parte digitale a svantaggio della pubblicità tradizionale, ma in termini assoluti non si è creato un nuovo mercato che si è SOLO spostato a livelli assoluti inferiori a quelli precedenti.
Quindi i dati sulla pubblicità digitale, letti recentemente con grande enfasi da IAB come la prova della crescita futura, sono invece da leggere come i dati che dimostrano la crisi di sistema in corso che sta colpendo anche il mercato della pubblicità, strettamente legato alla implosione delle imprese.
La nuova economia digitale occidentale NON sta creando valore aggiunto, ma semplicemente facendo da “paracadute” per quella tradizionale allo sbando.
Le ragioni di tutto ciò sono le diverse “basi economiche” che i due blocchi, quello occidentale ed asiatico, esprimono in senso assoluto.
Gli operatori occidentali, bisognosi di nuovi mercati per non crollare, sommersi spesso da montagne di debiti, nell’espandersi sui mercati asiatici, a parità d’investimento in valuta occidentale, finiscono per ottenere rendimenti bassissimi, perché realizzati in valuta locale.
Questo aspetto economico ha quindi rappresentato un falso vantaggio a favore delle “ricche” (in valuta) imprese occidentali, che hanno così iniziato ad investire massicciamente nelle economie Asiatiche, credendo di poter investire proporzionalmente alle economie in cui stavano entrando.
Invece si stanno accorgendo che tutto ciò sta paradossalmente facendo la fortuna dei “soggetti locali”, che nascendo in tali economie e partendo dal basso, possono permettersi il lusso di scalzare i “giganti di argilla” stranieri, anche con tutta una serie di “colpi bassi”, molto ben assestati, spesso mortali, vedi il caso di Yahoo in Cina.
L’insuccesso in Cina del nuovo Vista di Microsoft, venduto in poche “centinaia” di esemplari, ha quindi sicuramente fatto da spia di allarme per i vertici di Redmond, che hanno capito come fosse “finita la propria epoca” e che dovevano trovare un business nuovo su cui investire il proprio futuro.
Se a questo aggiungiamo la richiesta dei “codici sorgente” da parte dei Governi Europei e la multa inflitta, sempre a livello Europeo, per la posizione dominante sul mercato assunta da Microsoft negli anni, appare chiaro che l’attuale azione non sia altro che una razionale azione di uscita dal mercato del software di sistema e l’ingresso in quello futuro dell’Open Source Informations o meglio conosciuta Web 2.0.
Molte le incognite che ciò riesca. Sicuramente una azione di grande respiro per gli anni a venire.
Comunque vada, questa operazione è la prova che il prossimo futuro possa essere un momento particolarmente interessante, nonostante la crisi.
Si aprono infatti gli spazi per poter sviluppare nuove idee, trasversali e globali, cercando però nella loro definizione, di non continuare a investire nella ormai “antica” supremazia occidentale nella Società dell’Informazione futura.