Comprare / vendere casa con il pin
Il mercato immobiliare cinese è in incredibile espansione, il vero volano della “nuova” ricchezza di cui i molti cinesi godono, giorno dopo giorno.
Per capire cosa sia successo, bisogna ricordarsi che in Cina, la proprietà privata è cosa recente.
Infatti nel 1949, la Rivoluzione Maoista aveva azzerato il concetto stesso di proprietà, portando tutto a proprietà collettiva.
Ma con le aperture economiche introdotte da Deng Xiaoping nel 1979, l’architetto dell’attuale boom cinese, fondamentale fu il riconoscimento della proprietà privata a livello costituzionale, una vera “nuova rivoluzione” che ne sanciva il diritto “legittimo e protetto dallo stato”.
Va sottolineata l’importanza di questo passaggio che non è semplicisticamente una questione economica ma una faccenda prima di tutto politica.
Sulla carta infatti, la Cina è un paese “social-comunista” ma con l’introduzione della proprietà privata se ne abbattono le fondamenta teoriche.
Garantire appieno il diritto di proprietà significa infatti garantire ad una classe di cittadini, tendenzialmente indipendenti dal potere politico, di poter aprire la società al dibattito pubblico oltre ad essere un primo passo fondamentale per la introduzione delle riforme politiche di quella che Hu Jintao ha definita“Società Armonica”.
Superati i tempi dello stato collettivista e delle comuni, nonostante quindi i leaders cinesi continuino a sottolineare il fatto che si sta sviluppando un mercato di “stampo socialista”, nella realtà, come risultato della mediazione tra passato e futuro, con la ratifica del diritto alla proprietà privata, si sono iniettati i “geni” del sistema capitalistico.
Tale diritto, che dopo 4 anni di discussioni è stata ratificato anche sotto forma di leggi applicative lo scorso marzo proprio per coprire un “buco legislativo” fino ad allora esistente, sancisce inoltre altri diritti fondamentali, per noi normali, ma non per i cinesi: l’ereditarietà del diritto di proprietà, il diritto della proprietà sui redditi sulle case, sulla terra, sulle cose d’uso e di lavoro e anche sulle materie prime.
Inoltre si stabilisce che in Cina siano vigenti tre tipologie di proprietà: la proprietà statale, la proprietà collettiva collegata ai villaggi e alle contee e gestite localmente da appositi comitati, la proprietà privata individuale.
Il diritto alla proprietà privata introdotto in Cina a partire dal 1979, è stato probabilmente il passo fondamentale alla base dell’attuale crescita del paese, che nelle città ha creato benessere diffuso.
Ora però nella forma attuale, sta scontando qualche problema e malcontento nelle campagne, fatto che sicuramente richiederà qualche ulteriore intervento da parte del governo centrale, per continuare nella direzione della crescita “armonica” nel paese.
Comunque sia, è grazie a tutto ciò che fu così possibile al governo, unico proprietario fino ad allora, di iniziare a “vendere”, per pochi Yuan, le case a molti cinesi delle grandi città, che così ricevettero il proprio diritto di proprietà (Real Estate Ownership).
Il valore di queste proprietà, negli anni hanno subito rivalutazioni incredibili. In questo modo si è andata creando una “nuova ricchezza” per molti cinesi.
Ma nella pratica come si “manifesta” il diritto di proprietà della casa in Cina?
I proprietari di casa ricevono una sorta di quadernetto (la Ownership) sul quale, oltre al loro nominativo, è presente anche la planimetria della casa oggetto del diritto di proprietà.
Ma interessante è osservare come a Shanghai, nelle nuove procedure, vi sia la curiosa peculiarità di assegnare al proprietario, oltre del nuovo certificato di proprietà, anche un codice PIN segreto, stile carta di credito.
Questo codice, esattamente come nel caso delle carte di credito, servirà quando si intendesse vendere il diritto di proprietà a qualcun altro, certificando così l’identità della persona venditrice con il codice da inserire nelle procedure necessarie alla vendita.
Insomma, per i nuovi proprietari di immobili in Cina, d’ora in poi, occhio al PIN!
Per capire cosa sia successo, bisogna ricordarsi che in Cina, la proprietà privata è cosa recente.
Infatti nel 1949, la Rivoluzione Maoista aveva azzerato il concetto stesso di proprietà, portando tutto a proprietà collettiva.
Ma con le aperture economiche introdotte da Deng Xiaoping nel 1979, l’architetto dell’attuale boom cinese, fondamentale fu il riconoscimento della proprietà privata a livello costituzionale, una vera “nuova rivoluzione” che ne sanciva il diritto “legittimo e protetto dallo stato”.
Va sottolineata l’importanza di questo passaggio che non è semplicisticamente una questione economica ma una faccenda prima di tutto politica.
Sulla carta infatti, la Cina è un paese “social-comunista” ma con l’introduzione della proprietà privata se ne abbattono le fondamenta teoriche.
Garantire appieno il diritto di proprietà significa infatti garantire ad una classe di cittadini, tendenzialmente indipendenti dal potere politico, di poter aprire la società al dibattito pubblico oltre ad essere un primo passo fondamentale per la introduzione delle riforme politiche di quella che Hu Jintao ha definita“Società Armonica”.
Superati i tempi dello stato collettivista e delle comuni, nonostante quindi i leaders cinesi continuino a sottolineare il fatto che si sta sviluppando un mercato di “stampo socialista”, nella realtà, come risultato della mediazione tra passato e futuro, con la ratifica del diritto alla proprietà privata, si sono iniettati i “geni” del sistema capitalistico.
Tale diritto, che dopo 4 anni di discussioni è stata ratificato anche sotto forma di leggi applicative lo scorso marzo proprio per coprire un “buco legislativo” fino ad allora esistente, sancisce inoltre altri diritti fondamentali, per noi normali, ma non per i cinesi: l’ereditarietà del diritto di proprietà, il diritto della proprietà sui redditi sulle case, sulla terra, sulle cose d’uso e di lavoro e anche sulle materie prime.
Inoltre si stabilisce che in Cina siano vigenti tre tipologie di proprietà: la proprietà statale, la proprietà collettiva collegata ai villaggi e alle contee e gestite localmente da appositi comitati, la proprietà privata individuale.
Il diritto alla proprietà privata introdotto in Cina a partire dal 1979, è stato probabilmente il passo fondamentale alla base dell’attuale crescita del paese, che nelle città ha creato benessere diffuso.
Ora però nella forma attuale, sta scontando qualche problema e malcontento nelle campagne, fatto che sicuramente richiederà qualche ulteriore intervento da parte del governo centrale, per continuare nella direzione della crescita “armonica” nel paese.
Comunque sia, è grazie a tutto ciò che fu così possibile al governo, unico proprietario fino ad allora, di iniziare a “vendere”, per pochi Yuan, le case a molti cinesi delle grandi città, che così ricevettero il proprio diritto di proprietà (Real Estate Ownership).
Il valore di queste proprietà, negli anni hanno subito rivalutazioni incredibili. In questo modo si è andata creando una “nuova ricchezza” per molti cinesi.
Ma nella pratica come si “manifesta” il diritto di proprietà della casa in Cina?
I proprietari di casa ricevono una sorta di quadernetto (la Ownership) sul quale, oltre al loro nominativo, è presente anche la planimetria della casa oggetto del diritto di proprietà.
Ma interessante è osservare come a Shanghai, nelle nuove procedure, vi sia la curiosa peculiarità di assegnare al proprietario, oltre del nuovo certificato di proprietà, anche un codice PIN segreto, stile carta di credito.
Questo codice, esattamente come nel caso delle carte di credito, servirà quando si intendesse vendere il diritto di proprietà a qualcun altro, certificando così l’identità della persona venditrice con il codice da inserire nelle procedure necessarie alla vendita.
Insomma, per i nuovi proprietari di immobili in Cina, d’ora in poi, occhio al PIN!