FIAT-CINA: Siete su Candid Camera!
Nei giorni scorsi in maniera sconcertante, la Fiat ha chiesto scusa ai cinesi che, secondo informazioni ricevute dai vertici di Torino, si sarebbero risentiti sul contenuto dell’ultimo spot dell’ultima nata Lancia.
Molti si sono chiesti il come mai di questo gesto e soprattutto hanno imputato al contenuto dello Spot, la causa di questa “prevedibile” protesta da parte cinese.
Nella vicenda, è apparentemente sconcertante l’atteggiamento avuto dalla Fiat che, nonostante le schiere di consulenti ed esperti nelle proprie divisioni di comunicazione, non sia riuscita per tempo a comprendere come il vero problema non fosse il contenuto, bensì l’attore che finisce per politicizzare lo spot, per quanto Merchionne si affanni ad affermare il contrario.
Infatti, se le stesse scene le avesse girate chiunque altro, i cinesi non avrebbero più di tanto avuto da lamentarsi, visto che il contenuto è in linea con l’idea stessa di fratellanza tra i popoli e spesso soggetto di molti advertising già visti in Cina.
Il fatto che a girarlo sia stato invece Richard Gere, il principale sostenitore della causa per un Tibet libero, se da una parte strizza l’occhio alla parte che la pensa come lui sul tema, soprattutto Americana, dall’altra ovviamente è una vera e propria provocazione, finendo oltretutto per creare quasi più uno spot all’attore stesso e alla sua causa che essere un supporto alla marca pubblicizzata.
Forse a fare paura a qualche “genio” di Torino, è stata l’idea di un veto per una trasmissione sui canali cinesi o peggio l’idea che la Fiat potesse venire sfavorita nella gara di conquista dell’eldorado automobilistico cinese, non dimenticandoci ad esempio come l’ IVECO, marchio FIAT, oggi continui a perdere quote di mercato, pur essendo stato il primo marchio occidentale ad arrivare in Cina, una ventina di anni fa.
Ma allora perché è potuto accadere tutto ciò?
Nessuna paura, siete su Candid Camera!
Qualcuno a Torino ha infatti pensato che, creando ad arte l’imbarazzo diplomatico strumentalizzando così la questione tibetana, il marchio avrebbe goduto di maggiore visibilità sui media occidentali, potendo ottenere un grande vantaggio in termini di ritorno dell’investimento con lo spot incriminato.
Diciamo che è un “ambiguo” esempio di Viral Marketing, nel quale tutto è stato “creato ad arte” affinché ci fosse un “passa parola” mondiale.
Le scuse di Marchionne e della FIAT? La continuazione dello spot: prevedibili, teatrali, come da copione.
La Cina quindi è solo una scusa, anche perché onestamente in Cina di questa “performance” della Fiat non hanno dato proprio alcun peso, comprendendo ben prima, di qualsiasi comunicato ufficiale, del resto MAI inviato da Beijing, della “bufala” e dello scarso peso specifico della cosa.
Una riflessione: e questo sarebbe il Made in Italy che compete sui mercati internazionali? Siamo arrivati a questo punto per cercare di vendere un auto in giro per il mondo?
Cosa non si fa per apparire. Che tristezza!
Molti si sono chiesti il come mai di questo gesto e soprattutto hanno imputato al contenuto dello Spot, la causa di questa “prevedibile” protesta da parte cinese.
Nella vicenda, è apparentemente sconcertante l’atteggiamento avuto dalla Fiat che, nonostante le schiere di consulenti ed esperti nelle proprie divisioni di comunicazione, non sia riuscita per tempo a comprendere come il vero problema non fosse il contenuto, bensì l’attore che finisce per politicizzare lo spot, per quanto Merchionne si affanni ad affermare il contrario.
Infatti, se le stesse scene le avesse girate chiunque altro, i cinesi non avrebbero più di tanto avuto da lamentarsi, visto che il contenuto è in linea con l’idea stessa di fratellanza tra i popoli e spesso soggetto di molti advertising già visti in Cina.
Il fatto che a girarlo sia stato invece Richard Gere, il principale sostenitore della causa per un Tibet libero, se da una parte strizza l’occhio alla parte che la pensa come lui sul tema, soprattutto Americana, dall’altra ovviamente è una vera e propria provocazione, finendo oltretutto per creare quasi più uno spot all’attore stesso e alla sua causa che essere un supporto alla marca pubblicizzata.
Forse a fare paura a qualche “genio” di Torino, è stata l’idea di un veto per una trasmissione sui canali cinesi o peggio l’idea che la Fiat potesse venire sfavorita nella gara di conquista dell’eldorado automobilistico cinese, non dimenticandoci ad esempio come l’ IVECO, marchio FIAT, oggi continui a perdere quote di mercato, pur essendo stato il primo marchio occidentale ad arrivare in Cina, una ventina di anni fa.
Ma allora perché è potuto accadere tutto ciò?
Nessuna paura, siete su Candid Camera!
Qualcuno a Torino ha infatti pensato che, creando ad arte l’imbarazzo diplomatico strumentalizzando così la questione tibetana, il marchio avrebbe goduto di maggiore visibilità sui media occidentali, potendo ottenere un grande vantaggio in termini di ritorno dell’investimento con lo spot incriminato.
Diciamo che è un “ambiguo” esempio di Viral Marketing, nel quale tutto è stato “creato ad arte” affinché ci fosse un “passa parola” mondiale.
Le scuse di Marchionne e della FIAT? La continuazione dello spot: prevedibili, teatrali, come da copione.
La Cina quindi è solo una scusa, anche perché onestamente in Cina di questa “performance” della Fiat non hanno dato proprio alcun peso, comprendendo ben prima, di qualsiasi comunicato ufficiale, del resto MAI inviato da Beijing, della “bufala” e dello scarso peso specifico della cosa.
Una riflessione: e questo sarebbe il Made in Italy che compete sui mercati internazionali? Siamo arrivati a questo punto per cercare di vendere un auto in giro per il mondo?
Cosa non si fa per apparire. Che tristezza!