Lo “Spirito Olimpico” è arrivato sul tetto del mondo.
Oggi la torcia Olimpica, messaggera dello “spirito olimpico”, nel suo viaggiare per il pianeta, è arrivata per la prima volta sul tetto del mondo in Tibet.
Sugli 8848 metri del monte Qomolangma, il nome originale Tibetano di quello che noi chiamiamo Everest e che letteralmente significa “la dea madre della terra”, si è svolta una tappa epica della storia sportiva umana, viste le difficoltà ambientali in cui si è svolta, un momento condiviso in diretta sui canali nazionali cinesi e sui circuiti televisivi internazionali olimpici.
Alla storia, quale ultimo tedoforo, passerà l’alpinista tibetana Cering Wangmo, la più giovane tedofora di questa impresa sul tetto del mondo, così come il gruppo interetnico cinese protagonista dell’impresa, dove ben 22 dei 31 componenti erano di etnia tibetana.
L’ascensione alla vetta della torcia è iniziata alle 3 di mattina (le 21 ora italiana) attraverso il versante tibetano dello Qomolangma ( Everest), per concludersi senza problemi in vetta alle 9,18 (le 3 Italiane).
La scienza, lo sport e l’alpinismo, quello vero, fatto di abnegazione e sacrificio, si sono fusi per realizzare quello che poteva apparire per molti quasi un sogno irrealizzabile.
Da un paio di giorni le televisioni cinesi preparavano l’evento odierno e nell’attesa delle condizioni meteorologiche adatte, erano già partite le dirette dal Tibet al campo base della spedizione olimpica, dirette nelle quali, non con qualche difficoltà per i giornalisti, vista l’altitudine alla quale operavano, venivano illustrati gli elementi e le insidie di questa autentica sfida, ai limiti delle capacità umane.
Si sono così succeduti alpinisti, scienziati e giornalisti per spiegare come ci si era preparati, quali difficoltà si erano incontrate e quali soluzioni erano state trovate per quella che, in certi momenti, è assomigliata quasi una missione spaziale su un altro pianeta.
Va sottolineato come nulla è stato lasciato al caso, tanto che sia la torcia che il carburante utilizzati, sono stati infatti sviluppati specificatamente per poter funzionare alle alte quote e alle condizioni climatiche estreme, quali quelle incontrate in questa sfida.
Ma l’evento di oggi è stato “affascinante” anche per un altro motivo: il muoversi lento e cadenzato che avevano questi uomini e donne nell’arrivare in vetta, protetti dalle speciali tute e sotto le maschere per l’ossigeno, ha dato al gesto realizzato oggi, un senso realmente unico, universale.
Agli oltre 8800 metri dove la torcia olimpica è stata portata, non esiste alcuna differenza, nessuna barriera razziale, etnica o di pensiero, lassù, di fronte alla natura e alla sua incredibile forza, si è tutti uguali, qualcosa di cui bisognerebbe ricordarsi più spesso, per poter vedere con occhi diversi le ragioni e le motivazioni alla base dei molti, troppi “conflitti umani” in corso.
Sugli 8848 metri del monte Qomolangma, il nome originale Tibetano di quello che noi chiamiamo Everest e che letteralmente significa “la dea madre della terra”, si è svolta una tappa epica della storia sportiva umana, viste le difficoltà ambientali in cui si è svolta, un momento condiviso in diretta sui canali nazionali cinesi e sui circuiti televisivi internazionali olimpici.
Alla storia, quale ultimo tedoforo, passerà l’alpinista tibetana Cering Wangmo, la più giovane tedofora di questa impresa sul tetto del mondo, così come il gruppo interetnico cinese protagonista dell’impresa, dove ben 22 dei 31 componenti erano di etnia tibetana.
L’ascensione alla vetta della torcia è iniziata alle 3 di mattina (le 21 ora italiana) attraverso il versante tibetano dello Qomolangma ( Everest), per concludersi senza problemi in vetta alle 9,18 (le 3 Italiane).
La scienza, lo sport e l’alpinismo, quello vero, fatto di abnegazione e sacrificio, si sono fusi per realizzare quello che poteva apparire per molti quasi un sogno irrealizzabile.
Da un paio di giorni le televisioni cinesi preparavano l’evento odierno e nell’attesa delle condizioni meteorologiche adatte, erano già partite le dirette dal Tibet al campo base della spedizione olimpica, dirette nelle quali, non con qualche difficoltà per i giornalisti, vista l’altitudine alla quale operavano, venivano illustrati gli elementi e le insidie di questa autentica sfida, ai limiti delle capacità umane.
Si sono così succeduti alpinisti, scienziati e giornalisti per spiegare come ci si era preparati, quali difficoltà si erano incontrate e quali soluzioni erano state trovate per quella che, in certi momenti, è assomigliata quasi una missione spaziale su un altro pianeta.
Va sottolineato come nulla è stato lasciato al caso, tanto che sia la torcia che il carburante utilizzati, sono stati infatti sviluppati specificatamente per poter funzionare alle alte quote e alle condizioni climatiche estreme, quali quelle incontrate in questa sfida.
Ma l’evento di oggi è stato “affascinante” anche per un altro motivo: il muoversi lento e cadenzato che avevano questi uomini e donne nell’arrivare in vetta, protetti dalle speciali tute e sotto le maschere per l’ossigeno, ha dato al gesto realizzato oggi, un senso realmente unico, universale.
Agli oltre 8800 metri dove la torcia olimpica è stata portata, non esiste alcuna differenza, nessuna barriera razziale, etnica o di pensiero, lassù, di fronte alla natura e alla sua incredibile forza, si è tutti uguali, qualcosa di cui bisognerebbe ricordarsi più spesso, per poter vedere con occhi diversi le ragioni e le motivazioni alla base dei molti, troppi “conflitti umani” in corso.