lunedì 9 marzo 2009

Il “Maoismo” di Grillo

Ieri Grillo ha presentato le liste civiche a lui ispirate per le prossime amministrative.

Tradotto: Grillo è sceso in campo.

Come del resto già detto un anno fa, la scelta di “schierarsi” politicamente, appare quanto mai ragionevole, ma sul modo, continua a lasciare qualche dubbio.

Grillo e le sue Liste Civiche, affermano infatti di non voler essere considerate un Partito e non vogliono organizzarsi come tale.

Questa però appare un po’ una pura utopia, visto che il “coordinamento” fatto da Grillo, pur attraverso metodi nuovi ed innovativi, quale l’uso della rete, non è molto diverso da quello di un normale partito.

Basato su poche fondamentali regole, ma di fatto una struttura, con un proprio manifesto fondante e ora delle strutture sul territorio, oltretutto con un proprio leader carismatico di riferimento che detta i tempi e i temi dell’azione.

Quello che però colpisce nelle parole di Grillo e diciamolo anche di Travaglio, è l’“ammonimento” a “fare solo da trait d’union fra i cittadini e la politica”, cioè di non rappresentare esse stesse una scelta politica, “perché altrimenti sarebbero l’ennesima replica della Casta”.

Bene, queste parole, suonano molto come quando a suo tempo, Mao esortò i giovani a “combattere l’immoralità” che serpeggiava nella borghesia cinese, che dopo la Rivoluzione, che secondo Mao, aveva di fatto ripreso a comportarsi come prima della Rivoluzione.

Da queste semplici frasi, partì il periodo di “caccia alle streghe” della Controrivoluzione, dove si arrivò ai figli che denunciarono i propri padri e gli studenti che processarono i propri professori, nel tentativo di estirpare qualcosa che era impossibile da estirpare: la natura umana.

Ora c’è da vedere se dal progetto delle liste ispirato da Grillo, prevarrà la ragione delle proposte o la volontà dello scontro e del pubblico ludibrio, ma la crisi che sta attanagliando il paese, ben espressa dallo stesso Grillo, “ci porterà ad una miseria a cui non siamo assolutamente abituati”.

Bene, è proprio nei momenti di crisi che per il pane e anche meno, la gente rischia di perdere il proprio controllo e fare cose, nemmeno immaginabili, immonde. 

Quindi per quanto difficile da comprendere per molti grillini e componenti delle Liste Certificate di Grillo un solo suggerimento: l’odio e il disprezzo non salveranno l’Italia.

sabato 7 marzo 2009

Il “Lato umano” della diplomazia Cinese

Si è appena conclusa la conferenza stampa del Ministro degli Esteri Cinese, Yang Jeichi a margine dei lavori della sessione annuale del parlamento cinese in corso a Beijing.

La prima impressione è stata quella di un autentico profondo rinnovamento del fare Diplomatico cinese, due ore di conferenza stampa dove a tutte le domande, Yang Jeichi ha risposto con grande chiarezza ed in maniera incredibilmente approfondita.

Dalle risposte del Ministro degli Esteri cinese è emerso anche un lato umano che ha sicuramente molto impressionato, così come l’evidente volontà di disvelare le ragioni cinesi, senza alcuna reticenza o ambiguità.

In questo contesto, Yang Jeichi non ha avuto quindi problemi ad affermare “di aver perso recentemente a ping pong da uno giocatore più capace di lui” e a rivelare che lui “non è tipo che ama perdere facilmente”.

Questo è stato però il pretesto per sottolineare come quando si occupa della diplomazia del suo paese, vanno anteposte alle questioni personali, le ragioni di mutuo interesse e di cooperazione, di fatto “il cavallo di battaglia” e l’approccio di tutta la diplomazia cinese, su qualsiasi questione.

Un modo diretto ed originale, per poi spiegare come nelle relazioni tra Usa e Cina, la Cina sia pronta a sedersi al tavolo per stringere accordi ancora più stretti e per coordinare le proprie azioni con gli USA, elemento fondamentale in momenti così difficili come quelli attuali.

Yang Jeichi ha anche confermato l’incontro tra Obama e Hu Jintao, durante il vertice dei G20 del 2 Aprile a Londra, così come ha annunciato che, su invito del Segretario di Stato Hillary Clinton, lui stesso sarà a breve negli USA.

Entrando nel merito delle questioni ed in particolare sulla Crisi Finanziaria, ha evidenziato come la Cina conti molto sul prossimo vertice dei G20 di Londra, confermando l’attuale impegno della Cina offerto ai paesi in via di sviluppo e gli appalti in via definizione con l’Europa nell’ordine dei 15 miliardi di dollari.

Ora la Cina si aspetta un ruolo attivo anche degli altri paesi.

Rispondendo poi ad una domanda che evidenziava come la crisi stesse aiutando un cambio di equilibrio dei poteri, avvantaggiando la Cina, Yang Jeichi ha sottolineato come “la crisi finanziaria attuale ha contribuito a razionalizzare la situazione globale e legittimato le richieste provenienti da tutti i paesi del mondo”.

Quale sia poi la ricetta cinese per il prossimo G20, Yang Jeichi non ha dubbi: “anteporre gli interessi della gente e un approccio pragmatico che aiuti lo sviluppo economico e progresso sociale generalizzato”.

Un approccio molto diverso da quello che si sente in occidente, che sembra più interessato a salvare se stesso, prima che aiutare altri paesi a crescere, in questa situazione contingente.

Ma Yang Jeichi ha sottolineato come il crescente ruolo dei paesi BRIC ( Brasile, Russia, India e Cina) e la loro crescente influenza nelle principali questioni attuali, può profondamente incidere sulla definizione delle linee d’azione future.

Per esempio, spiegando l’accordo energetico di febbraio con la Russia, dove a fronte di 25 Miliardi di dollari, la Cina riceverà per 20 anni un totale di 300 milioni di tonnellate di petrolio, Yang Jichi ha anche evidenziato come Russia e Cina, quali membri permanenti alle Nazioni Unite, hanno la possibilità di agire per una sempre migliore multi-polarità a livello mondiale.

Dobbiamo dare maggiore contributo alla promozione della pace nel mondo, alla stabilità e allo sviluppo” ha affermato Yang Jeichi, quale chiaro messaggio di quale vuole essere il ruolo della Cina sulle principali questioni Internazionali presenti e future.

Per quanto riguarda poi la questione del cambiamento climatico, Yang Jeichi si augura nel
successo della prossima conferenza di Copenaghen, sottolineando che “tutti i paesi facciano la propria parte così come la Cina sta cercando di contribuirvi, onorando i propri impegni presi”.

In particolare ha esortato tutti i paesi a seguire urgentemente la roadmap stabilite nella conferenza di Bali del 2007, in quella da lui definita essere una “responsabilità comune ma differenziata”, dove un ruolo fondamentale e di guida è comunque a carico delle nazioni già sviluppate.

Per quanto riguarda invece il ruolo cinese in Asia, Yang Jichi ha evidenziato come gli scambi commerciali tra Cina, Giappone e Korea del Sud siano superiori a quelli tra Germania, Francia ed UK.

Ciò evidenzia il livello di “vicinanza”, anche culturale ed un asse sul quale una sempre più stretta cooperazione, può essere fondamentale per rispondere all’attuale crisi finanziaria che sta mettendo in seria difficoltà sia Giappone che Korea del Sud.

Per quanto riguarda poi la questione del lancio del satellite Nord Coreano, il Ministro degli Esteri cinese ha sottolineato come la Cina stia seguendo con “grande attenzione” quanto sta accadendo.

Rimane comunque prioritario per la Cina che la penisola coreana rimanga stabilmente in pace e “ si augura che anche le altre parti si adoperino più intensamente in questa direzione”.

La strada per una soluzione, rimane comunque quella dell’applicazione degli accordi sottoscritti il 19 settembre del 2005, dove in cambio dello smantellamento degli insediamenti nucleari nord coreani siano forniti aiuti economici e di energia, equivalenti  ad un milione di tonnellate di petrolio.

Yang Jichi, ha ammesso che di recente si sono riscontrare delle difficoltà, ma le ritiene “normali” nella gestione di una questione così complessa come quella Nord Coreana e quindi superabili in futuro.

Tornando ai fatti di cronaca, non poteva mancare la domanda sul recente caso dell’asta di Christie delle due sculture in bronzo trafugate dal Palazzo d’Estate dalle forze anglo – francesi  durante la seconda guerra dell’oppio del 1860.

Il Ministro degli Esteri cinese ha ribadito l’opposizione cinese affinché tale vendita abbia luogo e si è detto rattristato che, nonostante tutti gli sforzi fatti per spiegare a Christie ed al governo Francese il valore di tale oggetti archeologici, al momento non si sia arrivati ad alcun accordo.

Connesse a questo ma anche e soprattutto alla questione del Tibet, sono state incentrate le domande relative al livello delle relazioni attuali con Francia ed Europa, dopo anche l’annullamento del summit Cina – Europa in programma lo scorso anno.

Yang Jichi ha confermato che da parte cinese non ci sono problemi affinché i rapporti tornino come prima, dicendosi sicuro che a breve si fisserà una data di un Summit Cina – Europa in sostituzione di quello annullato.

Ma sul tema Tibet e Dalai Lama, Yang Jichi è stato chiaro: “Il Dalai Lama non è una figura religiosa ma un soggetto politico che vuole l’indipendenza di quello il Dalai Lama chiama “il grande Tibet” che di fatto rappresenta un quarto dell’intero territorio cinese”.

A questo punto ha chiesto ai giornalisti presenti: “La Francia, la Germania o altri paesi accetterebbero la separazione di un quarto del proprio territorio?

Quale messaggio “storico” Yang Jichi ha anche sottolineato come la Cina si adoperò a suo tempo alla riunificazione della Germania, alla fine della guerra fredda.

Per cui le differenze tra Cina e Dalai Lama, “non hanno nulla a che fare con la religione, i diritti umani e le relazioni etniche. Da parte cinese si tratta solo di difendere l’unità del paese contro il tentativo di separare il Tibet dalla Cina”.

Per quanto poi riguarda la posizione della Cina nello scacchiere Africano, in particolare sulla questione Sahariana ad occidente e del Darfur in Oriente, Yang Jichi ha voluto ribadire che la Cina si adopera da tempo affinché il dialogo sia l’unica “arma” per arrivare ad una pacificazione in entrambe le aree.

Ha poi evidenziato come sia il Governo Cinese che le Imprese cinesi nell’area, abbiano già offerto ingenti aiuti concreti per aiutare lo sviluppo dell’area, un modo concreto per cercare di aiutare ad uscire dalla situazione di sottosviluppo in cui versano da decenni.

Per finire un’ulteriore annotazione di colore. Alla fine, fatto assolutamente inusuale per una conferenza stampa cinese, Yang Jichi ha fatto gli auguri a tutte le giornaliste in sala e a tutte le donne in generale, in vista della festa internazionale della donna di domani.

Un altro segno del lato umano che sempre più caratterizza la diplomazia cinese, ben rappresentata da Yang Jichi, che anche con le sue partite a Ping Pong dell’anno scorso con le diplomazie internazionali presenti a Beijing, continua ad aprire spazi di dialogo alternativi ed innovativi, in linea con lo sviluppo del paese e del profondo cambiamento in atto a tutti i livelli.

venerdì 6 marzo 2009

Facebook non è Internet!!!

Leggo di molti eventi organizzati per fare promozione del digitale ed analizzare l’evoluzione dei nuovi fenomeni connessi. 

Sembra di assistere a scene già viste come lo fu nella musica con i Beatles e oggi per Internet con Facebook.

Per quanto comprensibili, le “deliranti” esaltazioni che i molti che ne parlano sembrano manifestare, sembrano essere eccessive e un pelo fuorvianti per i neofiti che così finiscono per fare una pericolosa associazione: Facebook – Internet.

Questa associazione è esattamente il contrario di quanto la stessa Internet vorrebbe essere: libera ed indipendente.

Tutto questo alla luce anche delle recenti discussioni e “rivolte” di utenti dopo la scoperta, nelle “pieghe” delle note legali di Facebook, che la proprietà dei contenuti inseriti dagli utenti diventano di proprietà di Facebook ed altre amenità che consentono in maniera arbitraria allo stesso Facebook di “spegnere o accendere” il singolo account.

Ma non solo, come al recente World Economic Forum ha dimostrato il suo fondatore, gli iscritti a Facabook rischiano di diventare protagonisti della più grande operazione di Direct Marketing della storia dell’uomo.

Tutto ciò fa apparire quindi ancora più ambiguo quando Facebook viene “trasformata” in una arena aperta alle libere discussioni, nel momento in cui è evidente che tutto, sotto gli occhi attenti del Grande Fratello Facebook, è monitorato, valutato e censurabile.

Quindi rimango molto scettico di un approccio divulgativo che fa di Facebook il suo “cavallo di battaglia”, per così poter cavalcare una “moda” del momento, ma che poi rischia effetti assolutamente inaspettati.

Caricando infatti lo stesso Facebook di qualità “terapeutiche” che non ha, si finisce per avere reazioni violente ed opposte nel momento che si “scopre” la “strumentalizzazione che c’è dietro tutto ciò.

Ne è la prova la “dismissione” di massa di molti utenti americani che hanno chiesto di esser cancellati come account, con tutti i dati ad esso connessi, proprio per evitare in futuro qualsiasi strumentalizzazione delle proprie informazioni.

Infatti è difficile comprendere come chi, di sola energia elettrica per far funzionare i server, paga al mese qualcosa come 1 Milione di dollari, possa ora essersi trasformato in un mecenate del “libero circolazione del pensiero” e della “libera socializzazione” tra le persone.

E’ evidente che qualcosa in cambio Facebook lo richiede, ed andrebbe “spiegato” che ciò è lecito che sia, essendo un’attività privata propensa al profitto, visti gli investimenti che ha attratto.

Assurde, ma connesse alle mie premesse, sono quindi le “mobilitazioni” di utenti, che pretenderebbero di fare pressione affinché, per esempio si possa continuare ad avere un Facebook libero e gratuito come ora!

Per cui arrivo al punto: sembra evidente che Facebook non sia una cosa pubblica ma un’esperienza privata di una società privata, che ha avuto il merito di emergere, divenendo icona di un passaggio storico, come lo furono APPLE, MICROSOFT, CISCO, GOOGLE e YOUTUBE. 

Ma bisogna ricordarsi che tutte queste sono aziende non sono Internet, come CISCO non è i router, o Microsoft non sono i PC, in quanto tutte loro, soprattutto le ultime, usano internet, magari in maniera più virtuosa degli altri, ma sono e rimangono SOLO imprese private.

Per cui parlare ad esempio di Politica ai tempi di Facebook, appare del tutto fuorviante, in quanto non essendo una struttura pubblica, Facebook non può in nessun modo essere messo a disposizione della Politica quale strumento per una maggiore democratizzazione ma deve rimanere SOLO uno dei tanti canali, del resto abbondantemente già usati per fare proselitismo.

Ma pensare che la politica cambierà perché Facebook rappresenta un modo nuovo di fare politica, visti i controlli e la possibilità di condizionamenti che lo strumento dispone, rischia di essere un pericoloso boomerang, perché appare chiaro che chi controllerà canali, quali quelli di Facebook, sarà in grado, meglio di altri, di condizionare le opinioni pubbliche.

Il problema, essendo soggetto privato, è che tutto ciò si potrà farlo pagando, sia spazi ad hoc, che centinaia o migliaia di “account” che abbiano l’unico scopo di far credere che l’opinione prevalente sia di un tipo od un'altra.

Tra l’altro, Facebook, essendo fatto di “sana” tecnologia, può fare tutto ciò senza dover scomodare molte persone, semplicemente programmando la piattaforma a creare decine di migliaia di “falsi utenti” e di “false discussioni” o di falsi gruppi.

Per questo occorre evitare che oggi si mitizzi ciò che domani potrebbe rivelarsi nella sua vera “faccia” o recondite ambizioni, come del resto emerso già dalle stesse dichiarazioni di Facebook, “siamo il 6° paese al mondo come numero di utenti”: un privato con interessi in questioni pubbliche!

La democrazia non può quindi passare da Facebook e nemmeno dalle tante piattaforme private che proliferano che è giusto che sia, che presenteranno sempre e solo le diverse facce delle disfide politiche.

Perché Internet non è Facebook, ma semmai Facebook è solo UNA delle molteplici facce di internet!

Bisognerebbe sempre sottolinearlo per lasciare LIBERO ARBITRIO a ciascuno di vivere la propria esperienza in rete senza condizionamenti “sopra le righe” o fuorvianti e non credere che Facebook sia la rete o peggio il “muretto” che include o esclude qualcuno.

Domani potrebbe essere troppo tardi.

La Crisi in Cina?? Una continua crescita!! (nonostante tutto)

Ieri su Affari Italiani è stata pubblicato una nota di Alberto Forchielli, dell'Osservatorio Asia che sul Sole 24 Ore, evidenzia come le borse cinesi vedono segnali di ripresa a partire dalla costruzioni.

Mi è stato chiesto un "commento" a margine di questa nota:

"... vero che le infrastrutture siano l'asso calato dal governo in questa fase, ma diciamo era già stato preventivato prima della stessa crisi.

Semmai si sta rivelando un'accorta pianificazione che potrebbe aiutare a superare questo periodo, visto che assorbirà migliaia di lavoratori oggi lasciati a casa. 

Aeroporti e ferrovie sono effettivamente al centro di ingenti investimenti preventivati anni fa. Ma il paese è ancora lontano da aver finito di costruire. Lo farà ancora per decenni!!!

Parlando di mercati finanziari e borsa, quello cui fa riferimento Tamburini, un segnale che consente di essere ottimisti è il fatto che il cinese, a differenza dell'americano ed europeo, è praticamente senza debiti e anzi continua, come una formichina, ad accumulare ingenti riserve di capitali non investendoli proprio.

Il governo sta cercando di convincere i propri cittadini ad investire e a spendere un po’ di più, selezionando gli investimenti "solidi" non speculativi o troppo finanziari.

Quindi sicuramente saranno favoriti gli industriali, gli energetici, l'elettronica e i tecnologici, settori trainanti anche nel futuro della crescita del paese e sui quali i riflettori del governo, guideranno la scelta.

Comunque in generale, grande fiducia qua la ripongono anche sui propri assicurativi (Ping An e affini) e bancari, nel senso che qua la sensazione è che i "pasticcioni" non siano di queste parti e che essere stati lontani da alcune opportunità passate, non sia poi stato così male!

Ricordati che chiudono si le aziende, ci sono milioni di disoccupati, ma oggettivamente la povertà di prima resta, così la ricchezza per quanto riguarda le Città.

La leva e probabilmente la salvezza di questo paese è che oltre 2/3 del paese ancora oggi sono abbondantemente sotto lo standard europeo ed occidentale, per cui per loro, complessivamente la crisi non sta toccando realmente il loro tenere di vita, che al contrario, lentamente continua a migliorare."

Detto questo, è la migliore fotografia per capire come realmente si stia vivendo ai due emisferi del mondo, la crisi in corso: in Cina la stragrande maggioranza ne parla come una cosa "lontana", che non li riguarda, tanto che usano il termine "la crisi internazionale", come se non fosse "anche" cinese" e loro la vedessero solo alla tv.

mercoledì 4 marzo 2009

La risposte cinese alla crisi 900 Miliardi di dollari e “Responsabilità Sociale”

Marzo è il mese dell’anno più importante per la politica cinese.

Tradizionalmente in questo periodo si tiene infatti il congresso del NPC, l’Assemblea del Popolo cinese.

Con la presenza plenaria di tutti gli eletti provenienti da tutte le province del paese e dove sono rappresentate tutte le minoranze etniche che compongono la Cina, è il momento della riflessione comune e della definizione delle linee guida da seguire.

In pratica si gettano le basi per il futuro del paese, sia per quanto riguarda le scelte economiche e soprattutto per quanto riguarda quelle legislative.

E’ infatti il momento dove le proposte vengono inoltrate dai diversi delegati, provenienti da tutto il paese ed è il momento di ratifica delle misure legislative discusse durante tutto l’anno.

Ma è anche l’occasione per sondare dove la Cina intende andare e quali saranno realmente le intenzioni e le “parole chiave” per il prossimo futuro.

Quest’anno queste sembrano essere: “Responsabilità Sociale”.

Infatti, di fronte all’avanzare della crisi finanziaria mondiale, sembra che la risposta concreta del paese, oltre ad un’iniezione ingente di capitali a supporto dell’economia (oltre 900 Miliardi di dollari), sia anche il richiamo ad una concreta mutualità tra pubblico e privato.

L’obbiettivo è il mantenimento di una stabilità sociale, in grado di far fronte alle onde della crisi.

Va pertanto in questa direzione, il richiamo ad un senso profondo di responsabilità individuale e professionale, sintetizzato nel “è arrivato per ciascuno, il momento di fare la propria parte”.

Un ruolo determinante per vincere questa crisi, sembrano avercelo gli imprenditori cinesi, ai quali è stato chiesto dal Governo Cinese di non licenziare e come detto da Jia Qinglin, Presidente del CPPCC nel suo intervento di apertura, “devono prendersi sulle proprie spalle la propria parte di responsabilità sociale”.

Quindi le fondamenta per il rilancio del paese, passano dai singoli posti di lavoro, dove è l’imprenditore che deve dare l’esempio e cercare di salvaguardare il proprio rapporto con i lavoratori ed evitare di penalizzarli in qualsiasi modo ( per esempio tagliando stipendi o licenziando).

L’equilibrio sul posto di lavoro, rappresenta quindi la ricetta per rispondere alla crisi e cercare di tamponare un flusso che ha portato ad avere oltre 20 milioni di disoccupati in pochi mesi.

E’ una sorta di “richiamo alle armi” della classe imprenditoriale cinese, quella che più di altri ha beneficiato dei successi economici del paese e che ora deve prendersi la responsabilità di non abbandonare gli altri al proprio destino, ma al contrario avere la capacità di guidare i propri lavoratori e le proprie imprese, verso un nuovo futuro armonico, come enfatizzato da queste parti.

Ma un altro settore della società sembra preoccupare non poco il governo cinese: i milioni di neo laureati.

Quest’autentica marea umana, ora rischia di rimanere senza alcuno sbocco occupazionale, dopo gli ingenti sacrifici sia economici che di studio.

La ricetta cinese in questo caso è sintetizzabile in tre opzioni pratiche: per chi può, l’invito a prolungare i propri studi, magari con un master o altre specializzazioni, altrimenti mettersi in proprio potendo ricevere così le sovvenzioni statali per creare microimprese o mettere a disposizione la propria preparazione nelle zone occidentali del paese, dove le loro competenze risultano fondamentali per aiutare lo sviluppo delle aree più povere del paese.

Da ciò, il richiamo lanciato dai vertici cinesi ad aiutarsi reciprocamente per condividere, testuale, “i beni e i guai”.

Parole sconosciute in occidente che fanno comprendere come la Cina si stia preparando ad affrontare la crisi partendo dalle fondamenta stesse della propria società, pronta a riscrivere se necessario, la propria storia futura.

Questo periodo dell’anno è anche il momento per le decisioni più importanti, come per esempio per quanto riguarda le spese militari: è stato comunicato che aumenteranno nel 2009 del 14.9% arrivando a 70 Miliardi di dollari, rappresentando così l’1,8% del PIL del paese.

Va però sottolineato che oltre far parte della sostanziale modernizzazione in corso dell’intero apparato militare cinese, in Cina, non esiste Protezione Civile. Per cui, visto che questa attività è totalmente a carico dell’esercito, come dimostrato dal recente terremoto nello Sichuan, molte di queste spese sono destinate anche a quest’area.

Comunque, a margine di questa prima giornata, dove si sono viste le sempre folckloristiche tenute dei diversi delegati delle diverse minoranze etniche del paese, una prima “sorpresa” la sia è avuta nella fotografia “ufficiale” che raffigura tutti i leaders del governo cinese.

Ad essere originale è la posa, decisamente “dinamica”, ben diversa dalle fotografie statiche che normalmente raffigurano i leader, anche occidentali, nelle foto ufficiali.

Il “passo” che più o meno tutti i leaders sembrano fare nella fotografia, sembra essere anche una sorta di messaggio, come dire che solo con l’azione si può uscire dalla attuale difficile situazione.

Ma questa immagine svela anche un ulteriore “segnale politico” importante, indicando in maniera sempre più netta chi potrebbe rappresentare la futura leadership del paese.

Infatti, proprio dietro al presidente Hu Jintao, appaiono i due possibili successori: Xi Jinping e Li Keqiang.

Un’immagine che oltre al citato dinamismo, sembra quindi esprimere anche il senso di una continuità, un messaggio che intende rasserenare il paese, in momenti difficili come quelli odierni.

Per cui il richiamo ad un’unità del paese e crescente solidarietà interna, intende fornire lo spunto per una mutua comparazione che sposti ricchezza dalle grandi città alle campagna, bisognose più di prima, di poter beneficiare della portentosa crescita economica di cui hanno tratto beneficio soprattutto le grandi metropoli del paese.

Quindi anche la Cina dimostra che la via per cercare di uscire dalla crisi finanziaria di questi giorni, passa attraverso l’aiuto e il supporto concreto delle classi più deboli del paese, ridistribuendo in maniera più equa le ricchezze disponibili.

lunedì 2 marzo 2009

China - Venezuela x Mobile a 18 Euro

Da tempo Cina e Venezuela collaborano su vari fronti a partire dal quello dell'energia.

Ma anche su un altro fronte sono da tempo partite attività che da maggio daranno un primo risultato concreto: il cellulare a 18 Euro!.

Cuore cinese della Zte, verrà distribuito soprattutto nelle aree più povere del Venezuela e chissà dove anche in altre località del Sud America.

Questa azione è in linea con le intenzioni dell'Industria Cinese di sviluppare proprie tecnologie e così risparmiare in maniera consistente sulle royalties delle tecnologie occidentali utilizzate fino ad ora.

Allineatosi anche il presidente del Venezuela, un mercato di 7 Milioni di cellulari annui, ora la comune intenzione è passata nella fase pratica che con l'attivazione degli impianti di produzione della Zte direttamente in Venezuela, da il via alla produzione su vasta scala di questo Telefonino economico, ma completo: il vergatario.

Questa non sarà l'ultima azione in tal senso, vista la sensibilità maturata sul problema dalla Cina in primis e anche da molti paesi in via di sviluppo, qualcosa che potrebbe riservare molte sorprese, per quanto riguarda il rapporto nuove tecnologie e povertà.

Un altro passo della competizione a tutto campo tra Usa e Cina! Stay Tuned...

Obama Robin Hoodf o Sceriffo di Nottingham??

In questi giorni, su tutti i media occidentali, vengono rilanciati i proclami di “guerra” che Obama sembra aver lanciato al “lato oscuro” della finanza, oltretutto appena fuori i confini americani: i paradisi fiscali dei Caraibi.

Sorge però un dubbio: Obama è a conoscenza che il suo 4° finanziatore e che consente agli Stati Uniti interi di non essere già falliti, è rappresentato proprio dal sistema bancario dell’area caraibica e quindi dagli speculatori tanto “odiati” di queste ore??

Dichiarazioni analoghe sono state fatte dai leaders della EU che intendono ora stroncare il “traffico di denaro” che passa costantemente dai paradisi fiscali di tutto il mondo.

Usa e EU, di fronte alla crisi che le attanaglia, sembrano ora unite da un solo obbiettivo: intercettare i miliardi di tasse evase che per solo gli USA sarebbero stimati in 1600 Miliardi di dollari.

Alleluia. Ma poi ci si riflette un attimo e tutto ciò finisce per apparire più qualcosa di schizofrenico, visto che gli stessi “eroi” odierni, spesso sono proprietari o controllori degli enti e delle banche nazionali, che di fatto sono stati gli strumenti attraverso i quali i grandi evasori spostano denaro da un paradiso all’altro.

Adesso, con una “faccia di tolla” che ha dell’incredibile, i potenti occidentali, scoprono con “terrore” che le maggiori banche da loro controllate, hanno filiali in questo o quel paradiso fiscale, divenendo così parte del sistema di import / export di capitali, alla stregua di quanto accade nella vendita di petrolio dove è noto, la petroliera cambia bandiera e regime fiscale nel bel mezzo dell’oceano!.

Alle banche, coscienti o meglio incoscienti responsabili di tutto quello che sta accadendo, però sembra sia stata garantita l’impunità. In cambio sembrano ora diventati tanti “pentiti” che collaborano con la giustizia, denunciando senza remore i propri clienti, da loro stessi profumatamente consulenziati, come già successo per 250 americani dell’UBS.

Non solo, sarebbe a questo punto interessante sapere, visto che tutto ciò è stato approvato anche dal Governo Italiano, quale influenza potrà avere sulle “ricchezze” del Primo Ministro Berlusconi, depositate in alcuni di questi luoghi “immondi” (almeno da un mese a questa parte).

I politici fanno finta di non vedere che invece la questione che riguarda i paradisi fiscali, al di là della caccia agli untori di questi tempi, è chiaramente conseguente ad un fatto sistemico e non di pochi e “scorretti” soggetti, proprio visto il coinvolgimento di tutte le maggiori banche del mondo.

Le azioni di Obama e della EU rischiano così di rimanere sulla carta, pure intenzioni e vuoti proclami di un cambio di registro che però rimarrà utopico e privo di concretezza.

L’Italia ne è un chiaro ed evidente monito: oltre il 60% degli italiani confermano ancora oggi la propria preferenza a Berlusconi, sapendo tutto e il contrario di tutto sulla gestione della sua ricchezza, paradisi fiscali compresi.

La ragione di tutto ciò è semplice: che piaccia o no, i contenuti e l’esempio dello stesso Berlusconi trovano vasto consenso nella popolazione e non il contrario, come vorrebbe la “sterile” opposizione, perché la natura umana, signori miei, è questa.

Lo stesso vale per anche gli altri paesi occidentali, USA e Gran Bretagna in testa, che adesso sembrano volere fare i puritani, ma sembrano scordarsi che i paradisi fiscali sono stati una loro invenzione e localizzati in luoghi ad oggi ancora alcune volte sotto la loro bandiera nazionale e che beneficiano di statuti speciali.

Se l’Italia per i suoi monumenti e la storia è famosa in tutto il mondo quale meta turistica, isole belle ma insignificanti sul piano della storia, sono diventate mete turistiche che hanno attratto milioni di “turisti”, ricchi o aspiranti tali, che così hanno potuto beneficiare di questo nuova invenzione occidentale.

Addirittura, avere un conto in uno di questi luoghi è stato negli anni ruggenti uno status symbol molto ambito, alla stregua di barche, Yacht e belle donne.

Si pensi a Singapore, città stato, che ha fatto del suo emulare l’esempio della sempre decantata ed autorevole Svizzera, il proprio biglietto da visita che le ha consentito rapidamente di scalare le vette delle classifiche dei paesi più ricchi al mondo.

Quindi Obama, più che un nuovo Robin Hood, rischia di essere lo Sceriffo di Nottingham, così come la EU il Don Chisciotte della Mancia, visto che non colpiscono veramente chi ha contribuito a creare questa crisi, che di fatto escono impuniti da quanto sta accadendo, ma lanciano la caccia all’untore, scaricando tutto su altri soggetti ben lontani, genericamente chiamati “paradisi fiscali”, solo per recuperare nuove tasse e continuare come prima.

Meglio sarebbe stato agire sul sistema e le cause profonde, quali le strette relazioni tra politica e finanza, dove la prima è costretta a cercare fondi per farsi eleggere e gestire il proprio consenso e la seconda che finanzia, lecitamente o meno, per cercare di ottenere vantaggi nel proprio agire ed avere appoggi, coperture, su questa o quella situazione.

Da ciò è evidente che ora la situazione sia di profonda fibrillazione, visto che non solo gli imprenditori stanno subendo strette finanziarie delle banche, ma anche la politica è costretta a fare i conti con la difficile situazione in cui si trovano i propri finanziatori.

Quindi invece di ridurre, tagliare, modificare l’approccio della gestione in casa propria, si è pensato bene di fare guardare altrove, indicando nei paradisi fiscali le ragioni profonde di un cancro che invece è interno ai paesi occodentali, visto che le invenzioni di questi spazi, al di sopra delle leggi, ma possibili per legge, sono frutto della capacità ed inventiva di molti manager occidentali e non dei diversi paesi che alla fine, si sono solo prestati a questa “triangolazione”.

Una ipocrisia che lascia poco tranquilli, visto che appare evidente che si sta cercando solo di “giustificare” piuttosto che curare profondamente.

Il resto è solo il tentativo di far passare una “favola”, quella di quando “gli eroi occidentali che di fronte alla crisi, causata dalle proprie idee di liberalizzazione, circolazione delle merci e capitali, distrussero il drago della “speculazione” annidato nei paradisi fiscali!!

Speriamo non si debba aggiungere a ciò un tragico finale: “…perendo essi stessi in questa “eroica” azione, scoprendo con sconcerto, che il drago e gli eroi, alla fine erano la stessa persona”.

E’ il momento d’Innovare! Il sogno Cinese in action...

Innovare non è una parola, ma un metodo.

Oggi parlando con amici cinesi, mi facevano notare che la resistenza all’innovazione è direttamente proporzionale al tempo che uno ha speso in un ruolo di prestigio (tradotto: sulla poltrona).

Quindi la loro ricetta per innovare è riassumibile in: rinnovare i ruoli!

Banale ma allo stesso tempo pratica. La resistenza a voler cambiare e fare diversamente le cose sta proprio nel fatto che se uno è arrivato ad un certo livello, teme di abbandonare la strada vecchia per imboccare una nuova.

Il cambiamento è visto con timore quanto più il successo è stato raggiunto.

Il ragionamento dei miei amici cinesi quindi non fa una grinza.

Vediamo di farne un’applicazione pratica in Italia, dove appare evidente a chiunque che prima del fare c’è il posto occupato.

Quindi l’età ha sicuramente un peso, ma a sorpresa non quella anagrafica, bensì dell’incarico occupato.

Analizzando con questa chiave di lettura le aziende italiane si nota come siano vecchie, vecchissime, perché le proprietà sono tra le più stabili al mondo, mentre negli altri paesi il cambiamento fa molta meno paura e senza tanti grilli, tanto che mediamente le aziende hanno turnover molto superiori a quelli italiani.

Un esempio per capirci? Beh Shao Xiaofeng, il vice presidente di Alibaba è stato per 20 anni un poliziotto in prima linea, alla Serpico per capirci, un duro, uno che ha inseguito i criminali su per le montagne.

Bene, ora è alla testa di uno dei maggiori gruppi al mondo che d’innovazione ne sanno qualcosa.

Non è un personaggio accademico, ne tanto meno esperto di settore. Eppure il suo posto se lo è guadagnato sia per la fiducia in lui riposta dal suo amico, il fondatore di Alibaba, ma anche perché ha saputo occuparsi con successo di Alipay, il braccio economico di Alibaba.

Una storia che ha dell’incredibile da noi. Meno da queste parti, dove spesso casi di successo incredibili nascono attorno personaggi che hanno solo creduto nella propria idea.

Ora molti di loro sono proprietari di autentici colossi come Feng Jun, il presidente della AIGO, ora sponsor della McLaren, multinazionale cinese dell’elettronica presente in tutti i continenti, ma partito nel ‘93 con la sola idea e 250 Yuan (poco meno di 25 Euro).

La lista potrebbe essere lunghissima, ma come dicevo è il metodo non la parola che conta.

E da questa parti quando dicono innovazione la praticano davvero.

Ora tocca noi, “vecchio continente”, dare segni di risveglio o meglio “ritorno al futuro”.

A meno che siamo troppo “vecchi” o troppo arroganti per pensare di competere con il nuovo che avanza.

Update: Per chi crede che ancora una idea possa cambiare il mondo, una lieta novella: l’Italian Center di Shanghai, la più grande struttura italiana in Cina, apre le sue porte all’innovazione ( e agli innovatori!). mailto:innovationdesk@chinamedialab.biz

venerdì 27 febbraio 2009

Brand Artificiali!

Il “passa parola”, ha trovato su Internet terreno fertile, perché attraverso i Social Network è possibile agire all’ennesima potenza, potendo così decidere il successo o l’insuccesso di un brand, di una azienda e dei suoi prodotti.

Ma esistono dei seri ma, di cui occorre tenere conto.

Quale attività umana, con in aggiunta un bel po’ di novità tecnologiche, è chiaro che se mentre avere 100.000 persone in piazza o 1.000.000 di oggetti acquistati, rappresentano di per sé un dato oggettivo, ben diverso è il “peso” di un’analisi fatta usando gli strumenti del Social Network.

Infatti, oltre all’arcinoto “lato oscuro” della rete, dove le identità sono tutt’altro che sicure e certe, appare evidente che la strumentalizzazione dei risultati, sia decisamente più semplice ed assolutamente possibile.

Quindi il servizio BuzzMetrics, che sarà lanciato dalla Nielsen, così come altre rilevazioni simili, oltre ad un’interessante spaccato dei blog e dei social network, non potranno rappresentare altro.

La ragione sta proprio nell’oggetto analizzato: i blogs.

Se si osserva a fondo il fenomeno, si comprende infatti come spesso i blog, rappresentino un mondo a parte, gruppi che sarebbe meglio definire, “branchi” che si sincronizzano e lanciano in contemporanea messaggi in modo da condizionare molti dei propri lettori che sulla rete hanno traslato l’approccio televisivo: “lo ha detto la tv”, sostituito con il moderno, “ lo hanno detto alcuni blogs”.

E’ una sorta di potenziometro, che consente anche a gruppi molto piccoli di avere grandi, enormi ritorni d’immagine, anche in presenza di risibili numeri in termini di contatti ed oggettivo interesse reale. 

Per quanto si creda che il mondo sarà sempre più interattivo, appare evidente che ora e ancora per molto tempo, la rete rappresenterà un mondo decisamene a parte, parallelo al mondo reale, ancora profondamente analogico.

Per esempio in Cina, più di un 1 miliardo di persone non usano la rete, eppure questa è già la più grande economia del mondo ed è totalmente analogica!

Ma questo non è colpa di nessuno, l’uomo è prima di tutto un “animale” analogico, fatto di sensazioni fisiche e corporee. Non stupisce quindi che sulle cose veramente importanti, la rete perda il suo “appeal”, per essere sostituita dai “tradizionali” sistemi di comunicazione: parola, vista, tatto.

Questo aspetto risulta importante, altrimenti si rischia di “credere” che il mondo sia tutto qua, quando la realtà è da tutt’altra parte o peggio si finisca per soffrire di un pericoloso “autismo da social network”, dove il proprio mondo è SOLO quello rappresentato dalla rete. Qualcosa che già molti studiosi cominciano a sottolineare essere un rischio reale.

Per quanto riguarda poi la politica, se prendiamo il caso Obama, in molti pensano che sia stata una vittoria della rete. Analizzando però a fondo quali strumenti ha realmente usato, si nota come la rete è stato solo uno strumento di controllo e coordinamento di una sterminato “passa parola” fatto di persone reali e comitati locali “analogici” di persone in carne e ossa e strette di mano.

La raccolta del denaro è stato infatti frutto del “porta a porta” di queste migliaia di formichine.

Per quanto riguarda la politica italiana la situazione non è molto diversa, tanto che le ultime elezioni o le crisi di alcuni dei partiti, come quella del PD, sono state imputate anche ad essere stati “troppo Digitali”, finendo per chiudere molte sedi sul territorio per gli incontri reali, facendo posto ad un “partito digitale” che alle ultime elezioni in Sardegna, con tanto di Soru, re del digitale italiano, ha portato a casa solo una sonora sconfitta, da un signore TV / Analogico come Berlusconi.

Il problema è che ora stanno nascendo servizi a pagamento, connessi direttamente o meno alla analisi dei contenuti dei blog e dei social network

Esiste un rischio: tanto più questa nuova economia del Social Network crescerà, tanto più i blog stessi e molto degli stessi account dei diversi Facebook, rischieranno di trasformarsi in Redazionali a Pagamento o articoli che intendono alimentare idee, prodotti, consumi, giudizi, pareri, con lo scopo di condizionare a fini commerciali chi cerca risposte ai propri problemi o necessità, usando questo o quel motore di ricerca.

Non a caso molte delle attività Social di Politici ed Aziende sono già di questo tipo, visto che usano Facebook come uno strumento di promozione, ben diversamente da quanto immaginato dal suo fondatore, quale momento d’incontro tra persone che si conoscono ( i famosi “amici”).

Questo spiega anche un fenomeno in contro tendenza, quello cinese, dove Facebook non sta conquistando il più grande mercato internet del pianeta, visto che usano ben altri strumenti di “passa parola” e di relazione diretta, soprattutto a colpi di Instant Messaging (MSN, ICQ , QQ .etc…) piuttosto che buttare la propria identità in pasto a non ben chiari spazi aperti, quali quelli di Facebook.

Quanto detto, rende evidente come sia quindi molto difficile credere alla validità di un sistema di giudizio che non è in grado di garantire l’autenticità del giudizio espresso e soprattutto la non strumentalizzazione dello stesso.

Tecnicamente poi non è difficile creare un sistema, anche importante per esempio di qualche migliaio di blog, che consenta la creazione di un sistema di “ripetitori” di contenuti ed idee, in grado di simulare e offrire uno spaccato del tutto inattendibile sui reali interessi.

Basta pagare!

Tra l’altro ci si espone ad un possibile aspetto paradossale: i ricatti da social network, dove si può scatenare la propria rete di contatti su un tema o contro qualcuno che non si è gradito.

Il sottoscritto ne sa qualcosa, quando ha avuto modo di scrivere su Grillo ed esporre contenuti non graditi alla sua comunità di migliaia di blogger.

Chi ci dice che, come oggi ci sono società che comprano domini internet per poi rivenderli ai brand che intendono utilizzarli, lucrando sul valore dell’identità digitale, domani potranno esistere blogger che “sparleranno” di questo o quel brand, confidando di ricevere un compenso (riscatto), affinché non si tocchi questo o quel marchio??

In fondo dietro ogni computer e in ogni account di social network si “nasconde” sempre un uomo in carne ed ossa, con i suoi pregi e difetti

Non è quindi da colpevolizzare la natura della rete, solamente un’artificiale estensione umana, ma solo la natura umana che può trovare sulla rete nuovi e più vasti spazi per esprimere il proprio lato buono o cattivo.

Social network compresi!

giovedì 26 febbraio 2009

Siamo alle solite!!! America vs. Cina

Una nuova puntata sulle “relazioni” Usa – Cina si è consumata in queste ore, terminata con la dura presa di posizione dei Cinesi rispetto all’ultimo rapporto del Dipartimento di Stato, contenente critiche sulla questione dei diritti umani in Cina.

La reazione cinese è stata molto sdegnata, soprattutto per due ragioni.

La prima deriva dal fatto che il rapporto sia stato divulgato a pochi giorni della partenza da Beijing del Segretario di Stato, Hillary Clinton, che per tutelare l’ingente credito cinese, aveva appena affermato come la questione sui diritti umani non “possa e non debba incidere nei buoni rapporti tra Usa e Cina”.

Quanto accaduto oggi appare quindi come una sorta di “pugnalata” alle spalle da parte degli Americani, che secondo i cinesi insistono nel ruolo di Sceriffi del mondo e cercano, attraverso queste questioni, di interferire negli affari interni Cinesi.

Ma non solo, gli espliciti riferimenti ad alcune situazioni regionali, sono apparse agli occhi cinesi molto “sospette”, visto che la pubblicazione avviene in un momento molto delicato come quello che del prossimo 50° della tentata rivoluzione Tibetana contro i Cinesi e durante lo stesso capodanno Tibetano, al centro di un dibattito a distanza tra Dalai Lama, Governo Cinese e media occidentali.

Tutto ciò è apparso quindi come una vera e propria provocazione.

Conseguentemente la reazione, più stizzita di altre volte, sembra anche sottolineare il timore cinese che ciò possa apparire un “segnale” che potrebbe generare problemi di “ordine pubblico”.

Ecco quindi il significato dato alla parola “irresponsabili” usato dai cinesi nella loro reazione, che stanno cercando di monitorare una situazioni di terrorismo interno, come quello che viene considerato il separatismo Tibetano e che vedono come “fumo negli occhi” quanto affermato dagli Americani e un pericoloso viatico per possibili facinorosi.

Oltretutto questo messaggio, nella sua sostanziale “vaghezza”, sembra anche la solita implicita “approvazione” da parte americana per certe ben note “aspirazioni”, fatto che potrebbe finire per ispirare azioni violente, che i cinesi stanno cercando in tutti i modi di scongiurare.

Da ciò l’invito cinese di non “scaricare” sul governo cinese le possibili conseguenze, di ciò che potrebbe succedere e che tragga la propria ispirazione nell’idea che gli americani siano “schierati” per una soluzione separatista e d’indipendenza.

Perché è questo che gli occidentali e i sostenitori della causa del Dalai Lama leggono tra le pieghe del rapporto Americano. E i cinesi lo sanno e quindi sono costretti a dire a chiare lettere, “smettetela di alimentare qualcosa del genere”.

Ovviamente, come del resto detto nei miei precedenti articoli, il continuare a mischiare Diritti Civili, Tibet e Religione, sta complicando enormemente la situazione, di per sé già difficile.

Il muro contro muro di questo tipo di comunicazioni, finisce solo per “irritare” i cinesi, incrementando il nazionalismo che di fatto ritiene “superarata” la fase per cui l’occidente e soprattutto l’America possano “insegnare” qualcosa ai paesi emergenti, Cina in testa.

Anche se ufficialmente la posizione del Governo Americano è quella di cercare un dialogo con la dirigenza Cinese, è chiaro che questi non sono i metodi e i modi giusti per ottenere risultati concreti e oltretutto, potrebbe veramente ispirare qualcuno ad “immolarsi”, pensando di essere “live” e sotto gli occhi del mondo!!

martedì 24 febbraio 2009

USA in mano ai paradisi fiscali!!

Scorrendo su Wikipedia la lista dei creditori USA, dopo gli arcinoti Cina, Giappone e Regno Unito a sorpresa, con 220 miliardi di dollari, compaiono i Paesi Caraibici o meglio il sistema bancario dei paesi caraibici!!!

 

Foreign owners of US Treasury Securities

 

Nov 2008

Oct 2008

Nov 2007

Nation

billions of dollars

percentage

 

 

 

 

Mainland China

681.9

22.10%

652.9

21.57%

458.9

19.65%

Japan

577.1

18.70%

582.0

19.23%

589.6

25.25%

United Kingdom

360.0

11.67%

357.2

11.80%

174.1

7.46%

Caribbean banking centers

220.8

7.16%

219.3

7.25%

108.0

4.63%

Oil exporters

198.0

6.42%

187.6

6.20%

138.7

5.94%

Brazil

129.6

4.20%

134.5

4.44%

121.7

5.21%

Russia

78.1

2.53%

80.9

2.67%

33.5

1.43%

Luxembourg

75.0

2.43%

81.4

2.69%

67.9

2.91%

Hong Kong

66.0

2.14%

65.2

2.15%

51.7

2.21%

Switzerland

63.0

2.04%

61.2

2.02%

38.1

1.63%

Norway

59.1

1.92%

50.5

1.67%

27.6

1.18%

Taiwan

43.3

1.40%

39.1

1.29%

37.1

1.59%

Germany

43.3

1.40%

42.9

1.42%

38.6

1.65%

Singapore

37.4

1.21%

32.6

1.08%

40.2

1.72%

Ireland

35.2

1.14%

29.0

0.96%

17.5

0.75%

Thailand

35.1

1.14%

34.8

1.15%

27.5

1.18%

Mexico

34.6

1.12%

33.1

1.09%

31.9

1.37%

Turkey

28.7

0.93%

27.6

0.91%

25.6

 

Quindi tra i maggiori creditori degli Stati Uniti compare non uno stato sovrano “normale”, ma un paradiso fiscale!

E’ evidente che questa notizia, anche alla luce delle richieste americane fatte nei giorni scorsi alla UBS e che richiedono di svelare i dati relativi ad oltre 50.000 conti correnti svizzeri, intestati ad altrettanti cittadini statunitensi, fa sicuramente riflettere.

Non solo, l’Europa ha raggiunto lo scorso week end l’accordo storico per “stroncare” il malcostume dei prodotti finanziari privi di controllo, minacciando ritorsioni ai “paradisi fiscali” che non collaboreranno a questa “pulizia” di sistema.

Ora che i Bond di Stato degli USA, il paese dal quale tutta la crisi finanziaria è di fatto partita, siano sostanzialmente in mano a non ben noti possessori di conti correnti nelle banche dei paesi caraibici, lascia interdetti, anche perché sorge spontaneo chiedere: chi sono realmente i possessori della quarta gamba che sta tenendo a galla la traballante economia Americana, che a colpa di nazionalizzazioni, cerca di salvare il salvabile? 

Mafiosi, Finanziari senza scrupoli o altri faccendieri?

Viste anche le condizioni precarie in cui versano sia Giappone che Gran Bretagna, chi ci dice che cosa vorranno realmente fare questi “anonimi” azionisti degli USA, che di fatto possono incidere non poco sul futuro stesso della prima potenza al mondo?.

E’ evidente che la speculazione, se pesata confrontata con il 5° creditore della lista, i paesi produttori di petrolio (OPEC), rappresenta una fetta importante che spiega di quale “droga” si sia nutrita l’economia e la società Americana negli anni scorsi, che inseguendo il proprio sogno, si è “venduta” senza chiedere troppe informazioni ai propri creditori.

Non resta che incrociare le dita e sperare che questo non sia un ulteriore segnale che i problemi fin qui avuti non sono siano solo agli inizi e che in futuro qualche “misterioso” creditore non chieda il pignoramento americano, rimanendo rintanato nei sicuri e caldi paradisi fiscali caraibici, mandando tutto il resto del mondo in malora.