CINA 2007: Macchine indietro tutta!!
La Cina teme la Cina!! La cosa è apparsa evidente negli interventi dei massimi esponenti del governo cinese nell’ultimo China's 2006 Central Economic Work Conference, tenutosi ieri a Beijing, ovvero il momento di consuntivo e pianificazione governativo di fine anno.
Dalle analisi degli esperti governativi illustrate ieri alle massime autorità cinesi presenti, appare evidente come l' attuale crescita impetuosa stia creando scompensi e squilibri a cui occorre rapidamente porvi rimedio.
Ad esempio, l’eccessiva liquidità connessa con il perseverante boom delle esportazioni, che solo negli ultimi 10 mesi ha generato un surplus di 133,60 miliardi di dollari, sta creando non poche tensioni sullo Yuan, portando le riserva monetarie in valuta estera al livello record di un Trilione di dollari!!.
E’ evidente come il governo cinese sia molto preoccupato di dover intervenire attraverso una rivalutazione della propria moneta, una azione che rischia di accentuare gli squilibri tra città e aree rurali, tra cinesi ricchi e poveri, visto che il livello relativamente basso attualmente attribuito allo Yuan, favorisce una stabilità interna e conseguentemente il mantenimento degli attuali livelli di crescita, in una sostanziale bilanciamento generale.
Ora però la parola d’ordine data dai vertici cinesi è: rallentare.
Portare la crescita del prodotto interno lordo del 2007 attorno all’8 % dall’attuale 10,5 %, come previsto per la fine del 2006.
Sconsolati, i vertici cinesi stanno però comprendendo appieno come la locomotiva stia andando oltre ogni previsione, in una sorta di autonoma deriva di difficile gestione. Evidenziano quindi come fortunatamente, già l’anno scorso, avessero fissato nel 8% la crescita del PIL nel 2006, altrimenti, rilevano, oggi la crescita sarebbe ben oltre il 12%!!!
Per cui sono coscienti che, fissare oggi all’8% l’obbiettivo di crescita del PIL cinese per il 2007, significa alla fine cercare solo di stabilizzare l’attuale 10%, cercando nel frattempo di rallentare e qualificare l’intero sistema produttivo nazionale.
Quindi è stato deciso che sia prioritario concentrare la crescita cinese in direzioni ben precise, tali da compensare gli squilibri connessi, quali il crescente consumo energetico e un sempre maggiore deterioramento ambientale, così come evitare lo scollamento in corso tra est (ricco) e ovest (povero).
Per evitare che la Cina continui la sua corsa a due velocità, ora i governanti intendono concentrarla maggiormente sugli aspetti qualitativi più che su quelli quantitativi che hanno caratterizzato gli anni scorsi, favorendo il recupero delle aree rurali, rimaste indietro in questo frangente storico, attraverso tutta una serie di azioni ad hoc.
La più importante e tangibile azione è stata quella di concentrare nella città di Chengdu, nell’ovest della Cina confinante con il Tibet, l’azione di innovazione tecnologica del paese, tanto da spingersi a definirla come la “Silicon Valley cinese”.
Questa area, posta in un triangolo virtuale comprendente il potere economico di Shanghai e quello politico di Beijing, ha già attratto investimenti importanti da parte di aziende leaders a livello mondiale, quali ad esempio la Intel e intende essere l’area di propulsione dello sviluppo di tutto l’Ovest cinese.
Strategico per i cinesi risultano quindi due macro-azioni tra loro connesse: recuperare la “sacca di povertà ad ovest” e favorire contemporaneamente la crescita complessiva del mercato interno, ora sostanzialmente assente, fondamentale per compensare la continua pressione sulla economia nazionale, generata dalle enormi esportazioni cinesi.
Occorre sottolineare che quando i cinesi parlano di crescita qualitativa, i vertici governativi intendano azioni ben precise, quali una sostanziale innovazione di tutto il sistema industriale, oggi ritenuto obsoleto per competere con le economie occidentali, attraverso l’introduzione ed invenzione di nuove tecnologie, soprattutto a favore delle aree rurali, la vera chiave per il futuro cinese.
La Cina quindi, non intende più essere considerata la “fabbrica del mondo”, l’area di delocalizzazione produttiva a basso costo a disposizione delle economie mondiali, ma diventare essa stessa area di ricerca e sviluppo ed esportazione della propria conoscenza e tecnologia.
Grande enfasi è stata quindi posta sulla necessità di far crescere gli investimenti all’estero da parte delle imprese cinesi, oltre gli attuali 12,3 Miliardi di dollari, lanciando un nuovo motto per tutto il sistema industriale cinese: “diventare globali”.
Coerentemente al nuovo ruolo che la Cina intende crearsi nel futuro tecnologico mondiale, sono i recenti annunci relativi al rilascio da parte dei cinesi di propri standards per i mercati delle Telecomunicazioni e Media, come nel caso della futura rete 3G nazionale o come per quanto riguarda la nuova Televisione digitale interattiva e terrestre.
Non meno ambiziosi sono poi gli studi e le sperimentazioni recentemente pubblicizzate relativamente alla creazione di una nuova rete internet totalmente progettata e basata su tecnologie cinesi, prodotte dalle principali università nazionali.
Il progetto intende andare oltre il progetto della Internet2 occidentale, attualmente in corso e attualmente solo a livello accademico negli USA e UE, introducendo molte novità sulla gestione degli indirizzi IP, oramai paragonabili nella futura società dell’informazione, a risorse naturali quali l’acqua e il petrolio.
Complessivamente questo stato dell’arte sulla economia cinese e le decisioni prese dal governo per il prossimo futuro, rappresentano per l’Italia un ottima notizia e una grande opportunità.
Infatti per prima cosa è il chiaro segnale che il mercato interno cinese potrà diventare veramente una opportunità più concreta di quella attuale, oggi più assomigliante ad una “grande muraglia” impenetrabile che ad una “prateria” di opportunità.
Secondariamente, i cinesi necessitano più di prima, di qualificare la propria industria e quindi sono decisi ad investire e sostenere progetti di innovazione tali da permettere un deciso balzo in avanti delle competenze interne.
Necessitano quindi di partners in grado di cooperare per sostenere questo cambiamento di pelle tecnologico che la Cina, come una farfalla, si appresta a realizzare a partire dal 2007.
Terza opportunità è infine legata al fatto che la Cina si appresta a diventare un investitore a livello mondiale e realizzare il proprio sviluppo anche al di fuori dei propri confini, esportando capitali, imprenditori e conoscenze.
Il sistema imprenditoriale italiano, ora con l’acqua alla gola, può quindi cercare nella imprenditoria cinese quell’alleato interessato ad una mutua cooperazione, basata sulla condivisione di un obbiettivo comune: lo sviluppo di nuove realtà in grado di competere sui mercati mondiali.
Quindi ora in Cina c’è spazio per una seconda generazione di imprenditori internazionali, italiani compresi. Imprenditori che intendano costruire il proprio futuro a partire dalla Cina e non vedano la Cina come uno dei mercati dove svilupparsi.
La Cina si appresta a diventare IL MERCATO e quindi necessita da parte degli imprenditori di una adeguata attenzione, concentrazione e focalizzazione.
Oggi la situazione italiana è ben diversa e i reali scarsi risultati relativi alla nostra presenza in Cina sono lì a dimostrarlo.
L’Italia possiede però una tradizione imprenditoriale unica al mondo.
Occorre ora ridarle rinnovato splendore intercettando le necessità della Cina attuale e futura, motore della economia mondiale, possibile motore per il rilancio economico italiano.
Dalle analisi degli esperti governativi illustrate ieri alle massime autorità cinesi presenti, appare evidente come l' attuale crescita impetuosa stia creando scompensi e squilibri a cui occorre rapidamente porvi rimedio.
Ad esempio, l’eccessiva liquidità connessa con il perseverante boom delle esportazioni, che solo negli ultimi 10 mesi ha generato un surplus di 133,60 miliardi di dollari, sta creando non poche tensioni sullo Yuan, portando le riserva monetarie in valuta estera al livello record di un Trilione di dollari!!.
E’ evidente come il governo cinese sia molto preoccupato di dover intervenire attraverso una rivalutazione della propria moneta, una azione che rischia di accentuare gli squilibri tra città e aree rurali, tra cinesi ricchi e poveri, visto che il livello relativamente basso attualmente attribuito allo Yuan, favorisce una stabilità interna e conseguentemente il mantenimento degli attuali livelli di crescita, in una sostanziale bilanciamento generale.
Ora però la parola d’ordine data dai vertici cinesi è: rallentare.
Portare la crescita del prodotto interno lordo del 2007 attorno all’8 % dall’attuale 10,5 %, come previsto per la fine del 2006.
Sconsolati, i vertici cinesi stanno però comprendendo appieno come la locomotiva stia andando oltre ogni previsione, in una sorta di autonoma deriva di difficile gestione. Evidenziano quindi come fortunatamente, già l’anno scorso, avessero fissato nel 8% la crescita del PIL nel 2006, altrimenti, rilevano, oggi la crescita sarebbe ben oltre il 12%!!!
Per cui sono coscienti che, fissare oggi all’8% l’obbiettivo di crescita del PIL cinese per il 2007, significa alla fine cercare solo di stabilizzare l’attuale 10%, cercando nel frattempo di rallentare e qualificare l’intero sistema produttivo nazionale.
Quindi è stato deciso che sia prioritario concentrare la crescita cinese in direzioni ben precise, tali da compensare gli squilibri connessi, quali il crescente consumo energetico e un sempre maggiore deterioramento ambientale, così come evitare lo scollamento in corso tra est (ricco) e ovest (povero).
Per evitare che la Cina continui la sua corsa a due velocità, ora i governanti intendono concentrarla maggiormente sugli aspetti qualitativi più che su quelli quantitativi che hanno caratterizzato gli anni scorsi, favorendo il recupero delle aree rurali, rimaste indietro in questo frangente storico, attraverso tutta una serie di azioni ad hoc.
La più importante e tangibile azione è stata quella di concentrare nella città di Chengdu, nell’ovest della Cina confinante con il Tibet, l’azione di innovazione tecnologica del paese, tanto da spingersi a definirla come la “Silicon Valley cinese”.
Questa area, posta in un triangolo virtuale comprendente il potere economico di Shanghai e quello politico di Beijing, ha già attratto investimenti importanti da parte di aziende leaders a livello mondiale, quali ad esempio la Intel e intende essere l’area di propulsione dello sviluppo di tutto l’Ovest cinese.
Strategico per i cinesi risultano quindi due macro-azioni tra loro connesse: recuperare la “sacca di povertà ad ovest” e favorire contemporaneamente la crescita complessiva del mercato interno, ora sostanzialmente assente, fondamentale per compensare la continua pressione sulla economia nazionale, generata dalle enormi esportazioni cinesi.
Occorre sottolineare che quando i cinesi parlano di crescita qualitativa, i vertici governativi intendano azioni ben precise, quali una sostanziale innovazione di tutto il sistema industriale, oggi ritenuto obsoleto per competere con le economie occidentali, attraverso l’introduzione ed invenzione di nuove tecnologie, soprattutto a favore delle aree rurali, la vera chiave per il futuro cinese.
La Cina quindi, non intende più essere considerata la “fabbrica del mondo”, l’area di delocalizzazione produttiva a basso costo a disposizione delle economie mondiali, ma diventare essa stessa area di ricerca e sviluppo ed esportazione della propria conoscenza e tecnologia.
Grande enfasi è stata quindi posta sulla necessità di far crescere gli investimenti all’estero da parte delle imprese cinesi, oltre gli attuali 12,3 Miliardi di dollari, lanciando un nuovo motto per tutto il sistema industriale cinese: “diventare globali”.
Coerentemente al nuovo ruolo che la Cina intende crearsi nel futuro tecnologico mondiale, sono i recenti annunci relativi al rilascio da parte dei cinesi di propri standards per i mercati delle Telecomunicazioni e Media, come nel caso della futura rete 3G nazionale o come per quanto riguarda la nuova Televisione digitale interattiva e terrestre.
Non meno ambiziosi sono poi gli studi e le sperimentazioni recentemente pubblicizzate relativamente alla creazione di una nuova rete internet totalmente progettata e basata su tecnologie cinesi, prodotte dalle principali università nazionali.
Il progetto intende andare oltre il progetto della Internet2 occidentale, attualmente in corso e attualmente solo a livello accademico negli USA e UE, introducendo molte novità sulla gestione degli indirizzi IP, oramai paragonabili nella futura società dell’informazione, a risorse naturali quali l’acqua e il petrolio.
Complessivamente questo stato dell’arte sulla economia cinese e le decisioni prese dal governo per il prossimo futuro, rappresentano per l’Italia un ottima notizia e una grande opportunità.
Infatti per prima cosa è il chiaro segnale che il mercato interno cinese potrà diventare veramente una opportunità più concreta di quella attuale, oggi più assomigliante ad una “grande muraglia” impenetrabile che ad una “prateria” di opportunità.
Secondariamente, i cinesi necessitano più di prima, di qualificare la propria industria e quindi sono decisi ad investire e sostenere progetti di innovazione tali da permettere un deciso balzo in avanti delle competenze interne.
Necessitano quindi di partners in grado di cooperare per sostenere questo cambiamento di pelle tecnologico che la Cina, come una farfalla, si appresta a realizzare a partire dal 2007.
Terza opportunità è infine legata al fatto che la Cina si appresta a diventare un investitore a livello mondiale e realizzare il proprio sviluppo anche al di fuori dei propri confini, esportando capitali, imprenditori e conoscenze.
Il sistema imprenditoriale italiano, ora con l’acqua alla gola, può quindi cercare nella imprenditoria cinese quell’alleato interessato ad una mutua cooperazione, basata sulla condivisione di un obbiettivo comune: lo sviluppo di nuove realtà in grado di competere sui mercati mondiali.
Quindi ora in Cina c’è spazio per una seconda generazione di imprenditori internazionali, italiani compresi. Imprenditori che intendano costruire il proprio futuro a partire dalla Cina e non vedano la Cina come uno dei mercati dove svilupparsi.
La Cina si appresta a diventare IL MERCATO e quindi necessita da parte degli imprenditori di una adeguata attenzione, concentrazione e focalizzazione.
Oggi la situazione italiana è ben diversa e i reali scarsi risultati relativi alla nostra presenza in Cina sono lì a dimostrarlo.
L’Italia possiede però una tradizione imprenditoriale unica al mondo.
Occorre ora ridarle rinnovato splendore intercettando le necessità della Cina attuale e futura, motore della economia mondiale, possibile motore per il rilancio economico italiano.