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martedì 18 settembre 2007

La “rivoluzione” in un sorriso.

Si dice ridere allunghi la vita.

Sorridere forse meno, ma aiuta forse a migliorare la qualità della vita.

Quando arrivi in Cina ti accorgi, dopo un pò di tempo, che sorridi molto più di prima.

Le ragioni di questa autentica rivoluzione nella tua vita sono semplici: da quando apri la porta di casa, tutti i cinesi che incroci, li saluti con un sorriso “grosso così”, accompagnato dal mitico “Ni hao”, che ti fa sentire un pò più cinese, siano le donne delle pulizie, i guardiani, gli autisti, i colleghi di lavoro.

Ma la cosa che colpisce, è che tutti i tuoi saluti sono ricambiati, con un sorriso ancora più largo del tuo che mostra la dentatura, spesso è arduo definirla tale, un gesto che ti dà una sorta di ulteriore “carica” quotidiana.

Ho calcolato che, dal risveglio al solo posto di lavoro, in 15 minuti, nei giorni di rari incontri, non meno di 15 NiHao se prendo il pulmino, più del doppio se prendo l’autobus.

Non male per iniziare la giornata!.

Il problema è che se ti aggiri per gli uffici, gli incontri continuano e conseguentemente i sorrisi di saluto, che anche con il passare del tempo, non si negano a nessuno.

Capita quindi che quando incontri in un ufficio più volte la stessa persona in corridoio o ascensore etc., il rituale del sorriso si ripete regolarmente, come se fosse la prima volta che ci si incontra nella giornata.

Se poi cammini per la città, capita spesso di incrociare situazioni, non propriamente di benessere e felicità terrena.

Eppure il sorriso “largo così” non te le fanno mancare. Sai che la loro situazione non è certo felice e spesso fatta di grandi difficoltà. Forse proprio per questo, ricambi allora il loro saluto, con ancora più sincero entusiasmo.

Il saluto è un modo chiaro di rispetto formale, molto importante nella cultura cinese, ma non solo.

Tra cinesi il saluto è decisamente più significativo del Ni Hao suddetto, ad uso e consumo per gli stranieri. I cinesi quando si incontrano, letteralmente si dicono: “hai mangiato?” seguito dal famoso sorriso!

Quindi il salutarsi da queste parti, figlio del periodo dove mangiare era veramente un lusso, sembra anche un modo per “esorcizzare” la paura che nei cinesi è ancora viva: rischiare di rimanere senza cibo.

Quando incrociano noi, beh tutto è diverso. Salutarci ad un cinese dà un doppio senso di benessere. Da una parte, intende avere la conferma che “abbiamo mangiato” e quindi che stiamo bene. Ciò lo rende felice, ma non solo, è il primo passo di quello che assomiglia al nostro “posso fare qualcosa per te?”.

Quel sorriso che tu ricambi con loro li tranquillizza. Nessun problema!.

Se infatti, anche per distrazione, il tuo saluto non è proprio bello e carico di trasporto, ti sentirai chiedere, breve giro, se è tutto ok e se possono fare qualcosa per te.

Ma tornando al sorriso c’è da sottolinerare che i cinesi, tra loro non sorridono con tutti.

Esistono, sempre per un retaggio storico, elementi di disparità, per cui normalmente sorridono tra pari o da un subalterno al proprio capo.

Tipicamente una persona importante NON sorride ai propri subalterni, mentre con tè, ovviamente, considerandoti suo pari, ti mostrerà il suo sorriso migliore, quella della domenica.

Quindi che tu per strada o negli uffici, saluti tutti, che siano le donne delle pulizie o l’usciere, per loro è una vera novità, una rivoluzione che dopo un primo attimo di smarrimento, finisce per contagiarli.

Sentono che li rispetti, che cerchi di trattarli da pari. Questo, considerando che noi stranieri siamo spesso equiparati agli extraterrestri, amplifica la loro gioia nel ricambiartelo.

Ben diverso è l’uso del sorriso quando è utilizzato nelle trattative, dove serve per sottolineare i punti difficili, quelli che presentanto qualche anomalia o resistenza.

Lo sguardo sorridente di un cinese durante una trattativa, non significa che tutto va bene, ma il tentantivo di tenere viva la discussione o anche momento anticipante qualche sorpresa.

Quando la sorpresa ti è rivelata, sempre con il sorriso sulle labbra, mai aggressivi, scopri che anche tu finisci per sorridere a tua volta, conscio che una diversa reazione, non sarebbe utile al proseguire della trattativa in corso.

Quando poi un cinese è in difficoltà o non ha una risposta alle tue domande, sorride, nel tantativo di non preoccuparti e in particolare cerca di prendere tempo per trovare una soluzione.

Quindi, il sorriso è una sorta di azione che in una giornata normale finisci per ripetere così tante volte, che dopo un bel pò di tempo, i benefici si fanno sentire.

Recentemente, ho mandtato ai miei genitori una fotografia, dopo più di un anno non mi vedevano.

La prima reazione è stata di stupore, come se fossi ringiovanito.

Bene, ora so che cosa mi ha fatto stare ogni giorno sempre meglio.

L’aver recuperato, dall’altra parte del mondo, il vecchio uso di un semplice saluto, normale molti anni fa anche da noi, ma ora completamente perduto nelle nostre quotidiane frenetiche esperienze di vita.

E io abito a Shanghai, una città di 20 milioni di abitanti, una delle più grandi metropoli al mondo. Il problema non è quindi del luogo ma la predisposizione ad un gesto di civiltà ed educazione che alla lunga ti fa bene, anche alla salute.

Ni Hao a tutti!!

martedì 4 settembre 2007

Per farsi capire “insegnare” l'Italia delle Emozioni.

Recentemente ho parlato di come per capire i cinesi occorra “pensare con i loro occhi”.

Ma loro possono capire noi, realmente?

Per cercare di capire questo aspetto, ho provato a sperimentare una esperienza che consiglio a molti di voi: quella di vivere per alcuni mesi totalmente immersi nella realtà cinese, ben lontani dalla “nostra” abitudini e sostanzialmente SOLO con cinesi.

Dopo un lungo periodo di questa “full immersion” cinese, provare a tornare in contatto con qualcosa di Italiano.

Bene, l’esperienza l’ho fatta e dopo un lungo periodo di “full immersion”, sono andato ad assitere alla Turandot di Puccini qua a Shanghai.

E' stato come rivedere la luce: questa esperienza ti fa capire come i nostri contenuti, stile ed emozioni siano veramente di un altro pianeta (e sono Italiano!!).

Contemporaneamente si può comprendere quanto possa essere difficile da parte dei cinesi "entrare" in contatto con il nostro mondo, fatto di emozioni, spesso a loro totalmente sconosciute o peggio, prive degli stessi stimoli e valori.

Ad esempio la Turandot ruota tutta attorno alla forza dell'amore e di come questo possa cambiare profondamente le persone, rendendo "la gelida" Turandot (non a caso cinese), la più passionale delle donne. Questa storia, che a noi fa quasi sorridere, qua in Cina è molto più vicina alla realtà di quanto noi si possa credere.

Questa relazione tra passione e azione in Cina è spesso totalmente scollegata, al punto che sembra non avere senso agire per una passione o con qualche trasporto nel fare le cose, tanta è la razionalità messa dai cinesi nel loro agire quotidiano.

Mentre noi italiani le emozioni e le pulsioni passionali le esprimiamo apertamente senza timori e in maniera esplicita, spesso anche in forma estrema, qua in Cina è buona norma mantenere un contegno in pubblico che noi definiremmo di formale freddezza.

Questo fatto inevitabilmente si riflette pesantemente anche nel privato e nelle relazioni interpersonali.

Per quanto noi italiani ci sforziamo di essere dei "calcolatori", mai potremo esserlo come lo sono normalmente i cinesi. Infatti ogni cosa che noi facciamo o pensiamo, "trasuda" di calore e trasporto.

Quindi mentre noi tendiamo a dare un valore totalmente positivo al saper esprimere e vivere le emozioni, i Cinesi al contrario assolutamente no, finendone per essere contemporaneamente attratti e spaventati.

Il nostro problema e quindi quello del nostro “Made in Italy” non è se siamo bravi o meno, se qualcosa è bella o meno, ma se riusciamo ad emozionare i nostri interlocutori e trasmettere ciò che per noi è del tutto naturale, mentre per loro assolutamente no o peggio sconveniente.

Ai cinesi occorre quindi non solo far vedere le cose ma fargli "provare le emozioni" che possono procurare, altrimenti quello che per noi ha un valore (anche economico) rischia di essere considerato alla pari di altri, di minor valore o peggio rimanere a livello superficiale.

Bisogna però essere molto cauti, visto che noi sul piano delle emozioni siamo percepiti come degli extraterrestri.

Occorre quindi prendersi la responsabilità di diventare loro affettuosi tutur e/o mentori, per accompagnarli a "capire" il mondo delle emozioni che loro chiamano "Italia".

I cinesi hanno intuito che solo noi possediamo questo tesoro interiore, occorre però dimostrare che vogliamo condividerlo e insegnarglielo, trasformandolo in un patrimonio comune.

Ma da bravi insegnanti, occorre comprendere che ad oggi si deve partire dall'alfabeto base delle emozioni.

Un giorno, Yibu Yibu che in cinese vuole dire “passo dopo passo” appunto, potranno anche loro esprimersi correttamente su un piano simile al nostro. Ma ad oggi, non dimentichiamoci che sono solo in grado di ripetere diligentemente la lezione.

Per il successo futuro del "Made in Italy", visto che la scelta e l'acquisto di un prodotto ha una preponderante motivazione emozionale, occorre trasformarci in "Missionari del Gusto e della qualità della vita" che ci contraddistingue.

I cinesi ne hanno veramente bisogno. Ora che loro condizione economica è cambiata, hanno anche cominciato ad accorgersi come spesso non sappiano cosa farsene di questa nuova ricchezza economica.

Sono alla ricerca dei modelli e stili di vita cui rifarsi che possano dare loro una serenità interiore e siano trasmettibili alle loro generazioni future, come dicono loro: in pace e armonia.