venerdì 28 ottobre 2011

iCIAO arriva da ... lontano! 

Negli anni, la "sfida" quotidiana è sempre stata quella di aiutare le aziende a migliorare i propri risultati di business, di mercato, di brand, attraverso l'uso attivo delle tecnologie digitali

Che fosse allora web 1.0 o oggi web 2.0 e social, il problema di innovare il modo di fare / creare business con il digitale continua troppo spesso a "fare a cazzotti" con la ancora diffusa convinzione nell'imprenditoria italiana che il digitale sia scarsamente impattante sulle bottom lines aziendali (risultati). 

Ma il tempo è spesso il migliore alleato (e la pazienza). E così come nella metà degli anni '90, molti di quelli che ci "sbattevano le porte in faccia" poi sono diventati fedeli clienti, ora, forse anche complice la crisi che sta obbligando tutti a tutti i livelli a ripensarsi senza indugio, appare possibile finalmente "toccare" uno dei tabu dell'asset economico nazionale: l'internazionalizzazione d'impresa. 

Internazionalizzare fino ad ora è stato sinonimo di "missione" e di strutture tutte pensate in questa direzione, tanto che i principali metodi di finanziamento a livello nazionale e EU, tendono a favorire azioni di tipo fieristico e incontri tra imprese (i famosi b2b) quale metodo per supportare la internazionalizzazione d'impresa. 

In questi miei anni in Cina, forse il mercato più difficile ma anche quello con maggiori potenziali per il Made in Italy, ho avuto modo di sperimentare molto, così come anche poter entrare nel merito di quello che gli stessi operatori definiscono senza esitazione: "il non modello"! 

Infatti solo chi non si occupa sul campo di transazioni commerciali sui mercati internazionali, può pensare che per una azienda l'incontro sia il momento unico e fondamentale con il quale potrà creare il proprio successo su un mercato internazionale. 

E' come per il matrimonio. Relativamente facile è fare incontrare qualcuno. Ben altra cosa è pensare di mettere su famiglia. 

E "metter su famiglia" per gli imprenditori rappresenta il vero problema fondamentale, visto che non basta firmare l'accordo "matrimoniale" ma occorre gestire le implicazioni e i doveri (costi) che esso comporta. 

Ecco la ragione per cui delle oltre 4 milioni di PMI italiane, in Cina ce ne siano attive poco meno di 3 mila. Infatti utilizzando i metodi tradizionali, questi tendono ad escludere ben il 99% delle aziende che non hanno modo di avere competenze e personale adeguato per diventare le "multinazionali tascabili" che la letteratura in materia cita spesso. 

Il problema è che le aziende da sole non possono fare nulla. Necessitano sul territorio dove intendono sviluppare la propria presenza di strumenti, infrastrutture, piattaforme e di supporti diretti su cui poter contare. 

Spesso la differenza tra Made in Italy e Made in Usa, France, Germany, Australia, New Zeland ... sta proprio su questo punto abilitante. Sui mercati internazionali a supportare le imprese italiane esistono solo consulenti, non infrastrutture! 

Perciò non stupisce che dopo un entusiastico approccio, attraverso una delle innumerevoli missioni, poi il tutto cada spesso nel vuoto. 

Ed ecco il perché di iCIAO

Premesso che è impossibile che strutture quali ICE (o future sue evoluzioni), Camere, Consolati etc.. possano diventare bracci operativi delle aziende sui diversi mercati, l'unico modo percorribile è quello dove le aziende stesse, unite, si creino questa infrastruttura, fatta di conoscenza, supporti, tecnologie ed operatività, usando il digitale quale leva per innovare profondamente il loro approccio business e di presenza sui diversi mercati internazionali.  

iCIAO intende rappresentare questo: lo spazio dove le aziende agiscano direttamente sui mercati con strutture, piattaforme e non attraverso qualcosa che è sempre pensato e gestito dall'Italia o da chi normalmente è solo un consulente specializzato nel creare "incontri". 

Perché fare business è qualcosa che si fa tutti i giorni, quotidianamente. Non può ridursi ai soli momenti di comunicazione e di incontro, ma deve portare a transazioni che generino concreto valore, senza il quale qualsiasi tipo di azione commerciale è priva di senso. 

Andando nel dettaglio, di cosa necessitano le aziende italiane per crescere sui mercati internazionali? 
  1. Strumenti per vendere: non momenti di incontro (spesso costosi) che per oltre il 95% non avranno poi alcun seguito, viste le difficoltà intrinseche in ogni negoziazione che le aziende non sono in grado di gestire da sole. 
  2. Partner per agire come "bracci operativi" dell'ufficio vendite ( acquisti), non consulenti che dicono cosa dovrebbero fare con suggerimenti che per quanto corretti, il 90% delle aziende poi non sarà in grado di implementare (per costi, competenze ...). 
  3. Accedere al REAL Wholesale market attraverso una azione di gruppo (Group Buying), per accedere ai migliori prezzi di acquisto ( e vendita) sui diversi mercati, con i quali poter gestire una seria politica di fornitura ( vendita) sullo schema di quello che fanno le multinazionali. 
  4. Poter qualificare / certificare i propri prodotti e quelli dei propri fornitori per evitare di incappare nelle fin troppo note problematiche (e truffe) che caratterizzano l'esperienza sui marketplace internazionali (es.Alibaba) e potersi difendere dalle contraffazioni. 
  5. Promuovere e transare i propri prodotti direttamente sui canali distributivi locali, "saltando" la intermediazione di trader o altre strutture intermedie (ed intermediari) che finiscono solo per incrementare il prezzo finale e non aiutare la penetrazione commerciale dei prodotti italiani. (piattaforme distributive a Km zero) 
  6. Gestire e garantire i pagamenti e la logistica in maniera semplice ed efficace sui diversi mercati, limitando i rischi connessi su queste tematiche ostiche ed incomprensibili per il 90% delle imprese. 
  7. Registrare e gestire i propri brand e brevetti sui diversi mercati in maniera di creare valore e difendersi dalle contraffazioni. 
Da questi spunti operativi nei mesi scorsi abbiamo dato vita a Taste of Italy per l'Agroalimentare italiano per il mercato cinese (http://tasteitaly.biz) che ora vede coinvolte oltre 120 aziende del F&B Made in Italy. 

Da questi spunti operativi iCIAO, a partire dalla esperienza fatta proprio con Taste of Italy, ora intende allargare questo approccio anche ad altre tipologie di prodotti del Made in Italy e mercati internazionali, con però un elemento aggiuntivo importante: unire le esperienze sul terreno delle diverse business community italiane già presenti sui diversi mercati. 

Un aspetto importante dal quale e con il quale favorire una sempre maggiore penetrazione del Made in Italy sui mercati internazionali. 

Un aspetto importante dal quale lanciare la prossima sfida con un semplice e condiviso iCIAO: You're invited!