martedì 7 luglio 2009

La Cina pensa G13!!

Hu Jintao è arrivato in Italia alla guida di una delegazione politico – commerciale in vista del prossimo G8 a L’Aquila.

Ma cosa è venuto a fare realmente il Presidente Cinese al G8?

Beh, sicuramente qualcosa di molto diverso da quello si aspettano molti Leaders occidentali.

I Cinesi si attendono infatti di essere stati invitati a quello che loro chiamano G8 + 5, un dialogo alla pari tra nazioni sviluppate e la prima linea di quelle che, ancora per poco, si potranno considerare paesi in via di sviluppo, per affrontare i punti cardini ancora scoperti: Finanza, Ambiente, Energia, Cibo.

Sorprendentemente, diversamente da quanto dichiarato nelle scorse settimane, a l’Aquila i Cinesi non chiederanno di abbandonare il dollaro come moneta di riserva, proposta concordata di recente con la Russia e che aveva trovato l’appoggio anche dell’India, ma si concentreranno su un punto focale strategico: abbattere tutte le barriere protezionistiche negli scambi commerciali e nella tutela ambientale.

Il pragmatismo cinese infatti, concedendo agli Americani il “beneficio del dubbio” su una questione spinosa e complessa come quella della nuova valuta di riserva, intende ottenere in cambio un risultato decisamente più concreto sul breve periodo e che di riflesso impatterebbe anche su tutti i paesi in via di sviluppo: la fine dei protezionismi occidentali!

Questo sarà il punto strategico della presenza Cinese a l’Aquila, un “must” con il quale offrire anche agli altri paesi con costi della manodopera inferiori a quelli dei paesi sviluppati, un’occasione di crescita attraverso una seria applicazione dei trattati del WTO, che di fatto non prevedono barriere agli scambi commerciali tra nazioni.

Stesso discorso per quanto riguarda gli interventi in materia ambientale, dove alla richiesta di un “gioco di squadra” tra tutte le nazioni e non solo alcune, seguirà un secco “no” cinese alla carbon tax, una tassa sulla CO2 prodotta, che evidentemente penalizza maggiormente i paesi in via di sviluppo, ancora nella loro prima fase industriale, piuttosto che quelli già sviluppati.

Ecco quindi il senso del +5 di questo Summit: stabilire fin dal principio che i paesi del G8 non possono più pensare di essere i decisori unici del futuro del mondo, gestendo le regole a proprio piacimento per tutelare le proprie certezze e scarso rispetto di quelle altrui.

Soprattutto il +5 intende fare valere il proprio “peso” sulle due questioni più delicate: energia e sicurezza dell’approvvigionamento alimentare, in particolare per i paesi Africani.

Il “diritto al proprio sviluppo” è la chiave della posizione che a L’Aquila la Cina si augura non venga disattesa, un approccio a suo modo “rivoluzionario”, perché rappresenterebbe un cambiamento fondamentale delle prospettive che fino ad ora hanno guidato l’ultimo secolo industriale e post-industriale.

La Cina intende essere il portavoce di un cambiamento che vada oltre le apparenze e gli ipocriti convenevoli dei paesi occidentali che se da un lato dicono di sostenere lo sviluppo dei paesi più poveri, dall’altro poi definiscono regole o le modificano, affinché ciò risulti sostanzialmente impraticabile, per così mantenere il proprio predominio economico.

La mutua cooperazione tra paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, sintetizzata da questo G8 + 5, appare quindi essere l’unico modo per definire le nuove regole che devono guidare una crescita più equilibrata del mondo, ma che soprattutto mettano al centro “la crescita dei paesi più poveri” e rivedano il sostanziale “egoismo” dei paesi sviluppati, senza ulteriori protezionismi ideologici o commerciali, affinché a tutti, ma proprio tutti, sia data l’opportunità di un futuro migliore.

Quindi anche per il valore scaramantico che in Cina è attribuito al numero 8 (portafortuna), i cinesi, pur continuando a chiamarlo G8 + 5, pensano G13.

Gli altri leaders presenti sono “avvisati”.