lunedì 30 novembre 2009

La Cina ai piedi dei golfisti azzurri: Molinari sul tetto del mondo

Un Remake del 2006? Tutt’altro: in Cina, vicendo la World Cup svoltasi al Mission Hills Golf Club di Shenzhen in Cina, il Golf Italiano è salito per la prima volta nella sua storia, sul tetto del mondo. Grazie ai fratelli Molinari (Francesco ed Edoardo), l’Italia ora potrà rappresentare un punto di riferimento per il movimento golfistico cinese, in quello che sta diventando lo scenario più dinamico al mondo.

Ma tornando alle “gesta” dei nostri campioni, chiudendo il torneo con uno score di 259 colpi, sotto di 29 rispetto al par, hanno preceduto di una sola lunghezza gli Irlandesi guidati da McIlory, e gli svedesi per lungo tempo in vetta al torneo, compiendo l’impresa, mai riuscita prima a nessun team italiano. Una gara all’inseguimento, iniziata nel 4° giro con una Svezia davanti a tutti e l’Italia sotto di un colpo rispetto l’Irlanda, diventati 4 dopo la settima buca.

Ma è proprio in quel momento che qualcosa è cambiato nella prestazione dei fratelli Molinari che hanno iniziato un recupero strepitoso, caratterizzato dai birdie alla nona ed undicesima buca, per finire con il decisivo putt alla dodicesima realizzato da Francesco Molinari, l’ennesimo birdie che ha portato gli Italiani in vetta alla classifica. Da quel momento i fratelli d’Italia si sono dovuti difendere dai ritorni degli Irlandesi e Svedesi, rischiando alla diciottesima buca (par4) di rovinare tutto: nel suo approccio, incredibilmente, Edoardo Molinari infatti è finito nel bunker.

molinari
Francesco Molinari ed Edoardo Molinari
Ancora una volta, un’ispirato Francesco, toglie però le “castagne dal fuoco” al Team Italiano, riuscendo ad uscire benissimo dalla sabbia, permettendo così al fratello Edoardo, di prendersi la rivincita con il putt decisivo, a cui sono seguiti i salti di gioia per l’incredulità di quanto realizzato, in questa storica giornata per il Golf Italiano. Un successo importante per il team italiano che vale loro un premio di 875.000 dollari a testa.

Sicuramente qualcosa che ci farà entrare nel “cuore” dei neofiti golfisti cinesi, trascinati dall’inusuale “danza della vittoria” che il Team italiano ha messo in scena, dopo il colpo decisivo, in un calore che ci rende così diversi dai “freddi” anglosassoni e così vicini ai cinesi, in quello che è sembrato più essere il gol decisivo ad un campionato del mondo di calcio. Quelli del 2006 che tutti gli appassionati cinesi di sport hanno vissuto nelle lunghe nottate di quei giorni e che ci ha reso così famosi che molti cinesi, orgogliosamente, sfoggiano la nostra maglia della nazionale in giro nelle principali città cinesi. Da ieri questa impresa, inaspettatamente, ci farà sicuramente entrare anche nei molto esclusivi Golf Club cinesi.

Sicuramente ci aiuterà anche ad attrarre sempre più giocatori cinesi che vorranno calcare i terreni dove i fratelli Molinari si allenano, per cercare così di carpirne i segreti, in vista della prossima edizione della World Cup. Nell’attesa di questo evento, gustatevi gli ultimi istanti vincenti degli italiani (con commento rigorosamente cinese) e dell’impresa storica del Golf Italiano. Video fasi finali

sabato 28 novembre 2009

Food in Cina: l’Italia c’è!!

Guidata sul campo da Maurizio Forte dell’ICE di Shanghai ed ispirata dallo spirito di Matteo Ricci, “l’Italiano più amato dai cinesi”, l’Italia del Food risponde alla crisi mondiale con una presenza con la P maiuscola all’FHC 2009 di Shanghai, la fiera del Food ed Hospitality. Come del resto affermato dallo stesso Forte, “il 2009 è stato un anno di sofferenza e transizione, ma dai primi segnali che riceviamo, sembra proprio che il 2010 sarà ben diverso e caratterizzato da una decisa inversione di tendenza per il prodotto agro-alimentare Made in Italy in Cina”.

Tra l’altro Forte sottolinea come, “l’EXPO di Shanghai 2010 ci vedrà protagonisti. Infatti lo stile e il gusto italiano potrà essere apprezzato non solo nel ristorante del padiglione nazionale, ma anche nei tre ristoranti che hanno vinto le rispettive gare per l’utilizzo dei 150.000 metri quadri di aree comuni e che così consentiranno alle decine di milioni di visitatori, di fare “un salto in Italia” nella loro visita tra un padiglione nazionale e l’altro”.

Ma tornando alla presenza italiana alla FHC 2009, nei circa 1000 mq. del padiglione comune, di grande rilievo da segnalare la scelta logistica, di fatto all’ingresso della fiera, elemento che così ha obbligato tutte le migliaia di visitatori a dover prima passare a far una visita alle aziende tricolori e poi entrare un contatto con il resto del mondo. Una posizione in linea con il prestigio connesso, visto che numeri alla mano, il mercato del food italiano è il 4° al mondo, ma indubbiamente il 1° per quanto riguarda l’indiscutibile apprezzamento che lo contraddistingue e il continuo tentativo di “copiarlo” all’estero.


Regione Lombardia

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Proprio per poter aiutare ad imparare come “diffidare dalla imitazioni”, l’azione del padiglione italiano è stata quindi focalizzata nell’insegnare, dimostrare e far entrare in contatto i cinesi e i professionisti in visita, con il vero gusto Italiano. Ciò attraverso una continua serie di dimostrazioni e sessioni, che anche attraverso il supporto delle diverse aziende espositrici, lasciando da parte i luoghi comuni, ha offerto in presa diretta le basi necessarie per poter apprezzare a fondo l’esperienza del “mangiare italiano”.

Il mercato cinese è comunque ancora tutto da creare, perché di fatto il gusto a tavola dei cinesi è in continua mutazione ed evoluzione. Per cui occorre, con tanta sana pazienza, far vivere loro l’emozione del mangiare italiano, affiancandoli, in quella che per molti di loro è una vera e propria “cerimonia d’iniziazione”. Quindi la presenza italiana in questi giorni, sta svolgendo la propria funzione di catechesi al gusto italiano, con un’area attrezzata più che doppia rispetto all’anno scorso.

Dietro la presenza istituzionale che fa da driver, esistono comunque le presenze Regionali e d’impresa che raccontano tutte storie di una evidente rinvigorita volontà di voler portare il Made in Italy sul più grande mercato al mondo, quale e quello della Cina. Parlando con i diversi operatori presenti, emerge la coscienza delle non poche difficoltà esistenti per conquistare il mercato cinese, soprattutto per quelle imprese che per le loro dimensioni, fanno fatica ad imporre il proprio discorso di qualità, di fronte all’agguerrita concorrenza dei gruppi alimentari Francesi ed Americani, fatti di grandi imprese e sperimentate multinazionali, che oltre tutto possono sfruttare la leva delle proprie reti distributive esistenti in Cina, come nel caso dei Francesi con la propria Carrefour.

Gli italiani non hanno nulla di tutto questo e con il “coltello tra i denti”, sono costretti come i salmoni, a dover risalire il fiume, giocando su terreni spesso impervi, dovendo per prima cosa sconfiggere l’ingenerosa, ma da queste parti normale, competizione basata sul prezzo, più che sulla qualità. Questo scenario rende tutto più difficile alla singola azienda, che sicuramente necessita di un gioco di squadra e di sistema, che consenta di mettere a fattor comune i punti di forza dei nostri prodotti e che nel contempo minimizzi il problema dei costi e della trattativa con i sistemi distributivi cinesi.

Quindi i sistemi territoriali presenti alla FHC 2009, come concentrato delle eccellenze locali dei diversi territori italiani, in un confronto diretto tra Puglia, Marche, Sicilia, Sardegna, Toscana e Lombardia, si sono trovati così gli uni vicini agli altri, “armati” dei propri prodotti, nel comune obbiettivo di trasferire l’esperienza Italiana fatta di sapori e piaceri e di una qualità a tavola, numero uno nel mondo.

Continuando il dialogo con gli espositori, emergono alcune storie esemplari e spunti interessanti. Per cui parlando con Silvia Molinas della Camera di Commercio di Firenze, emerge come la Toscana intenda “riempire” i propri prodotti anche della storia del territorio da cui provengono, concentrandosi sul trasferimento, prima di tutto, delle competenze che stanno dietro ai prodotti,  necessarie per poter comprendere il prodotto e la qualità che contiene, conoscenze che in Cina sono del tutto inesistenti. Chi meglio degli inventori della bruschetta può quindi far comprendere ai cinesi il valore dell’uso dell’olio a freddo, che non appartiene alla storia e cucina cinese, che come affermato dalla Molinas “dopo una prima diffidenza, finiscono per apprezzare moltissimo”.

Auspicandosi un sempre maggiore gioco di squadra che vada “oltre i particolarismi” ragionali è anche l’elemento caratterizzante della significativa presenza Siciliana, una terra ricca di prodotti, letteralmente sconosciuti ai cinesi. Sicilia che può diventare anche un’interessante destinazione turistica, fino ad ora lasciata fuori dalle rotte del turismo cinese, ma che meriterebbe una sua riscoperta e il suo inserimento nei pacchetti dei Tour Operators cinesi, che fino ad ora considerano solo Roma, Milano, Venezia con una puntata a sud fino a Napoli, per visitare Pompei. Guidata da Enzo Milisenna, lo stand siciliano ha inteso esaltare i colori della terra e delle tradizioni, ma si è caratterizzato anche dalla volontà di entrare in un contatto profondo, attraverso un team misto che potesse tradurre al visitatore cinese il “dietro alle quinte” dei sapori di una terra speciale come quella siciliana, intraducibili con le sole parole occidentali.


Anche la Sardegna ha avuto una presenza importante al FHC 2009, introducendo un territorio che per i cinesi appare ancora misterioso, vista la sua distanza dal classico modello italiano fatto di pasta - pizza e caratterizzato da gusti spesso ben più forti che in altre parti d’Italia. Oltrettutto l’isola sta puntando ad intercettare un turismo cinese di tipo marinaro, più che da spiaggia, qualcosa che in Cina è ancora agli inizi ma in grande crescita, visto il crescente numero delle marine nel paese, opportunità che però deve fare i conti con i retaggi culturali, tanto che ancora oggi per le donne cinesi, prendere la tintarella, è considerato segnale di povertà e basso lignaggio. Vallo a dire a quelli della Costa Smeralda!.

Ma è soprattutto da un ripensamento e riposizionamento dei marchi storici italiani, divenuti negli anni multinazionali di primissimo piano sui mercati occidentali, che può passare la conquista del gusto cinese. Per esempio, alla ormai consolidata presenza di marchi come acqua San Pellegrino che a livello mondiale è riuscita a costruirsi un “marchio di bontà”, ora altri marchi storici stanno cercando il proprio spazio sul mercato cinese.

Addirittura per la Negroni, la Cina sembra “scritta” nel proprio marchio, riportando alla mente lo storico Jingle che lo ha caratterizzato negli anno 80, che visto alla luce delle stelle presenti nella bandiera cinese, sembra quasi un segno del destino.

Ma dietro i marchi, i cinesi in questi giorni stanno anche scoprendo che gli italiani non distribuiscono ciò che madre terra offre loro, ripetendo da centinaia d’anni le medesime procedure, ma che in una continua evoluzione, hanno saputo trasformare in tecnologia la competenza accumulata. Esemplare è proprio il caso della Negroni che può spiegare il profondo Gap che ancora esiste tra l’industria alimentare cinese e la nostra, visto che ancora oggi ai loro occhi appare incredibile che un prosciutto possa avere tempi così lunghi di conservazione, senza che sia necessario aggiungere alcun surrogato chimico e che come detto da Fausto Vecchi della Negroni “sia fatto solo di carne di maiale e sale di mare”. Qualcosa che ai cinesi colpisce e li lascia increduli, un problema di tecnologie, che non consente ai prosciutti “Made in China” di essere mangiati a freddo ma devono essere prima cotti, nelle zuppe o in qualsiasi altro modo.

Per cui esiste il problema di trasmettere la competenza, affinché sappiano comprendere come la differenza tra qualcosa chiamato caffé e un “buon caffè”, non lo fa il network di negozi che te lo vende, ma una miscela sapiente di aromi che sono poi in grado di creare, se opportunamente preparati, l’esperienza comunemente nota di caffé espresso o caffé italiano. Parlando infatti con alcuni dei produttori di caffé presenti al FHC 209 come Massimo Remonti della omonima azienda lombarda, non hanno nascosto la delusione di sentirsi “pesati non per la unicità delle nostre miscele innovative ma per il prezzo, considerato troppo alto se comparato con le altre offerte sul mercato, spesso fatte però con miscele di bassa qualità”.

Per comprendere il problema che sta assillando le aziende italiane, è un po’ come stimare il prezzo di un lingotto d’oro, dove la percentuale d’oro decreta il prezzo giusto sulla base di una quotazione universalmente riconosciuta. Bene il caffé, come un lingotto d’oro subisce variazioni di prezzo a seconda della sua diversa miscela ed è evidentemente del tutto fuori luogo il confrontato con chi spesso si limita a “placcare d’oro” il proprio lingotto. L’attuale incapacità cinese di saper comprendere se si è in presenza di un lingotto realmente d’oro o di uno semplicemente placcato, crea non pochi problemi agli italiani e una difficoltà nel dialogo con i propri interlocutori cinesi, che si limitano a trattare il prodotto solo come una questione di prezzo, come se tutti i prodotti fossero tra loro gli stessi.

In questo scenario, emerge però un elemento interessante che potrebbe caratterizzare la prossima fase della presenza dell’industria agro-alimentare italiana in Cina: la produzione in loco. A questa affermazione ed idea, molti “puristi” nostrani rimangono letteralmente scandalizzati, ritenendola una ipotesi irrealizzabile, pura eresia. Bene, l’FHC 2009 sembra dimostrare proprio il contrario, come nel caso di Masciulli Domenico che ha deciso di trasferire la propria decennale competenza nel produrre formaggi all’industria cinese, affiancando una azienda del nord della Cina che produceva latte, creando una prima esperienza di industria casearia Made in Italy, direttamente in Cina. Alla domanda se ci siano differenze tra il prodotto puro italiano e quello fatto qua in Cina, Masciulli, dopo un sorriso, ammette: “sicuramente a causa dell’acqua, molto più dura della nostra e l’ambiente diverso, il gusto finale è leggermente diverso”. “Ma onestamente è una questione marginale, tanto che la caciotta o la mozzarella come gli altri nostri prodotti, quando anche i professionisti del settore gli assaggiano, stentano poi a credere che siano prodotti qua in Cina”. Ed infatti “tra i nostri clienti ci sono parecchi ristoranti italiani, così come hotel a 5 stelle internazionali” che apprezzano il fatto di avere un prodotto che mantiene tutte le caratteristiche di un prodotto artigianale italiano, disponibile secondo le regole di un mercato cinese, “molto diverso dal nostro,” continua Masciulli, “con esigenze spesso incompatibili per le strutture e le capacità industriali delle aziende italiane”.

Quanto fatto da Masciulli nel caseario, sembra essere la strada di una risposta concreta, un messaggio anche per le altre aziende italiane, ad avere il coraggio di fare scelte che consentano non solo di arrivare sul mercato cinese, ma di garantirsi di restarvi anche in futuro, per non rimanere schiacciati dalla competizione portata in Cina dalle industrie internazionali, come i francesi.

Emblematico quanto accaduto con il vino, dove anni fa i francesi hanno addirittura finito per passare la tecnologia per produrlo ad una Join Venture mista Sino – Francese, che ora di fatto fa la parte del leone sul mercato interno, scalzando anche molte delle produzioni francesi, obbligandoli così a concentrarsi sul medio alto livello.

E’ una riflessione che a voce alta ha fatto nella nostra chiacchierata anche Fausto Vecchi della Negroni, una strada ed una sfida, quella di venire a produrre in Cina, da una parte intrigante ma dall’altra piena d’incognite, visto che “nel nostro caso, necessiterebbe di “riscrivere” il futuro della nostra azienda, fatto di un passato partito dalla capacità di creare mangimi di alto livello per i nostri maiali, che poi si evoluto nel saperli macellare meglio degli altri e che solo dopo, quasi fosse stato un incidente di percorso, ci ha portato a produrre salumi”, gli stessi per cui ora è famosa in Europa e in America e che la rendono una delle eccellenze italiane.

Ma questo è un fatto ed una scelta che appare inevitabile, perché in assenza di un approccio diretto ci si ritroverà come già gli Usa ci stanno insegnando, dove solo il 20% dei prodotti “Italians Like” sono realmente provenienti dall’Italia. Ben l’80% di ciò che sulle tavole americane è venduto come italiano è infatti prodotto in America, con nuovi marchi di proprietà non italiana che magari, solo sommariamente, utilizzano le procedure e gli ingredienti italiani, offrendo prodotti che sono simili a quelli italiani solo nel nome. Un esempio palpabile già ora lo abbiamo in tutte le principali catene di Pizza presenti in Cina (e nel mondo), che di fatto non usano ingredienti italiani, a partire dalla mozzarella come da noi considerata tale. Qua in Cina quella che loro chiamano mozzarella, oltre ad essere prodotta in Nuova Zelanda, si presenta con un colore giallognolo da formaggio fuso a quadretti, ben diverso dal candido bianco e gusto della vera mozzarella che da noi tutte le pizzerie usano e che fanno l’unicità anche di una semplice margherita sia a Milano che a Napoli.

La questione è da considerare seriamente, visto che poi, quando i Cinesi arrivano in Italia e vogliono finalmente provare la vera pizza italiana, finiscono per rimanerne delusi, visto che non ha nulla in comune con l’esperienza provata in Cina, tante sono le differenze negli ingredienti e nei metodi di preparazione.

Poi arrivano i casi limite come quello Australiano, dove il Parmesan, la copia del nostro Parmigiano, in assenza di una presenza italiana, ha finito per crearsi nel tempo una solida credibilità locale, tanto che in una pubblicità televisiva era arrivata addirittura ad affermare “diffidate dalle imitazioni!!”. Paradossalmente, per gli australiani un autentico “Parmigiano Reggiano”, da noi addirittura strumento finanziario alla base della Banca del Parmigiano, è ora considerabile copia del loro Parmesan, una situazione incredibile, che però si sta rischiando su una scala ancora più ampia qua in Cina.

Gli esempi si sprecano, come nel caso del vino, dove esistono sul mercato cinesi produzioni industriali che poco hanno a spartire con il vino prodotto come tale. Ma come nel caso del caffé, anche in questo caso il prodotto è affrontato e gestito solo sulla base del prezzo e non sulle capacità di saperne riconoscere la qualità reale, che inevitabilmente si ripercuote sul prezzo e che finisce spesso per mettere fuori mercato il prodotto italiano.

Quindi al FHC 2009 il messaggio lanciato dalla presenza italiana sembra essere riassumibile in: “alfabetizzare per competere” (e vincere).Un’azione sul campo fatta con atti di persuasione, per cercare non solo di trasmettere i nostri brands e prodotti italiani, ma soprattutto la profonda conoscenza del “dietro le quinte” della storia che ogni nostro prodotto contiene e la cultura che trasmette.

Qualcosa che una volta spiegato bene ai cinesi, li appassiona, perché apre loro un mondo completamente nuovo, di quello che noi chiamiamo Slow Food, prima di tutto uno stile di vita oltretutto in grado di avere effetti positivi sulla salute di chi lo segue, qualcosa a cui gli stessi cinesi sono attentissimi, tanto che anche per i loro prodotti, prima di tutto vengono valutati gli effetti alla salute che il loro gusto.

Nella nostra dieta e nei nostri prodotti le due questioni coesistono, sta quindi a noi saperlo spiegare in maniera convincente, accettando la sfida anche di farlo direttamente in Cina. E in questo ci viene incontro proprio l’esempio di Matteo Ricci di 400 anni fa, il testimonial dello stand delle Marche e ancora oggi il portatore di quello che Augusto Bordini, il responsabile dello stand, non esita a definire “il modo corretto per entrare nei cuori dei cinesi, attraverso una profonda e rispettosa comprensione reciproca, per una reale integrazione non realizzata attraverso la presunzione di volere a tutti costi esportare i nostri desideri, con la sola smania di “conquistare”.

Un messaggio tutto Italiano, che travalica l’altrettanto famoso Marco Polo, che però si limitò a portare merci dalla Cina a Venezia, non lasciando il segno che invece Matteo Ricci lasciò dietro la sua esistenza, tanto che se ancora oggi la Cina si chiama “il paese di mezzo” lo si deve all’opera di questo singolo gesuita italiano che fece del motto “farsi cinese con i cinesi” la base della sua opera, che finì per essere tanto apprezzata dai cinesi stessi, che ancora oggi la sua tomba è tra quelle delle celebrità che hanno fatto la storia millenaria della Cina. Ora sta a noi, quali “nuovi missionari del gusto” attualizzarne gli insegnamenti e provare a costruire la nuove dimensione del gusto che convinca anche i cinesi ad adottarne i nostri secolari principi ed ingredienti, per un reciproco scambio culturale duraturo nel tempo.

mercoledì 18 novembre 2009

Stop alle vendite di Microsoft Windows in Cina


La Prima Corte del Tribunale di Beijing, ha sentenziato ieri che la Microsoft Corporation debba interrompere le vendite in Cina delle versioni cinesi dei propri sistemi operativi, inclusi Windows XP, perché coinvolta in un caso di violazione di licenza per i caratteri cinesi creati dalla società cinese Zhongyi Electronics.

Microsoft ha subito negato la violazione e ha dichiarato che presenterà ricorso contro questa sentenza che un portavoce della società americana ha affermato “appare giusta sul merito della questione, ma ci trova in disaccordo sulla copertura degli accordi sottoscritti”.

Comunque sia, la corte di del tribunale di Beijing ha sentenziato l’avvenuta violazione dei diritti di proprietà intellettuale e condannato la Microsoft, non citando però da quando tale decisione avrà effetto e se non interverranno novità, rischia di penalizzala non poco sul mercato Cinese.

Secondo la Zhongyi Electronics, la società cinese proprietaria dei diritti in questione, Microsoft aveva il diritto di utilizzare i suoi caratteri solo per Windows 95.

Incredibilmente, Microsoft ha invece utilizzato i caratteri cinesi progettati dalla Zhongyi Electronics, anche successivamente nei suoi sistemi operativi Windows, senza il permesso della società cinese.

I problemi per Microsoft non sembrano però terminati. Infatti la Zhongyi Electronics, non ha ancora deciso se citare in giudizio Microsoft per le font utilizzate in Windows 7, la sua ultima versione lanciata in Cina il mese scorso.

Nell’attesa di vedere come evolverà la questione, quanto successo alla Microsoft è però la dimostrazione che i tempi del “copiare selvaggio” siano da tempo finiti.

Anche la Cina sta seriamente cercando di modernizzarsi, attraverso la seria applicazione e la tutela della proprietà intellettuale, un valore intangibile che sta diventando parte integrante della prossima fase dello sviluppo industriale cinese sia sul mercato interno che a breve, anche sui mercati internazionali.

Obama in Cina: Firmato Accordo Quadro tra Cina e USA per il 21° secolo

Obama nella sua visita in Cina ha raggiunto parecchi obbiettivi pratici.

Il primo, quello di tranquillizzare il proprio maggiore creditore, la Cina appunto, che con i suoi oltre 800 miliardi di dollari in buoni del tesoro americano, è di fatto il finanziatore della coraggiosa politica economica che Obama intende attuare in madre patria.

Il secondo, quello di aver “recuperato” una intesa che possa cercare di salvare il prossimo vertice di Copenhagen sull’ambiente, vertice che era stato considerato virtualmente fallito fino a ieri sera.

Il terzo, di uscire dalla “nebulosità precedente” della posizione americana, esprimendo in maniera strutturata e soprattutto scritta, i punti programmatici di una alleanza alla pari con la Cina.

Gli sherpa del Presidente Americano devono avergli suggerito che la Cina,dopo le tante promesse degli ultimi mesi, con la visita di questi giorni, intendessero vedere messe “nero su bianco” le intenzioni e le aperture che negli ultimi mesi avevano caratterizzato, non solo i discorsi di Obama, ma anche quelli del Segretario di Stato Hillary Clinton.

Da qui l'accordo quadro sottoscritto oggi tra i due Presidenti che di fatto li raccoglie tutti.

Questione di Taiwan

Nell’accordo sottoscritto oggi, “gli Usa riconoscono il diritto della Cina di arrivare ad una riunificazione pacifica con Taiwan”, così come “la questione faccia parte della sovranità e territorialita' cinese”. Nel contempo “la Cina ha espresso la speranza che la parte americana onorerà i suoi impegni ad apprezzare e sostenere la posizione della parte cinese su questo tema”.

In particolare Cina e Usa sono d’accordo che “in linea di principio, non supporteranno alcun tentativo per risolvere la questione con la forza.”

Dualismo Cina - Usa

L’accordo di oggi, per quanto riguarda le questioni strategiche, sancisce di fatto il dualismo tra Usa e Cina in tema di equilibri e cooperazione per la tutela della pace, della stabilità e prosperità mondiale.

Non solo, Cina ed Usa mettono “nero su bianco” anche le affermazioni fatte da Obama nel recente vertice APEC secondo cui “gli Stati Uniti accolgono con favore un prospero e forte successo della Cina, così che possa giocare un ruolo sempre maggiore negli affari mondiali”.

Un accordo di programma Sino-Americano

Che sia un accordo di programma, lo si deduce dal fatto che nell’accordo si legge come “Cina ed Usa, per il 21 secolo, intendono prendere misure concrete per costruire una costante partnership per affrontare le sfide comuni”.

Nel contempo,“la Cina accoglie con favore gli Stati Uniti come una nazione dell’area Asia-Pacifico che contribuisce alla pace, stabilità e prosperità della regione”, un atto formale che sancisce il punto chiave che stava molto a cuore ad Obama e che ora gli consente di cercare di ridare una maggiore
centralita' agli affari americani nell’area Asia-Pacifico, una posizione “scossa” dal crescente nervosismo Giapponese, il principale alleato americano nell'area.

Questione Nord Coreana

In questo contesto sono quindi anche le affermazioni fatte nella dichiarazione congiunta rispetto al problema Nord Coreano, “con l’auspicio che il meccanismo multilaterale dei Six Party Talks possa ripartire per proseguire nel percorso di denuclearizzazione della penisola coreana”.

Uso pacifico dello Spazio

Lo spazio come “prossima frontiera” trova d’accordo Cina e Usa affinché se ne faccia un uso pacifico, con l’impegno congiunto di rafforzare la sicurezza dello spazio esterno. Tra l’altro Cina e Usa hanno confermato l’impegno sottoscritto il 27 giugno del 1998, quello che stabilisce di non tenere sotto tiro i reciprochi siti nucleari, favorendo ed anteponendo le cooperazioni attraverso i canali di consultazione già esistenti.

Collaborazione Scientifica e salute pubblica globale

Grande enfasi l’accordo lo pone anche sulla collaborazione tra Cina e Usa in materia di ricerca scientifica e trasferimento tecnologico, a cui si aggiunge l'ulteriore collaborazione congiunta sulla ricerca nel settore sanitario e nel controllo delle malattie, in particolare le pandemie.

Nell’accordo si sottolinea anche come “la ricerca comune comprenderà anche le ricerche sulle cellule staminali”.

Entrambe le parti “approfondiranno anche la cooperazione su questioni di salute pubblica globale, compresa la prevenzione, la sorveglianza, la notifica e il controllo della influenza A/H1N1, l'influenza aviaria, HIV / AIDS, la tubercolosi e la malaria”.

Diritti Umani

Per quanto riguarda i diritti umani, nell’accordo, Cina e Stati Uniti sottolineano come “ogni paese e il suo popolo abbiano il diritto di scegliere la propria via e che entrambe le parti abbiano riconosciuto come tra Cina e Stati Uniti esistano divergenze sulla questione dei diritti umani.

Proprio per affrontare queste differenze, nello spirito d’uguaglianza e rispetto reciproco, nonché la promozione e la tutela dei diritti umani in linea con le organizzazioni internazionali dei diritti umani gli strumenti, le due parti hanno convenuto di tenere a Washington DC, entro la fine di febbraio 2010, il prossimo ciclo funzionale al dialogo sui diritti umani".

Lotta al terrorismo e collaborazione investigativa

Per quanto riguarda la lotta al terrorismo, l’accordo prevede “che siano approfondite la lotta al terrorismo, la consultazione e la cooperazione tra i due paesi su un piano di parità e di reciproco beneficio, con l’impegno comune per combattere la criminalità transnazionale e le organizzazioni criminali, nonché il riciclaggio di denaro, il finanziamento del terrorismo, la contraffazione e il recupero di fondi illeciti.

L’intesa tra i due paesi si allarga anche per quanto riguarda “la cooperazione sulle indagini penali ed una crescente collaborazione nella lotta contro l'appropriazione indebita, così come una maggiore attenzione anche alla lotta al narcotraffico, il controllo delle sostanze chimiche, la lotta contro l'immigrazione illegale, contrabbando e il traffico di esseri umani”.

Su questo aspetto appare molto innovativa l’intesa sottoscritta oggi, secondo cui “i due Paesi hanno concordato di scambiarsi dati e informazioni di carattere legale, in maniera tempestiva e reciproca, così come possano essere intraprese indagini congiunte, nonché venga fornita assistenza alle indagini sui casi di reciproco interesse”.

Ambiente ed Energia

Sulla questione ambientale “Cina e Usa sono d’accordo sulla transazione verso un’economia verde a basse emissioni di carbonio, come fatto essenziale per il futuro del pianeta.

Attraverso un nuovo piano Cina-Usa per l'efficienza energetica, entrambi i paesi "lavoreranno assieme per realizzare miglioramenti dell'efficienza e del costo-efficacia energetica nell'industria, edifici e prodotti di consumo, tutto ciò mediante la cooperazione tecnica, casi concreti e dimostrativi e gli scambi politici".

Rilevando i significativi investimenti di entrambi i paesi in materia di efficienza energetica, l’accordo sottolinea “l’enorme opportunità per creare posti di lavoro e rafforzare la crescita economica attraverso una seria politica di risparmio energetico”.

L’accordo prevede inoltre di creare un centro di ricerca comune (Clean Energy Research Center) con il quale “facilitare la ricerca congiunta e lo sviluppo delle competenze in materia di energia pulita, attraverso la cooperazione di scienziati ed ingegneri provenienti da entrambi i paesi. Tale centro avrà una sede unica in ogni paese, con finanziamenti pubblici e privati per un importo di almeno 150 milioni di dollari nell'arco dei prossimi cinque anni, finanziamenti equamente divisi tra i due paesi.

Le priorità sulle quali queste ricerche si concentreranno saranno l'efficienza energetica negli edifici, il carbone pulito (inclusa la cattura e il sequestro del carbonio), e i veicoli "puliti".

L’accordo continua citando l’intesa raggiunta tra Cina e Usa al fine di potenziare le iniziative per la diffusione dei veicoli elettrici, con le quali mettere milioni di veicoli elettrici sulle strade dei due paesi nei prossimi anni.

Tra le prime iniziative verrà attivato un programma che prevede una serie di progetti congiunti e dimostrativi in più di una dozzina di città, azioni che saranno svolte parallelamente ad un’attività per sviluppare le comuni norme tecniche che possano contribuire a facilitare la rapida crescita del settore.

Cambiamenti Climatici

Per quanto riguarda gli sforzi comuni per affrontare i cambiamenti climatici, le due parti hanno accolto con favore il lancio di una Cina-USA Renewable Energy Partnership, attraverso la quale i due paesi possano tracciare un percorso di diffusione su ampia scala di energia eolica, solare, bio-combustibili avanzati e una moderna rete di energia elettrica in entrambi i paesi e collaborare nella progettazione e all'attuazione della politica e gli strumenti tecnici necessari a supporto

Energia nucleare e suo uso pacifico

Per quanto riguarda poi la promozione dell'uso pacifico dell'energia nucleare, l’accordo prevede “una reciproca consultazione al fine di esplorare approcci a garanzia degli approvvigionamento di combustibile e di gestione del combustibile nucleare, in modo che i paesi possano accedere pacificamente all'energia nucleare riducendo al minimo i rischi di proliferazione”.

Crisi e finanza mondiale

Per quanto riguarda l’economia e la finanza, Cina e Usa si sono accordati per “un riequilibrio economico e una pianificazione lungimirante che, attraverso un’azione combinata e in tandem tra i due paesi, possa riequilibrare le rispettive economie e attraverso adeguate politiche monetarie si possa promuovere una forte e duratura ripresa economica mondiale.

In particolare "la Cina continuerà ad applicare le politiche tese a modificare la propria struttura economica, attraverso un aumento dei redditi delle famiglie, l’espansione della domanda interna e l’aumento del contributo dei consumi alla crescita del PIL, alle quali si aggiungerà la riforma del suo sistema di sicurezza sociale".

In cambio, gli Stati Uniti dovranno adottare misure per aumentare il risparmio nazionale e promuovere la crescita sostenibile e non inflazionistica.

"Per raggiungere questo obiettivo, gli Stati Uniti si sono impegnati a ridurre il disavanzo del bilancio federale attraverso un percorso sostenibile e attraverso misure specifiche che possano favorire il risparmio privato".

A questo si aggiunge il fatto che “Cina e Usa hanno inoltre convenuto di accelerare i negoziati su un trattato bilaterale per gli investimenti e di lavorare attivamente per risolvere le controversie commerciali bilaterali e gli investimenti in modo costruttivo, cooperativo e reciprocamente vantaggiosa”.

No al Protezionismo commerciale

Entrambi i paesi ritengono fondamentale per i prossimi sviluppi, il proprio no al protezionismo nel commercio internazionale dove “riconoscendo l'importanza del libero commercio e degli investimenti al loro interno e le economie a livello mondiale, Cina e Usa si sono impegnati a combattere congiuntamente il protezionismo in tutte le sue manifestazioni.

G20 quale consesso decisionale per le politiche macro-economiche

L’accordo sottoscritto oggi tra Cina e Usa riscrive e sancisce l’ordine mondiale per quanto riguarda anche i luoghi decisionali in materia delle politiche macro-economiche in quanto “Cina e Usa si impegnano ad onorare tutti gli impegni assunti al primo turno del Dialogo strategico ed economico Sino-USA nel luglio scorso, lo scorso G20 e il recente APEC di Singapore”.

Ma Cina e Usa hanno deciso che sia il G20 l’assise fondamentale dove prendere le decisioni fondamentali, in quanto “entrambe le parti hanno elogiato il ruolo importante dei tre vertici per affrontare la crisi finanziaria globale e si impegneranno a lavorare con gli altri membri del G20 per migliorare l'efficacia del G20, come il più importante forum per la cooperazione economica internazionale.

Ristrutturazione dell’IFI

Tra l’altro “entrambe le parti hanno accolto con favore i recenti accordi durante il G20 per garantire che le istituzioni finanziarie internazionali (IFI) dispongano di risorse sufficienti e per riformare le loro strutture di governo”.

Ora occorre che vengano sostenuti fino in fondo gli obiettivi e si attui una riforma delle quote e dei diritti di voto nell’interno dell’IFI nel più breve tempo possibile, aumentando così la voce e la rappresentanza dei mercati emergenti e dei paesi in via di sviluppo in queste istituzioni, coerentemente con gli accordi di Pittsburgh ".

Cooperazione Militare

Per quanto riguarda le cooperazioni Militari, l’accordo prevede che i due paesi "adottino misure concrete" per promuovere " lo scambio di vari programmi di cooperazione e di accordi tra le due forze armate, anche aumentando il livello e la frequenza degli scambi".

L'obiettivo di questi sforzi, è quello di migliorare le capacità militari dei Cinesi e degli Stati Uniti per una sempre maggiore concreta cooperazione e favorire una maggiore comprensione delle reciproche intenzioni nel contesto della sicurezza internazionale.

Incentivare la Cooperazione e lo scambio culturale

Cina e Usa hanno anche sottoscritto un accordo per un sempre maggiore interscambio e promozione culturale tra le due nazioni, che prevederà tra l’altro l’invio di un maggiore numero di studenti a studiare nei rispettivi paesi.

Attualmente ci sono circa 100.000 studenti cinesi che studiano negli Stati Uniti. Comunque saranno ulteriormente favorite le procedure per l’emissioni dei visti per poterne incrementare il numero.

Per contro, in Cina ci sono circa solo 20.000 studenti americani. “Gli Usa lanceranno una nuova iniziativa per favorire l’arrivo di un numero maggiore di studenti americani, così che nei prossimi quattro anni si possa arrivare a 100.000 studenti americani in Cina

Questione Iraniana

Per quanto riguarda l'Iran, Cina e Usa sono d’accordo di richiedergli di "impegnarsi in modo costruttivo" con il P5 +1 e di "cooperare pienamente" con l'AIEA per facilitare un esito soddisfacente”.

In particolare, "le due parti hanno convenuto che l'Iran ha il diritto all’uso pacifico dell'energia nucleare nel quadro del Trattato di non proliferazione (TNP) e dovrebbe adempiere ai suoi obblighi internazionali dovuti in forza di tale Trattato".

Le due parti hanno accolto con favore i colloqui a Ginevra lo scorso 1 ottobre tra la P5 +1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu più la Germania) e l'Iran, quale "inizio promettente" ad affrontare le preoccupazioni della comunità internazionale sul programma nucleare dell'Iran.Ma occorre siano fatti tutti gli sforzi affinché l'Iran risponda positivamente alla proposta del direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA)”.

Denuclearizzazione mondiale

Collegato a questo argomento c’è anche l’accordo tra Cina e USA sul loro impegno per “la realizzazione finale di un mondo libero dalle armi nucleari”.

Ribadendo la propria opposizione alla proliferazione delle armi di distruzione di massa “le due parti congiuntamente intendono sostenere le organizzazioni internazionali per la non-proliferazione nucleare”.

Cina e Usa si sono anche impegnati “a lavorare congiuntamente per il successo della conferenza di revisione del trattato di non-proliferazione delle armi nucleari nel 2010 (Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty (CTBT))e
perseguirne la ratifica al più presto possibile
”.

Sicurezza e Terrorismo Nucleare

I due paesi sono pronti a rafforzare la comunicazione e la cooperazione in materia di sicurezza nucleare e nella lotta al terrorismo nucleare”.

A tal fine “la Cina attribuisce grande importanza all'iniziativa degli Stati Uniti di organizzare un vertice per la sicurezza nucleare fissato per l’aprile 2010 e al quale parteciperà attivamente ai preparativi”.

Pace e stabilità nell’Asia Meridionale

La Cina e Usa hanno anche espresso il comune convincimento al sostegno per la pace e la stabilità nell’Asia meridionale.

In tale contesto “entrambi sostengono l'impegno di Afghanistan e Pakistan per combattere il terrorismo, mantenere la stabilità interna e raggiungere uno sviluppo economico e sociale, così come sarà fatto un ulteriore sforzo per garantire il supporto per il miglioramento e la crescita delle relazioni tra India e Pakistan”.

Vertice di Copenhagen

Cina e gli Stati Uniti “si sono impegnati a lavorare insieme e con altri paesi per un esito positivo in occasione del vertice di Copenaghen del mese prossimo”.

Entrambe le parti riconoscono che la transizione ad una economia a basso consumo di carbonio è un'opportunità per promuovere una crescita economica e lo sviluppo sostenibile in tutti i paesi”.

"Le due parti, conformemente alle loro situazioni nazionali, esprimono la volontà di intraprendere azioni di mitigazione significative, riconoscendo l’importante ruolo svolto dai loro paesi nel promuovere un risultato sostenibile e che rafforzi la capacità del mondo per combattere i cambiamenti climatici".

Nell’accordo “Cina e Usa hanno inoltre convenuto che tra gli obbiettivi di Copenhagen si dovrebbero includere gli obiettivi di riduzione delle emissioni dei paesi sviluppati a livello nazionale e azioni di mitigazione del caso dei paesi in via di sviluppo, tenendo conto anche di prevedere un’assistenza finanziaria ai paesi in via di sviluppo, promuovendo lo sviluppo tecnologico, la diffusione e il trasferimento, con particolare attenzione alle esigenze dei paesi più poveri e più vulnerabili al necessario adattamento ai cambiamenti climatici”.

Insomma come si vede una “piattaforma” programmatica completa, un vero e proprio accordo quadro tra Cina ed Usa che d’ora in avanti sembrano avere le idee decisamente più chiare su quello che intendono fare,ma
soprattutto l’oramai consolidata consapevolezza di doverlo pensare e fare assieme.

lunedì 16 novembre 2009

Obama in Cina: “Change” con un sorriso

Stanotte sotto una pioggia torrenziale, il Presidente degli Stati Uniti Barak Obama è atterrato a Shanghai, tappa iniziale del suo primo viaggio in Cina da quando è stato eletto.

Una visita storica e nello stesso tempo iniziata in un modo del tutto originale ed inusuale.

Infatti, ben diversamente dalle consuetudini e forse per differenziarsi da alcuni illustri predecessori e storici precedenti, non c’è stata nella capitale la classica stretta di mano tra i leader sotto la scaletta dell’aereo e la conseguente parte ufficiale d’incontri che normalmente caratterizzano l’arrivo di un Leader in tutte le visite di Stato in ogni parte del mondo.

Come prima tappa in Cina l’aereo Presidenziale non è infatti atterrato a Beijing la capitale, ma bensì a Shanghai, con una modalità quasi più di un Presidente di ritorno negli Stati Uniti dopo l’intenso vertice APEC, piuttosto che alla sua prima volta in Cina in veste ufficiale.

Oltre a questa differente scelta “logistica”, si è aggiunta anche quella che da queste parti rimarrà un’immagine simbolo di questa visita: la sua ormai mitica discesa dall’aereo presidenziale di questa notte, da solo e con l’ombrello per proteggersi dalla forte pioggia, ma soprattutto sorridente.

Un sorriso che ha colpito i cinesi, ma che ha anche trasferito la netta sensazione che Obama si sentisse realmente a suo agio e sereno nel suo arrivo in Cina, quasi fosse in visita da “vecchi amici”.

Seconda innovazione in questa importante visita di Stato, è stata anche la scaletta del primo giorno di Obama tra i cinesi.

Invece di incontrare subito il Governo Cinese e i suoi Leaders, dopo un incontro con il Governo locale di Shanghai si è spostato al Museo della Scienza e della Tecnica per un incontro con gli studenti universitari della Fudan, Jiaotong e Tongji.

Dopo uno speech di 15 minuti, un question time di circa un ora con gli studenti cinesi, nel quale vi è stato un contatto diretto e senza barriere, così come una discussione franca e diretta sui principali temi del presente e del futuro su politica internazionale, ambientale e futuro dei rapporti tra Cina ed USA.

Anche in questa occasione Obama non ha mancato di fare un’affermazione a suo modo rivoluzionaria e che sembra gettare le basi per una diversa politica internazionale per gli USA.

Elogiando infatti la forza del dialogo tra le diverse culture, ha sottolineato come “per gli Stati Uniti sia importante comprendere come ciò che va bene per noi Americani, non necessariamente debba andare bene anche per gli altri”.

Per dare concretezza a questa affermazione e quale “prova vivente” del valore che deriva da una diversità interconnessa di cui non bisogna aver paura, ma che al contrario può essere una leva per la crescita di un paese, ha citato la propria storia personale, dove il padre proveniva dal Kenya, la madre dal Midwest americano e con una sorella che mezza indonesiana si sposata con un Cinese del Canada.

Per quanto riguarda poi la sicurezza internazionale, Obama ha presentato agli studenti la posizione americana, incentrata sulla “necessaria stabilizzazione dell’Afghanistan, per evitare la diffusione del terrorismo e di gruppi estremisti come Al Qaeda.”

Sull’ambiente Obama ritiene che è dal reciproco scambio delle esperienze e delle tecnologie che è possibile “imparare gli uni dagli altri”.

In un ulteriore riferimento autobiografico, ha anche spronato affinché si attivi quanto prima su queste tematiche, una diretta collaborazione tra Shanghai e Chicago, che oltre ad essere “città gemellate” dal 1985, sono in grado di implementare rapidamente progetti di energia pulita.

Grande enfasi Obama l’ha poi dedica agli scambi culturali, tanto da augurarsi che in Cina nei prossimi anni possano arrivare non meno di 100.000 studenti americani.

Ma tornando al “question time”, gran parte delle domande per Obama sono arrivate dalla rete.

Domande che hanno evidenziato quanto fosse alta la curiosità da parte degli internauti cinesi nel cercare di comprendere e carpire esattamente il punto di vista del Presidente Americano soprattutto su un punto: “cosa pensa realmente della Cina?”

E le puntuali risposte date su tutte le questioni hanno evidenziato quanto sia diverso il suo l’atteggiamento se comparato con i suoi predecessori.

A partire dal Nixon del 1972 che pur passando da Shanghai, in quella occasione si limitò a visitare le maggiori industrie e a fare una sterile conferenza stampa, evitando il confronto con gli studenti, per finire con il Clinton e successivamente Bush che non riuscirono ad entrare in “sintonia” e creare la necessaria empatia con gli studenti presenti, in quelle che sono apparse più delle “lezioni” che un reale confronto.

Quanto accaduto oggi è un momento molto importante, il vero antipasto per l’incontro formale che sta avvenendo a Beijing tra Obama e il Presidente Hu Jintao a partire da questo pomeriggio, il primo vero momento ufficiale nel quale saranno affrontate le diverse questioni che Cina e Stati Uniti si trovano, assieme, a dover fronteggiare.

E il sorriso con il quale Obama ha voluto aprire la propria presenza in Cina, sembra essere un ottimo viatico anche alle ultime affermazioni fatte al recente vertice APEC, dove ha sottolineato come “non sia un problema una Cina forte”, ma che anzi possa essere un “alleato” in grado di aiutare gli Stati Uniti e il mondo intero, a gestire al meglio le diverse problematiche e tensioni presenti ma soprattutto future.

Non sorprenderà quindi se anche durante gli incontri ufficiali, il livello di informalità da “vecchi amici” possa proseguire, in quella che sembra proprio rappresentare una concreta svolta nelle relazioni tra i due paesi.

Un’immagine ben diversa da quella dell’incontro all’aeroporto di Beijing tra Nixon e Chou En-lai che ne ha aperto la strada, una nuova fase delle relazioni tra i due popoli che stanno segnando il presente del pianeta e che intendono, in amicizia, cooperare affinché il futuro dello stesso possa essere preservato.