Attenzione a non scoprirsi solo degli "ipocriti razzisti"
(Pubblicato su Affari Italiani il 18 Aprile 2007)
Gli incidenti di Milano per la ormai famosa "contravvenzione", diventata una barzelletta a livello planetario, sono passati nella realtà quotidiana cinese nel disinteresse più completo, evidenziando incredibilmente invece ancora una volta i nostri limiti, tutte le nostre contraddizioni e il livello di conflittualità interna attuale.
Va precisato come le ferme reazioni formali del governo cinese e del suo ambasciatore in Italia siano state “sacrosante”, anche se occorre sottolineare che non sono comunque andate oltre alla formale richiesta al governo italiano di proteggere i cinesi residenti in Italia, da eccessi come quelli accaduti a Milano.
I media italiani, forse nella foga di un passaparola e di un rigurgito di nazionalismo interessato, hanno in questi giorni sicuramente esagerato, attribuendo ai vertici cinesi parole alquanto minacciose che se fossero state invece lette con maggiore attenzione, erano sintetizzabili nella semplice frase: risolvere con equilibrio!!
Il governo cinese segue comunque la “grottesca questione” verificatasi a Milano relativamente agli “sfortunati” fatti accaduti, come definiti dagli stessi cinesi, cercando di evitare che questa questione “monti” in una ben più pericolosa disamina complessiva sul “Sistema Cina” all’estero, in un momento delicato come questo, per l’internazionalizzazione delle imprese cinesi.
Si intende evitare strumentalizzazioni da parte di altre nazioni, ben più significative della nostra, che si diffonda un “neo-razzismo” economico / politico cinese, che potrebbe avere evidenti ripercussioni future. I timori cinesi non sono privi di fondamento, vista la piega presa a Milano ma in particolare visti i recenti pesanti contrasti con gli USA sul tema della pirateria audio / video.
A rischio sono le recenti azioni di promozione e gli investimenti di immagine fatti dal Governo Cinese sulla diffusione di Confucio come messaggero del pensiero e della filosofia cinese per la costruzione di una “Società Armonica”, vero manifesto politico / economico della Cina presente e futura nel mondo.
Ora i fatti di Milano cercherebbero di dimostrare che le comunità cinesi all'estero sono socialmente pericolose, non disponibili a nessuna integrazione e oltretutto ricettacoli di una diffusa illegalità.
Questa idea agli occhi del governo cinese, rischia di danneggiare gli sforzi e le attuali attività di espansione delle imprese e della cultura cinese in Italia e nel mondo.
L'impressione però che si trae dai fatti di Milano, spogliati dell'impatto emotivo vissuto in Italia, è che qualcuno a Milano (e in Italia) stia strumentalizzando la cosa e i cinesi di via Sarpi, fomentando un odio e un razzismo stupido e senza senso, per obbiettivi economici e/o politici solo italiani.
Quanto accaduto visto dalla Cina fa quasi sorridere, sembra di vedere uno stralcio del film "Gangs of New York".
Chi ha visto il film, può ricordare i componenti delle comunità in lotta (emigranti dalle diverse nazioni europee), la motivazione razzistica a monte delle ragioni del contendere e la decisione dell’allora governo di New York, di fare rientrare nella legalità queste comunità provenienti da tutti i principali paesi europei, che in terra americana avevano costruito un sistema di comunità chiuse tra loro contrapposte (Italiani compresi!!).
La comunità cinese a Milano non sfugge a questo parallelismo, anche se va precisato come la Cina, quella vera, con le questioni di Milano non c'entra nulla.
Va infatti fatta una premessa importante sulle comunità cinesi all'estero.
Il governo cinese di recente ha infatti deciso di riqualificarle, trasformandole nei “trampolini” di lancio per una sempre maggiore diffusione della cultura cinese ed un sempre più efficace strumento economico a supporto della internazionalizzazione delle imprese cinesi.
Questo cosa significa?
Semplicemente che il governo cinese è cosciente come le comunità cinesi all'estero NON siano totalmente formate da semplici emigrati, visto che negli anni sono state formate da chi scappava dalla Cina per vari problemi con la giustizia cinese e per i crimini più disparati (pena di morte compresa).
Quindi i cinesi all'estero, spesso non rappresentano una "emigrazione qualificata", come la definiscono i cinesi , non sono il "Sistema Cina" all'estero, ma spesso sono veri e propri malavitosi e faccendieri senza scrupoli.
Per queste e altre ragioni, non godono del benché minimo supporto governativo della Madre patria. Solo dopo una profonda ristrutturazione, come accaduto di recente per la Chinatown inglese a Londra, vengono a tutti gli effetti riconosciute dalla madre patria e risultano integrate con il “Sistema Cina”.
Non sorprende quindi che comunità, come quella di via Sarpi, siano a tutti gli effetti comunità chiuse, spesso refrattarie alle leggi locali, dovendo proteggere gli interessi non sempre trasparenti e spesso la stessa incolumità dei suoi componenti.
Basti pensare che molti dei miliardi di dollari rubati dai migliaia di loschi e corrotti funzionari governativi, a cui il governo cinese sta dando una caccia in tutto il mondo, siano finiti nelle comunità internazionali a finanziare attività locali, in una vera propria "lavanderia" a cielo aperto di capitali poco puliti, comunque provenienti dalla semplice corruzione non da altre fonti, quali ad esempio la droga.
Inutile comunque scomodare la Cina per capire quanto accaduto in Via Sarpi.
Milano non è Napoli, ma chi conosce Napoli sa che il quartiere Sanità appare ben più pericoloso per le forze di polizia del quartiere Sarpi e lo stato di illegalità è ben più diffuso. Ma come a Napoli gli interessi economici tutelano quello status quo, anche a Milano lo stesso è stato negli anni per la comunità cinese in Città.
Quindi prima di dare un giudizio sommario sulla presenza cinese e lanciare messaggi assurdi tipo quelli letti su alcuni quotidiani italiani, occorre osservare come quanto accaduto a Milano sia maturato in una comunità di persone che rischia molto dalla citata riqualificazione cinese in programma e sta cominciando a sentire il “fiato sul collo” di una resa dei conti con la madre patria e con un passato che coerentemente alla filosofia cinese, era stato solo rimandato.
E’ per questa ragione che molti dei manifestanti in piazza hanno esibito la bandiera cinese. Era un messaggio indirizzato a chi di dovere in Cina, una richiesta di comprensione e supporto visto che la situazione quotidiana attualmente appare ben diversa.
Per dirla tutta, viste le pressioni e il concreto rischio di essere emarginati dalle autorità italiane le nuove generazioni di via Sarpi hanno cercato di richiamarsi alle origini cinesi, nel tentativo di uscire dall’isolamento in cui vivono attualmente e cercare di non finire in un limbo difficilmente gestibile in futuro.
Grave è però che la miccia sia stata innescata dai nostri poliziotti, agendo con una durezza mai usata negli anni contro un gruppo di persone abituate a difendersi da tutto e da tutti, anche dalla stessa madre patria. Tutto ciò senza dubbio è sintomo di una profonda ignoranza e pressappochismo da parte dei nostri responsabili nel leggere la situazione e i fatti.
D’altra parte appare quanto meno sospetto che sia accaduto dopo le recenti manifestazioni sui call-centers e sulla sicurezza, quasi una “invisibile mano” abbia voluto fare esplodere una “bomba sociale” nel centro di Milano, nota da decenni, sempre tollerata, mai curata.
Insomma invece di condannare i cinesi in quanto tali, dovremmo evitare di nascondere la testa nella sabbia e di come negli anni passati occorresse intervenire anche in via Sarpi, come nelle altre parti della città.
Non è un mistero che molti dei cinesi presenti, gli stessi cinesi li "vorrebbero indietro" per far loro espiare le colpe già commesse in patria, persone che quindi andavano perseguite fin dall’inizio, non ora che “oscuri” interessi suggeriscono di farlo.
Quindi invece di cercare scuse sul nostro comportamento negli anni passati, dovremmo cercare ora di non confondere o strumentalizzare il sacrosanto ordine in una città come Milano, con un ipocrita quanto triste provinciale razzismo, prima che prenda una piega ben diversa o peggio di diffonda anche nelle altre comunità presenti in Città per non assistere ad un finale simile a quello a suo tempo accaduto a New York (“Gangs of New York”), dove lo stupido tarlo razzistico è stata la molla per una altrettanto stupida e sanguinosa guerra per la città.