lunedì 20 giugno 2011

La Lega alla “resa dei conti”

(Pubblicato su Affari Italiani)

BOSSI MARONI 420

Grazie alle “nuove tecnologie” ho potuto seguire dal vivo l’intero raduno della Lega di Pontida.

Un evento molto atteso, quale primo momento di confronto tra i vertici del partito e la propria base, dopo le recenti sconfitte elettorali.

Ed è così che preceduto dalle note della colonna sonora di Avatar e  lo spezzone centrale del film “Braveheart”, è arrivato l’atteso momento del discorso di Bossi.

Quello del “Capo”, come tutti i suoi lo chiamano, è apparso senza troppi giri di parole, un educato “ben servito” al Cavaliere, una chiara intenzione di “staccare la spina” se non saranno seguite alla lettera le indicazioni della Lega.

Una resa dei conti che passerà da una agenda politica leghista che verosimilmente diventerà per il Cavaliere e il Governo in carica, una sorta di “Boot Camp” quotidiano, con un unico obbiettivo: portare a casa il massimo possibile nell’unità di tempo che il governo saprà resistere alla “cura da cavallo” leghista.

Ma a Pontida è stato anche il giorno di una seconda resa dei conti, questa volta della stessa Lega con il proprio passato, un giro di boa che lo stesso Bossi ha considerato essere fisiologico, uno dei “cicli dei 15 anni” che da sempre hanno caratterizzato la storia politica Italiana.

Una nota che nella sua citazione non solo appariva proiettata all’esterno per descrivere la situazione politica nazionale attuale, ma è apparsa essere attuale anche alla stessa lega che sembra essere giunta a sua volta ad una bivio: o portare a casa le promesse fondanti o dover fare i conti con questo ciclico cambiamento di cui la stessa Lega potrebbe non esserne immune.

Lo scenario dopo le ultime tornate amministrative sembra poi essersi oltretutto complicato non poco.

Infatti appare evidente che alla “cavalcata” della Lega ad Est nel Veneto, si è assistito quanto meno ad un rallentamento, per non dire frenata, nella roccaforte Lombarda, qualcosa che rischia ora di creare una frattura che potrebbe rendere irrealizzabile il sogno secessionistico in cui si riconosce buon parte della base del movimento.

Un problema non da poco, al quale Bossi ha evidentemente cercato di mettere rapidamente una “pezza”, attraverso l’ufficializzazione a Pontida dello spostamento del proprio Ministero e di quello di Calderoli nel cuore della Brianza, nella Villa Reale di Monza.

Qualcosa che Bossi si è spinto a definire essere solo il preludio, a cui seguiranno gli spostamenti di altri ministeri pesanti, una richiesta reiterata allo stesso Maroni durante il suo discorso.

Un atto forte, che molti commentatori tendono da tempo a sottovalutare ma che però sembra essere il segno di come la Lega storica stia realmente facendo i conti con un’altra Lega per così dire moderna, quella che vede il movimento agire in maniera sempre più integrata negli interessi della Nazione e non più solo di quello che viene definito il “popolo padano”, un nuovo corso rappresento da nuovi leader decisamente più moderati.

Ed è così che per richiamare tutti alle proprie origini, l’attacco a Berlusconi, l’alleato con “il quale sono state possibili tante cose”, si è fatto “sarcastico” fin irrispettoso nel racconto di come il decreto che spostava i ministeri al nord fosse stato firmato anche da lui ma che poi si sia “ca..to addosso!”.

Sarcasmo a cui ha fatto seguito il “consiglio” dato a Giulio (Tremonti) di rivedere il Patto di Stabilità e comunque “di non toccare i nostri” (comuni, artigiani), così come il duro attacco allo stesso Napolitano, accusato di aver fatto venire meno il promesso supporto a “battere il centralismo romano” o l’accusa di come gli allevatori sulle quote latte “siano stati truffati dai delinquenti del Parlamento”, tutte affermazioni che danno l’idea del livello della partita in corso all’interno della Lega e della sfida che Bossi ha inteso lanciare, tornando alle origini stesse del movimento.

Un atto di forza del Capo che oggi sembra aver attinto a tutta la sua credibilità per riallineare tutto il movimento verso una azione comune, che questa volta in caso di fallimento, non esclude più anche l’atto supremo attorno a cui la Lega stessa è nata: la secessione!

E il momento in cui dal “sacro prato” si è levato l’urlo alla Braveheart, è stato paradossalmente l’unico momento in cui lo stesso Bossi è sembrato imbarazzato, quasi avesse compreso che senza risultati concreti, questa sarà l’unica possibile “svolta” che il prato potrà accettare in futuro dal proprio leader, ma che sa non essere il futuro auspicato dalla “lega moderata” che giorno dopo giorno sta crescendo a livello nazionale.

Questa sembra essere la “cattiva notizia” arrivata da Pontida.

Con la crisi economica sempre alle porte e il rischio di un default del paese quale ipotesi non più assurda, unito al crescente dissenso alla via dettata dalla Lega da parte dei leader della maggioranza delle regioni centro – meridionali, quanto accaduto oggi sembra preludere ad una “resa dei conti” ben più allargata, l’anticamera di un pericoloso “tutti contro tutti” che nelle prossime settimane potrebbe non essere la migliore medicina per traghettare il paese fuori dalle secche in cui si è impantanato.

Tutto questo in nome della parola d’ordine che la Lega aveva dato all’intera manifestazione di Pontida: “per la Libertà”.

La stessa parola attorno la quale a Roma la stessa Lega al Governo si è impegnata a tutelare gli interessi Nazionali di tutti noi italici, qualcosa che non potrà in futuro che portare ad una resa dei conti finale che ieri è sembrata essere stata solo rimandata.

mercoledì 15 giugno 2011

Ecco perchè non ci sarebbe nulla di male se Berlusconi si dimettesse!

(Pubblicato su Affari Italiani


Partiamo dal titolo apparso oggi sui media cinesi a commento dei risultati del Referendum italiani: "Gli elettori rigettano la politica del governo"

Andiamo poi in Giappone dove è già stato deciso che subito dopo che la situazione post terremoto - tsunami si sarà stabilizzata, si dimetterà l'attuale primo ministro, oltretutto appena eletto e che ha appena passato una fiducia parlamentare. Una decisione connesse proprio per come ha gestito la crisi e il malumore profondo della popolazione sulle scelte fatte dal governo durante questa incredibile emergenza.

Torniamo in Italia: sull'onda della richiesta di dimissioni di queste ore, un ministro del governo in carica ha affermato "dopo la sconfitta del divorzio, la DC ha continuato a governare per altri 20 anni!". Un altro ministro ha poi rimarcato il punto con un inequivocabile "se dovessimo dimetterci ogni volta che ci votano contro...", a cui altri esponenti della maggioranza hanno aggiunto  "erano solo dei referendum!".

Bene, premesso che è giusto non strumentalizzare i referendum per fini meramente politici, a questo punto appare evidente che il problema vero in Italia sia un altro e riguarda l’"etica politica".

In una situazione "normale" e in una democrazia evoluta, apparirebbe evidente che ad essere bocciate dai referendum non sono state le persone, ma la linea politica scelta dal Governo, oltretutto su due delle maggiori emergenze mondiali: energia ed acqua.

Non un dettaglio da poco, come dire le basi stesse della infrastruttura del paese nel futuro (solo per il nucleare erano 30 Mld di investimenti), le scelte che condizioneranno intere generazioni a venire (così come la stessa scelta NON nucleare fatta ieri).

Poco importa a questo punto questionare sulle "dietrologie" connesse, come per esempio che la legge abrogata sull’acqua è stata presentata dagli stessi che ora ne stanno chiedendo l’abrogazione o se il nucleare potrà in futuro essere più o meno sicuro o se il voto di ieri sia solo l'effetto del dramma Giapponese.

Se la politica ha veramente come primo punto della propria agenda il bene del paese, sentirebbe il dovere prima di tutto etico, di proporre le proprie dimissioni, quale gesto di rispetto al paese.

Tra l'altro, visto che lo stesso parlamento non sembra essere più a sua volta "in linea" con il volere popolare, avendo avvallate le leggi ora abrogate, nulla di male ci sarebbe in un paese normale a "rifare la conta", attraverso nuove elezioni, che avrebbero il grande pregio di mettere a tacere le "male lingue" su una gestione non democratica della cosa pubblica o peggio, di presunta dittatura di questo o quello.

Questo in un paese normale.

Per cui che Berlusconi si dimetta, non dovrebbe apparire come un gesto straordinario, ma qualcosa di normale nel continuo dialogo democratico tra popolo e governo che normale altrove, dovrebbe esserlo anche da noi.

E' la democrazia, per cui se chi è al governo “sente” di non godere della fiducia della maggioranza del paese (e attenzione non solo quella parlamentare), soprattutto su tematiche delicate come quelle affrontate nei referendum, dovrebbe sentire la necessità di aprire la strada ad un cambiamento che ripolarizzi gli interessi del paese attorno nuovi obbiettivi realmente condivisi.

Il voto di ieri è un gesto concreto di democrazia, così come appare evidente che Berlusconi con il suo sconsigliare di votare sia stata una inutile caduta di stile: quale capo di governo in carica avrebbe dovuto avere il senso etico di presentarsi al seggio dichiarando il suo voto, perchè come le elezioni, anche i referendum si possono vincere, sempre che si prenda la briga di spiegare alla gente le proprie ragioni.

Per cui definire i risultati di ieri "una sfiducia alla politica del governo" appare tutt'altro che azzardato. Esattamente la lettura che il mondo sta dando in queste ore.

Ma i referendum possono essere anche ben altro: l'occasione per l'Italia (e Berlusconi) di mostrare ora al mondo che è un paese normale, in cui lo scontro politico per quanto sia appassionato, particolare, unico, forse alcune volte troppo complesso, rimane però sempre dentro le regole base di una democrazia di stampo occidentale.

Perché le elezioni si possono sempre rivincere, mentre per qualsiasi governo, arduo è riconquistare la fiducia profonda e il supporto di un popolo verso le scelte da fare se questo non ascolta le sue urla di "disperazione", soprattutto di fronte alle scelte dolorose che dovranno essere fatte per superare la crisi attuale.

E i referendum sono questo messaggio "forte e chiaro" lanciato dal popolo. Ora spetta alla politica fare la sua parte, senza giustificarsi o peggio facendo "orecchie da mercarnte" o continuare a rifugiarsi dietro il poco onorevole “scarica barile”.

L'Italia s'è destata!

giovedì 9 giugno 2011

Buon giorno Italia! La Cina sotto l'acqua, che vuole mangiare meglio, unirsi a Taiwan, e sostenere le PMI in crisi!!

(Pubblicato su Affari Italiani)

Buon giorno Italia,

per prima cosa il tempo: oggi la Cina si appresta ad entrare nella "stagione delle pioggie" (una buona notizia) ma precocemente al normale (una brutta notizia? altro effetto dei cambiamenti climatici?).

Comunque si spera sia qualcosa di salutare, visto che 1/3 del paese ed alcuni dei più grandi laghi e fiumi, non sanno più cosa sia un goccio d'acqua. I terribili effetti di una siccità che non si vedeva da decenni!

Oltre a questo, a tenere banco in queste ore sono ancora le questioni economiche globali, World bank annuncia una crescita del 9,3% del PIL Cinese ed alimentari.

Il problema della sicurezza alimentare ormai è il tormentone che dimostra come il paese sia entrato in una nuova fase di sviluppo, quella del benessere e di chi è sempre più attento alla propria salute.

A questo va aggiunto come l'impatto dell'inflazione sui prezzi, contribuisca ad alimentare la crescita del già grande mercato del "sotto costo e di scarsa qualità, ma che ora rischia di diventare una emergenza sanitaria, visti i rischi sulla salute pubblica che può provocare.

Nel paese manca completamente una cultare in grado di distinguere il salubre dall'insalubre, visto che fino ad ora nella scelta di cosa mangiare, l'unico criterio tradizionalamente utilizzato è il prezzo. Questo atteggiamento è  connesso al fatto che il cinese medio considera aprioristicamnete tutti i prodotti sul mercato di pari livello, buoni e controllati.

Da qua la vera e propria battaglia che è stata ingaggiata agli additivi non a norma, ai criteri di conservazione e date di scadenza non rispettati e così via, di una lista lunghissima di irregolarità quotidiane, fatto di abitudini spesso ormai consolidate, tipiche del passato di povertà che la Cina si sta laciando alle spalle.

Altra notizia del giorno è nel campo turistico e la prossima liberalizzazione dei viaggi a Taiwan per turisti singoli in partenza da certe città (Beiing, Shanghai, Xiamen). Comunque un ulteriore passo verso una sempre più stretta relazione tra i due paesi e che nei prossimi decenni potrebbe portare alla tanto auspicata "soluzione", come è stato per esempio per Hong Kong e Macao.

Sul piano invece economico, crescente è l'attenzione alle PMI cinesi che a corto di capitali ( e spesso di clienti) ed ora anche sotto la spada di Damocle della crescente inflazione interna, fanno sempre più fatica a finanziare le proprie attività.

Da questa situazione di "crescente tensione", l'azione governativa a supporto, con alcuni interventi legislativi che intendono favorire una crescente disponibilità di liquidità per le PMI, interventi che passano attraverso una sostanziale ristrutturazione del settore del credito, con tanto di creazione di banche o branch specializzate sulle PM in tutto il paese.

"Ma i soldi non bastano" è il messaggio del Governo alle imprese : "occorre che vi innovate e concentrate i vostri capitali soprattutto per creare nuovi prodotti sempre più di alto profilo, altrimenti queste misure non basteranno!!"

Alla prossima da Shanghai!!

lunedì 6 giugno 2011

Il fascino della “Prima volta” al Roland Garros. Li Na ha fatto la storia del tennis cinese ed asiatico!

(Pubblicato su Affari Italiani il 6 Giugno 2011)  


Erano anni che non seguivo in diretta una finale di un torneo di tennis con il trasporto con cui ho seguito la finale femminile del Roland Garros di questa sera (qua in Cina).
Una finale oltretutto per noi in famiglia unica: un’italiana (la Schiavone) opposta per la prima volta nella storia ad una Cinese (Li).

Inevitabile la domanda: per chi tifare??

Una questione tutt’altro che banale, visto che a parte le nazionalità a noi “vicine”, entrambe le giocatrici giocavano il loro match con la storia. La Schiavone per fare lo storico Bis e la Li per dare alla Cina e al continente asiatico, la prima vittoria in un torneo del grande Slam.

Comunque fosse andata, per noi era difficile rimanere delusi, anche se devo dire onestamente che tra i due “record”, quello della Cinese era decisamente più carico di emozioni, per quanto da Italiano fosse importante il bis della Schiavone.

La ragione è presto detta: si è fatta la storia, quella con la S maiuscola del tennis cinese ( e dell’intero continente asiatico) e che da questa vittoria avrà sicuramente un’impennata di appassionati e giocatori che vorranno seguire le gesta della Li.

Una finale quindi per noi unica e “diversa”, nella quale non siamo rimasti insensibili alla sincera emozione della Li, che per una volta è apparsa meno “cinese” del solito, non appena raggiunto l’agognato obbiettivo.

schiavone modificato 1


Infatti per tutto il match si sono contrapposte la “istrioneria” della Schiavone e la impeccabilità e freddezza agonistica della Li, quest’ultima quasi una “macchina” in grado di dare bordate incredibili per tutto il match, senza mai dare segni di nervosismo o tensione.

Poi è arrivato il Tie-break che ha fatto la storia e tutto è sembrato cambiare: venute meno le “strategie” per entrambe le giocatrici, si è visto un tennis totalmente diverso, con la Li che ha tirato fuori dal cilindro una sequenza di giocate fantasiose, di un cambio di passo di chi voleva fare l’impresa.

Contemporaneamente ad ogni punto della Li, sulle tribune si è assistito allo spettacolo nello spettacolo, che ha visto protagoniste le fino ad allora composte signore cinesi presenti, immortalate nei loro salti di gioia che ti saresti aspettato più dal seguito italiano della Schiavone.

E poi l’ultimo punto, l’urlo liberatorio della Li sdraiata a terra, a cui ha fatto seguito un sorriso senza uguali che non l’ha più abbandonata durante tutta la premiazione ed interviste, un sorriso di chi sa di aver scritto la storia di un paese (ed un continente) e di uno sport che ora potrà ricevere maggiore rispetto da Badmington e Ping Pong, gli sport nazionali della racchetta, dove la Cina (e l’Asia) è abituata a dominare da sempre a livello planetario.

Tra l’altro la stessa Li al tennis vi è arrivata per caso, dopo che aveva infatti iniziato a giocare a Badmington, sulla scia del padre che era un giocatore amatoriale, ma poi il suo allenatore, come racconta la leggenda, nel vederla giocare come se giocasse a tennis, le ha chiesto di “tradire” lo sport nazionale per passare al tennis, sport che però da queste parti non gode delle stessa fama dei sui “fratelli di racchetta”.

Infatti qua i “campioni” e gli eroi da copertina e tv sono i giocatori di Badmington e Ping Pong, così come nelle strade cinesi non è raro vedere le famiglie e i ragazzi giocare a Badmington, mentre i campi da tennis sono desolatamente vuoti rispetto i parametri europei, sia perché più destinati agli ospiti stranieri, ma anche perché non è uno sport ancora nel “sangue” e nel cuore della gente, come invece lo è in occidente.

li na


Per cui dopo l’impresa, la Li sarà ricordata come la pioniera di uno sport ma soprattutto con la sua vittoria, contribuirà a modificare profondamente le regole vigenti, andando oltre le aperture della federazione degli anni scorsi che consentirono per esempio alla stessa Li di poter abbandonare la nazionale e seguire la propria scelta professionistica, così come contribuirà ad una sempre maggiore presenza e peso del tennis nelle Università dello Sport cinesi, quelle che contribuiscono a sfornare i campioni del futuro.

Di fatto contribuirà ad una sorta di “liberalizzazione” e creazione di nuove regole, rispetto a quelle attuali che di fatto limitano non poco i giocatori cinesi, visto il ruolo fondamentale che la federazione riserva alla nazionale e l’idea prevalente di un dilettantismo di fondo per gli atleti cinesi che probabilmente la stessa storia della Li sembra indicare, nel tennis limita le enormi potenzialità dei giocatori cinesi sui campi internazionali che contano.

Infatti l’impossibilità per i giocatori della nazionale di poter percepire sponsor o supporti economici privati, così come non consente loro di scegliersi l’allenatore o il team con il quale sviluppare la propria carriere, sembrano essere limitazioni che la vittoria della Li sicuramente contribuirà a rivedere.

Ma non solo: sicuramente porterà sui campi da tennis molti dei giocatori di Badmington che vorranno emulare la lieta storia della ragazza venuta da Wuhan e diventata per una sera la “Principessa di Parigi”.

Un’emozione unica, che nessun mondiale di Badmington o di Ping Pong sono in grado di offrire!

Ecco perché oggi non mi vergogno nel dire che, per quanto sarei stato comunque contento per il bis della Schiavone, sotto sotto ho tifato per la Li e quel fascino spontaneo e naturale della “vera” prima volta in assoluto che rappresentava.

Se d’ora in poi sempre più cinesi conquisteranno i maggiori tornei sulla terra rossa o addirittura il “sacro graal” del il mitico Wimbledon, tutto ciò sarà connesso a quello che oggi la Li è stata in grado di fare.

“E ora tutti a Londra!”. Questo è il tam tam che si stanno passando gli appassionati di tennis cinesi che sperano nell’incredibile ripetersi delle gesta di quella è che diventata ormai la nuova eroina nazionale!