sabato 25 gennaio 2020
mercoledì 1 gennaio 2020
BACK TO FUTURE del BLOG: fine dell'epoca social
Buongiorno Italia!
Benvenuta nel 20-20! Un saluto da Shanghai a tutti gli amici vicini e
lontani!
Qua il capodanno è già bello che cotto e mangiato e si è tornati sul pezzo.
Nota di servizio: nessun botto, petardo o rumore molesto.
Qua i cani, gatti e animali domestici non hanno rischiato l'infarto.
Primo atto dell'anno? Tornare al Blog, il caro vecchio blog.
Compagno di viaggio da ben oltre 15 anni e memoria storica di molti dei
passaggi della decade passata. Da oggi tornerà ad essere la mia agenda del
decennio appena iniziato.
Rivestiti i panni di Yibu Yibu, step by step in cinese, con cui osservare, condividere,
contribuire ad un cambiamento dell'Italia dalla Cina. Riflessioni, osservazioni
e suggerimenti e perché no anche azioni.
Prima riflessione dell'anno: i social stanno perdendo colpi.
Previsione Yibu Yibu del 2020: è finita la loro epoca.
Il tema è infatti entrato nelle priorità politiche sia in USA che in EU, in
quanto sono a tutti gli effetti diventati strumenti di controllo di massa e
quindi soggetto di rilevanza strategica nazionale ed internazionale.
Prevedibilmente ci saranno degli spezzatini delle aziende top a causa della
ormai insostenibile posizione dominante che rappresentano, andata ben oltre ad
un impatto puramente commerciale. Per cui è chiaro che Facebook presto o tardi
avrà lo stesso trattamento che ebbe AT&T decenni fa: verrà smembrata in
diverse aziende.
Cosa simile dovrebbe accadere alla stessa Google. Così come in Cina
prevedibile che Alibaba e Tencent possano subire simili trattamenti alla luce
del loro strapotere attuale.
Ma tornando più specificatamente ai social, va evidenziato come questi
siano di fatto invecchiati precocemente.
Divenuti ripetitivi, noiosi, banali, ora è anche sempre più diffusa l'idea
che siano ormai luoghi poco raccomandabili perché veicoli di mistificazioni,
falsità, false vite, falsi mondi, falsi miti, false sicurezze, false libertà, false
competenze e conoscenze.
Insomma che siano un “fake world” ormai nudo.
Ma forse il vero problema è che hanno contribuito a creare quella che viene
definita la società del LIKE che ha generato incredibili fenomeni ormai
esondati, con parecchie polemiche, nella società civile e nelle piazze.
Fenomeni basati sulla reazione istintiva di un LIKE ma privi di contenuti o
proposte concrete, realizzabili.
L'ultimo fenomeno offline nato dal Social in ordine di apparizione è quello
delle Sardine. Una storia già vista con il precedente M5S che ha già dimostrato
nei fatti come non basti avere il supporto del popolo dei LIKE per poter
cambiare un paese.
Occorre ben altro. Occorre un diverso percorso di consenso e di gestione
quotidiana nella relazione pubblico - privato, politico - elettore, società -
cittadino, problema - soluzione.
I social stanno fallendo perché alla fine sono diventati “banalmente” la
nuova televisione del millennio e del "lo hanno detto alla
televisione".
Con l'aggravante che nessuno controlla l'autenticità di quello che viene
detto e scritto sui canali social e che di fatto consentono a chiunque, senza
alcuna limitazione e verifica, di avere i propri 15 minuti di celebrità per
inseguire il fatidico LIKE.
Un LIKE diventato per parecchi una idea fissa, un tarlo se non addirittura una
ipotesi di lavoro per il proprio futuro, un numero con cui poter pesare rapidamente
il proprio successo nella società.
Qualcosa che ormai è diventato oggetto di trattati da parte di psicologi e
psichiatri che considerano questa scala valoriale nata ed evolutasi nei social,
qualcosa di patologico e pericoloso sia per il singolo che per la società
stessa.
A questo va aggiunto che se una società finisce per essere meritocratica
sulla base dei semplici LIKE compulsivi che alimentano i social attuali, questa
è una società che dimostra tutta la propria povertà di proposte, valori ed
identità sociale.
Ma soprattutto i social sono generatori di fenomeni dirompenti nati più di
pancia che di cervello, senza mai riuscire a prevedere le reali ricadute sulla
società, i rapporti tra le persone e le ripercussioni nei conflitti alcune
volte addirittura a livello di nazioni.
La grande velocità con cui sono poi in grado di diffondere informazioni, da
grande pregio rischia di essere il loro grande difetto, visto che impatta ormai
anche su questioni che necessitano di diverse velocità per poter trovare
soluzioni reali per realizzarsi, concretizzarsi.
Per esempio il consenso politico costruito usando questa dinamica, sembra
aver trasformato i politici più in teatranti pirandelliani in cerca di una propria
identità compatibile con i LIKE che una identità o leadership illuminata,
competente da seguire.
Ma al di là dei gattini, influencers e futili azioni compulsive, i casi
Facebook - Casapound o Facebook - Affari Italiani, dimostrano come si sia arrivati
al capolinea.
Facebook è un servizio privato e quindi sarebbe lecito aspettarsi che sia
la società a poter decidere chi può usare o meno i suoi servizi.
La causa intentata da Facebook contro una sentenza di tribunale sul caso
Casapound, invece sembrerebbe attestare che sono ormai un servizio pubblico e
quindi un diritto per ciascuno di poterli utilizzare.
Un problema grosso come una casa.
Il fatto che ora la giurisprudenza italiana stia per inserire il precedente
di equipararli ad un servizio pubblico, genera un incredibile deadlock che
necessiterà di ulteriori riflessioni.
Infatti visto l'impatto che hanno ora sulla società, i giudici fanno bene
ad agire nella loro sentenza obbligando il reintegro di Casapound su Facebook.
Così come ha fatto bene Angelo Perrino di Affari Italiani a gridare alla
censura dell'intervista al filosofo bannata perché conteneva riferimenti a
Mussolini e il fascismo, con l’aggravante dello stop dello stesso account
personale.
Due casi che dimostrano come sia inevitabile che occorra regolamentare
adeguatamente il settore in merito ai diritti e doveri, essendo ad oggi una
pericolosa prateria.
Internet è ormai nella sua maturità e deve quindi fare i conti con la
necessità di superare la fase anarchica del suo inizio, per così diventare a
tutti gli effetti asset reale ed integrato della società civile.
I social si sono già infiltrati a tutti gli effetti nella realtà di
chiunque e senza dubbio rappresentano ormai un potere reale in grado di
condizionare la mente, le azioni e la psicologia dei suoi utenti.
Ma se fossero equiparati ad un servizio pubblico, come fa emergere la
sentenza Casapound, dovrebbero essere quindi regolamentati da una entità
pubblica, sottostare a direttive di reale pubblico interesse.
Peccato però che i social non siano servizi pubblici. Sono applicazioni
fatte da privati, per giunta di altri paesi, che guadagnano su quello che nello
scorso decennio venivano definiti User Generated Contents: i contenuti e le
informazioni generosamente offerte dai suoi utenti.
Ma non solo, a tutti gli effetti sono in grado di svolgere un’azione di
censura del tutto discrezionale agli interessi, volontà della proprietà
privata, usando algoritmi segreti con cui possono essere definiti la
visibilità, il senso di pudore, le idee politiche, le priorità e i reali
interessi della popolazione che li segue.
A cui va aggiunta la sistematica violazione della privacy del singolo e
l'utilizzo spregiudicato da parte di queste aziende dei dati privati che forse
con troppa leggerezza gli utenti hanno fornito.
Si fa finta di non ricordarselo, prima di essere presunti canali della
libera espressione personale, sono laboratori privati nati e basati
sull'utilizzo scientifico delle informazioni personali che raccolgono, sia per
fini pubblicitari che per poterli trasformare in potenti strumenti con cui
creare servizi vendibili a terze parti con cui condizionare i propri utenti.
Una affermazione che è la sintesi del j'accuse di uno dei fondatori stessi
di Facebook che ora si dissocia dalla sua stessa creatura, ritenendola qualcosa
di pericoloso per la società.
Ecco quindi le ragioni del mio ritorno al Blog. Semplicemente segno dei
tempi che stanno cambiando.
I Social infatti hanno finito la fase espansiva e sono entrati in una fase
regressiva tipica di un format che al di là del successo accumulato, è
paradossalmente diventato vecchio e comincia a non piacere più come prima.
Qualcosa di cui si sono accorti gli stessi social tanto che il tentativo di
non visualizzare il numero dei like appare infatti più una risposta disperata
che un efficace rimedio.
Infatti molto del successo lo devono proprio a questo pervasivo elemento.
Privati di ciò appare difficile pensare che siano utili per creare discussioni serie
che non vadano oltre all’interazione schizofrenica dei pochi secondi di
attenzione che caratterizza la navigazione social attuale.
Una audience, poco propensa a qualsiasi reale riflessione su ciò che vede,
tanto che le analisi fanno emergere come spesso sia anche dubbia la reale
comprensione di quello che viene letto da parte dell'utente (video non visti,
testi non letti ....), a fronte di un sempre maggiore numero di like più di
carattere compulsivo, una sorta di automatismo indotto.
I dati fanno ora emergere una crescente tendenza all'abbandono dei social.
Una tendenza interessante che suggerisce come si siano quindi riaperti i
giochi per nuove forme di espressione, relazioni, interazione più sostenibili,
trasparenti, credibili, rispettose della privacy e in sintesi che siano costruite
attorno all'utente dall'utente stesso, in maniera autonoma e non indotta.
Il blog non è sicuramente la soluzione ma per molti sarà il ritorno ad una
necessaria fase più riflessiva, più intima nei contatti e nella audience, che
lontano dalla continua caccia al LIKE, sicuramente aiuterà a ridisegnare i
contorni del futuro meno social centrico da realizzare, in questa ciclicità tra
vecchio e nuovo che oggi è ufficialmente iniziato con l'aprirsi del nuovo
decennio.
Buon anno a tutti!
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