lunedì 18 giugno 2012

Baidu condivide i ricavi mobile con Apple


Baidu ha dichiarato oggi che condividerà i ricavi delle vendite pubblicitarie con Apple dopo l'accordo tra le due aziende che prevede di precaricare il motore di ricerca cinese sugli iPhone in vendita in Cina.

Per Baidu questo non è il primo accordo di revenue-sharing con i produttori di cellulari, come quello esistente con Google e i telefonini con il sistema operativo Android ma la conferma del crescente interesse del motore di ricerca cinese per il mercato mobile.

Per contribuire ad incrementare il traffico di utenti sugli smartphone è stato anche annunciato da Baidu che offrirà un servizio di musica in streaming gratuito.

Uno sforzo importante da parte della società cinese per cercare di cambiare il trend attuale, visto che per quanto Baidu detenga al momento una quota di circa l'80% del mercato cinese del search-engine, sugli smartphone i ricavi generati da Baidu rappresentino poco meno del 10% del totale.

Per quanto riguarda invece Apple, nella sua continua politica di consolidamento sul mercato cinese, è stato annunciato che prevede di aggiungere il supporto in lingua cinese per la sua tecnologia vocale Siri.

giovedì 14 giugno 2012

Micropost alla politica Italiana (e poteri forti)

Ma spostare al 2018 qualcosa che si può fare subito è senso di responsabilà o di .... vigliaccheria? (legge anticorruzione)

Accordo fatto tra Zynga - Sina in Cina per Draw Somethings in Cinese


Accordo fatto tra Zynga e Sina per la versione cinese del gioco Draw Somethings, in sinergia con Sina Weibo e i suoi 300 milioni di utenti.

Il Social Mobile game acquistato da Zynga per 180 Mln di Dollari e che a livello mondiale ha avuto oltre 50 milioni di download nei primi 50 giorni, è così riuscito ad entrare sul mercato cinese, nonostante un grosso svantaggio iniziale: la partnership con Facebook che non permetteva l'accesso degli utenti cinesi che infatti si stavano assottigliando giorno dopo giorno.

Ed è così che con una nuova interfaccia in Cinese e una localizzazione per così dire "furba", utilizzando parole inglesi di rilevanza per la cultura cinese (come Zhang Fei, il famoso generale della antica cina), ora Draw Somethings è pronto per essere utilizzato anche dagli utenti con account su Weibo, che così potranno provare a disegnare quello che vorranno con un click sul proprio mobile.

E Zynga ringrazia.

lunedì 11 giugno 2012

I tempi cambiano: Samsung (e i brand internazionali) si ritirano dal mercato cinese dei condizionatori d'aria.


Una notizia di quelle che rendono l'idea del cambiamento in atto: Samsung chiude la fabbrica cinese di condizionatori d'aria ed esce dal mercato cinese.

Secondo alcune voci interne all'azienda, i tagli di inizio anno del personale alla fabbrica di Suzhou sono stati l'antipasto al definitivo stop di tutta la linea di produzione.

Una vera sorpresa, visto che Samsung, arrivata in Cina nel 2000, aveva goduto di un grande successo, tanto da essere stata elogiata dai consumatori cinesi sia per l'affidabilità che per il design. Perchè allora Samsung ha preso questa dolorosa decisione? Una risposta secca: troppo piccola la quota di mercato attuale per garantire qualunque tipo di redditività futura.

 Infatti, al successo che fino al 2005 sembrava inarrestabile, è seguita una costante perdita della quota di mercato che ora veleggia sotto il 2%. Questo a causa della crescente pressione esercitata dai produttori cinesi, che da un lato hanno imparato a fare prodotti ad un livello tecnologico simile a quello di Samsung e dall'altro hanno sfornato una quantità impressionante di prodotti, con capacità produttive per Samsung inarrivabili.

 Un colpo mortale per l'azienda sud coreana e le sue ambizioni in Cina che invece di rilanciare ha così preferito ritirarsi, forse anche dopo aver analizzato la precedente decisione della LG nei mesi precedenti di ritirarsi dal mercato dei condizionatori d'aria in Cina.

Una situazione di mercato che sembra però accomunare tra loro Sud Coreani e Giapponesi, visto che marchi come Daikin, Toshiba ed Hitachi possono disporre di una quota di mercato sotto il punto percentuale, in una incredibile "caporetto" dei top brand asiatici in Cina.

Segno dei tempi e di quando per i cinesi l'acquisto del prodotto straniero era un atto di selezione qualitativa. Una situazione cambiata radicalmente negli ultimi anni, tanto che ora i cinesi sono in grado di produrre prodotti in grado di competere a livello internazionale, situazione che dal 2010 ha portato al ritiro di molti marchi internazionali, ora oltretutto molto preoccupati per le dinamiche future sui propri mercati nazionali.

venerdì 8 giugno 2012

L'E-commerce vola in Cina e trascina la crescita del paese

Segnatevi queste cifre:
- 933 Miliardi di dollari.
- 2,9 Milioni di nuovi posti di lavoro creati nel 2011.

Sono i numeri complessivi dell'e-Commerce Cinese attuale!.

Con un incremento del 29,2% nell'ultimo anno, rappresenta l'arma segreta (nemmeno tanto) per incrementare lo sviluppo del commercio interno, la sfida con la quale il paese intende uscire dal modello di paese terzista del mondo ed export oriented.

A colpire sono però anche gli spazi di crescita disponibili, visto che "solo" 100 miliardi di dollari sono rappresentati dalla quota del retail online, il 4,2% delle vendite complessive al dettaglio in Cina, una quota che si stima possa diventare il 7% entro il 2015.

I segreti di questo successo sono molti, ma ci sentiamo di segnalarne un paio: formazione e vigilanza. Formazione, per dare supporto a quello che è di fatto una lotta al Digital Divide nel paese.

Non è un caso che l'e-Commerce sia diventato l'unica fonte di sostentamento per intere comunità in molte aree sperdute del paese, passate al verbo dell'e-Commerce digitale direttamente dall'agricoltura in pochi mesi.

Vigilanza, quale strumento per dare serenità agli utenti sulla validità e sicurezza del sistema nel suo complesso, fatto che sprona il consumatore ad usare i pagamenti digitali senza troppe remore.

Il tutto sotto la supervisione del governo che come detto da Qiu Hong del ministero del commercio cinese, "intende favorirne una crescita sana" Ma è analizzando a fondo i dati che emergono altre interessanti tendenze: per esempio in Shanghai, le vendite online cresciute del 69% e arrivate a quasi 9 miliardi di dollari, hanno finito per superare del 20% le vendite dei negozi tradizionali della città.

Un dato che segnala come in Cina la svolta digitale sia da tempo avvenuta, ma rappresenta anche il livello raggiunto nella "guerra" in corso tra negozi on - line e off line. Una situazione che sta generando alleanze trasversali tra gli operatori per creare concrete sinergie e nuovi servizi.

Emblematico è il caso di Wal-Mart che ha acquistato di recente la quota di controllo del sito di e-commerce cinese Yihaodian, un'azione che la dice lunga su quali potrebbero essere gli sviluppi futuri e le dinamiche del settore. Ora non resta che vedere come l'e-Commerce cinese riesca a vincere la prossima sfida: la internazionalizzazione digitale.
Ma questo è tutta un'altra storia!

giovedì 7 giugno 2012

Mentre l'Italia aumenta l'Iva, la Cina ha deciso di tagliarla per continuare a crescere!


Alla luce degli interventi in materia fiscale previsti in Italia e il prossimo aumento dell'Iva, prima che sia troppo tardi, forse sarebbe opportuno per i nostri governanti considerare con maggiore attenzione il messaggio in controtendenza che arriva in questi giorni dalla Cina.

Infatti, mentre l'Italia era concentrata su come fare cassa attraverso una sempre maggiore pressione fiscale, i cinesi erano impegnati a testare esattamente il contrario, attraverso un esperimento partito da Shanghai basato sulla riduzione dell'Iva ad un gruppo di imprese pilota. I risultati sembrano essere stati più che lusinghieri, tanto che ora si pensa ad una estensione dell'approccio a livello nazionale.

L'esperienza di Shanghai, che ha visto coinvolte da marzo oltre 129.000 aziende dei trasporti, costruzioni, ricerca e sviluppo, ICT, prodotti culturali, servizi finanziari e consulenza, si basava su un principio di "tassazione differenziata". Si passava così dal 17% per l'affitto di immobilizzazioni materiali, all'11% per i trasporti e le costruzioni, per finire al 6% per quelli che erano stati definiti "servizi moderni".

"Il progetto pilota ha funzionato senza problemi ed evidenti sono i primi effetti connessi alla sua applicazione," hanno dichiarato le autorità cinesi dopo l'ultima sessione di verifica di questi giorni a Shanghai. "In media, il programma ha ridotto il carico fiscale per le industrie che vi hanno partecipato e contribuito a stimolare uno dei nostri settori più critici: quello dei servizi."

La nuova Iva sperimentata a Shanghai, a differenza della tassazione tradizionale, presenta il grande vantaggio che tiene conto del fatturato delle aziende a prescindere dai costi operativi sostenuti per le loro attività. Questo nuovo metodo consente quindi alle aziende di rivendicare il "credito d'imposta a monte", come ad esempio le spese per macchinari, carburante ed altri beni e servizi soggetti ad IVA.

Dalle analisi fatte in questi giorni, il progetto pilota ha contribuito a rafforzare la competitività delle aziende coinvolte e al rafforzamento del terziario avanzato, per anni schiacciato dalle basi stesse dell'economia cinese, dedicata all'industria ed all'esportazione.

Va sottolineato come questa di Shanghai rappresenti solo una delle azioni in cantiere di un più esteso piano di riduzione del carico fiscale sui cittadini e le imprese che verrà introdotto nei prossimi mesi.

L'obiettivo è quello di aiutare la crescita del mercato interno, favorire i consumi e contribuire al volano economico che possa portare la Cina ad una sempre maggiore indipendenza dall'export.

Un messaggio chiaro, corredato da risultati sul campo che forse potrebbe indicare una rotta ben diversa da quella che invece sembra essere stata scelta dal Governo italiano, un approccio che rischia solo di "strozzare" il sistema imprenditoriale italiano, contribuendo non poco ad una complessiva perdita di competitività del sistema Paese nel suo assieme.

Il dubbio a questo punto appare legittimo: non è che l'Italia stia imboccando la strada sbagliata?

mercoledì 6 giugno 2012

CINA MOBILE: i cinesi preferiscono lo smartphone alla propria tv.


Da un recente sondaggio realizzato da Google, emerge come di fronte ad una scelta "secca" smartphone - tv, più della metà degli intervistati cinesi preferisce rinunciare alla TV che al proprio dispositivo mobile.

Infatti il 54 per cento dei consumatori intervistati, preferisce l'utilizzo dei dispositivi mobili rispetto a guardare la TV, un dato interessante per quanto riguarda il potenzialie di sviluppo del mercato.

"Certamente la rivoluzione mobile della Cina non sta arrivando - è già qui," Così si è espresso dopo aver letto i dati Jason Spero, responsabile mondiale Mobile Solutions di Google.

E i numeri sembrano confermare questa impressione: un terzo dei consumatori cinesi nelle aree urbane sono infatti già possessori di smartphone utilizzati normalmente per fare ricerche, navigare in Internet, fare social networking, inviare e-mail e guardare video online.

 Un dato impressionante che con il suo 33% di penetrazione di mercato pone la Cina davanti alla Germania (29%), ma ancora dietro agli Stati Uniti (44%).

Comunque il mercato cinese, secondo le analisi, deve ancora esprimere il suo meglio, considerando il crescente utilizzo degli smartphone sia nell'area e-Commerce che e-Wallet, dove i numeri già in gioco sono da capogiro (oltre 23 miliardi di dollari di transazioni).

venerdì 1 giugno 2012

Pechino ringrazia Marco, l'eroe italiano. Ha salvato decine di cinesi dalle fiamme

(Pubblicato su Affari Italiani - 1 giugno 2012)  

Marco Scaioni, professore Italiano di Geo-Informatica alla Tongji University, sicuramente non si aspettava di diventare a suo modo un eroe e l'oggetto delle discussioni sui media cinesi a causa di un gesto da lui stesso definito: "naturale". Tutto ha inizio da un evento che avrebbe potuto diventare tragico: l'esplosione di un autobus di linea all'ingresso della Tongji University. Marco Scaioni di 43 anni che sulla sua bicicletta stava entrando nel campus universitario, sentito il botto non ci ha pensato un istante e si è precipitato sul luogo. Fortunatamente i passeggeri erano già riusciti a saltare fuori dall'autobus in fiamme. Marco ha però fatto qualcosa che ha colpito i cinesi presenti: non sapendo parlare in cinese, ha cercato con il proprio "body language" di spiegare il rischio potenziale alle persone che cercavano di avvicinarsi pericolosamente al mezzo in fiamme. Marco Scaioni, fino all'arrivo della polizia, è stato l'unico volontario presente sul luogo.  

Un gesto che gli è valso la gratitudine e gli applausi dei presenti ma che ha anche alimentato le discussioni sui media cinesi che oltre a definire Marco il "buon samaritano italiano" hanno finito per porre anche una inaspettata domanda: perché di recente i protagonisti di gesti simili sono sempre expat stranieri e non cinesi? Un vibrante confronto on-line e sui media cinesi che ha finito, forse esagerando, nel compare tra loro le filosofie e culture occidentali e cinesi, da cui è comunque emersa la diffusa preoccupazione che quanto accauduto alla Tongji University sia il segno dei tempi che cambiano, sempre più caratterizzati da una crescente diffusa filosofia della "self-protection". Un crescente egoismo personale connesso a quello che viene definita "cultura dello spettatore", un modo passivo di reagire agli eventi senza volerne essere in qualche modo coinvolti o cercare di intervenire, un approccio che il gesto di Marco ha il merito di aver portato alla riflessione nazionale.  

Sicuramente Marco continuerà la sua vita di sempre e continuerà ad arrivare come se nulla fosse con la sua bicicletta alla Tongji University . Ma dall'altro giorno c'è da star certi che sarà seguito dagli occhi carichi di ammirazione dei propri studenti e di quel tipico passaparola cinese di chi lo ha visto quale esempio da imitare per avere una società civile migliore e che finirà per raccontare, magari ingigantendole, le gesta del buon samaritano italiano!

E' marcio il mercato delle APPs Cinese?


Cosa sta succedendo ad oriente nel "fiorente" mercato delle APPs? 

Apparentemente le cose non stanno andando come gli stessi operatori cinesi si auspicavano ai suoi inizi. 
Il mercato cinese delle APPs appare infatti pesantemente condizionato da un approccio orientato alla copia, che non gli consente di crescere sul modello occidentale e di favorire la crescita di "campioni nazionali" in grado di attrarre investitori locali o internazionali. "Ci scapperà il morto", così si è espresso Haopei Jiang fondatore di iApp4Me. 

Il problema principale sembra essere la vocazione al plagio e alla violazione dei diritti a partire dalle interfacce. "Ogni minuto" un plagio!. Crittografare è inutile!".

Un grido di impotenza di fronte alla spietatezza dei copiatori che finiscono per procurare al mercato un doppio danno: l'appropriazione dello stile insito nelle applicazioni ma anche degli studi (costosi) relativi alle interfacce che ogni applicazione contiene. 

Un approccio che sembra però ritorcersi contro, visto che se da un lato nel breve da l'impressione alle aziende di aver ottenuto risultati concreti in grado di aiutarle a crescere, dall'altro sembra essere proprio la motivazione per cui non riescono a perseguire alcun serio consolidamento nel medio periodo. Al plagio si aggiunge poi un secondo problema: "mi copia, l'ho copiato". 

In questo autentico marasma che sembra caratterizzare il mercato delle APPs, alla fine le aziende cinesi stanno iniziando a fare i conti con una ciclicità che le sta avviluppando attorno a cause legali spesso prive di senso, tanto è difficile verificare chi ha copiato prima o chi è stato copiato. 

Il caso emblematico è la causa tra i due colossi cinesi Netease e Tecent, che da tempo se le stanno dando di santa ragione nelle aule dei tribunali dopo essere state a lungo stretti partner, tanto che l'uno utilizzava la tecnologia del secondo, la stessa che ora dice che l'altro ha copiato. 

 In questa situazione non sorprendono quindi i dati che sottolineano come sul mercato del mobile games cinese solo l'1,4% è stimato essere originale mentre per le Apple iOS solo l'1,9% del totale. 

L'azienda innovativa cinese che sviluppa APP risulta così "strangolata" e ad aggravare tutto un terzo problema questa volta strutturale del mercato ICT cinese. A differenza che negli USA, il mercato cinese è infatti poco orientato alla acquisizione e più dedito a riprodurre i successi con mezzi propri. 

Un percorso dove alla acquisizione in stile USA è preferita la copia, un approccio che non consente di creare valore nelle aziende come invece accede negli USA. Questo spiega anche perchè i colossi cinesi, ben diversamente di come accade negli USA, non generano gli stessi effetti positivi di trascinamento attorno al proprio sviluppo, in un mercato caratterizzato da copie e acquisizioni a costo zero delle competenze. 

E la situazione ha dell'incredibile. Le aziende cinesi non riescono a crescere nonostante spesso siano coinvolte in progetti di altissima importanza con milioni di download, aziende che nonostante tutto finiscono per avere fatturati giornalieri ridicoli che poi spesso sfociano nei suddetti problemi di plagio (subito o praticato), magari a causa di una fuoriuscita di propri dipendenti. 

Ciliegina sulla torta un ulteriore aspetto sembra aggravare la situazione per il mercato delle APPs Cinese: l'unico "giudice" di questo nuovo mercato è l'APP STORE stesso, così le vie legali per difendersi sono ardue e un percorso costoso che scoraggia chiunque a cercare di difendere i propri diritti e cercare di non perdere valore. 

Insomma l'assenza di regole e norme giuridiche in grado di stare al passo con la velocità con il quale si sta muovendo il mondo delle APP cinesi sta quindi favorendo il deterioramento del mercato interno, in una operazione di cannibalismo che non sta favorendo gli operatori locali nella loro crescita e consentire loro di poter arrivare a competere sugli scenari internazionali. 

Una situazione che non sembra "vedere la luce" e che sta letteralmente bruciando generazioni di programmatori cinesi, in un mercato che al di là degli impressionanti numeri complessivi che sta generando, sembra marcio dalle fondamenta.