giovedì 29 novembre 2007

Pirelli “The Cal” 2008 presentato a Shanghai

Oggi, in una Shanghai sempre più con temperature invernali a scaldarla, per un giorno, ci ha pensato “The Cal”.


Il mitico, ormai leggendario calendario Pirelli, arrivato alla sua 35° edizione, è infatti “atterrato” a Shanghai, per il suo lancio mondiale della edizione 2008


Non poteva essere diversamente, visto che le modelle sono state ritratte a Shanghai, dal maestro Patrick Demarchelier, nelle pittoresche strade della concessione francese, nei giardini della ex delegazione britannica, nella frenetica Nanjing Road, fino alle più rasserenanti Case da Tè.

Ventitre immagini, due per ogni mese, tranne agosto che ne ha una.


Protagoniste del Calendario sono le modelle di cui si sentirà parlare in futuro, quali le inglesi Agyness Deane e Lily Donaldson, l’olandese Doutzen Kroes, le australiane Catherine Mc Neil e Gemma Ward, la russa Sasha Pivovarova, l’irlandese Coco Rocha e la brasiliana Caroline Trentini.

In questa edizione non potevano essere assenti le cinesi, ed ecco infatti la famosa attrice cinese Maggie Cheung e le modelle Mo Wan Dan e Du Juan.


Quello che colpisce a prima vista è la grande femminilità trasmessa in tutte le foto del calendario di quest’anno, che per ragioni di opportunità non mostrano i corpi, ma intensi sguardi e profonde emozioni, tipiche del modo di vivere la sensualità in Cina ed in Asia in genere.
E intanto la “leggenda” del calendario Pirelli, ambasciatore di classe e dello stile Italiano continua.


mercoledì 28 novembre 2007

Giochi diplomatici a Beijing

Ieri a Beijing, il Ministro per gli Affari Esteri, Yang Jiechi e l’Ambasciatore della Gran Bretagna William Ehrman, hanno giocato una “partita” diplomatica molto particolare: un incontro di ping pong contro la più grande giocatrice al mondo, ovviamente cinese, Deng Yaping.

L’insolito match, alla presenza di circa 120 spettatori, si è svolto in un altrettanto insolito luogo: le fino a ieri austere, stanze del Ministero degli Affari Esteri cinese.

Tra i giocatori previsti, era anche annunciato l’Ambasciatore Greco, Michael Cambanis, ma all’ultimo ha dovuto dare forfait, per sue le precarie condizioni fisiche che non gli hanno però precluso di partecipare come spettatore all’evento.

Le partire di Ping-Pong di ieri, sono state organizzate nel quadro della manifestazione intitolata “Diplomazia Cinese. Beijing Olimpica”, evento con il quale si è rimarcato la funzione abilitante che possono avere le Olimpiadi e lo sport in genere, sul piano dei rapporti diplomatici ed internazionali.

“Unire sportivamente” le tre nazioni che hanno ospitato l’ultima edizione delle Olimpiadi ed ospiteranno le prossime due edizioni, è stato anche un momento nel quale, smesso l’abito formale, sono stati possibili, in un diverso e più rilassato contesto, incontri e scambi di opinione tra i diversi ambasciatori coinvolti.

In particolare l’Ambasciatore greco ha rivelato che, prima dell’ultima fortunata edizione dei Giochi in Grecia, anche Atene fosse affetta dagli stessi problemi ambientali di cui soffre Beijing: l’inquinamento.

Pertanto, forte dell’esperienza di allora, ha rassicurato i cinesi sul fatto che, visti gli sforzi di questi ultimi anni, anche le loro Olimpiadi saranno perfette, sottolineando però un sostanziale differenza tra i due eventi: i cinesi, a differenza di Atene, stanno subendo pressioni incredibili e di tutti i tipi, a livello internazionale.

L’Ambasciatore inglese William Ehrma, ha invece sottolineato come nell’organizzare le Olimpiadi di Londra nel 2012, si farà tesoro di tutte le conoscenze ed esperienze dei giochi organizzati ad Atene e i prossimi di Beijing.

Ancora una volta quindi, la diplomazia cinese utilizza il Ping Pong come momento di incontro, scambio amichevole e di apertura nei propri rapporti internazionali, un marchio inconfondibile di quella filosofia tradizionale che cerca sempre di evitare lo scontro diretto, nella ricerca della risposta migliore al problema da risolvere.

La sempre crescente presenza delle truppe cinese nei diversi contingenti ONU in giro per il mondo, rappresenta un ulteriore forte segnale di un impegno profondo e convinto di tipo pacifico, nelle soluzione delle diverse emergenze internazionali, da parte della diplomazia cinese.

Nel contempo l’evento in corso a Beijing, intende anche contribuire ad umanizzare gli spazi, fino ad ora impenetrabili, dei palazzi ministeriali, luoghi dove si stanno decidendo molte delle priorità mondiali e dove è fondamentale che tutto sia fatto con grande equilibrio e raziocinio.

lunedì 26 novembre 2007

IL Dalai Lama a ROMA: “Un pericoloso separatista!”


Recentemente il Dalai Lama, nel suo peregrinare per i paesi occidentali continua ad essere sulle prime pagine dei giornali, sempre per la stessa ragione: l’invito alle autorità occidentali, da parte del Governo Cinese, a rifiutare l’incontro, qualsiasi altro tipo di accreditamento o riconoscimento.
Ma perchè i cinesi sono così “attenti” agli spostamenti del Dalai Lama nel mondo e a chi incontra?

Non certo per i motivi religiosi che lui rappresenta. Quello che preoccupa i cinesi, è l’intenzione dichiarata del Dalai Lama di ridare l’indipendenza al Tibet, elemento che finisce per toccare gli interessi strategici della Cina.

Alla luce poi di quanto sta accadendo nella vicina ex Birmania e la rivolta dei monaci buddisti, l’attenzione sul tema non poteva che crescere ulteriormente.

Infatti i Cinesi “bollano” il leader sprituale buddista, come un “pericoloso separatista”.

In sostanza sono convinti che il Dalai Lama, finanziato dai paesi occidentali, in particolare gli USA; sia impegnato più a cercare di liberare il Tibet che a promuovere la propria missione spirituale.

A supporto di questo, ci sarebbero tra gli altri, i riferimenti fatti dallo stesso Dalai Lama nella propria autobiografia, sui finanziamenti CIA al movimento Tibetano, in particolare nel periodo di guerra fredda, fase storica che vedeva impagnata l’America a sovvertire i diversi regimi comunisti nel mondo.

Che ci sia qualcosa di vero nelle paure cinesi, lo si ritrova in vari documenti pubblici che affermano come gli USA, a partire dal 1955, abbiano finanziato la guerriglia Tibetana, come descritto nell’articolo del Newsweek dell’agosto 1955 intitolato "Una guerra segreta sul tetto del mondo - Monaci e la CIA. Azioni coperte nel Tibet”.
In questo articolo, si descrivono le attività della agenzia americana nel Tibet tra il 1957 e il 1965.

Stesso discorso in un articolo del gennaio 1997 del Chicago Tribune, che descrive l’addestramento dei mercenari tibetani nel 1950 nel campo HALE, sulle montagne rocciose nel Colorado, elementi che poi furono poi paracadutati sul Tibet, con gli stessi C-130 Americani usati poi nella guerra del Vietnam.

Dai vari articoli, il Dalai Lama viene indicato come la fonte attraverso cui sono stati pagati finaziamenti per 1,7 Milioni l’anno, per finanziare la guerriglia, di cui 186.000 dollari, direttamente a sostengo del Dalai Lama stesso.

In sostanza le informazioni pubbliche, di fonte americana, tenderebbro quindi a dimostrare che il Dalai Lama sia stato un uomo al soldo della Cia, negli anni della guerra fredda.

Per comprendere che i cinesi queste fonti le prendano molto seriamente, basti sapere che oggi, sulla notizia della possibile indicazione da parte del Dalai Lama del proprio sucessore, hanno “scomodato” il proprio portavoce ufficiale per gli affari internazionali, che ha sottolinato come “questo atto violerebbe le regole della religione tibetana e i rituali millenari sulla reincarnazione del Lama”.

Ora è a Roma, ricevuto dal sindaco di Roma Veltroni, ormai in lizza per diventare potenzialmente futuro capo di un governo italiano.

Per i cinesi, molto sensibili a questi tipi di relazioni, questo incontro assume quindi valenza ancora maggiore così come il disagio, in quella che a tutti gli effetti, appare una lunga e snervante “guerra psicologica a distanza”.

mercoledì 21 novembre 2007

Telefono rosso tra USA e CINA.


In questi giorni è in visita in Cina il Ministro della Difesa Americano Robert Gates.

Gli incontri ai massimi livelli tra i due governi di questi giorni a Beijing, l’ultimo dei quali oggi con il Presidente cinese Hu Jintao, seguono una serie di esercitazioni aereo-navali avvenute nei mesi scorsi, esercitazioni che se ufficialmente organizzate per “allenarsi” in caso cooperazione nel caso di calamità internazionali, nella pratica sono servite ad un confronto diretto dei due eserciti, sui rispettivi livelli di preparazione.

Per non lasciare quindi nulla al caso, nella visita di Gates in Cina è stato deciso in comune accordo, di aprire una linea telefonica diretta tra i due ministri della difesa, esperienza non nuova per gli americani nel periodo della guerra fredda, una novità assoluta per quanto riguarda invece i cinesi nelle proprie relazioni internazionali.

Come sottolineato da Gates alla presentazione del “telefono rosso” tra Usa e Cina, l’iniziativa è stata presa per evitare qualunque tipo di possibile futuro “malinteso”.

E questioni che possono provocare malintesi tra Usa e Cina ve ne sono molte, ma in particolare una: Taiwan.

Sempre in questi giorni, i vertici militari Cinesi stanno facendo pressioni affinchè gli americani non continuino ad offrire supporto militare e nuovi armamenti a Taiwan.

Gli americani ovviamente confidano in una soluzione pacifica della controversia tra Cina e Taiwan, ormai all’ordine del giorno anche nelle ultime riunioni dell’ONU, da quando Taiwan ha formalmente fatto richiesta di riammissione alla organizzazione delle Nazioni unite, come stato sovrano indipendente e con la denominazione di Taiwan,

La miccia che però potrebbe dare “fuoco alle polveri”, al momento nervosamente sotto controllo è l’annunciato referendum del prossimo anno sul tema della Indipendenza dalla Cina, che il governo di Taiwan ha deciso di organizzare.

Ma altre sono le questioni che potrebbero necessitare di alzare la cornetta tra Beijing e Washington quale lo stato di avanzamento del disarmo nucleare della Nord Corea e denuclearizzazione dell’area ma soprattutto le problematiche legate all’Iran che difeso dalla Cina ma è invece al centro delle pressioni Americane ed internazionali, che intendono stoppare il piano nucleare in corso.

Anche i rapporti con l’alleato principale nell’area, il Giappone, potrebbero essere elementi di qualche tensione tra quelle che oggettivamente sono a tutti gli effetti, considerabili le due super potenze che sono in grado di influenzare gli avvenimenti mondiali, profondamente,

Non va dimenticato che negli ultimi tempi, gli americani sono stati impressionati dalla capacità bellica cinese, ormai ad un livello tecnologico sempre più sofisticato, tanto da consentirgli di abbattere un vecchio satellite con un proprio sistema missilistico appositamente progettato, ora molto temuto dagli americani in caso di conflitti anche regionali.

Ma anche l’Hackeraggio militare potrebbe essere tema di discussione tra le rispettive controparti militari, viste le ultime azioni sul fronte occidentale du non meglio identificati hackers, in grado di entrare nei più reconditi segreti di quella che dovrebbe essere anche la potenza meglio attrezzata sul piano tecnologico.

La “linea rossa” installata tra i due paesi, è un serio gesto di reciproco rispetto ma nello stesso tempo da parte degli USA il riconoscimento dello status di Super-Potenza alla Cina, un atto che sembra così segnare una svolta fondamentale nelle prossime questioni internazionali, dove, come la Birmania e il Pakistan stanno a dimostrare in questi giorni, il rischio di risposte “eccessive” è sempre da considerare una opzione, per quanto malaugurata, comunque possibile.

venerdì 9 novembre 2007

CINA e WIMAX: una grana inaspettata

La Cina, tutta concentrata nello sviluppo dei propri standard TD-SCDMA per la telefonia mobile di terza generazione (3G), ha recentemente incontrato un inaspettato, quanto imprevedibile concorrente.

Il 19 Ottobre u.s., la International Telecommunication Union, agenzia delle Nazioni Unite che alloca le radio frequenze per usi commerciali tra i paesi membri, ha infatti approvato che il WIMAX sia a tutti gli effetti uno standard 3G.

La cosa non è di poco conto, visto che le tecnologie 3G consentono la connessione broadband wireless sui telefonini, le video chiamante e la navigazione Web.

Al momento gli unici standard, precedenti il rilascio di quello cinese, erano l’europeo WCDMA e l’americano CDMA 2000, con il grosso handicap per quello cinese, di dover ancora avere uno sviluppo commerciale nel resto del mondo, a differenza dei suoi concorrenti occidentali.

Ma in cinesi su questo aspetto non erano particolarmente preoccupat,i avendo fatto il conto di recuperare proprio con le prossime Olimpiadi questo Gap e di poter così introdurre il proprio standard a livello planetario.

Ma la promozione dello WIMAX a standard 3G, sembra sbaragliare tutti i piani visto che oltre a mettere ovviamente sotto pressione anche i rivali occidentali, rischia però di colpire soprattutto quello cinese che oltretutto usa lo stesso spettro di frequenze usate dal WIMAX.

Non sorprende quindi il mal celato disappunto da parte cinese, per quello che ritengono essere un autentico “colpo basso” che rischia seriamente la diffusione fuori dai confini nazionali del proprio standard, dato che una volta assegnate, nei diversi paesi, le frequenze ad uno standard 3G, queste risulteranno formalmente inutilizzabili per uno standard diverso.

Secondo i Cinesi, l’approvazione del WIMAX a standard 3G è stato quindi un autentico “favore” fatto agli operatori occidentali, che così potranno difendersi meglio dallo TD-SCDMA.

A questo si aggiunge il ritardo nel rilascio effettivo dello TD-SCDMA, ancora in fase sperimentale e la cui fase di test, iniziata da China Telecom nelle principali città e che doveva terminare in ottobre, avrà invece tempi ben più lunghi di quelli previsti.

Ora i cinesi stanno seguendo con molta apprensione le azioni dei diversi operatori internazionali, come l’americana Sprint, che nel 2008 lancerà una rete WIMAX in USA, così come la giapponese NTT DoCoMo che ha richiesto due bande a 2.5GHz, per attivare la propria rete WIMAX in Giappone.

Stesso discorso per quanto riguarda la nostra asta delle frequenze WIMAX ma soprattutto fa paura l’accordo tra Taiwan e partners del calibro di Motorola, Alcatel-Lucent, Sprint, Nextel, Starent Networks e Nokia per attivare, sempre nel 2008, la locale rete WIMAX.

Ma non solo, la INTEL, società che in Cina ha appena aperto il proprio nuovo impianto di produzione, ha appena dichiarato di aver investito 1 Miliardo di dollari, per inserire la tecnologia WIMAX nei propri chipset futuri, così come la Cisco ha appena investito 330 Milioni di dollari per l’acquisito della Navini, specializzata proprio in tecnologie per il Mobile WIMAX.

Insomma le notizie sul WIMAX rischiano di far saltare il gioco delle alleanze attorno al nuovo standard cinese che oltre a raccogliere le aziende cinesi, stava cercando faticosamente di vedere l’adesione anche dei principali operatori del mercato come la Nokia, fortemente riluttante anche alla luce delle recenti dichiarazioni di nuovi cellulari basati su WIMAX per il prossimo anno.

Insomma i cinesi, alle prossime Olimpiadi, oltre a gareggiare nelle diverse specialità sportive rischiando molto spesso di primeggiare, correranno anche un’altra gara molto speciale, ma forse più importante, quella di dimostrare che il proprio standard 3G funziona e possa essere commercializzato in tempi brevi.

Il rischio, in caso di ulteriori defaillances, è di dover incassare una “onorevole sconfitta” su un fronte così importante come quello della telefonia mobile, settore nel quale sono state riposte molte speranze a parte della ricerca tecnologica cinese, anche per cercare di uscire dal gioco degli standard occidentali e il dover continuare a pagare le relative costose royalties.

lunedì 5 novembre 2007

Cina – Africa: Un patto finanziario

Da decenni, tra Cina ed Africa, esiste una mutua cooperazione, fatta di supporti e tecnologie cinesi, in cambio di materie prime ed energia dai diversi paesi Africani.

Ma non solo, la Cina è diventata il modello di sviluppo “copiabile”, al quale si stanno ispirando molti paesi africani, per uscire dalla attuale situazione di sottosviluppo in cui versano.

Questa cooperazione nei giorni scorsi ha fatto un decisivo salto di qualità: tra Cina ed Africa ora esiste un patto strategico - finanziario.

Venerdì è stata infatti annunciata l’acquisizione da parte della ICBC (Industrial and Commercial Bank of China), la più grande banca al mondo per capitalizzazione (319 Miliardi di dollari), del 20% della Standard Bank Group Limited, la più grande banca dell’Africa per valore di Assets (156 Miliardi di dollari).

Con un investimento di 5, 46 Miliardi di dollari, il più grande mai fatto fuori dai confini nazionali da una impresa cinese e che per il Sud Africa rappresenta il più grande investimento straniero nel paese, oltre all’ingresso nel capitale della banca sudafricana, è stato sottoscritto un accordo strategico tra le due parti, i cui dettagli non sono stati divulgati.

E’ stato soltanto reso noto che l’accordo prevede investimenti per oltre 1 miliardo di dollari in materie prime ed energia, principalmente nell’Africa Centrale, consolidando così l’azione svolta fino ad ora da parte Cinese.

Con questa operazione i cinese ottengono quindi un doppio risultato: per ICBC rappresenta un investimento che consente di aumetare il peso delle operazioni internazionali, dall’attuale 3% verso l’obbiettivo prefissato del 10%, contemporaneamente rappresenta un passo importantante a supporto della strategia di espansione economica delle imprese cinesi sul continente africano.

Infatti come definito dallo stesso Jiang Jianqing, presidente della ICBC, questa operazione rappresenta la “strategica stretta di mano” tra Cina ed Africa, visto che il più grande azionista della Standard Bank è la PublicInvestmentCorp (13,9%), l’azienda di Stato che gestisce gli investimenti pubblici Sud Africani.

L’operazione annunciata venerdi, era stata preceduta da un intenso scambio diplomatico tra i due paesi, sfociato lo scorso 6 Febbraio, con la visita in Sud Africa dello stesso presidente cinese Hu Jintao, viaggio nel quale i Cinesi avevano offerto ulteriori ingenti investimenti nel quadro del programma sud africano denominato ASGISA (Accelerated and Shared Growth Initiative of South Africa).

I cinesi, memori anche dell’esperienza negativa degli anni ’90 del Giappone, da un lato sono molto soddisfatti di questa acquisizione, in linea con gli obbiettivi di aumento delle operazioni overseas ed espansione del “sistema cinese”, dove le banche giocano un ruolo decisivo, ma dall’altro invitano alla prudenza, per quanto riguada gli investimenti all’estero.

In particolare per quanto rigurda l’Africa, viste le “questioni ambientali” che possono rendere estremamente periocolose azioni di tipo finanziario visti i rischi politici, cambi di regime locale, regolamentazioni o legislazioni “imperfette”, barriere locali, tutti elementi nuovi per i cinesi in espansione.

La scelta cinese di investire proprio in Sud Africa, è infatti legata al fatto che il paese è considerato tra quelli più sviluppati e con il migliore sistema legislativo, in grado quindi di offrire le adeguate garanzie per un investimento di questa portata ed essere la base d’appoggio per le futute espansioni cinesi, sul continente africano.

giovedì 1 novembre 2007

Nel ventre del dragone: Intervista a Yibu Yibu

Di seguito l'intervista pubblicata su Neolib

D: E’ in corso il Congresso del Partito Comunista Cinese molto particolare dove il tandem Hu Jintao-Wen Jiabao vuole dare la svolta definitiva al riformismo. Sarà vero riformismo o un semplice cambio di vestito esteriore in prospettiva dei futuri appuntamenti?

FATTORI: Il congresso in corso sta dimostrando che i tempi per l’applicazione di profonde riforme saranno lunghi. Troppi i nodi da risolvere come ad esempio la riduzione del gap tra aree rurali e grandi metropoli. La Cina non è pronta per applicare le regole democratiche di stampo occidentale che visto il divario economico esistente, favorirebbero solo la parte più ricca, rischiando di privare la parte più povera di una adeguata rappresentatività.
Facendo un parallelismo con l’Italia, è come il nostro problema del rapporto Nord- Sud e l’emergenza del mezzogiorno, mai realmente risolta.
Il rischio in Cina è 100 volte più vasto e rischia di rappresentare anche una pericolosa scintilla per eventuali “rigurgiti” rivoluzionari, non così rari nella storia cinese.
Non è infatti casuale che le migliaia proteste di piazza siano tutte in queste aree, spesso poverissime, quasi sempre per ragioni e motivazioni di giustizia economica, la più gettonata delle quali è il pagamento del giusto prezzo per l’esproprio della propria casa.
Oggettivamente quindi i cinesi non desiderano veramente una democrazia alla occidentale ma desiderano una gestione più efficiente della cosa pubblica che ridistribuisca meglio la ricchezza che adesso appare paurosamente sbilanciata a favore della nuova classe media, la vera novità nello scenario cinese.
Per cui il riformismo proposto è necessario per dare il senso di un qualche cambiamento in corso, ma potrà essere solo il primo passi sulla lunga marcia verso la democrazia che forse solo il successore del successore di Hu Jintao dal 2022, potrà iniziare realmente a realizzare.

D: Pechino 2008 e l’Expo di Shanghai 2010. Che impronta potranno dare questi due appuntamenti alla Cina, al di là del mero discorso economico, sui diversi piani (lavorativo, politico, sui diritti umani e religiosi)?

FATTORI: I due appuntamenti sono importantissimi per una parte della Cina, quella già nella modernità. Consentirà infatti di portare a termine infrastrutture che consentiranno alle due città di primeggiare e livello mondiale e diventare esempi da imitare.
Va sottolineato che questi due famosi eventi, stanno generando tutta una serie di momenti collaterali, tipo gli Special Olympic Game di Shanghai che di fatto, oltre ad essere le prove generali degli eventi principali, sono già dei risultati tangibili del vero obbiettivo cinese: consolidare il livello attuale di apertura internazionale della Cina.
Questa strategia internazionalizzante del Made in China, potrebbe sfociare nella richiesta di organizzare anche i prossimi campionati del mondo di Calcio, in un naturale collegamento con i due eventi suddetti.
La ricaduta fondamentale sul piano sociale, sarà invece quella di consentire ai cinesi di comprendere che ora sono cittadini del mondo, dopo i decennali periodi di isolamento.
Conseguentemente, molti cinesi hanno acquisito il senso di nuove ambizioni e il rinnovato desiderio di confrontarsi con nuove sfide, da qui è il boom dei cinesi nel volere imparare le lingue straniere e iniziare a viaggiare per il mondo.
Per quanto riguarda gli altri piani, non ci saranno grandi modifiche alla situazione attuale, nel senso che la Cina ha ben tracciato il proprio percorso e i governi occidentali quali gli USA e UE ad esempio, non vorranno certo rovinare la “festa” che comunque portarà ulteriori vantaggi economici futuri anche a loro.

D: La Cina sta diventando il paese conquistatore, eppure lo Yuan resta
ancorato al dollaro, l’inflazione c’è e si sente, le condizioni lavorative sono discutibili ed il volume di esportazioni preoccupa per quantità e qualità. Quali le prospettive nel rapporto Cina-mondo?

FATTORI: Lo Yuan è già ago della bilancia mondiale e condiziona il dollaro come uno sprinter pronto alla volata. La sua influenza è quindi formalmente superiore di quanto appaia, in quanto il suo basso potere di acquisto, ha obbligato molti paesi occidentali a modificare radicalmente il proprio tessuto produttivo e finanziario.
Stesso discorso per la crescente inflazione cinese, che si riverserà inevitabilmente sull’aumento dei prezzi dei prodotti sui mercati occidentali, rischiando di generare una perversa spirale, visto che poi l’inflazione cinese è proprio causata principalmente dalle proprie importazioni strategiche.
La qualità del Made in China è diventata una sfida che i cinesi sanno di dover vincere per non rischiare di essere stoppati nella loro costante crescita. Per far capire che hanno capito, adesso sono loro che creano i parametri, alcune volte più restrittivi di quelli occidentali, anche per cercare nel contempo, di mettere pressione sulle produzioni occidentali, nella competizione commerciale. Quindi ad esempio, ora paradossalmente Beijing ha stabilito che rischiano molti dei grandi brand del Made in Italy perché, secondo le nuove regole cinesi, non sembrano rispettare i nuovi parametri cinesi. Business is Businss! In una guerra commerciale come quella attuale, tutte le armi sono buone per cercare di mantenere importanti quote di mercato o cercare di creare spazi per nuovi operatori e creare ricchezza che, fondamentale per loro, però rimanga in Cina.
Per cui il rapporto Cina-mondo è si di mutuo interesse, fortemente condizionato però dalla diffusa povertà delle aree rurali cinesi che obbliga i cinesi a continuare ad avere tassi di sviluppo alti, sul piano del GDP, ma nel contempo preservare la propria economia dentro “la bolla dello Yuan” e l’attuale discreto equilibrio, nel passaggio dal medio evo all’epoca moderna.

D: C’è Cina e Cina. La Cina delle multinazionali, di Pechino, di Shanghai e quella più interna, più nascosta che ancora vive in uno stato di sottosviluppo. Cosa si prospetta sugli squilibri di questo “gigante”?

FATTORI: Esistono molte più Cine, visto che è formata da molte etnie, molto diverse tra loro, che alcune volte, fanno molta fatica ad integrarsi. Comunque gli squilibri sono legati a retaggi storici di lungo corso e necessiteranno tanti anni, decenni, prima di essere in qualche modo corretti.
Impossibile che un giorno siano sullo stesso piano le Shanghai e le attuali aree rurali, ma quello che stanno cercando di fare i cinesi, è quello di mettere l’una al servizio dell’altra, nel senso che le aree di sviluppo hanno come funzione, proprio quella di fare da “traino” per le aree sottosviluppate.
Il metodo seguito è quello di continuare a spostare la popolazione dalle aree rurali a quelle cittadine, fino a che il 60% della popolazione cinese sarà nelle città più sviluppate.

D: La Cina vicina e lontana. Il mondo della comunicazione, del web e culturale in generale inizia a rapportarsi con il mondo, ma viene frenato e filtrato ancora dal governo centrale. Quanto potrà resistere questa pressione culturale centralizzata in tale processo di globalizzazione

FATTORI: Il governo centrale non distingue tra media tradizionali ed internet, quindi applica lo stesso comportamento e gli stessi severi controlli, senza troppe remore.
Di questi giorni è il blocco di Youtube, che in concomitanza del Congresso poteva rappresentare un potenziale problema allo svolgersi sereno dell’attuale dibattito. Il governo centrale sente la responsabilità di preparare i propri cittadini e quindi si preoccupa di valutare ciò che è giusto vedere e quello che non lo è. Il problema non è quanto possa resistere, ma come mai i cinesi stessi non protestano in presenza di queste evidenti censure, l’ultima delle quale è stata quella di impedire i reality show e i programmi di personaggi in cerca di fama e successo in prima serata. La ragione di questa apparente abulia è semplicemente che non è tale, ma la convinzione che sia giusto limitare i contenuti, per non arrivare ai livelli di eccesso, che loro considerano tali, di molti costumi occidentali, in particolare americani.
Quindi sembra assurdo, ma nel rapporto padre – figlio che caratterizza la relazione tra i cinesi con la propria nazione, si stupirebbero del contrario.
Resisterà, perché il modello cinese, a breve, sarà applicato anche a livello di UE, ufficialmente per combattere il terrorismo, solo che noi non gradiremo con la stessa serenità, un modo di agire analogo.

D: Chiudo chiedendola della Cina nelle sue connotazioni unicamente positive, di costume, di cultura. Cosa rappresenta la Cina e cosa deve essere esportato del modello cinese?

FATTORI: La Cina è un mondo interiore, prima di tutte le grandiose cifre economiche di cui si parla di questi tempi. Un mondo molto diverso dal nostro che può offrirci una prospettiva molto diversa al nostro concepire gli obbiettivi e il come realizzarli.
L’umanità di molti di questi poveri “fuori”, è una lezione di vita, da mostrare agli “schizzati” della vita a 300 all’ora, che poi rischia di non portarli da nessuna parte o peggio “contro il muro” dello sfrenato individualismo.

Alberto Fattori è General Manager Consortium DITE (Digital Interactive Television Experiences), responsabile Innovation & Development Agenzia per la Cina - Palazzo Lombardia Shanghai (China) e coordinatore CHINA MEDIA LAB, gestisce il blog su Cina ed Estremo Oriente http://yibuyibu.wordpress.com/.